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Autore: Stefano Ceccanti

DUE ANNI DI GOVERNO: ISTITUZIONI

L’unica riforma istituzionale sin qui iniziata è la legge delega sul federalismo fiscale, che in realtà è l’attuazione del nuovo articolo 119 della Costituzione modificato, nel 2001, dentro la riforma del Titolo V. Dico solo iniziata perché è una legge delega, i cui frutti matureranno negli anni, via via che si faranno i decreti legislativi attuativi. Il Pdl e la Lega avevano esordito con uno schema molto radicale, basato sull’idea che larga parte delle risorse restassero là dove si producono. Il Pd ha contrapposto un proprio schema organico alternativo. Il risultato complessivo ne è stato influenzato in modo significativo, tanto che il Pd si è astenuto nel voto finale sulla legge. Oltre al cambiamento dei criteri è stata decisa l’istituzione di una commissione bicamerale che seguirà da vicino l’elaborazione dei decreti e che ha avviato i suoi lavori in questi giorni. Le altre forze di opposizione hanno in larga parte condiviso questo lavoro, ma poi hanno voluto distinguersi dal Pd nel voto: l’Udc ha votato “no” e a quel punto, paradossalmente, l’Idv si è posizionata sull’unica casella rimasta vuota, il “sì” insieme alla maggioranza.
Tutto il resto rimane in un limbo, a cominciare dalla legge elettorale, dopo il fallimento del referendum del 2009. A seconda di come viene curvata la legge elettorale cambia anche il senso di tutte le altre riforme costituzionali. In realtà oltre all’interesse di Berlusconi a non cambiarla, ci sono anche incertezze del Pd. La legge attuale garantisce un obiettivo importante, quello della scelta diretta del governo, ma ne nega un altro, il rapporto tra l’elettore e il suo rappresentante. Per questo servirebbe il collegio uninominale, che garantirebbe al tempo stesso il rapporto tra rappresentanti e rappresentati e, in modo più naturale, la scelta diretta del governo da parte dei cittadini. Invece il sistema proporzionale alla tedesca recupererebbe il rapporto coi rappresentanti, ma ci farebbe regredire rispetto alla scelta diretta dei governi.
Questo è lo stato – non esaltante – dell’arte.

Premierato e poteri di veto

Si discute molto dei poteri attribuiti al primo ministro, ma i veri difetti della proposta del governo non sono nei pesi, quanto nei contrappesi, nel mancato rafforzamento delle garanzie e nello statuto dell’opposizione. Se al premier non viene riconosciuto il potere di scioglimento anticipato, si rafforzano, invece di ridurli, i poteri di veto dei partiti minori all’interno delle coalizioni. Tanto più che la norma antiribaltone li rende determinanti per la sopravvivenza della maggioranza. Seri problemi anche per il Senato, che sembra orientarsi verso una composizione mista.

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