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Categoria: Vero o Falso?

VERO O FALSO: I MIRACOLI DI SAN BRUNETTA

“In pochi mesi si è registrata una diminuzione di quasi il 50 per cento e non sono un taumaturgo” Renato Brunetta, Ministro per la pubblic amministrazione e l’innovazione nel corso della trasmissione “Faccia a faccia” su Radio3. Dichiarazione riportata nell’articolo “Brunetta: io meglio di Padre Pio apparso su La Repubblica”, 3 ottobre 2008;
Siamo più verso il 50% delle assenze in meno rispetto al settembre del 2007 che verso il 40%”,. ”E’ un miracolo?” ha chiesto Massimo Giletti. Brunetta: “Son diventato un taumaturgo, son diventato San Brunetta”. Domenica in” 5 ottobre 2008.

VERO E FALSO NELLA PROCEDURA ALITALIA

Per quello che sappiamo oggi, lo scenario dell’immediato futuro di Alitalia si snoda in tre passaggi: in breve tempo, la vendita da parte del commissario di Alitalia delle rotte e degli aerei; in un tempo successivo, la vendita e il realizzo del resto dell’attivo; come ultimo atto, la distribuzione ai creditori di quanto è stato ricavato. Dato che l’attivo realizzato sarà verosimilmente inferiore ai debiti, esso verrà distribuito in parti uguali a tutti i creditori. Tentiamo di verificare, alla luce della legge, le affermazioni più frequentemente lette sui media in questi giorni.

VERO O FALSO?*

Verifichiamo queste nuove affermazioni e cifre dette dai politici nei talk-show televisivi e nei dibattiti:

"…le donne in Itali che lavorano sono appena il 46,4% …nel sud la percentuale di donne che hanno l’occupazione è il 34,6% quindi siamo il penultimo paese in Europa, fa peggio di noi solo Malta" (Berlusconi,Otto e mezzo, 11 Aprile 2008)
"l’Italia è il paese in Europa che ha il record di contratti a vita, di contratti a tempo indeterminato…sono l’87 e qualcosa percento i contratti a tempo indeterminato e soltanto il 12,3% i contratti temporanei" (Berlusconi, Matrix, 11 Aprile 2008)

Aggiornamento: IPSE DIXIT

VERO O FALSO? II*

Ritorna la campagna elettorale e ritornano a imperversare i politici in ogni trasmissione televisiva sciorinando dati che sovente, come abbiamo visto due anni fa, non sempre corrispondono a realtà. Ritorniamo dunque con la nostra rubrica "Vero o falso" in cui verifichiamo la veridicità delle affermazioni dei maggiori leader politici. Ai lettori chiediamo di aiutarci a fare i cani da guardia, segnalandoci i passaggi "sospetti" delle trasmissioni tv. Scrivete una email al seguente indirizzo: verofalso@lavoce.info (oggetto: Segnalazione), indicando la trasmissione, la data, il personaggio politico.

Aggiornamento: IPSE DIXIT

VERO O FALSO NELLA CAMPAGNA ELETTORALE 2008*

Ritorna la campagna elettorale e ritornano a imperversare i politici in ogni trasmissione televisiva sciorinando dati che sovente, come abbiamo visto due anni fa , non sempre corrispondono a realtà. Ritorniamo dunque con la nostra rubrica “Vero o falso” in cui verifichiamo la veridicità delle affermazioni dei maggiori leader politici. Ai lettori chiediamo di aiutarci a fare i cani da guardia, segnalandoci i passaggi “sospetti” delle trasmissioni tv. Scrivete una email al seguente indirizzo: verofalso@lavoce.info (oggetto:
Segnalazione), indicando la trasmissione, la data, il personaggio politico.

Vero o falso? Capitolo “università”

Si è discusso di università in una puntata di AnnoZero. Conduttore, ministro e ospiti hanno elencato qualche cifra in libertà. Sulla spesa per studente dei vari paesi e su quella di singoli atenei, soprattutto americani. E anche le “classifiche” delle migliori università hanno riservato notevoli sorprese. Come sempre, cerchiamo di fare chiarezza.

Vero o falso? Capitolo secondo

Già in campagna elettorale abbiamo assistito allo spettacolo di chi “la spara più grossa” nel dibattito politico, e abbiamo dunque cercato di fare un po’ di chiarezza su dati e cifre, spesso citati a vanvera. Sul referendum costituzionale, anche se si tratta di una tematica apparentemente più ristretta, si rischia lo stesso. Questa settimana riproponiamo dunque il nostro “Vero o falso?” Informeremo i lettori (contando anche sul loro aiuto) su sviste o eventuali errori.

