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VOLTREMONT E IL CALICE DELL’ECONOMIA

Si intitola “Tremonti: istruzioni per il disuso” il libro scritto da cinque economisti. Passa in rassegna in modo impietoso le affermazioni contenute negli scritti del nostro ministro dell’Economia. E dimostra che le sue tesi e le sue previsioni sono molto spesso lontane dalla realtà di dati, numeri e statistiche. Eppure si tratta proprio di quelle stesse affermazioni che hanno contribuito a rendere il ministro l’intellettuale più influente della attuale maggioranza. Perché allora in pochi finora hanno messo in luce le sue incongruenze?

UNA DOTE DA PRENDERE SUL SERIO

I 500 euro proposti da Brunetta per combattere il fenomeno dei bamboccioni erano probabilmente solo una provocazione. Però non è sbagliata l’idea di offrire una dote ai neo-maggiorenni. Per pagare gli studi all’università o correggere le imperfezioni del mercato del credito per iniziare un’attività o comprare una casa. Altri paesi già prevedono misure simili. Per importarli anche in Italia occorre però trovare i finanziamenti necessari. Che si potrebbero ricavare agendo sulla tassa di successione sulle eredità più sostanziose.

La risposta ai commenti

Cari lettori,

grazie per i vostri commenti. Nel mio intervento giudicavo un’affermazione del Presidente del Consiglio che non regge alla prova dei fatti.
Ma il discorso, nel confronto con voi, si è  molto allargato. Quindi provo a fornire ulteriori dati utili per un confronto informato.
Cominciamo dalla propensione a commettere reati. Secondo il “Rapporto sulla Criminalità in Italia” emanato nel 2007 dal Ministero dell’Interno, la quota di immigrati regolari denunciati è solo lievemente superiore (6%) inferiore alla loro quota (5%) sulla popolazione totale. Quindi la propensione a commettere reati non sembra molto diversa da quella degli italiani.
Altri di voi fanno presente che i miei dati non riguardano l’immigrazione clandestina. Vero. Io giudicavo un’affermazione del Presidente del Consiglio riferita a tutti gli immigrati, non solo ai clandestini. Quindi i dati che ho considerato erano quelli appropriati. A meno che qualcuno voglia sostenere che a fronte di un incremento di quasi 2 milioni degli immigrati regolari c’è stata una riduzione di più di due milioni dell’immigrazione clandestina.
La questione degli immigrati clandestini merita comunque un approfondimento. Ci sono, in effetti, significative differenze tra immigrati regolari e irregolari in termini di propensione a delinquere. Il citato rapporto del Ministero degli Interni mette in luce che tra il 70 e l’80 per cento (a seconda dei reati) degli immigrati denunciati è sprovvista di un regolare permesso di soggiorno, mentre la quota degli irregolari sul totale degli stranieri è molto inferiore. Quindi i clandestini sono sovra-rappresentati fra gli immigrati presumibilmente coinvolti in reati. Ma la cosa importante da stabilire è se le politiche migratorie sin qui perseguite abbiano contribuito a ridurre la criminalità. La mia impressione è che non sia il caso. Perché non sono riuscite a contenere l’arrivo di clandestini (arrivano comunque fin quando il lavoro nero sarà tollerato) e perché hanno reso più difficile agli immigrati che erano già da noi la regolarizzazione, inducendoli a commettere reati che altrimenti non avrebbero commesso. Quanto è forte questo effetto dell’irregolarità in quanto tale sulla propensione a commettere reati? Gli immigrati illegali non sono normalmente osservabili nelle statistiche ufficiali. E la probabilità di richiedere e ottenere un permesso di soggiorno è plausibilmente correlata con altre determinanti della propensione a delinquere (per esempio le potenzialità di guadagno sul mercato del lavoro regolare) che rendono complicato isolare l’effetto dello status giuridico. Per ovviare a queste difficoltà due ricercatori, Giovanni Mastrobuoni e Paolo Pinotti, hanno confrontato la propensione a delinquere degli immigrati Rumeni, che hanno ottenuto lo status legale in Italia a seguito dell’ingresso del loro paese nell’Unione Europea, con quella di altre nazionalità. Dal momento che le differenze tra i due gruppi in termini di status giuridico prima e dopo il 1° Gennaio 2007 dipendono principalmente da un evento esterno (l’allargamento a est dell’Unione Europea) piuttosto che da decisioni e caratteristiche individuali, differenze sistematiche nella dinamica della propensione a delinquere dovrebbero essere altresì indipendenti da variabili diverse dallo status giuridico. Dati individuali sulla recidività degli stranieri scarcerati a seguito del provvedimento di indulto varato 5 mesi prima dell’entrata in vigore della libera circolazione sopperiscono alla tradizionale mancanza di fonti statistiche sugli immigrati irregolari.
I risultati dello studio suggeriscono che l’estensione dello status legale a tutti i Rumeni ha diminuito drasticamente la loro recidività rispetto a quella delle altre nazionalità. Per esempio, la  Figura qui sotto mostra la probabilità che un ex-detenuto Rumeno sia riarrestato in ciascun giorno durante i 10 mesi successivi alla sua scarcerazione, rispetto alla stessa probabilità per un Albanese. La maggiore propensione a delinquere degli immigrati irregolari sembra dunque dovuta, in larga parte, alla condizione stessa di illegalità, piuttosto che a caratteristiche individuali ad essa correlate.
Alla luce di questi risultati, politiche migratorie restrittive possono avere effetti perversi in termini di numero di crimini commessi dagli immigrati (irregolari) presenti sul territorio. Per esempio, è lecito interrogarsi sulle conseguenze di decreti flussi come quello del 2007, che fissò un tetto di 170.000 permessi di soggiorno a fronte di 740.000 domande, la maggior parte delle quali presentate da immigrati già presenti sul territorio, spingendo dunque diverse centinaia di immigrati in una condizione di illegalità.
Recidività degli ex-detenuti liberati con l’Indulto del 2006.

