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Ma non tutti i risparmiatori sono uguali

Con le nuove regole gli intermediari finanziari dovranno agire in modo onesto, equo e professionale. E per farlo la miglior arma è l’informazione. Che dovrà essere calibrata sui risparmiatori meno “sofisticati”. Molte norme di trasparenza non si applicano invece nelle operazioni con clienti considerati capaci di valutare la rischiosità degli investimenti. All’investitore si richiede comunque una certa capacità critica che lo guidi nelle scelte. Da promuovere dunque una maggiore “scolarizzazione finanziaria”.

Come la Mifid cambia i mercati finanziari

Con la direttiva Mifid (Markets In Financial Instruments Directive) si compie un passo importante nel costruire un mercato integrato europeo dei servizi finanziari. Ma l’armonizzazione delle regolamentazioni a livello comunitario richiede tutele più forti contro i conflitti di interesse, maggiore scolarizzazione finanziaria e informazione sulle sedi di esecuzione degli scambi per evitare una loro eccessiva frammentazione. Occorre poi da noi coordinare le nuove disposizioni con le norme del Testo unico della Finanza e verificare il loro impatto sulla operatività degli intermediari.

All’ombra delle piramidi

Il problema delle piramidi societarie torna di attualità con la vicenda Telecom. Rappresenta indubbiamente un freno alla crescita e allo sviluppo dei mercati finanziari, perciò è stato più volte affrontato in sede comunitaria ed è tuttora oggetto di discussioni. Alcuni interventi sono stati realizzati, anche nel nostro paese. Ma è l’autoregolamentazione che può fare di più, in attesa di un ripensamento complessivo della disciplina degli assetti proprietari.

Partecipazioni bancarie, un segnale per il mercato

Varata all’ultimo Ecofin, la direttiva comunitaria sulle acquisizioni del capitale delle banche introduce criteri più oggettivi. Le nuove regole sono una integrazione e specificazione della “sana e prudente gestione”. E cercano di impedire alle Autorità nazionali di utilizzare i poteri di autorizzazione in modo illegittimo, come è spesso accaduto finora. Senza però abbassare la guardia di fronte alle sacrosante esigenze di tutela della qualità dei partecipanti al capitale delle banche. Ripercussioni anche sul nostro ordinamento.

Tre “capitoli” per il dissesto

Negli Stati Uniti le procedure fallimentari sono regolate dall’Us Bankruptcy Code. Tre i capitoli rilevanti. Il problema sostanziale nasce dal fatto che i comuni non possono essere liquidati sotto il Chapter 7. E se il piano di ristrutturazione non viene votato dai creditori la procedura è ambigua: il giudice fallimentare può, in teoria, imporre un aumento delle imposte, la vendita delle attività e dei cespiti, il taglio delle spese. Ma non è mai successo. La migliore garanzia per il creditore sembra essere il potere del governo locale di gestire alcune imposte.

Se il mercato non ha notizie

Le sanzioni della Consob alla Ifil, alla Giovanni Agnelli & C e ai loro vertici per manipolazione del mercato hanno provocato una reazione del gruppo torinese che suona pressappoco così: senza le operazioni incriminate non ci sarebbe la Fiat risanata e in ripresa. La maggior parte dell’informazione italiana si è allineata a questo giudizio. Ma davvero la mancata comunicazione al mercato di notizie rilevanti è servita al salvataggio? Per farsi un’opinione può servire una ricostruzione della complessa vicenda (sulla quale lavoce.info era già intervenuta), dalla stipula di un contratto derivato nel 2005 alla scoperta di un misterioso documento.

La class action all’italiana non aumenta la responsabilità dei produttori

Negli Stati Uniti le azioni collettive svolgono un ruolo molto importante per il risarcimento di danni causati da prodotti difettosi e fondate sulla responsabilità civile dei produttori. Basterà una legge sulle class action per diffondere anche in Italia una simile tradizione? Probabilmente no. Perché il regime di responsabilità oggettiva è stato introdotto in Europa nel 1985, ma raramente vi si è fatto ricorso. E restano notevoli le differenze con gli Usa nelle garanzie offerte dallo Stato sociale e nel costo di accesso alla giustizia.

Un passo avanti

La nuova organizzazione della vigilanza sui mercati finanziari realizza una reale semplificazione: vengono attribuite alla Banca d’Italia tutte le competenze di stabilità, alla Consob quelle sulla trasparenza e correttezza di comportamento degli intermediari, con la contemporanea soppressione di Isvap e Covip. Finalmente abolito anche il Cicr. Al suo posto compare un Comitato per la Stabilità finanziaria, a cui spettano gli interventi di coordinamento per fronteggiare eventuali crisi delle banche. Ma il pericolo è che alla fine abbia troppi poteri.

Parmalat: tre anni dopo

La lezione è servita? A tre anni dal default Parmalat, mentre sono ancora in corso le indagini e i processi per accertare le responsabilità, ricostruiamo la vicenda e ci interroghiamo sulla capacità di reazione del nostro sistema. La legge sul risparmio contiene luci ed ombre, ma occorre agire soprattutto sui controlli preventivi per evitare che quanto è successo si ripeta. C’è ancora molto da fare, poi, sul piano della tutela penale della trasparenza e veridicità dell’informazione societaria. Così come bisogna trovare strumenti di più facile e rapido accesso alla giustizia dei risparmiatori (la class action). E le regole sulla crisi di imprese devono essere razionalizzate e sottratte al controllo della pubblica amministrazione. Ma le norme non bastano. Ci vogliono incentivi microeconomici, che spingano i protagonisti del mercato finanziario a produrre efficienti sistemi di governance e a controllare i conflitti di interesse.

Tre anni dopo Parmalat

A tre anni dal default Parmalat, le misure introdotte per evitare il ripetersi delle crisi e ridare fiducia ai risparmiatori ci rimandano un bilancio di luci e ombre. La legge sul risparmio aumenta il grado di tutela del risparmiatore. Rimane però la questione di come attivare strumenti di vigilanza pubblica in grado di verificare tempestivamente situazioni di allarme e realizzare adeguati interventi preventivi. Non è soltanto un problema di regole. L’educazione all’investimento è altrettanto importante di un efficace apparato di protezione.

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