La conferenza di Parigi sul clima si è conclusa con la firma del sospirato accordo. Un’intesa era necessaria per iniziare a risolvere il problema. E infatti coinvolge 185 paesi sulla base di piani nazionali di riduzione delle emissioni. I tre criteri per giudicare se si tratta di un buon accordo.
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Anche in Italia è possibile realizzare una decarbonizzazione profonda. A patto di investire risorse che permettano l’innovazione tecnologica in tutti i settori. E serve l’impegno convinto in ricerca, sviluppo e diffusione di tecnologie avanzate a basso contenuto di carbonio nei processi produttivi.
Nella lotta ai cambiamenti climatici meritano una particolare attenzione i gas diversi dall’anidride carbonica, ma che hanno effetti significativi sulla crescita della temperatura. Sono emissioni destinate ad aumentare, benché riducibili in parte senza costi. Il bilancio carbonico del pianeta.
Decarbonizzare è una delle parole chiave per ridurre le emissioni che alterano il clima. I dati mostrano però che si tratta di un processo molto lento. Risultati migliori si sono avuti nel campo dell’efficienza energetica. L’efficacia di un eventuale accordo a Parigi si misurerà sui due fronti.
Dal 30 novembre all’11 dicembre a Parigi si discuterà di clima. Le speranze sono molte, ma la possibilità di un accordo dipende dalla soluzione della dicotomia tra responsabilità storiche ed emissioni attuali. La Conferenza segnerà al massimo l’inizio di un processo lungo e ancora irto di difficoltà.
Il ruolo del petrolio come fonte energetica si è ridotto negli anni. Ma il calo delle quotazioni del greggio produce comunque vantaggi per gli italiani. Si traduce per esempio in una minor spesa per carburanti. Che però non riguarda quel terzo di famiglie che non spende nulla per benzina o gasolio.
Due terzi delle emissioni climalteranti provengono dal settore energetico. Che infatti affronta una transizione epocale, da cui dipende il futuro dell’ambiente. Il banco di prova della conferenza di Parigi tra scelte dei due “sorvegliati speciali” e necessità di forti investimenti in rinnovabili.
Vale la pena di dedicare sempre più risorse al miglioramento della qualità dell’aria? La truffa di Volkswagen mostra come la ricerca di motori con emissioni più basse si trasformi in costi di acquisto più elevati. E un eccesso di rigore può portare a risultati opposti a quelli che si perseguono.
Quella di Volkswagen è una vicenda che ha dell’incredibile. Ma può avere conseguenze disastrose per la casa tedesca e ricadute su tutta l’industria automobilistica. Dai nuovi standard per i motori diesel alla confusione che regna nel mercato e che richiede l’attenzione delle autorità di vigilanza.
La vicenda della Volkswagen mette in evidenza i diversi approcci su ambiente e procedure adottati da Europa e Stati Uniti. Serve invece una maggiore integrazione dei mercati con la definizione di standard comuni. E una metodologia efficace per misurare consumi ed emissioni in un contesto reale.