Larticolo intende ricordare che la povertà relativa e la povertà assoluta rappresentano due indicatori concettualmente distinti. La povertà relativa, a dispetto di quanto suggerito dal termine, coglie la disuguaglianza della distribuzione piuttosto che la presenza di povertà. Se dunque si è interessati al fenomeno della povertà, conviene utilizzare altre misure, per esempio la povertà assoluta oppure la vulnerabilità alla povertà. Ciò non implica in alcun modo che landamento temporale e territoriale della disuguaglianza dei redditi sia un fenomeno privo dinteresse. In altre sedi abbiamo sostenuto esattamente il contrario (si vedano i capitoli Disuguaglianza e Povertà in In ricchezza e in povertà di G. Vecchi). Se loggetto di interesse è la disuguaglianza, esistono strumenti appositi per misurarne levoluzione e studiarne la struttura, per esempio lindice di Gini, per citare lindicatore forse più famoso (la letteratura è riassunta molto bene nel libro di Frank Cowell, Measuring Inequality, non ancora disponibile tuttavia in italiano).
Nellarticolo si ribadisce, inoltre, che la povertà assoluta non deve essere associata a una nozione di povertà estrema. La soglia di povertà assoluta dipende dal valore di ciò che si ritiene essenziale per unesistenza dignitosa, adeguata alla società alla quale si riferisce. Alla definizione di povertà assoluta concorrono elementi e scelte che sono spesso lesito di un processo politico tra le parti sociali di un paese. In tal senso, e in punta di teoria, la soglia di povertà assoluta può essere anche maggiore della soglia di povertà relativa.
La dinamica divergente della povertà assoluta tra il nord e il sud del paese segnala di certo il fallimento del processo dintegrazione economica tra le due aree, ma non ha alcuna implicazione normativa in favore di un modello dualistico di sviluppo; tuttaltro, saremmo tentati di dire.
Riguardo al grado di copertura delle stime presentate è certo che vi siano segmenti della popolazione che sfuggono alla rilevazione statistica. I limiti in questo caso, sono quelli imposti dallo schema di campionamento delle indagini campionarie che, comè noto, in Italia come altrove, non raggiungono le persone senza fissa dimora. Le indagini sui consumi e sui redditi delle famiglie condotte da Istat e Banca dItalia estraggono le famiglie da intervistare dalle anagrafi di ogni comune campione. In questo senso sembra ragionevole immaginare che le stime campionarie tendano a sottostimare il fenomeno della povertà, anche se non è dato sapere di quanto.