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UN COMMENTO DI BRUNO JAFORTE ALL’ARTICOLO DI BERIA E RAMELLA – LA REPLICA DEGLI AUTORI

L’articolo segnala che “negli ultimi anni anche molte città di piccola e media dimensione hanno voluto imitare le grandi aree urbane progettando linee metropolitane di dubbia utilità. Ultima la dichiarazione del sindaco di Aosta (35 mila abitanti) che vede con favore l’idea di una metropolitana”.
Inoltre si osserva che, mentre nelle grandi città e nelle estese conurbazioni le reti di linee di metropolitana costruite nel tempo assorbono una consistente aliquota della mobilità generale, nelle recenti realizzazioni il loro uso è una modesta frazione della capacità disponibile.
A conferma di ciò si cita l’esempio di Torino dove l’unica linea attivata da due anni avrebbe trasportato circa 90 mila passeggeri al giorno, contribuendo a ridurre il traffico privato complessivo di poco più dell’1 %. Analogo risultato sarebbe stato conseguito a Tolosa, con la linea dello stesso tipo di quella di Torino, entrata in servizio nel 1993.
Invero il dato di traffico registrato è da ritenere soddisfacente, specialmente dopo soli due anni di esercizio, e conferma la correttezza della scelta effettuata; d’altro canto è ovvio che una singola linea non può dare più di quanto consente la sua “zona di influenza”.
Gli incomparabili vantaggi del servizio offerto dal sistema di trasporto metropolitano rispetto a quello dei sistemi di trasporto di superficie in termini di velocità, di frequenza e di puntualità (per citare soltanto i requisiti più richiesti), induce in molti casi i potenziali utenti a servirsi della metropolitana anche se la distanza della stazione è maggiore di quella usualmente accettata, ma sempre entro certi limiti.
Ben più attraente e gradita è la possibilità di passare da una linea ad un’altra di un sistema esteso e articolato; senza alcun dubbio quello che viene definito “effetto rete” diversifica e moltiplica le possibilità di scelta di itinerari e quindi il contributo alla mobilità generale risulta tanto maggiore quanto migliore sia stata la scelta progettuale della rete.
Ma gli autori hanno trascurato di prendere in considerazione l’altra esigenza, più importante, che dovrebbe guidare nella scelta della tipologia dell’infrastruttura e nello sviluppo del relativo progetto: il contenimento del costo di gestione.
Infatti è ben noto che la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale (TPL) risulta particolarmente onerosa a causa della loro intrinseca incapacità di produrre reddito; da questa deriva la necessità delle amministrazioni locali di affidare la gestione stessa (teoricamente mediante appalti pubblici) con i “contratti di servizio”, strumento legalizzato per coprire almeno il deficit di esercizio delle aziende che effettuano il trasporto pubblico locale.
Nel 1983, a Lille, vennero attivate le prime linee di metropolitana leggera automatica (MLA) realizzate al mondo e dopo pochi anni la amministrazione cittadina rese noto che la gestione di questo nuovo tipo di infrastruttura aveva cominciato a dare risultati di bilancio positivi, con la concreta speranza di progredire nella entità dell’utile.
Successivamente altre città hanno seguito l’esempio di Lille, e tra di esse Torino. Pertanto, in attesa che l’entrata in servizio di altre linee cominci a produrre l’effetto rete di cui si è fatto cenno prima, intanto sarebbe desiderabile avere notizie dettagliate ed attendibili sui risultati di gestione della linea già in funzione.
Se, nel tempo, si dimostrasse che la realizzazione di ben studiate reti di MLA consente di ottenere sostanziose economie di esercizio, o addirittura un utile, si dimostrerebbe altresì che esse sono l’unico sistema di trasporto idoneo ad attenuare i problemi della mobilità generale che sempre più affliggono le nostre città.
In particolare ne trarrebbero concreti benefici quelle con centri storici di rilevante interesse quali sono in pratica la maggior parte delle principali città italiane

