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Autore: Paolo Sestito

Sestito Attualmente è vice capo del Dipartimento Bilancio e Controllo della Banca d'Italia, dopo avervi guidato il Servizio Struttura Economica. In passato ha anche ricoperto incarichi nella DG ECFIN della Commissione Europea, nel Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e nell’Invalsi, che ha presieduto dal 2012 al 2013. Ha anche presieduto il Comitato Occupazione e Affari Sociali e il Board del Programme for International Assessment of Adults Competencies (PIAAC) dell'OCSE. Tra i suoi libri: Le vie dello sviluppo (con Giorgio Bodo), il Mulino, 1991; Il mercato del lavoro in Italia, Laterza, 2002; Disoccupati in Italia. Tra Stato, Regioni e cacciatori di teste (con Salvatore Pirrone), il Mulino, 2006; La scuola imperfetta, il Mulino, 2014; Molto rumore per nulla (con Roberto Torrini), Amazon, 2019.

Dagli slogan all’agenda politica

La questione della precarietà va senz’altro affrontata. Ma i veri nodi sono sul come potenziare gli ammortizzatori sociali e sul come regolare le flessibilità. Bisogna definire sussidi, e schemi di finanziamento, che ne scoraggino l’uso prolungato e ripetuto nel tempo, da parte delle imprese e da parte dei lavoratori. E stabilire come regolare il sistema. L’uso della flessibilità potrebbe essere per esempio calmierato da un costo aggiuntivo che tenga conto del maggior ricorso ad ammortizzatori sociali insito nel lavoro a termine.

Imprese, formazione e cuneo fiscale

Le imprese italiane versano oggi un contributo obbligatorio per il sostegno delle politiche di formazione dei lavoratori. Le risorse si riversano in fondi destinati a co-finanziare gli interventi formativi. Peraltro, poco utilizzati dalle aziende. Si tratta dunque un sistema efficiente? Una valutazione complessiva del suo impatto sulle performance economiche delle imprese, in particolare di quelle medio-piccole, e sulle opportunità di carriera dei lavoratori, è indispensabile. Soprattutto alla luce della richiesta di riduzione del costo del lavoro.

L’occupazione dopo la legge Biagi

La legge Biagi ha modificato gran parte della legislazione sul lavoro. Ora si pone la questione se alla mera regolazione delle diverse fattispecie contrattuali, non debba affiancarsi un intervento di riordino delle aliquote contributive, la chiave per contrastare la cosiddetta “fuga dal rapporto di lavoro standard”. La stessa discrasia tra contratti a termine e a tempo indeterminato potrebbe ridursi immaginando meccanismi d’indennizzo monetario per l’interruzione del rapporto di lavoro. Forse è arrivato il momento di pensare al sempre rinviato Statuto dei lavori.

Un Clap più accessibile

In prospettiva, il campione longitudinale degli attivi e dei pensionati dovrà discendere dal costituendo casellario degli attivi. Per il momento, allarga il campo delle variabili a disposizione dei ricercatori a retribuzione, numero di giornate retribuite, tipo di orario e, per gli ultimi anni, anche tipo di contratto. I prossimi passi saranno l’inclusione di informazioni relative ai co.co.co, alle pensioni non Inps, ai contributi versati prima del 1985. E sarà migliorata anche la procedura di consultazione on-line, rendendo più flessibile il filtro iniziale.

Valutare in trasparenza

Se le politiche pubbliche devono essere giudicate sulla base della loro efficacia ed efficienza, servono informazioni adeguate e facilmente accessibili in maniera trasparente. Ministero del Lavoro e Inps creano ora il Clap, campione longitudinale degli attivi e dei pensionati. Dovrebbe fornire uno strumento per le analisi delle politiche e dei flussi tra situazioni occupazionali e previdenziali. Ed è un primo contributo alla soluzione del problema del bilanciamento tra tutela della privacy e accesso della comunità scientifica alle informazioni.

Se il reddito è di ultima istanza

La definizione delle regole di accesso e di gestione di interventi assistenziali come il reddito di ultima istanza non è semplice. Il rischio è avere una percentuale dei beneficiari troppo alta, con conseguenze negative sul mercato del lavoro e sul piano socio-politico. Serve invece uno schema capace di valutare l’effettivo tenore di vita delle famiglie, ma soprattutto in grado di disincentivare il ricorso al lavoro sommerso. E magari di dar conto delle differenze del costo della vita tra diverse aree del paese. I risultati delle simulazioni con uno strumento di questo tipo.

L’incerto futuro dei co.co.co.

Questa discussione telematica fra Paolo Sestito, coordinatore del Gruppo di monitoraggio politiche del lavoro presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, e Pietro Ichino, è avvenuta il 17 ottobre 2003 sul nostro portale. Nel dibattito, che qui riportiamo, vengono affrontati i principali cambiamenti che la Legge Biagi, in vigore dal 24 ottobre, porterà ai cosiddetti co.co.co.

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