Il ritorno dell’inflazione potrebbe indurre la Bce a rivedere la sua politica ultra-espansiva. Non c’è però una relazione meccanica che, con un eventuale aumento dei tassi di interesse, la costringa a vendere i titoli di stato che ha già acquistato.
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Nell’ultimo consiglio direttivo Christine Lagarde ha annunciato un calo degli acquisti di titoli nell’ambito del programma emergenziale Pepp. Ma il rallentamento è in atto già da qualche settimana e la fine del programma di acquisti sembra ancora lontana.
Il successo delle criptovalute ha spinto molte banche centrali a progettare l’introduzione di una propria moneta digitale. Rischi e nuove sfide vanno affrontati attraverso il coordinamento internazionale, cercando di evitare “una rincorsa al digitale”.
Nell’ambito del nuovo corso appena inaugurato, la Bce ha annunciato l’impegno a includere nelle proprie scelte strategiche considerazioni sui cambiamenti climatici. Ma come e perché una banca centrale dovrebbe occuparsi di sostenibilità ambientale?
La nuova strategia della Bce apre la strada a un prolungamento della politica di tassi a zero (o anche sotto) e di misure straordinarie di espansione monetaria. La comunicazione della forward guidance sempre più centrale, ma non chiarissima.
In anticipo sulle previsioni, la Banca centrale europea ha rivisto il proprio target di stabilità dei prezzi, fissando un obiettivo di inflazione simmetrico del 2%. Le conseguenze della scelta e le differenze con la strategia messa in atto dalla Fed.
Le misure di sostegno pubblico hanno finora protetto il settore bancario dagli effetti della pandemia. Ma i rischi ci sono e prima o poi andranno affrontati. Meglio correggere subito il valore dei crediti e non distribuire generosi dividendi.
La Banca centrale europea riempie le banche di finanziamenti a tassi negativi, per sostenere i prestiti alle imprese. Azione giusta nell’emergenza in corso, ma che potrebbe contribuire ad alimentare il circolo vizioso tra rischio bancario e rischio sovrano.
Il pronunciamento della Corte costituzionale tedesca potrebbe creare un precedente potenzialmente esplosivo, in grado di condurre di fatto alla disintegrazione dell’intero impianto comunitario. Sta ai paesi membri neutralizzarne gli effetti.