Categoria: La parola ai numeri Pagina 13 di 30
I numeri sugli ettari di bosco bruciati in questa calda estate. E un riepilogo di vecchie e nuove norme che regolano la prevenzione e lo spegnimento degli incendi. Anche per capire quanto ha inciso la riforma del Corpo forestale, con il fact-checking.
A febbraio il tasso di disoccupazione è sceso all’11,5 per cento, -0,3 punti rispetto al mese precedente. Lo dice l’Istat, che allo stesso tempo sottolinea come questa riduzione sia da attribuire maggiormente a un aumento degli inattivi tra i 15 e i 64 anni, ossia coloro che sono fuori dalla forza lavoro, piuttosto che a un aumento degli occupati. Infatti, a fronte di una riduzione dei disoccupati di 83 mila unità, gli occupati crescono solo di 8 mila. Mentre gli inattivi registrano un aumento di 51 mila unità.
Tuttavia, andando oltre le oscillazioni mensili, si nota che la tendenza di medio periodo degli inattivi è significativamente decrescente. Oggi le persone fuori dalla forza lavoro sono il 9,8 per cento in meno rispetto a inizio 2011. Segno che comunque, nonostante gli anni di crisi, in Italia si è continuato a ricercare un’occupazione.
In gennaio la produzione industriale è andata male: -2,3 per cento rispetto al dato di dicembre 2016, con un piccolo ritorno al segno meno (mezzo punto percentuale) rispetto al dato di gennaio 2016 (che era stato particolarmente positivo). I brutti dati di gennaio arrivano dopo i bei dati di dicembre (+1,4 per cento su novembre; +5,8 sul dicembre 2015) che avevano rassicurato sulla solidità della ripresa in atto.
I dati mensili – si sa – sono volatili e possono risentire di elementi casuali. Ad attirare l’attenzione infatti non dovrebbero essere i crolli o i boom mensili ma la debole dinamica di più lungo terminedell’industria durante l’attuale ripresa. Il grafico indica con altrettante frecce la ripresa industriale di oggi e quella di tre analoghi episodi di ripresa del passato: a fine anni novanta, a metà anni duemila e dopo la grande recessione del 2008-09. I numeri sono chiari. Tra il minimo del maggio 1999 e il massimo del dicembre 2000, la produzione industriale salì del 10,3 per cento (dunque a un passo del 6,5 per cento su base annua). Nella ripresa della stessa durata (19 mesi) tra il minimo di maggio 2005 e il massimo di dicembre 2006 si registrò un +9,3 per cento, corrispondente a un dato annuo del 5,9 per cento. Nei 25 mesi (compresi tra il marzo 2009 e l’aprile 2011) arriva la ripresa dopo la Grande Recessione. Uno squillante +14,8 per cento, corrispondente a un +7,1 per cento annuo. Ma in questo caso, la caduta durante la recessione fu particolarmente marcata.
In ogni caso, i numeri della ripresa in corso impallidiscono rispetto alle riprese del passato. Dal minimo dell’ottobre 2014 al gennaio 2017 la produzione industriale è risalita di un magro 4 per cento (+1,8 per cento annuo). E anche prendendo il mese di dicembre 2016 come raffronto, viene fuori un +6,4 per cento.
Sono numeri che fotografano una situazione di difficoltà complessiva dell’industria italiana che sembra non avere fine. Quelli che ce la fanno spesso riescono molto bene e in mercati esteri. Ma, dicono i dati, sono troppo pochi.