Lavoce.info

Categoria: Il Punto Pagina 48 di 141

Il Punto

Dopo 300 giorni di “cambiamento” sbandierato senza cambiare granché, il governo prepara un decreto per sostenere l’economia: dall’attivazione degli investimenti già finanziati a un taglietto del cuneo fiscale, più altre misure non rivoluzionarie che si potevano fare otto mesi fa. Mentre il ministro dell’Interno (e di Tutto il Resto) promette una flat tax al 15 per cento sul reddito delle famiglie che guadagnano meno di 50 mila euro. Per gli altri tutto come oggi. Fanno circa 17 miliardi di entrate in meno. Vediamo chi guadagna e chi perde.
La morte di Alan Krueger, brillante economista e consulente di Clinton e Obama, lascia un grande vuoto nella cultura e nella politica. È stato l’esempio di come uno studioso possa mettere la sua capacità di analisi dei dati a disposizione di chi deve prendere decisioni che condizionano il benessere di tutti.
Con la riforma dei servizi idrici presentata in Parlamento – che vuole “attuare il referendum del 2011” – torneremmo allo stato sia padrone che gestore dell’acqua, come prima del 1994, cioè quando gli acquedotti perdevano acqua da tutti i buchi.
Scuola e università sono le aree di maggior peso che il federalismo differenziato trasferirebbe a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Ad esse andrebbe un terzo dei 34 miliardi annui destinati alle regioni ordinarie. Le regioni ricche dovrebbero caricarsi parte delle spese trasferite con un’adeguata compartecipazione. In ogni caso meglio evitare di peggiorare il divario Nord-Sud che, come ci insegna la storia, nasce in tempi lontani, subito dopo l’Unità d’Italia. E che nessuno ha saputo ridurre.
Salvini rivendica di avere quasi azzerato sbarchi e morti in mare. In realtà i risultati ottenuti – nel bene e nel male – sono il frutto degli accordi con autorità e milizie libiche del governo Gentiloni-Minniti. Di suo il ministro dell’Interno ha completato l’opera e di fatto messo fuori legge (lo fa anche oggi) l’attività di salvataggio delle Ong che prestano aiuto ai naufraghi.

Patrizio Tirelli risponde ai commenti al suo articolo “Ridurre il debito con il consenso dei cittadini”.

Con la presentazione di una ricerca di Massimo Bordignon e Piergiorgio Carapella, illustrata su lavoce.info, si terrà a Roma martedì 26 marzo il convegno “Quali idee per la nuova Europa? Ricette a confronto”.

Il Punto

Primo Friday for the Future (#fff), giorno di mobilitazione contro il climate change in 123 paesi (anche in Italia). Un movimento partito dagli studenti, coloro che hanno più interesse a pensare al futuro della Terra. Di fronte a loro la politica al momento sonnecchia. Fino alle elezioni europee.
Confusione di competenze e contenuti opachi nel “limpido” memorandum di intesa Italia-Cina sulla Nuova via della seta che il governo vuole firmare. Ci voleva Einstein per capire che l’accordo tra un paese fondatore di Nato e Ue e Pechino rompe il fronte dei paesi occidentali di rispetto all’espansionismo del Dragone? Meno accorti dei nostri governanti sono solo quelli britannici. Dalla sequenza di votazioni di questi giorni emerge la parola d’ordine: Brexit sì a patto che ci sia un accordo con la Ue. Peccato (per il Regno Unito) che l’Europa non ci senta. Per le solide ragioni che passano per il confine irlandese.
Anche l’Onu ha espresso preoccupazione sul rischio che il disegno di legge Pillon su separazione tra coniugi e affidamento dei minori acuisca le discriminazioni contro le donne. Formalmente si mettono i genitori su un piano di parità di doveri e diritti. In pratica a perderci saranno le madri. E i figli.
Con valori da zero a 30, il potere autonomo degli enti territoriali si misura con l’Indice di autorità regionale (Regional authority index). Le 15 regioni italiane a statuto ordinario sono a quota 18, mentre le cinque con statuti speciali (diversi tra loro) appena a 19.  Arriveranno sorprese dal federalismo differenziato? La competenza di maggior peso delle regioni è la salute, oggi tutelata dall’universalismo del quarantennale Servizio sanitario nazionale. Che assorbe risorse per il 6,8 per cento del Pil (117 miliardi di euro). E coperture di spesa – ma anche prestazioni! – molto diverse tra Nord e Sud.