Una linea può essere un successo dal punto di vista ingegneristico o anche solo della risposta dell’utenza. Ma questo non significa che la collettività abbia necessariamente “guadagnato” da quell’investimento. Nel nostro articolo non giudichiamo se una linea si è “comportata bene”, cioè ha una buona utenza o meno. Il punto sul quale auspichiamo una riflessione è la opportunità di investire ingentissime risorse pubbliche in una (o mezza) metropolitana, piuttosto che in politiche più diffuse e leggere a beneficio di tutti. Le meravigliose performance della linea, purtroppo, saranno godute solo dai pochi (rispetto al totale dei torinesi) che si muovono su quel preciso percorso. In linea teorica (speriamo non sia il caso di Torino), una linea potrebbe addirittura tradursi in uno svantaggio per la città, se quell’investimento, in tempi magri, toglie risorse al resto del trasporto pubblico.
Sull’effetto rete da lei ricordato non possiamo aggiungere molto: è ovvio che più la rete si estende, più vi sono connessioni e più aumenta l’utenza complessiva. Ma rimane, come sempre, lo scoglio delle risorse: a cosa dobbiamo rinunciare per avere quella rete? Agli autobus? Agli ospedali? O dobbiamo aumentare le tasse per tutti?
Infine, il tema dei risparmi. Lei dice che “Se, […], si dimostrasse che la realizzazione di ben studiate reti di MLA consente di ottenere sostanziose economie di esercizio, o addirittura un utile, si dimostrerebbe […]”. Ecco, qui sta il punto: la dimostrazione da lei richiesta noi non ce l’abbiamo (ma abbiamo molti, molti, dubbi guardando a tutte le città del mondo…). La potrebbero fornire solamente i bilanci dell’azienda, corredati da una trasparente analisi indipendente (ex-post in questo caso) dei costi (tutti, anche l’investimento) e dei benefici.

Paolo Beria e Francesco Ramella

COME TENERE A BADA I CONFLITTI D’INTERESSE IN SOCIETÀ

La Consob ha emanato il nuovo Regolamento sulle operazioni con parti correlate, che introduce una disciplina radicalmente innovativa delle operazioni compiute dalla società con controparti legate da rapporti particolari, operazioni particolarmente adatte a estrarre dalla società “benefici privati”, ovverosia non condivisi con gli azionisti di minoranza. Una buona notizia per la borsa e per l’economia nazionale.

L’INFORMATICA DOPO LA CRISI

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione possono svolgere un ruolo centrale nell’uscita dalla crisi. Il settore attraversa però un momento particolarmente negativo nel nostro paese. E si invoca maggiore spesa pubblica. Che è utile solo se ha come obiettivo primario la crescita complessiva del mercato, qualitativa oltre che quantitativa. In particolare, l’intervento pubblico può accelerare la maturazione complessiva del mondo dell’offerta, a patto che utilizzi misure veloci, certe, affidabili nei tempi e nell’entità.

PERCHÉ L’ITALIA HA BISOGNO DI WOMENOMICS

Tradizionalmente l’auspicio di una maggiore integrazione delle donne nel mondo del lavoro si fonda su principi di equità. Ora alcuni saggi sostengono che la valorizzazione delle donne risponde anche a criteri di efficienza economica. Un approccio particolarmente interessante per l’Italia, dove la partecipazione femminile è assai scarsa, le donne difficilmente arrivano ai vertici di aziende e istituzioni e anche la fertilità è bassa. Politiche e interventi che sostengano le scelte di lavoro e di famiglia possono far bene anche al nostro Pil.

SE LO SPOILS SYSTEM AIUTA LA CORRUZIONE

Insieme all’abnorme quantità di leggi complicate e continuamente modificate e derogate, il grande problema dell’organizzazione amministrativa è la dirigenza troppo collegata al potere politico. Solo negli enti locali il 12 per cento dei dirigenti è stato scelto senza concorso e in via fiduciaria. Spesso è una fiducia nella fedeltà all’appartenenza e allo sviluppo di gruppi di potere. E i rimedi proposti? Il disegno di legge anticorruzione non affronta il tema. La riforma Brunetta frena spoils system e sistema fiduciario degli incarichi. E l’Anci la osteggia.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Molti commenti si chiedono, giustamente, come il vincolo dei due mandati sia compatibile con la ricandidatura di alcuni Governatori. Senza la pretesa di esaurire il dibattito in poche righe, la questione ruota intorno all’interpretazione del dettame di legge come “direttamente applicabile” o come invece “principio generale che deve essere recepito dalla legge elettorale regionale”. Nel primo caso, i candidati che avessero già svolto due mandati con elezione diretta non potrebbero essere rieletti, benché, di principio, candidabili. Sotto questo punto di vista, non sono da escludere eventuali ricorsi nel caso in cui, per esempio, Formigoni venisse rieletto. Nel secondo caso, invece, la mancanza di una legge elettorale regionale che esplicitamente accetti i principi della legge nazionale sul vincolo di mandato rende tale vincolo inapplicabile. Si noti che il vincolo dei due mandati di per sé è poco incentivante per il politico che non può più essere rieletto. Per questo motivo, e per rimuovere una evidente disparità di trattamento nei confronti dei Sindaci, è utile che si ripensi all’opportunità di tale vincolo.
Per quanto riguarda la selezione della classe politica, non esiste evidentemente una legge elettorale ideale, vista l’influenza dei partiti a selezionare i candidati ex ante. In linea di principio, la possibilità di esprimere una preferenza rende i politici eletti più responsabili di fronte agli elettori, rispetto ai politici eletti tramite lista bloccata. Il sistema delle primarie potrebbe inoltre aprire maggiormente il processo di selezione all’influenza dell’elettorato, rendendo così ancora più democratico il procedimento elettorale

