L’articolo di Paolo Manasse ha analizzato in maniera inequivocabile la circolare del miur relativa al tetto del 30% degli alunni stranieri per classe. Oltre ai problemi evidenziati da Manasse ce n’è altri più interni allo specifico scolastico, che nascono dall’essere questa iniziativa ministeriale un ulteriore meccanismo di complicazione della scuola.
L’Italia non è in grado di gestire i flussi dell’immigrazione e questo si trasferisce nell’ambito locale, perché neppure i comuni sono in grado di gestire i flussi dei minori e di smistarli nelle varie scuole sostenendo quelle più in difficoltà. Lo straniero accettato o respinto dalla scuola è uno straniero solo davanti al sistema scolastico italiano e la scuola e il dirigente che accolgono o respingono sono soli con i propri spazi, le proprie difficoltà, i propri bilanci.
Lo Stato non sta pagando alle scuole quello che loro spetta per la gestione ordinaria (supplenze, ore eccedenti, funzionamento amministrativo, esami, ecc.) e questo credito delle scuole viene chiamato in gergo “residuo attivo”, ma poiché ci sono residui attivi che risalgono al 2002 non si intravedono possibili arrivi di nuove risorse. Quello che scrive Manasse in chiusura di articolo è totalmente sensato: invece di pensare a meccanismi complicati e farraginosi per gestire gli stranieri è meglio intervenire a supporto delle scuole in maggiori difficoltà. Ma se il provvedimento deve essere a costo zero come potrà avvenire questo intervento?
La norma del 30% non fa altro che registrare quanto già avviene nelle scuole, in quanto sia le classi di soli alunni stranieri, sia quelle con pochi italiani sono dettate più che da scelte da necessità o da situazioni contingenti. Il 30% è un numero che in alcuni casi è inutile, in altri inapplicabile: 

  • la gran parte dei paesi e delle città italiane non ha un problema del genere in quanto o ha pochi stranieri residenti oppure ha strutture ricettive con numeri che permettono una distribuzione equa degli stranieri delle classi;
  • alcuni quartieri in alcune città italiane invece sono abitati quasi solo da stranieri e le scuole di riferimento ne accolgono moltissimi: quando non si rispetta il tetto dove vanno i bambini in più? Sto parlando qui di bambini soprattutto dai 3 agli 8-9 anni, quelli che  non usano i mezzi pubblici, che vengono accompagnati dai genitori, che hanno paura, che sono troppo piccoli per percorrere lunghi spazi cittadini da soli, che vivono in luoghi dove non è previsto il servizio di scuolabus.
  • se una scuola ha pochi italiani chiude del tutto visto che non potrà applicare il 30%?

Quelli che ho riportato sono solo alcuni esempi di una norma applicabile quasi dovunque, ma che, dove non sarà applicabile, porterà alla paralisi. C’è poi il problema dei numeri: se una scuola respinge 5-6 stranieri può anche perdere una classe e quidi far perdere il posto ad alcuni suoi docenti.
Nei quartieri di Roma o Napoli o Torino (ma anche di Udine) dove vivono molti stranieri si assiste poi ad un meccanismo molto semplice: gli italiani tendono a portare i propri figli “un po’ più in là”, mentre gli stranieri portano sempre i figli a scuola vicino a casa. Gli alunni stranieri vanno nelle scuole per vicinanza abitativa, ma i loro problemi linguistici o culturali, le loro privazioni e la soglia della povertà quando questa è varcata sono questioni che compaiono a scuola e che l’ente locale non vuole conoscere. In questo momento esiste un vero baratro tra i servizi di assistenza sociale comunali e le scuole perché non stanno perseguendo la stessa missione.
I comuni dovrebbero capire che la scuola non  ha una struttura tipica di accoglienza  per gli stranieri, ma che semplicemente adatta le sue pratiche ai nuovi arrivi. Qualche volta questa procedura è facile da attuare, qualche altra no e quando lo straniero invece di arricchire l’ambiente lo impoverisce, lo disturba, lo contamina anche in forma teppistica salta tutto il meccanismo dell’accettazione e dell’integrazione. Se non  si gestiscono i flussi cittadini nei confronti della scuola ci si troverà sempre di più davanti alla fuga degli italiani dalle scuole dove gli stranieri sono governati male.