Vero o falso?*

In questa campagna elettorale, i politici citano spesso e volentieri i dati dell’economia a sostegno della bontà delle loro idee e dei loro programmi. Numeri allo sbaraglio, che nessuno si prende la briga di controllare. Invece un confronto con i dati reali, magari di Eurostat, non guasterebbe. Perché gli errori fioccano. Anche nel dibattito fra i due candidati per le elezioni.

Rapporto Disavanzo/Pil

Magari nel 2000 fossimo davvero arrivati a un rapporto indebitamento netto/Pil dello 0,8%! (è questo, e non 0,4%, il dato che si desume dalla nuova serie Istat pubblicata il 1° marzo). In realtà in quell’anno c’è stato l’incasso straordinario della vendita delle licenze Umts (13,8 miliardi di euro). Escludendo – come è corretto fare – tale voce, il rapporto nel 2000 è pari al 2%. L’anno successivo, nel 2001, è salito al 3,1%. Si tratta sempre un bell’incremento in un solo anno (1,1 punti), ma è molto inferiore a quello che si ricava dall’esame dei dati non corretti.
La serie completa è nella tabella.
Piuttosto, per giudicare le performance della politica di bilancio, è più utile concentrarsi sul saldo primario (che esclude la spesa per interessi, che non dipende dalle scelte del governo in carica e che come si vede dalla tabella è molto diminuita nell’ultimo decennio, grazie alla diminuzione dei tassi internazionali e all’euro). Il saldo primario è anche la variabile cruciale (insieme con il tasso di interesse e il tasso di crescita del Pil) per determinare la dinamica del rapporto tra stock del debito e Pil.

Tabella- Indicatori di finanza pubblica – Nuova serie Istat

  1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Indebitamento netto -9,1 -7,4 -7,0 -2,7 -2,8 -1,7 -2,0 -3,1 -2,9 -3,4 -3,4 -4,1
Interessi 11,4 11,6 11,5 9,3 7,9 6,6 6,3 6,3 5,5 5,1 4,7 4,6
Avanzo primario 2,3 4,2 4,6 6,6 5,1 4,9 4,3 3,2 2,7 1,7 1,3 0,5

Il saldo primario nella seconda metà degli anni ’90 è sempre oscillato tra il 4 e il 5 per cento del Pil (con la punta eccezionale del 1997, l’anno dell’eurotassa, quando ha toccato un massimo al 6,6 per cento). Nel 2000 era ancora al 4,3 per cento. A partire dal 2001 l’avanzo ha iniziato a contrarsi, a un ritmo compreso tra mezzo punto e un punto di Pil l’anno, che ne ha prodotto il sostanziale azzeramento nel 2005. Insomma, nel 2001 è iniziato il deterioramento dell’avanzo primario, ma negli anni successivi le cose sono andate sempre peggio.
A cosa è dovuto il peggioramento dell’avanzo primario? All’andamento della spesa corrente primaria (al netto degli interessi) e della pressione fiscale. (Non sono importanti la spesa in conto capitale e le entrate non fiscali, che in tutto il periodo oscillano entrambe tra il 3,5 e il 4,5 per cento del Pil, senza mostrare alcun trend significativo). Per entrambe il 2005 è un anno record: fa segnare per il periodo 1994-2005 il livello più elevato della spesa corrente e quello più basso delle entrate fiscali.
La spesa è ritornata nell’arco di un decennio allo stesso livello del 1993 (39,9 per cento nel 2005, 39,8 per cento nel 1993). La crescita si è concentrata nel periodo 2001-2005: rispetto al 2000 la quota della spesa corrente primaria è oggi più alta di 2,6 punti di Pil.
Il deterioramento delle entrate, trascurando il picco del 1997, è concentrato in tre anni, tra il 1999 e il 2002, quando la pressione fiscale è diminuita di 1,5 punti, fino al 40,8%. Gli anni successivi, con l’eccezione del 2003 contrassegnato da entrate straordinarie, hanno visto soltanto una stabilizzazione della tendenza, fino al 40,6% registrato nel 2005.

Tabella – Spesa pubblica e pressione fiscale (Nuova serie Istat)

  1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005
Spesa corrente 38,9 36,7 37,4 37,7 37,3 37,6 37,3 37,6 38,3 39,1 39,3 39,9
Pressione fiscale 40,8 41,2 41,6 43,7 42,3 42,4 41,6 41,3 40,8 41,4 40,7 40,6

Morale della favola? Senza avanzo primario il rapporto tra debito pubblico e Pil riprende a crescere. E infatti, dopo essere sceso tra il 1994 e il 2004 di 17,7 punti (da 121,5 a 103,8) il debito nel 2005 è, per la prima volta dopo dieci anni tornato a salire, con un aumento di 2,6 punti di Pil, toccando il valore di 106,4.

