Due critiche principali hanno accompagnato il processo sugli scandali del calcio: colpe di pochi dirigenti ricadono su calciatori e tifosi incolpevoli e sommarietà procedurale. Ma il fatto che le società possano essere chiamate a rispondere degli illeciti commessi da propri esponenti è norma generale del nostro ordinamento dal 2001. Per impedire che gli stakeholder si avvantaggino di comportamenti scorretti dei manager a danno dei concorrenti. E forse, dovrebbe essere la giustizia ordinaria a imitare quella sportiva, almeno in tema di celerità.
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La modifica della prescrizione introdotta dalla legge “ex-Cirielli” accorcia i tempi della prescrizione. Ma non serve a combattere la lunghezza dei processi. Anzi, ottiene probabilmente leffetto contrario. Perché riduce i vantaggi del ricorso al patteggiamento: l’autore del reato, confidando nella lentezza della giustizia penale, può trovare più attraente l’aspettativa della impunità rispetto alla applicazione di una pena mite, ma certa. Così si ingolfa ancora di più la macchina giudiziaria. E si provoca una perdita di efficacia dell’intero sistema.
Scandali finanziari che coinvolgono banche, imprese e istituzioni. Aziende che inquinano, o provocano veri e propri disastri ambientali. Da tempo si riconosce l’importanza di strumenti giuridici atti a colpire e reprimere gli illeciti delle persone giuridiche. Ma in Italia l’applicazione di queste norme è limitata, anche perché si riferiscono a una realtà criminosa difficilmente afferrabile. Utile guardare a esperienze come quelle della Banca Mondiale e utilizzare in maniera più incisiva gli strumenti di prevenzione e repressione del corporate crime.
L’ultima legislatura ha segnato un momento importante nel diritto dell’economia: riforme come quella delle società e delle procedure concorsuali hanno modificato un ordinamento ormai obsoleto che condizionava le potenzialità di sviluppo delle imprese. Il nuovo Parlamento dovrà occuparsi non tanto di definire nuove regole, ma di far funzionare quelle esistenti, qualificando la funzione dei giudici e rivedendo lassetto dei controlli sui mercati finanziari. Il ruolo di un nuovo Testo unico delle banche.
Il nuovo Parlamento potrebbe fare un servigio al paese investendo nella giustizia, consentendo alle corti penali di funzionare con i tempi e i modi di una moderna economia di mercato. Se le regole sono ben scritte e presidiate con efficacia, gli operatori si comportamento mediamente in modo corretto. Quando la giustizia penale diviene “abbondante” e “lenta” può invece incoraggiare l’illegalità. Due le strade da percorrere: ridurre i tempi dei procedimenti; introdurre i tribunali specializzati in economia e finanza.
Le associazioni di categoria hanno reagito con severità nei confronti dei soggetti coinvolti nelle recenti vicende giudiziarie. Tuttavia, nessuno si è chiesto cosa fare prima, per evitare che si ripetano i fenomeni patologici. Invece, una associazione che sappia definire in anticipo rigorosi standard di comportamento con idonee procedure di monitoraggio e di sanzione, non diverrebbe certo immune dalle illegalità, ma sarebbe in grado di ricostituire quel capitale di fiducia del quale le nostre relazioni economiche hanno oggi straordinario bisogno.
Sicurezza dei cittadini, efficacia della giustizia, umanità della vita nelle carceri sono temi affrontati con atteggiamenti emotivi, senza un approccio scientifico. Tanto che in due anni sono state approvate due norme di segno opposto, una volta a vuotare automaticamente gli istituti penitenziari, l’altra a una espiazione solo carceraria della condanna. Si continua comunque a ignorare la necessità di accompagnare i provvedimenti con investimenti: per le strutture di sostegno e controllo agli ex carcerati in un caso, per l’edilizia penitenziaria nell’altro.
Anche se le deficienze della giustizia italiana hanno molti padri, la qualità dei giudici è un fattore fondamentale. La legislatura si è chiusa con il varo di un’ambiziosa riforma dell’ordinamento giudiziario. Che impatto avrà? Se la Cdl verrà riconfermata, assisteremo probabilmente al tentativo, alquanto arduo, di mettere in pratica la riforma Castelli. Quanto all’Unione, il suo programma sottolinea ripetutamente la necessità di intervenire sull’organizzazione della giustizia per ridurre i tempi dei processi. Ma resta a un livello molto generale.
L’analisi empirica rivela che nelle cause di licenziamento relative all’articolo 18, la maggioranza delle decisioni prescindono dalla conoscenza delle situazione di fatto. Subordinare il licenziamento a un’autorizzazione amministrativa ovvero al placet del consiglio di fabbrica, come avviene in alcuni paesi europei, permetterebbe di rendere l’azione del tribunale più mirata sui contenuti e più efficace. E si creerebbe uno spazio importante per le trattative tra le parti, senza asimmetrie informative e atteggiamenti opportunistici.
Il successo economico delle imprese multinazionali ha accentuato il ruolo degli studi transnazionali. Il mercato italiano dei servizi legali per le aziende subisce una forte colonizzazione da parte dei paesi anglosassoni. Anche se uffici di media dimensione sarebbero i migliori interlocutori delle piccole-medie imprese. Dannose sia le proposte di liberalizzazione estrema di Confindustria, sia il protezionismo del Consiglio nazionale forense. Rallentano il processo di modernizzazione dell’avvocatura e con esso l’evoluzione del diritto d’impresa.