Recidività degli ex-detenuti liberati con l’Indulto del 2006

ESAMI DI LABORATORIO ALLA FIERA DELLE SANITÀ

Il governo propone un aggiornamento delle tariffe nazionali delle prestazioni sanitarie di laboratorio. Ma qual è il senso della revisione quando poi le singole Regioni remunerano in modo assai diverso gli stessi esami? Per esempio, in Lazio o Calabria alcuni accertamenti costano il doppio rispetto all’Emilia Romagna. E’ assai probabile che la riduzione causi molti problemi ai laboratori pubblici e privati nelle Regioni che applicano il tariffario nazionale in modo virtuoso. Mentre poco o nulla inciderà in quelle che dovrebbero essere spinte a una maggiore efficienza.

FEDERALISMO DEMANIALE À LA CARTE

Uno schema di decreto legislativo fissa i principi generali e le procedure per regolare il trasferimento di parti del patrimonio immobiliare dello Stato a favore degli enti territoriali. Proprio il procedimento lascia perplessi. Il risultato non sarebbe una devoluzione del patrimonio statale tra diversi livelli di governo sulla base di criteri economici di pertinenza dei beni alle funzioni attribuite agli enti decentrati, ma un’allocazione basata su puri criteri di profittabilità, che lascerebbe allo Stato i beni di minor valore commerciale.

IMMIGRAZIONE NON È UGUALE A CRIMINALITÀ

Ha fatto scalpore la dichiarazione del presidente del Consiglio sull’equivalenza tra immigrazione e criminalità. Vero o falso? Berlusconi non ha fornito numeri a supporto della sua affermazione. Dai dati disponibili sul sito dell’Istat si ricava però che pur con un incremento del 500 per cento del numero di permessi di soggiorno dal 1990 a oggi, i tassi di criminalità sono rimasti pressoché invariati. Le statistiche documentano invece che nello stesso periodo la quota degli stranieri sul totale dei detenuti è stata sempre superiore alla loro quota sulla popolazione italiana.

Lezioni di economia in tempo di crisi

La crisi ha cambiato tutto: l’economia, le istituzioni finanziarie, il nostro modo di fare politica economica e la nostra teoria economica. Eppure, per i programmi di insegnamento universitari, tutto resta come prima. Come trenta anni fa, gli studenti seguono prima un corso di microeconomia e poi uno di macro. Il problema è la separazione netta tra le due parti. I docenti dovrebbero invece affrontare fin dall’inizio, direttamente e in un modo adeguato, le questioni che la realtà economica contemporanea pone davanti agli occhi, nella vita e nelle tasche di tutti.

PER LA SANITÀ È TEMPO DI SCELTE STRATEGICHE

La sanità italiana ha un milione di addetti, rappresenta una quota importante del Pil e si segnala per livelli di complessità organizzativa e innovazione tecnologica ben superiori ad altri settori economici. Eppure di rado è vista come volano di sviluppo dell’economia. Perché deve risolvere alcune questioni fondamentali: frammentarietà del sistema di welfare socio-sanitario, federalismo, ambiti di autonomia del management. Sono temi che chiamano in causa in particolare i decisori politici regionali.

IL MISTERO VIAGGIA IN AUTOSTRADA

Aumenti di un certo rilievo dei pedaggi delle autostrade Torino-Milano e Torino-Savona nel biennio 2009-2010. Le ragioni restano misteriose perché convenzioni e piani finanziari sono secretati. Dai bilanci delle due società si può però dedurre che remunerano investimenti ultimati con enormi ritardi, sulla scorta dei quali erano già state prorogate le concessioni. Più in generale, in Italia le concessionarie corrono ben pochi rischi: gli investimenti sono infatti approvati dall’Anas che ne garantisce la redditività con aumenti di tariffa preconcordati.

TREMONTI, DOPO LO SCI IL CALCIO

Il Ministro Tremonti non è nuovo a cambiamenti di opinione improvvisi. Pochi mesi dopo aver introdotto la Robin Hood tax per tassare le banche per i loro eccessivi profitti è stato costretto ad approntare i Tremonti-bonds per ricapitalizzare alcune di esse (rimanendo peraltro assai offeso dal fatto che le due principali banche italiane abbiano snobbato i T-bonds). Dopo avere accusato la Unione Europea di essere -con la sua eccessiva burocrazia, l’invadente regolamentazione e l’euro troppo forte- la causa del declino economico italiano e la quinta colonna di una presunta invasione cinese di merci e persone, adesso il Ministro Tremonti ha scoperto un grande amore per l’UE. E ha proposto di creare una Nazionale della UE. “Dopo l’Erasmus sarebbe fantastico avere una squadra di calcio comune” (Corriere della Sera, 2 febbraio 2010). Il Ministro è certamente a suo agio con lo sci ma di calcio ne mastica evidentemente poco. Nel calcio la tradizione è (quasi) tutto. E’ per la tradizione che il Regno Unito conserva ancora gelosamente il privilegio di avere 4 squadre “nazionali” che competono separatamente a Europei e Mondiali. Senza che nessuno abbia mai sentito il bisogno di avere la squadra del regno Unito. Nel calcio le identità nazionali sono tuttora fortissime e siamo certi che le partite della nazionale UE sarebbero come un All-Star game: non se le filerebbe nessuno. Ma c’è una cosa che ci incuriosisce: che ne pensa della proposta Tremonti il neo-candidato alle elezioni provinciali di Brescia, Renzo Bossi, indimenticato Team Manager della Nazionale Padana?

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