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UNA GIUSTIZIA DOUBLE FACE

Solo attraverso obiettivi realizzabili e un richiamo alla responsabilità si pongono le premesse perché le valutazioni di professionalità e le sanzioni abbiano possibilità di essere giuste, effettive ed efficaci: puntare tutto sulla frusta e sul conflitto permanente non ha funzionato con nessuna categoria professionale. E non funzionerà con i magistrati. A meno che l’obiettivo non sia una giustizia al ribasso, che assicuri alla classe politica la tranquillità, intesa come sicurezza e impunità.

SALARI, NON DOVEVA ESSERE LA PRIORITA’?

Il 2008, nelle intenzioni di Prodi, doveva essere l’anno della questione salariale. Priorità numero uno del suo Governo. Poi il suo esecutivo è caduto e, in questa campagna elettorale, i contendenti non fanno che ripetere un clichet vecchio: bisogna abbattere le tasse sul lavoro. Sanno, in cuor loro, che non lo faranno, una volta eletti. A fianco dei tagli alle tasse promettono tante nuove spese.  E senza bloccare la crescita della spesa pubblica non si potranno ridurre in modo significato le tasse sui redditi. Inoltre parte del cosiddetto cuneo fiscale rappresenta contributi previdenziali. Se tagliamo quelli, nel nuovo regime contributivo, condanneremo i lavoratori ad avere domani pensioni più basse. Ma è proprio vero che per avere salari più alti bisogna tagliare le tasse sul lavoro? Se però guardiamo a paesi, come Francia e Germania, dove i salari sono aumentati negli ultimi anni, notiamo che hanno un cuneo fiscale superiore al nostro. In Italia, inoltre, il cuneo si è pur marginalmente ridotto nell’ultima legislatura.  Ma i nostri salari sono rimasti piatti al netto dell’inflazione. Il problema non è tanto il cuneo fiscale, quanto il fatto che in Italia la produttività del lavoro non è cresciuta. E, in un mondo globalizzato, se non aumenta la produttività non è possibile aumentare le retribuzioni. Come dunque aumentare sia salari che produttività? Bisogna legare, azienda per azienda, salari e produttività. Questo incentiverebbe a un miglioramento nella produttività del lavoro. Ma qui devono essere le parti sociali, sindacato, Confindustria, associazioni di categoria, a mettersi d’accordo. Purtroppo non lo stanno facendo Non è quindi solo colpa della politica, ma il continuo rinvio della questione salariale è soprattutto colpa delle parti sociali: le organizzazioni dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro da anni parlano di riformare la contrattazione e da anni continuano a rinviare ogni riforma. Nel frattempo un crescente numero di lavoratori ha un contratto da tempo scaduto.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Prima di tutto ringrazio gli autori dei singoli commenti. Molte delle questioni sollevate sono trattate in dettaglio nel paper completo disponibile dal 28/2/2008 su http://www.isfol/Studi_Isfol, tuttavia alcune sollecitazioni meritano almeno un accenno di risposta.
I dati citati durante la trasmissione “Ballarò” non tornano neanche a me. Il panel PLUS, su 24.000 interviste, di cui a breve avrete una sintesi su questo sito, indica che in 12 mesi (tra la metà del 2005 e  la metà del 2006) il 58 % degli atipici permane nella condizione di atipico (inteso come OSA123) e il 42% transita verso un lavoro stabile (c.d. esiti positivi). Tuttavia il lasso di tempo in cui l’esito avviene  è assai rilevante, infatti una cosa è impiegarci 5 mesi o 5 anni e altra cosa ancora  è dire che chi entra nel mercato del lavoro con un contratto flessibile prima o poi diventerà un occupato stabile.
Nell’articolo sono state presentata tutte, o quasi, le segmentazioni del mercato del lavoro attuale proprio per la presenza di letture diverse dei medesimi fenomeni, che possono essere – ribadisco- simultaneamente corrette. Come ho tentato di chiarire, finché non si convergerà su definizioni condivise (e sarà un processo lungo) e si utilizzerà indifferentemente ogni tipo di informazione, tutti potranno interpretare i dati come vogliono: si potrà citare ora dati della statistica ufficiale ora altri dati; riferirsi a dati di stock e poi a dati di flusso, contemplare o meno singole voci contrattuali, ecc. Proprio il disordine dell’attuale mercato del lavoro si presta a molteplici interpretazioni, alcune, semmai, più maliziose o provocatorie di altre.
I dati Isfol PLUS sono sostanzialmente allineati ai dati ISTAT RCFL per i totali occupati di-pendenti e autonomi mentre divergono, ovviamente, per le loro composizioni. Tuttavia il dato comparato dei fixed term contract è costituito solo dalla parte atipica del lavoro dipendente, invece dovrebbe comprendere anche la – non trascurabile – quota atipica  nel lavoro autonomo (i c.d. parasubordinati).
A proposito del lavoro nero non è stimabile, a mio avviso, con rilevazioni campionarie di questo tipo. Infine i redditi: molto si può dire sulla natura dell’occupazione e sul reale status di un occupato relativamente alla sua remunerazione. E’ del tutto evidente che, sebbene statisticamente una persona possa (o meglio debba, poiché  gli Istituti di Statistica Nazionale recepiscono i regolamenti Eurostat) essere considerato occupato  potrebbe avere una remunerazione tale da non renderlo un soggetto economicamente indipendente e come tale risultare formalmente ma non sostanzialmente occupato. Ciò introduce un ulteriore livello di soggettività nella stima degli aggre-gati, a dimostrazione di come si sia ancora lontani da definizioni condivise sull’occupazione atipica.

