L’ultimo Consiglio direttivo della Bce non segna alcun cambio di rotta sulla politica accomodante. D’altra parte, la posizione dell’amministrazione Usa a favore di un dollaro debole allontana le tre condizioni per mettere fine al Quantitative easing.
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Con l’uscita dalla moneta unica non sarebbe possibile mantenere il debito pubblico in euro, né ridurlo attraverso una ristrutturazione. L’unica strada sarebbe allora la ridenominazione in lire. Ma si tratterebbe comunque di una scelta molto pericolosa.
Jerome Powell, un avvocato, è il nuovo presidente della Fed. Nell’immediato è una scelta di continuità. Ma nel medio periodo, l’incertezza sulle sue posizioni potrebbe diventare un fattore rilevante. Soprattutto se ci fosse da affrontare una crisi.
Dalla riunione della Bce esce un messaggio chiaro: c’è una ricalibratura del programma di acquisto dei titoli, ma non è indicata alcuna data per la fine del Quantitative easing. Così la Banca centrale continua a essere il più forte collante dell’Eurozona.
Secondo la teoria economica un’attività finanziaria è una bolla quando il valore di mercato a cui viene scambiata si discosta dal suo valore fondamentale. Lo sono dunque tutte le monete e in particolare Bitcoin. Ma non per questo è destinata a scoppiare.
La premessa è che l’unione economica e monetaria è ancora incompleta. È in questo quadro che la Bce si muove e prende decisioni. A partire dal proseguimento della politica straordinariamente accomodante in virtù del mandato sulla stabilità dei prezzi.
Il discorso di Mario Draghi nel tradizionale incontro dei banchieri centrali a Jackson Hole ha deluso molti commentatori. Che si aspettavano indicazioni precise sulla fine del Qe. Ma a ben vedere, qualcosa di importante a riguardo è stato detto.
Come l’Unione monetaria, anche l’Unione bancaria rimane a metà del guado. È un progetto incompiuto, la cui piena realizzazione presuppone non solo modifiche dei Trattati, ma anche la volontà politica di procedere verso forme di integrazione fiscale.
Uno degli effetti del Quantitative easing è aver tenuto basso il valore dell’euro. Che ora invece torna ad apprezzarsi verso il dollaro. Le conseguenze potrebbero farsi sentire su obiettivo di inflazione, avanzo commerciale e tasso di crescita dell’area.
“Non ne abbiamo ancora discusso”: così ha risposto Mario Draghi ai giornalisti che chiedevano notizie sulla fine del Qe. Però anche i mercati finanziari sono concentrati sul percorso di uscita, e questo rischi di rendere meno efficace la politica monetaria della Bce.