Il Punto

La recessione peggiora i conti pubblici e rischia di obbligarci a una nuova austerità che farebbe salire le disuguaglianze. Per ridurre le quali il mix di minori spese e temporanei incrementi di imposte dovrebbe preservare il sociale e le infrastrutture, consumi e redditi da lavoro. E tassare immobili pregiati, successioni e guadagni finanziari. Sarà l’armonizzazione fiscale uno dei campi in cui la Ue potrà fare passi avanti dopo le prossime elezioni europee. Qualcosa si è fatto con due direttive negli ultimi tre anni. La concorrenza fiscale tra stati va bene ma l’elusione delle imprese che sfruttano i diversi sistemi di tassazione va frenata.
Scocca l’ora anche in Italia – come in molti paesi Ocse – del salario minimo legale? Sembrerebbe di sì, visto che ci sono in Parlamento ben cinque proposte di legge. Si differenziano tra loro per entità, platea, variazioni regionali, rivalutazioni periodiche. Ma i sindacati rimangono diffidenti sul tema.
Oltre a essere squallido, il muro che Trump vuole tra Usa e Messico non potrà bloccare le trasformazioni sociali. L’etnia bianca scenderà sotto il 50 per cento entro 25 anni, mentre cresceranno l’ispanica e, meno, l’asiatica e l’afro-americana. Con implicazioni per disparità, istruzione, occupazione e per gli orientamenti di voto. Più efficace, invece, un altro strumento negoziale del presidente americano: i dazi. Applicati per forzare la Cina ad aprire il suo mercato chiuso e poco trasparente, sono stati un’alternativa sbrigativa alla riforma del Wto. Un processo troppo incerto per politici nazionalisti che vogliono risultati immediati.

Il Punto

Nella giornata delle donne ricordiamo senza compiacimento i progressi graduali nella parità di genere. In Italia la differenza media nelle retribuzioni rimane superiore al 20 per cento, anche se i dati mostrano finalmente qualche crepa nel “soffitto di cristallo”, il tetto che frena l’ascesa femminile alle posizioni di vertice. Le cose da fare per ridurre i divari in famiglia, sul lavoro e nella società sono tante. La prima è quella di richiedere alle aziende di raccogliere i dati sulle differenze di genere al loro interno. Mentre sono duri a morire – specie in Italia – gli stereotipi su maschi e femmine che condizionano l’apprendimento in età scolare, tanto che a 15 anni il divario di genere in matematica è di 20 punti (contro 9 della media Ocse). All’università le differenze si confermano e si traducono nella vita professionale con retribuzioni, posizioni e mansioni lavorative meno dinamiche. Il peggio è che i luoghi comuni che permangono a scuola sono ancora più radicati in famiglia. Dove – lo dicono i dati – i genitori non fanno svolgere a bambini e bambine le stesse attività extrascolastiche.
Anche il pendolarismo casa-lavoro-casa può diventare un campo di disuguaglianza di genere in famiglia. Una ricerca documenta che un aumento del tempo di spostamento del marito (per esempio per un cambio di sede aziendale) aumenta le sue ore lavorate mentre riduce l’occupazione della moglie. Nelle imprese quotate a seguito della legge Golfo-Mosca è salita la componente femminile nei cda ed emergono effetti positivi sulla redditività quando nel Consiglio ci sono almeno due amministratrici. Sarà un caso?
Mentre il presidente della Bce Mario Draghi descrive efficacemente la situazione dell’economia europea come “una stanza buia in cui ci si muove a piccoli passi” e promette di rispolverare nuovi finanziamenti Bce alle banche che prestano, il nostro governo si arrovella fino alla crisi sulla Tav Torino-Lione. L’esigenza rimane quella di non buttare via la nostra credibilità internazionale e di non sprecare miliardi di euro in improbabili piani alternativi (senza contributi europei), penali e indennizzi.