TANTE NUOVE PROMESSE E UN’IDEA INNOVATIVA

Dopo la pausa pasquale e nonostante il visibile rallentamento della nostra economia, la campagna elettorale è ripresa a pieno ritmo all’insegna di nuove promesse, onerose per la finanza pubblica. Riusciranno mai i nostri politici a formulare proposte a costo zero per le casse dello Stato? La settimana scorsa l’Ocse ci aveva detto che, nel 2008, l’economia italiana crescerà dello 0,6 per cento circa; Questo significherebbe arrivare, senza toccare nulla, a bocce ferme, ad un rapporto deficit pil intorno al 2,5 per cento e quindi vicino a quella soglia del 3 per cento, parametro che non dobbiamo superare. Malgrado questi sviluppi, ecco immediatamente arrivare promesse di nuovi piani di spesa. Ieri Veltroni ha annunciato l’incremento delle pensioni, che peraltro non era nel programma del Partito Democratico; gli ha fatto subito eco Berlusconi anche lui promettendo aumenti delle pensioni. Bisognerebbe stare molto di più con i piedi per terra e quando si fanno delle promesse spiegare come verranno finanziate. C’è comunque un aspetto innovativo nella proposta del Pd, vale a dire l’idea di legare l’andamento delle pensioni, che oggi sono indicizzate al costo della vita, al rapporto tra monte salari e spesa pensionistica. E’ un’idea innovativa perché vuol dire che d’ora in poi i pensionati non si interesseranno soltanto di come vanno i prezzi, ma cercheranno anche di sostenere quelle riforme che dovessero aumentare l’occupazione e la produttività nel nostro paese.  E si potranno pagare pensioni più alte in termini reali solo nella misura in cui aumenta la produttività o il numero degli occupati o gli italiani lavorano più a lungo. Saranno incrementi, in altre parole, sostenibili, coerenti con l’equilibrio di lungo periodo dei nostri conti previdenziali.

