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Autore: Ugo Colombino

brugiavini Professore Emerito di Economia (Dipartimento di Economa e Statistica Cognetti De Martiis di Torino). Ha conseguito il PhD in Economia presso la London School of Economics and Political Scence. In vari periodi ha collaborato con il Dipartimento di Ricerca del Central Bureau of Statistics di Oslo e con il Dipartimento di Living Conditions del Luxembourg Institute of Socio-Economic Research. I suoi interessi di ricerca comprendono Microeconometria, Microsimulatione, Economia Pubblica, Disegno ottimale di incentivi e sistemi fiscali. Ha pubblicato su diverse riviste scientifiche, tra le quali: Journal of Labor Economics, Journal of Human Resources, Journal of Applied Econometrics, Journal of Public Economics, Journal of Population Economics, Scandinavian Journal of Economics.

Riformare il capitalismo si può. Ma come?

Sono varie le posizioni e le proposte sulla “riforma del capitalismo”. Da una parte l’idea di coinvolgere tutti gli attori nelle decisioni produttive, anche per creare buoni posti di lavoro. Dall’altra, si punta a privilegiare politiche pro-mercato.

Tre riforme per portare l’Italia a livelli europei

Produttività, reddito e occupazione ristagnano in Italia da tempo. Per avvicinarci alle economie europee dovremmo realizzare riforme complessive e non limitarci a quella del fisco, che però è la meno costosa. Lo confermano i risultati di una simulazione.

L’Irpef è progressiva? Non proprio

Non è vero che in Italia la tassazione dei redditi personali è progressiva. L’aliquota marginale cresce soprattutto nelle fasce dove si concentrano i redditi da lavoro, scoraggiando investimenti in istruzione e riqualificazione. Si può fare molto meglio

La pia illusione che Rdc e flat tax si finanzino da soli

Flat tax al 15 per cento e reddito di cittadinanza sono i cardini del fisco targato Lega-M5s. Ma non sono misure che si autofinanziano, neanche nelle loro versioni ridotte. Ci sono altri modi per migliorare gli incentivi indotti dal sistema fiscale.

Come costruire una flat tax che riduce la povertà

Così come formulate dal governo, flat tax e reddito di cittadinanza rischiano di non essere efficaci. Ma si può progettare una misura alternativa, che rispetti i vincoli di bilancio, non penalizzi gli incentivi al lavoro e riduca la povertà.

MENO TASSE PER TUTTE? PROPOSTA A RISCHIO

La risposta ai commenti

Ringrazio per i molti e interessanti commenti. Provo a risposdere ad alcune delle questioni sollevate. Stefano Testoni (disincentivi al lavoro). Un effetto negativo sugli incentivi al lavoro c’è, ma è molto debole. Non è una nostra assunzione, è un risultato del modello (stimato e simulato con dati reali). Un probabile motivo è che le somme trasferite (in media 300-500 euro mensili per famiglia) sono tutto sommato abbasta modeste. Un secondo motivo è che i fattori che determinano se e quanto lavorare vanno al di là del puro trade-off reddito tempo-libero. Come sappiamo, e come caso estremo, esistono molte persone (volontariato) che dedicano molte ore al lavoro senza alcuna retribuzione monetaria, Sandro. La questione del debito pubblico non è rilevante. L’esercizio di simulazione è fatto a gettito fiscale netto costante, quindi non c’è deficit da finanziare. Il salario minimo può essere una buona idea. Vedo due problemi: (a) riguarda solo gli occupati, (b) se è effettivo e non solo simbolico, crea disoccupazione. Agli altri rispondo in un prossimo commento. Per Sandro. Certo i trasferimenti devono essere finanziati. Nel nostro esercizio sono finanziati eliminando gli ammortizzatori sociali correnti, allargando la base imponibile e aumentando alcune delle aliquote irpef (1-2 punti sull’aliquota massima). Il gettito fiscale netto rimane invariato. Naturalmente si può pensare ad altre fonti: riduzioni di voci di spesa pubblica, riduzione dell’evasione ecc. Concordo sul fatto che il reddito universale possa e debba essere accompagnato da altre misure e introdotto gradualmente. Per Marco Cavallero. Concordo pienamente: l’azione culturale è importantissima. Per Ajna. Molti babypensionati lavorano – per quanto possibile – in modi perfettamente legali soprattutto nelle professioni (il che non vuol dire che le baby pensioni siano una buona cosa: non lo sono soprattutto perché si tratta di un beneficio casuale e arbitrario). In ogni caso i free-riders ci sono, in molte situazioni: il costo dei (pochi) free-riders andrebbe confrontato con i benefici delle politiche universalistiche.

Il reddito minimo universale

L’introduzione di un reddito minimo universale trova ancora ostacoli, eppure sembra permettere scelte familiari, educative, abitative e occupazionali più efficienti. Le disuguaglianze nella distribuzione del benessere possono rafforzare gli incentivi al lavoro, ma spingono anche alla ricerca di benefici e privilegi clientelari con spreco di risorse. Un esercizio di simulazione mostra gli effetti di quattro tipi di politiche universalistiche: reddito minimo garantito e reddito di cittadinanza, con imposta sul reddito progressiva e con imposta proporzionale. Una scheda dell’autore illustra le differenze tra le quattro forme di reddito.

L’Irpef è sulla giusta strada

La Finanziaria che introduce aliquote nette più basse sui redditi medio-bassi e più alte su quelli medio-alti segue i suggerimenti dei più recenti modelli teorici ed econometrici di tassazione ottimale. Un ridisegno che secondo le simulazioni permette nel lungo periodo di ridurre leggermente l’aliquota media, pur mantenendo invariato il gettito fiscale. Ma obiettivi redistributivi consistenti si potranno ottenere solo con la realizzazione di un sistema universale di reddito minimo garantito e con investimenti nei processi di creazione del capitale umano.

Tutti gli incentivi del reddito minimo

Il reddito minimo garantito è un istituto che permettere di semplificare e unificare in un interevento generale e trasparente una serie di politiche occasionali. E può contribuire all’efficienza del sistema economico nel breve e nel lungo periodo. Alcune simulazioni confutano le tradizionali critiche a questo strumento. Mostrano infatti che non comporta disincentivi al lavoro per gli individui con bassi salari e non favorisce il lavoro nero. Né un maggior prelievo fiscale sui redditi più elevati fa diminuire l’offerta di lavoro di chi ha stipendi più alti.

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