Il Punto

Cosa pensano i parlamentari di tre paesi della Ue dei grandi temi europei, dal completamento dell’Unione monetaria all’immigrazione? Un sondaggio mostra che i rappresentanti francesi e i nostri, nonostante le recenti frizioni tra governi, sono d’accordo su molte scelte, al contrario di populisti italiani e tedeschi. Aspettando l’8 marzo, guardiamo alla composizione per genere nei parlamenti nazionali e a Strasburgo. E perché c’è varietà di opinioni sulle quote rosa. Che da noi hanno funzionato nell’inserire una significativa componente femminile nei cda delle società quotate. Ora si può fare di più e meglio per aumentare la presenza di donne nel top management delle stesse aziende.
Una Brexit senza accordo tra Regno Unito e Ue a 27 sarà un lose-lose: perderanno tutti. Di più i britannici, perché sotto le regole del Wto sul loro import peseranno dazi fino al 17,5 per cento. Mentre le imprese continentali subiranno piccoli aggravi per le produzioni frammentate tra le due coste della Manica. Più seria per l’Europa, invece, la minaccia di barriere commerciali Usa sulle importazioni di auto e componenti provenienti dalla Germania. A pagare pegno non sarebbero solo i tedeschi ma tutta la filiera internazionale automobilistica, a cominciare dalle aziende italiane. Estendendo la guerra (commerciale) anche all’Europa Trump va oltre il suo obiettivo di mettere in riga la Cina per la sua concorrenza sleale e rischia di scardinare il sistema di scambi globali. Tra le due potenze, la frontiera di scontro più aspro è quella delle tecnologie, in particolare dell’intelligenza artificiale. Il cui impatto dirompente in tutti i settori riveste un’importanza geopolitica strategica. Dentro a questo quadro la Ue cerca con difficoltà di ritagliarsi uno spazio.

Il Punto

Manca un mese alla Brexit. Ancora nessuno (neanche la signora May) sa se l’uscita dalla Ue sarà condivisa o senza accordo oppure se ci sarà un rinvio e – forse – un nuovo referendum. Il caos di oggi ha una causa principale: il timore degli elettori britannici di fronte a un’immigrazione vista come fuori controllo. A preoccupare non sono tanto i flussi di persone da Africa e Asia (ci sono da sempre), quanto quelli dai paesi Ue dell’Est, cresciuti del 148 per cento in 15 anni.
A impedire gli indennizzi di chi ha perso nei crac bancari non è la perfida Europa con il suo “bail-in”. Per la Ue lo stato italiano può benissimo accollarsi le “conseguenze sociali” della condotta illegittima della banca. Ma esige che il denaro pubblico vada alle vittime, non a quelli che, volendo rischiare, hanno perso. Rimane l’esigenza che i risparmiatori incauti imparino a valutare opportunità e rischi dei diversi investimenti. Con l’educazione finanziaria, di cui Consob e Banca d’Italia hanno cominciato a occuparsi.
È molto di moda parlare di economia circolare. In pratica vuol dire creare modelli di business basati su risorse facilmente riciclabili o biodegradabili, usare energia da fonti rinnovabili, progettare prodotti con una vita utile più lunga. Vediamo l’importanza che danno al tema Ocse e Commissione Ue.