LA RISPOSTA DI WALTER VELTRONI CANDIDATO DEL PARTITO DEMOCRATICO

La lotta ad ogni forma di criminalità organizzata e a tutte le mafie è parte del codice genetico del Partito democratico. Nasciamo anche per questo, per far sentire meno soli e non indifesi tutti coloro che alla “normalità” della mafia non si rassegnano e che con coraggio portano avanti quella resistenza civile che è la condizione indispensabile per vincere e debellare il cancro del fenomeno mafioso.
Reagire all’idea che la mafia debba continuare a tenere prigioniere intere aree del nostro Paese, contrastarla duramente con tutti i mezzi per colpirla nella sua organizzazione e nei suoi interessi, mettere nelle condizioni di operare nel modo più efficace chi la mafia la combatte ogni giorno, per affermare al suo posto il rispetto della legalità e la difesa delle regole, questo è lo spirito con il quale il Pd intende fronteggiare la questione.
Ho detto nelle piazze siciliane e calabresi una cosa chiara, e cioè la ‘ndrangheta, la mafia e la camorra decidano quello che vogliono, ma decidano solo una cosa: di non votare per il Partito democratico, perchè devono sapere che il Pd se governerà l’Italia cercherà di distruggere quei poteri che impediscono al sud di esprimere tutta la sua forza e la sua energia.
Il Pd mette in campo 10 punti per il contrasto alle mafie, che abbiamo accolto e fatto nostri nel programma di governo.
Primo, potenziare gli strumenti legislativi e di controllo per un effettivo attacco ai patrimoni criminali, attraverso l’approvazione del testo unico antimafia, l’istituzione dell’anagrafe dei conti e dei depositi bancari e dell’albo degli intermediari finanziari, l’attivazione della Legge Mancino e l’istituzione dell’Agenzia unica dei beni confiscati.
In secondo luogo, liberare l’economia del sud dalla morsa mafiosa attraverso il monitoraggio degli appalti e la riduzione delle stazioni appaltanti, il controllo della gestione del movimento terra ossia la verifica dell’utilizzo corretto delle risorse nazionali erogate per le infrastrutture, la promozione e il sostegno delle attività delle associazioni antiracket, la promozione di un tutor per le imprese e il rilancio del consumo critico.
Terzo punto, potenziamento del sistema di contrasto, con il rafforzamento dell’impegno per la cattura dei latitanti, l’integrazione delle polizie nazionali e delle polizie locali, la realizzazione di un sistema di sicurezza integrata con l’approvazione della proposta di Legge nazionale definita unitariamente nel 2003 da Anci Upi e Regioni e aggiornata in questi mesi, l’aumento delle dotazioni strumentali delle forze di polizia, l’integrazione operativa polizia e carabinieri e la riapertura dei concorsi pubblici per le forze armate.
Ancora, al quarto punto del programma del Pd proponiamo l’adeguamento normativo efficace e sostegno alle attività d’indagine da ottenersi mediante il potenziamento della dda, della dna e della dia, il mantenimento della piena efficienza del 41 bis, la certezza della pena attraverso una riduzione della possibilità per gli indagati per reati di mafia di ricorrere al patteggiamento allargato, evitando in tal modo che le maglie del sistema consentano a persone assicurate alla giustizia, grazie all’impegno delle forze dell’ordine, di tornare fuori, e infine l’aumento di organici di magistrati.
Al quinto punto del decalogo antimafia del Pd, l’impegno nel contrasto dei fenomeni mafiosi a livello europeo e internazionale con la costituzione di uno spazio giuridico antimafia europeo e globale, il contrasto alle nuove schiavitù e la promozione di una grande iniziativa europea sul contrasto ai fenomeni mafiosi.
Sesto, spezzare definitivamente il legame tra mafia e politica, la vera grande sfida che la classe dirigente del Paese deve fare propria senza esitazioni né zone d’ombra.
E dunque attuare un monitoraggio dei comuni già sciolti per mafia e di quelli che sono attualmente in fase di commissariamento affiancando a questo l’adeguamento della normativa in materia di scioglimenti di consigli comunali e l’allontanamento di tutti i rappresentanti pubblici con condanne per associazione a delinquere o favoreggiamento.
Poi, al settimo punto la lotta contro i clientelisimi, la promozione del merito nello studio e nell’accesso al mondo del lavoro da raggiungere con il ripristino della legalità dei concorsi, la valorizzazione dei talenti, il rilancio dell’offerta formativa locale, l’attivazione dei centri per l’impiego, una campagna di educazione alla legalità e alla lotta alle mafie, nella scuola e nelle istituzioni, l’istituzione di corsi universitari di storia della mafia e dell’antimafia e lo sviluppo di un piano globale di promozione della legalità e di sviluppo nel territorio.
Ancora, ottavo punto, il contrasto al lavoro nero, con premi alle imprese virtuose, un coordinamento stato regioni, la semplificazione delle procedure amministrative e la definizione di piani territoriali di emersione.
Al nono punto del nostro decalogo, la lotta all’abusivismo edilizio e alle ecomafie, da realizzarsi con una maggiore repressione dell’abusivismo edilizio nelle aree soggette a vincoli di tutela e un controllo efficace del sistema di gestione dei rifiuti.
Ultimo punto del decalogo del Pd, il mantenimento di un’attenzione continua sul fenomeno con la promozione di iniziative, inchieste e convegni nei territori a rischio, il sostegno alle vittime di mafia con la promozione della legge sulle vittime, che deve essere approvata prevedendo l’equiparazione dei fondi per le vittime della mafia a quelli per le vittime del terrorismo e la promozione della giornata nazionale della memoria per le vittime di mafia. Sarebbe significativo istituzionalizzare il 21 marzo che da più di dieci è la giornata che l’associazione Libera ha dedicato a questo scopo.

E’ un grande impegno, enorme, quello che ci viene richiesto. Non uso il termine “straordinario” perché in realtà io credo che si debba stare attenti a non far rientrare il problema della mafia, di tutte le mafie, nella dimensione dell’emergenza.
I riflettori non si devono accendere solo quando si raggiungono livelli estremi di criticità, quando accadono avvenimenti tragici come quello di questa estate a Duisburg. E nemmeno, per certi versi, quando si raggiungono risultati importanti come i recenti straordinari successi nella cattura di pericolosi latitanti come il boss Lo Piccolo.
Può sembrare un paradosso questo i recenti omicidi in Calabria e Campania, ma il fenomeno criminale non è più così forte come un tempo. Sono stati inferti molti colpi. Adesso dobbiamo dare il colpo più grande, dobbiamo distruggere mafia, camorra e ‘ndrangheta.
Un modo per tenere sempre, in ogni istante, altra l’attenzione nei confronti dei fenomeni di mafia sarebbe se la nostra frase rivolta alle cosche a non votare per noi fosse ripetuta da tutti i leader politici, come ho già più volte invitato a fare. Un appello, questo, che rinnovo anche in questa occasione, non per la convenienza di questa o quella parte politica ma per il bene del Paese.

Walter Veltroni

PREGO SIGNORA, PRIMA DI LEI

Il confronto tra Italia e Spagna sulle liste dei candidati alle elezioni comporta per noi l’ennesima brutta figura. Nel paese di Zapatero la percentuale uomini-donne è al 45 per cento, molto vicina alla parità. Da noi è al 35 per cento. Senza contare che le liste bloccate fanno sì che il numero delle elette sia ancora più basso. I giovani, soprattutto i trentenni, sono ben poco rappresentati in Parlamento. Coerentemente con quanto avviene in altri ambiti della società italiana.

LA RISPOSTA DI ENRICO BOSELLI CANDIDATO DEL PARTITO SOCIALISTA

Il programma del socialismo europeo contro la criminalità è stato sintetizzato da Blair con lo slogan "duri contro il crimine, duri contro le cause del crimine", per riconoscere la dimensione sociale di questa piaga. Noi socialisti riteniamo che contro la criminalità organizzata occorra una strategia integrata, che faccia perno su una pluralità di strumenti senza ricercare un’unica ricetta salvifica.

Nel medio periodo, è fondamentale riconoscere che corruzione e criminalità hanno creato, in parti della nostra economia e della nostra società, una forte rete di scambi e relazioni, e a volte forniscono ai cittadini più servizi dello Stato.
È dunque fondamentale riconoscere il ruolo di prevenzione e contrasto che può avere lo sviluppo economico, di cui il senso civico e la diffusione di un’istruzione di qualità sono componenti fondanti. Nonostante la crescita della scolarità, proprio su questo sito pochi giorni fa si è mostrato che al Sud il livello di capitale umano -in termini di conoscenze e competenze- è ancora ben inferiore che al Nord.

Un nuovo modello di sviluppo, basato sulla democrazia e la partecipazione, l’innovazione tecnologica e la competitività, può essere una strada maestra per ridare fiducia ai cittadini. A sua volta, la fiducia riduce il numero di reati non denunciati, aumenta la collaborazione dei cittadini con le forze dell’ordine, riduce le zone di collusione o indiretto coinvolgimento.
Insomma, prevenire il crimine è importante quanto reprimere il crimine, e la prevenzione passa per la promozione della legalità e del senso civico, per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione più debole ed esposta al rischio di essere vittima o complice della criminalità.