Per quanto riguarda il tediosamente caustico commento di Bruno Stucchi chiarisco che durante la prima seduta si verifica (e non decide) sul rispetto delle cause di ineleggibilità. Un ulteriore aspetto interessante dalla norma sul secondo mandato è che, pur riferendosi la legge espressamente all’"eleggibilità", la parallela previsione di elezione diretta del Presidente fa supporre ad alcuni che ciò implichi anche la sua "incandidabilità". Sono generalmente previste anche esplicite cause di "incandidabilità" oltre che di "ineleggibilità"; non è quindi vero che chiunque si possa candidare. Si pensi solo alla necessità di raccogliere le firme, per fare un esempio legato all’attualità. La questione non è banale come può sembrare; ciononostante, gli arguti autori immaginano i loro figli impegnati alle materne con ben altri e più affascinanti problemi.

UN NUOVO SISTEMA DI REGOLE PER LE BANCHE CROSS-BORDER

Come garantire la stabilità del sistema finanziario senza rinunciare ai benefici dell’innovazione e alla dimensione globale e multifunzionale delle istituzioni? Cerca di rispondere a questa domanda un rapporto di Ceps-Assonime. Ne pubblichiamo una sintesi, suddivisa in quattro interventi. Iniziamo dalla nuova architettura regolamentare dei gruppi bancari cross-border, fondata sul contenimento dell’azzardo morale per i banchieri e sull’effettiva possibilità di fallimento per tutte le istituzioni finanziarie. Nei prossimi numeri de lavoce.info proporremo gli altri tre articoli che completano l’analisi.

IL COMMENTO DI DANIEL GROS

Le preoccupazioni di Vito Tanzi sarebbero pienamente giustificate se il Fondo monetario europeo dovesse diventare veramente una fonte alternativa di "soldi facili". Ma un Fme come proposto da Thomas Mayer e da me sarebbe l’opposto: costituirebbe uno strumento per aumentare la disciplina attraverso la procedura di "fallimento sovrano" pianificato che noi abbiamo ideato.
Un FME potrebbe anche costituire uno strumento utile per rafforzare la presenza europea nel Fondo monetario internazionale. Infatti i paesi della zona euro (che farebbero tutti parte del Fme) potrebbero unificare i loro seggi nel Fmi. Non ci sarebbe nessuna concorrenza tra Fme e Fmi, ma l’uno (Fme) farebbe parte dell’altro (Fmi).
Se fosse finanziato dai soli paesi che violano i parametri di Maastricht, nei prossimi anni accumulerebbe quasi 30 miliardi all’anno (con l’Italia tra i maggiori contribuenti).
Sento spesso un’altra obiezione: i contributi rendono la finanza pubblica del paese ancora più difficile. Rispondo che il contributo nazione (cumulato, con interessi) rimarrà sempre come riserva di emergenza a disposizione del paese. Per cui non considererei questi contributi come un aggravio della situazione.

QUANDO GLI INCENTIVI BATTONO I FAVORITISMI

Quali sono gli effetti del favoritismo e della corruzione sull’andamento economico? Uno studio mostra che le connessioni sociali hanno conseguenze complessivamente negative sul funzionamento dell’impresa quando i manager sono pagati con un importo fisso, mentre ciò non accade quando si aggiunge un premio di risultato. Una questione di incentivi. Per questo la presenza generalizzata del fenomeno induce individui e imprese a investire tempo e denaro nella ricerca di connessioni, agganci, piuttosto che a migliorare il proprio grado di efficienza.

TUTELIAMO IL REDDITO, NON IL POSTO FISSO

I vincoli ai licenziamenti previsti dalle normativa italiana hanno lo scopo di assicurare il lavoratore contro le possibili fluttuazioni del mercato del lavoro e trasferirne il peso sull’impresa che può neutralizzarle con maggiore facilità. Ma ai vantaggi di una maggiore stabilità dell’impiego corrispondono i costi di una più lunga durata della disoccupazione e di minori salari. Senza contare i diversi modi per aggirare la legislazione, un problema che la crisi ha reso ancora più evidente. Meglio allora ripensare l’intero modello.

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