Il Punto

Non serve una manovra correttiva in corso d’anno per aggiustare i conti. Basta che il governo scriva un bilancio 2020 che non sia un libro dei sogni di flat tax ad aliquote troppo basse finanziate con aumenti di Iva per decine di miliardi. Di sicuro, nella legge di bilancio 2019, approvata in fretta e furia a fine anno e già in vigore, c’è una grave svista: il livello massimo del saldo netto da finanziare di qui al 2021 è indicato nei prospetti per ciascuno dei tre anni con errori che vanno da 9 a 16 miliardi di euro. Non proprio bruscolini.
Se non fosse occupato h24 a produrre consenso, l’esecutivo potrebbe occuparsi anche del sistema di istruzione. Incapace di ridurre i divari socio-territoriali e di genere che anzi a scuola aumentano. Tanto poi, con il federalismo differenziato, ogni regione avrà il suo sistema e niente più rognosi confronti tra italiani.
In vista delle elezioni Ue accendiamo i riflettori sui problemi importanti dell’Europa. Cominciando con il rischio di povertà, mai stato così alto e diffuso. Tra gli autoctoni – di cui si occupano i politici – e soprattutto tra gli extracomunitari. Per cancellare la miseria non si può discriminare sull’origine delle persone. Sempre guardando al benessere sociale, un rapporto Istat trova che la condizione dei pensionati è migliore rispetto a quella di altre fasce di popolazione. A chi andrà la pensione di cittadinanza?
I parlamentari che discutono se cambiare il referendum d’iniziativa popolare e di ridurre il numero degli eletti dovrebbero tenere ferma l’esigenza di creare un sistema elettorale che rispetti davvero i diritti politici di ogni cittadino e non metta i partiti al primo posto.

Paolo Beria e Alfredo Drufuca, membri della Struttura per le analisi costi-benefici presso il ministero delle Infrastrutture e Trasporti, commentano l’articolo di Andrea Costantino, Paolo Foietta e Roberto Zucchetti “Punti deboli e oscuri dell’analisi sulla Torino-Lione”. Con la replica degli autori.

Il Punto

Mentre Lega, M5s e i Ponzio Pilato che siedono in Parlamento decidono di congelare la Tav Torino-Lione, l’ex Commissario straordinario per l’opera e due esperti suoi collaboratori riassumono le loro obiezioni all’analisi costi-benefici della commissione Ponti, utilizzata dall’esecutivo per motivare la ridiscussione del progetto. Tra gli aspetti controversi dell’analisi effettuata c’è il tema – solo sfiorato – del migliore “accesso al mercato” che può derivare dall’opera per manager, lavoratori, imprenditori, consumatori che si spostano alla ricerca di nuove opportunità o di prezzi più convenienti.
Intanto, mentre noi ci guardiamo l’ombelico, il governo tedesco lancia una strategia industriale di qui al 2030 per far fronte, in particolare, alla sfida cinese nelle tecnologie del futuro. Proponendola polemicamente anche all’intera Ue il cui Antitrust ha da poco bocciato per rischio di posizione dominante la fusione Alstom-Siemens. Forse la concorrenza di Pechino, da Bruxelles, non si vede. In realtà viviamo in un mondo sempre più interconnesso da flussi di beni, servizi e capitali ma assoggettato dalla politica a sempre nuovi dazi e barriere. È la nuova globalizzazione lenta, si chiama “slowbalisation”.
È normale il perenne divario tra Nord e Sud d’Italia? No. Un confronto europeo mostra che, stando a Pil, disoccupazione e presenza di Neet (giovani che né lavorano né studiano), la nostra disuguaglianza territoriale purtroppo batte tutti. E ora arriva l’annunciato federalismo differenziato.