Inoltre, stabilire una cultura della legalità richiede anche la lotta ai reati cosiddetti minori, che danneggiano di più i cittadini più deboli e meno abbienti. Come per la criminalità organizzata, la posizione del Partito Socialista è che né un maggior numero di forze dell’ordine né l’inasprimento delle pene costituiscono un’opposizione efficace o un deterrente al crimine. Solo un’alta probabilità di intervento tempestivo ed efficace delle forze dell’ordine, e il coinvolgimento in veri percorsi di recupero (il contrario delle attuali condizioni carcerarie) possono condurre ad una riduzione del numero di reati. Questi due elementi, a nostro parere, richiedono una profonda riforma della giustizia, del sistema penitenziario, e dell’organizzazione delle forze dell’ordine.
Per le forze dell’ordine, l’attuale modello, basato sul coordinamento, finisce spesso per generare sia duplicazioni che lacune. La nostra posizione è decisamente nella direzione della completa specializzazione dei diversi Corpi, del miglioramento della professionalità, anche grazie all’uso delle più moderne tecnologie, e della giusta incentivazione, mediante un sistema di retribuzioni fondato più sulla produttività e sul merito che non su gerarchia e anzianità.
Ad ogni modo, ciò che riteniamo più importante è riconoscere che oggi la mafia "non spara, o spara poco", nel senso che la criminalità organizzata si è evoluta in direzione di una minore conflittualità interna e verso lo Stato, e verso un ancor maggiore controllo del territorio e delle attività economiche illegali. Al di là di singoli casi ed immagini stereotipate, sempre più la criminalità organizzata è concentrata sull’accumulo di potere politico e economico: il gangster è ormai ampiamente sostituito dal consulente finanziario, nel suo ruolo di spina dorsale delle organizzazioni di tipo mafioso.
Dunque, lo strumento principale che come candidato premier mi propongo di sviluppare contro la criminalità organizzata è il controllo dei flussi finanziari. Con misure in parte analoghe a quelle necessarie alla lotta all’evasione fiscale, è necessario investigare e monitorare i movimenti di capitali finanziari e valutari.
Infatti, il controllo delle transazioni finanziarie, nazionali e internazionali, della criminalità organizzata serve un duplice scopo. Da un lato, impedisce il riciclaggio di fondi provenienti dalle attività illecite, in attività economiche apertamente visibili e legali per ogni altro aspetto. D’altro lato, il contrasto delle transazioni finanziarie costituisce una barriera al finanziamento delle stesse attività illecite, condotte ormai su una scala internazionale e con tipologie di attività da richiedere l’investimento di notevoli quantità di denaro.
Oltre allo sviluppo di specifiche tecnologie e competenze a disposizione delle forze dell’ordine e della magistratura, il controllo dei flussi finanziari passa anche per un maggiore coordinamento delle autorità nazionali, e per la rimozione delle aree di impunità dei soggetti complici di queste operazioni: non solo i singoli consulenti finanziari o i dipendenti delle società, ma le stesse istituzioni bancarie e finanziarie che si rendono responsabili aiutando i clienti in queste transazioni, garantendo efficienza, rapidità, anonimato.

Infine, occorre notare che parte del proprio sostentamento, e fonte di sviluppo per le organizzazioni criminali, è lo sfruttamento di attività illecite o illegali, che risultano di maggior danno sociale proprio in quanto dichiarate illegali dallo Stato. Tipici esempi sono il traffico delle droghe, anche leggere, o lo sfruttamento della prostituzione.
In quest’ultimo caso, la modalità con cui la prostituzione è di fatto condotta nel nostro Paese, ovvero in maniera ipocriticamente tollerata e malamente controllata, espone i soggetti coinvolti (spesso minorenni) a condizioni di vera schiavitù, è tra le principali cause della tratta di esseri umani, e conduce a notevoli rischi sanitari per l’intera popolazione. Talora, è nostra opinione, il danno sociale prodotto da alcune attività illecite può essere annullato o notevolmente ridotto proprio con una buona regolazione di queste attività, che ne permetta lo svolgimento a certe condizioni, sottraendo così importanti fonti di finanziamento della criminalità organizzata.

Enrico Boselli

IL CLUB DEGLI ECCELLENTI

Sulla stampa è recentemente apparsa la notizia dell’iniziativa dei rettori di dodici atenei, tra cui Bologna, Padova e il Politecnico di Milano, di costituire un’associazione per la qualità delle università. Il progetto è criticabile sia nel metodo che nel merito: contrariamente alle intenzioni, tende di fatto a creare un club con accesso preferenziale ai fondi ministeriali, piuttosto che indirizzare e incentivare la qualità della ricerca e della didattica.

CON IL COMMISSARIO NON SI VOLA

Cosa accadrebbe se Alitalia non trovasse un compratore? Cos’è il “commissariamento” di cui si parla come di uno spauracchio? Quali conseguenze scatterebbero per azionisti, creditori, lavoratori e viaggiatori? Se si trasformassero i debiti della società in azioni, come si è fatto con Parmalat, i suoi creditori avrebbero comunque il problema di un’impresa che perde. Occorre una soluzione industriale, perché la finanza ha già fatto tutto quello che doveva, e forse ha fatto anche troppo.

SE IL PETROLIO ACCENDE L’INFLAZIONE

Perché il prezzo del petrolio continua a salire? La crescita economica di Cina, India e Vietnam ha determinato un forte rialzo della domanda. Non solo. Anche il mercato del greggio ha gradatamente, ma radicalmente mutato le sue caratteristiche strutturali. E le fluttuazioni dei prezzi rappresentano un’occasione di investimento finanziario. In più c’è la debolezza del dollaro. L’euro forte ha finora attenuato l’impatto sui prezzi interni. Ma i rischi di inflazione restano alti.

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