Zero: l’Italia non cresce da quattro trimestri. Il governo spera in un’accelerazione del Pil di qualche decimale per arrivare allo 0,2 su tutto il 2019. Ma domanda estera e interna non promettono tanto. E a nulla servirebbe nel prossimo autunno una legge di bilancio in deficit che sfidi Europa e mercati.
Sulle “neutrali” pagelle delle agenzie di rating ai titoli delle imprese sembra pesare l’orientamento politico degli analisti che – lo prova una recente ricerca su dati Usa – danno valutazioni diverse sulle prospettive dell’economia a seconda che l’amministrazione sia democratica e repubblicana. Finora, peraltro, la guerra commerciale tra Trump e Xi Jin Ping non ha frenato in modo marcato l’economia cinese che nel secondo trimestre 2019 ha fatto segnare un +6,2 per cento. È il dato peggiore negli ultimi 27 anni, ma in linea con le attese. Mentre all’interno prospera il poco efficiente mix gestionale di pubblico e privato.
C’è il diritto del cittadino alle cure mediche e c’è il diritto-dovere del Servizio sanitario di utilizzare – a parità di efficacia – i farmaci meno cari per non farli mancare a nessuno. Lo hanno stabilito le massime corti italiane ed europee sul caso che ha coinvolto la regione Emilia-Romagna e due big del farmaco, Novartis e Roche.
Un aspetto della massiccia emigrazione dei giovani italiani finora è stato sottovalutato: tra loro (che per lo più non rientrano in patria) molti avrebbero potuto diventare nuovi imprenditori. Uno studio, infatti, documenta la correlazione tra fuga dei cervelli e bassa creazione di imprese.
Con la crescita economica al palo, l’aumento dell’occupazione è un’illusione ottica. In realtà a spingere insù il tasso è anche il fatto che dal 2012 ci sono molti più over 65 ancora al lavoro. Un effetto della riforma Fornero delle pensioni.
L’Italia è sempre una meta turistica top ma siamo indietro nelle infrastrutture, soprattutto i trasporti. E cresce il turismo “mordi e fuggi”, qualitativamente deprecabile, tipicamente rappresentato dalla folla che ogni giorno invade le Cinque Terre in Liguria. Per uno sviluppo ordinato la grande assente è la politica.
Convegno annuale de lavoce.info il 16 settembre a Milano. Save the date!
“Abolire davvero la povertà” è il titolo del convegno annuale de lavoce.info che si svolgerà nel pomeriggio di lunedì 16 settembre all’Università Bocconi di Milano con speaker di eccezione. Sarà un’occasione per vederci di persona, dopo tante interazioni digitali! La prima parte dell’incontro è riservata ai nostri collaboratori e sostenitori più affezionati (quelli che ci hanno finanziato con almeno 100 euro nell’ultimo anno o cumulativamente negli ultimi tre anni). Chi vuole è ancora in tempo per fare una donazione.
Epatite C: ma i farmaci posso essere decisivi
Di Giulio Formoso e Anna Maria Marata
il 02/10/2015
in Commenti e repliche
L’adozione di stili di vita salutari va sempre incoraggiata e l’articolo di Alberto Donzelli bene fa a sottolineare quali sono le strategie da adottare per preservare la salute del fegato, aggiungendo un ulteriore elemento alla discussione sull’approccio all’epatite C che nel nostro articolo era incentrata sulle terapie farmacologiche e sulla loro sostenibilità.
Riguardo ai farmaci, l’articolo di Donzelli indica correttamente come l’efficacia dei nuovi antivirali contro l’epatite C non sia dimostrata su esiti clinicamente rilevanti (in questo caso mortalità, cirrosi o tumori epatici), come sarebbe indubbiamente preferibile, ma sia per ora dimostrata solo in termini di risposta virologica. Va tuttavia sottolineato che diversi studi (metanalisi e singoli studi osservazionali) che riguardano i trattamenti antivirali disponibili fino ad un anno fa – meno efficaci di quelli attuali nell’annullare la viremia – hanno evidenziato che la risposta virologica ottenuta è associata a una riduzione dell’evoluzione della malattia e della mortalità, soprattutto nei pazienti con danno epatico. È estremamente probabile quindi che i pazienti attualmente trattati, e cioè quelli con danno epatico in atto, potranno evitare una ulteriore evoluzione della malattia grazie ai nuovi trattamenti. L’eliminazione del virus in questi pazienti riduce inoltre la possibilità di una sua ulteriore diffusione. La stessa Organizzazione mondiale della sanità, sulla base di un’analisi delle prove disponibili, ha incluso tutti questi farmaci nella sua lista dei farmaci essenziali, cioè quelli che dovrebbero essere disponibili ai sistemi sanitari di tutti i Paesi (indipendentemente dalle capacità di acquisto); questo nonostante i prezzi attuali di questi farmaci siano elevatissimi.
In questo senso pensiamo che sarebbe auspicabile un progressivo accesso ai nuovi farmaci per un maggior numero di pazienti rispetto ai 50 mila attualmente previsti per l’Italia perché, pur in assenza di dati epidemiologici precisi, si stima che siano in diverse centinaia di migliaia i pazienti positivi al virus dell’epatite C che hanno già danni epatici in evoluzione, per i quali l’adozione di stili di vita salutari non potrà bastare. Siamo invece d’accordo che attualmente non è opportuno pensare a un (oneroso) screening di massa perché molte persone che sono positive al virus senza avere danni epatici non avranno nessuna evoluzione della malattia.
A nostro giudizio è lodevole (di più, è fondamentale) mantenere un approccio critico nel valutare l’efficacia e il valore aggiunto delle nuove terapie; tuttavia, per i motivi illustrati, l’efficacia clinica dei nuovi antivirali contro l’epatite C non va negata o ridimensionata. Sarebbe piuttosto necessario rendere l’accesso a questi farmaci possibile per un più ampio numero di pazienti, in base a criteri che devono essere rigorosamente definiti, favorendo una decisa riduzione dei loro prezzi.