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Uguali perché mobili

L’istruzione media degli italiani è significativamente cresciuta, in particolare dopo la riforma della scuola dell’obbligo nel 1962. Nel conseguimento della laurea permane però un differenziale di probabilità legato al diverso background familiare. Per le differenze di reddito e perché per i figli di non laureati l’università è un investimento più rischioso ed è maggiore il costo opportunità. Ma anche per effetto dei modelli di ruolo. Frequentare un ateneo lontano dalla città di residenza della famiglia potrebbe attenuarne l’impatto.

Ma fa paura l’asilo nido?

I dati mostrano che in Italia gli asili nido sono pochi, costano molto e sono disponibili solo in alcune Regioni. Perciò la Finanziaria ha stanziato risorse per un piano straordinario che ne aumenti il numero. E incentivi di conseguenza l’offerta di lavoro femminile. La sua efficacia passa per la riorganizzazione degli orari e il miglioramento della qualità del servizio. E il superamento delle diffidenze delle famiglie. Servono indagini longitudinali per valutare gli effetti dell’asilo sul benessere psico-fisico dei bambini e sul loro successo scolastico.

Quando il vento dell’est aiuta le lavoratrici

Sono molte le similitudini tra Italia e Germania in tema di famiglia: dalle norme costituzionali che la tutelano a un’organizzazione pratica fondata sulla separazione del lavoro tra uomini e donne, al welfare. Ora, però, i tedeschi sono riusciti a fare delle politiche della famiglia una priorità bipartisan, avvicinandosi alle scelte dei paesi nordici. E’ in parte un effetto dell’onda lunga dell’unificazione. Mentre noi sembriamo esserci fermati, attardati in discussioni ideologiche e in guerre di confine tra ministeri senza portafoglio.

In Usa va bene anche la demografia

Il 17 ottobre 2006 la popolazione degli Usa tocca quota 300 milioni. Un risultato dovuto all’azione congiunta di una natalità elevata e di una forte ripresa delle immigrazioni, che vanno a occupare gradini diversi della scala sociale. In Europa la situazione non è omogenea. Francia e paesi nordici hanno risposto meglio all’esigenza di coniugare vita lavorativa e familiare e hanno una tendenza demografica favorevole. Anche in Italia la recente crescita della fecondità si è verificata nelle aree dove più alti sono i flussi migratori e il numero di asili nido.

La famiglia, innanzitutto

Società in cui la famiglia svolge un ruolo dominante tendono ad avere un tasso di risparmio più alto, lavorano meno, hanno attitudini diverse nei confronti del ruolo redistributivo dello Stato e meno mobilità sociale. Ma è la famiglia a dettare il comportamento economico o la struttura economica e a stimolare la nascita di una certa struttura sociale? Uno studio dimostra che gli immigrati di seconda generazione hanno comportamenti molto simili agli abitanti dei loro paesi di origine.

Le vie dell’integrazione

La famiglia svolge un ruolo centrale nella trasmissione dei tratti etnici e culturali. Ma quali sono i motivi che spingono i genitori nei loro sforzi di socializzazione? Tanto più appartengono a una minoranza etnica o religiosa, tanto più rigidi saranno nel tramandare la loro identità ai figli. Ma proprio per questo, con il crescere dell’immigrazione e il rafforzamento delle comunità etniche, i comportamenti più conflittuali tenderanno naturalmente a scomparire. Questo vale anche per i gruppi religiosi più coesi, come i mussulmani.

Politiche per la famiglia a costo zero. O quasi

Dopo tante promesse elettorali, di politiche per la famiglia si parla poco. Eppure, se ci si mette in un’ottica pragmatica, qualcosa si può già fare e senza costi aggiuntivi. Una liberalizzazione degli orari della distribuzione darebbe maggiori opportunità di conciliare i tempi della vita. Le imprese dovrebbero assumere misure family-friendly su orario di lavoro e offerta di servizi. Mentre le scuole dovrebbero “aprirsi” anche oltre l’orario di lezione. A parità di spesa, si potrebbero razionalizzare i benefici finanziari a favore delle famiglie.

Com’è difficile essere giovani in Italia

Disoccupazione, sottoccupazione, bassi redditi e precarietà del posto di lavoro sono un freno che spinge i giovani italiani a rimandare ben oltre i trent’anni l’uscita dalla famiglia di origine. Che resta l’unico vero ammortizzatore sociale, spesso anche quando si è conquistata l’autonomia. Ma la combinazione tra solidarietà familiare forte e welfare pubblico debole è iniqua. E comprime il dinamismo sociale. Lo stesso sistema politico sembra lo specchio di una società poco mobile e caratterizzata da scarsa valorizzazione delle risorse giovanili.

Collaboratori molto subordinati

I dati sembrano confermare che la gran parte delle collaborazioni nasconde rapporti di lavoro subordinati. Molte imprese si avvalgono di questa possibilità non per contrastare eventuali cali della domanda o per rispondere a esigenze di flessibilità produttiva, ma per ridurre il costo del lavoro. E’ davvero questo il terreno su cui misurarsi? Un’accorta politica economica dovrebbe, al contrario, spingere le aziende italiane verso gli elementi chiave della competizione globale: investimenti, riorganizzazione produttiva, innovazione, formazione.

Famiglie, potere d’acquisto e concorrenza

Negli ultimi cinque anni, la crescita dei redditi per alcune fasce della popolazione è stata molto limitata, accompagnata da una dinamica inflativa non uguale per tutti. La combinazione dei due fenomeni ha generato consistenti effetti redistributivi. Si spiega così la perdita di potere d’acquisto lamentata da molte famiglie. Se è vero che la bassa crescita dei redditi dipende da cause strutturali legate alla competitività italiana, è altrettanto vero che la mancanza di concorrenza in una larga parte dei servizi ha avuto un ruolo tutt’altro che marginale.

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