Qualche verità sul cambio lira-euro

1.   Chi predica che il prezzo di 1 Euro avrebbe dovuto essere fissato a 1500 lire dimentica che ciò avrebbe comportato una rivalutazione della lira di proporzioni insostenibili. Pur assumendo che partners commerciali importanti come Germania e Francia avessero fissato lo stesso cambio ora in vigore, le nostre esportazioni verso quei mercati sarebbero crollate in modo vertiginoso. E’ quasi superfluo aggiungere che cosa questo avrebbe comportato per la già comunque asfittica dinamica del Pil italiano.

2.       Si aggiunga, che dopo la svalutazione della Lira del 1992, e l’uscita dallo SME, entrare nella moneta unica era già stato un mezzo miracolo per l’Italia. Si dimentica spesso che uno dei requisiti per l’ingresso nell’Euro era che il cambio della valuta (rispetto al paniere di riferimento europeo denominato Ecu) fosse rimasto, negli ultimi due anni precedenti l’ingresso, stabile entro le bande di fluttuazione previste dallo SME (e riviste dopo il reingresso della lira per riflettere la svalutazione del 1992). Perciò la lira arrivava alla prova di Maastricht con una parità di riferimento sancita dai mercati, ed è questa che è valsa per la fissazione della parità con l’euro. Fissare una parità largamente diversa avrebbe comportato una fortissima pressione all’ apprezzamento delle nostre ragioni di scambio verso i partners commerciali.

3.       In generale, però, sfugge quale sia il legame tra parità iniziale euro-lira e dinamica dell’inflazione in Italia nella fase post-euro. La confusione del dibattito corrente dimentica una serie di fatti sull’inflazione italiana. Vale la pena chiarirli:

(i)  Tipicamente si tende a confondere aumenti una tantum del livello dei prezzi con aumenti generalizzati dell’inflazione, cioè del loro tasso di crescita. Per chiarire, supponiamo che il livello dei prezzi sia stabile e pari a 100 prima dell’euro. In tal caso l’inflazione è zero. Se a cavallo del changeover il livello dei prezzi sale a 102 e poi rimane stabile, l’inflazione ha solo una fiammata temporanea del due per cento, e poi torna a zero, come prima. Non a caso, in Italia, l’Istat ha più volte ripetuto che l’inflazione è rimasta abbastanza stabile dopo il Gennaio 2002.

(ii) Analizzando meglio le statistiche si scopre che l’aumento dei prezzi in Italia si è osservato soprattutto in alcuni settori (i servizi) e molto poco in altri (computer e software, per esempio, in cui i prezzi sono persino diminuiti). Tra i piccoli servizi spiccano i ristoranti, per i quali certamente la percezione della gente non sbaglia. In Italia, rincari si sono avuti anche in servizi di tipo più tradizionale, come le lavanderie e i piccoli alimentari, e soprattutto nelle aree geografiche con meno concorrenza.

(iii) Tutto ciò si spiega solo per la volontà speculativa di molti commercianti? In realtà le spiegazioni esistono. Le attività sopra citate si distinguono per tre caratteristiche. Primo, hanno cosiddetti menu costs. Cambiare la denominazione dei prezzi nei menu dei ristoranti è un costo fisso. Se un ristorante pensava già da qualche mese prima del Gennaio 2002 di aumentare i prezzi, avrà probabilmente atteso la data del changeover per farlo. Secondo, lavanderie e ristoranti usano molto di più il denaro liquido rispetto ad altri esercizi. Perciò, con il passaggio all’Euro, hanno fronteggiato costi di transazione più alti rispetto a settori che usano principalmente le transazioni elettroniche. Terzo, lavanderie e ristoranti basano molto la loro attività su relazioni personali e stabili con la clientela. Perciò, variazioni troppo frequenti dei prezzi sono mal percepite e soprattutto facilmente individuate dalla clientela affezionata. Il passaggio all’Euro ha funzionato così da "scusa" per giustificare gli aumenti agli occhi dei clienti più frequenti. Ma si tratta di aumenti che probabilmente volevano essere introdotti da tempo. Per chiarirci, la stessa cosa sarebbe avvenuta se si fosse chiesto a tutte le lavanderie in Italia di riportare il nome di ogni capo in inglese invece che in italiano. In quel caso avremmo dovuto considerare l’ "Inglese" responsabile del maggior costo della vita?

I rialzi dei prezzi si sono quindi osservati principalmente in alcuni servizi poco (o per nulla) esposti alla concorrenza internazionale e legati ad un contatto diretto e quotidiano con la clientela. Prendiamo una lavanderia: se il cambio euro lira fosse stato fissato a 1500 lire, e quindi il costo in euro di importare dalla Germania fosse stato più basso, quanto di questo avrebbe inciso sulla dinamica dei costi della lavanderia stessa? Presumo molto poco.

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