Il Punto

Il governo e la sua maggioranza fanno e disfano nomine al vertice delle autorità indipendenti (come Bankitalia, Istat e Consob) secondo criteri di fedeltà. Peccato che l’autonomia di queste istituzioni di garanzia sia la base della democrazia e dell’equilibrio dei poteri nello stato.
A 18 anni in Italia si può essere eletti sindaco di grandi metropoli, sposarsi, guidare un’auto, ma non diventare deputati. Nemmeno alle prossime elezioni europee, in cui tutti gli altri paesi (salvo la Grecia) ammettono un’età sotto i 25 anni. E poi ci stupiamo se la nostra politica trascura i giovani.
Sul federalismo differenziato si scontrano opposte visioni sulle sue possibili implicazioni, tra chi spera che il Nord possa trattenere una quota del suo gettito fiscale e chi teme l’abbandono del Sud da parte delle aree più ricche. La Costituzione obbligherà a una via di mezzo: niente deficit aggiuntivo e ancora trasferimenti di risorse ai territori più deboli.
Continuando il confronto sull’analisi costi-benefici, è importante tenere ben distinte le stime finanziarie-monetarie dalle valutazioni economico-sociali. Definire e quantificare con grande cura queste ultime è fondamentale. Perché spesso determinano le scelte di consumatori e produttori più delle prime.
Su pressione dei grandi gruppi industriali, il Giappone apre le porte a lavoratori stranieri. Una rivoluzione culturale per uno dei paesi più chiusi del mondo. Attuata con moderazione, però: 350 mila operai e 150 mila professionisti. E rigidi paletti che non oserebbe piantare nemmeno il più xenofobo dei nostri politici.

Francesco Ramella e il gruppo di lavoro sull’analisi costi-benefici presso il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture commentano l’articolo di Marco Percoco e  Massimo Tavoni “Se l’analisi della Tav parte da ipotesi arbitrarie”. Che replicano.

Alla fine del suo mandato istituzionale alla presidenza dell’Inps, Tito Boeri fa ritorno dopo quattro anni nella redazione de lavoce.info, il sito che ha contribuito a fondare nel 2002. Grazie per quello che hai fatto e bentornato, Tito!

Nel momento della scomparsa di Stefano Patriarca, collaboratore di questo sito, la redazione de lavoce.info ne ricorda l’impegno e l’amicizia ed è vicina alla famiglia. Lo ricordiamo riproponendo un suo articolo.

Il Punto

Bisogna pensarci bene prima di approvare l’irreversibile progetto di autonomia allargata per Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Con il decentramento esteso nelle prime due regioni a 23 materie (a cominciare da scuola e formazione) il rischio concreto è che i lombardo-veneti vengano prima degli italiani. Per sempre.
Mentre Alitalia continua a perdere soldi e quote di mercato, si affacciano due possibili candidati per il 40 per cento del capitale: Delta e Easyjet. Chissà se con loro si arriverà a un accordo dopo tante trattative fallite. L’unica certezza è che la maggioranza sarà in mani pubbliche e a pagare saranno i contribuenti italiani. Ancora una volta.
L’analisi costi-benefici di cinque dei sei componenti della commissione Ponti stronca la Tav Torino-Lione. Ma sul lavoro fatto dagli esperti del ministro Toninelli ci sono tanti dubbi. Dalla considerazione tra i costi di voci relative a tutta l’Europa come anche del calo delle accise sui carburanti e dei pedaggi autostradali per il minor trasporto su gomma. Scelte tutt’altro che neutre come invece dovrebbe essere una “analisi”, volta a misurare la convenienza economico-sociale dei progetti. Per poi lasciare alla politica l’ultima parola.
Ha mancato l’obiettivo la legge del 2010 che obbliga i piccoli comuni ad associarsi. Anche perché troppo rigida nel definire gli enti e le funzioni da aggregare. Vale la pena però far ripartire il processo con criteri più flessibili.

Enrico Di Pasquale, Andrea Stuppini, Chiara Tronchin rispondono ai commenti al loro articolo “Immigrazione: il vero rischio è l’ideologia”.

Nel momento della scomparsa di Stefano Patriarca, collaboratore di questo sito, la redazione de lavoce.info ne ricorda l’impegno e l’amicizia ed è vicina alla famiglia.

Pagina 48 di 141

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén