Lavoce.info

Autore: Nicola Persico

persico Ha ottenuto il PhD. in Economics alla Northwestern University. Ha insegnato alla University of California Los Angeles (UCLA), alla University of Pennsylvania, e alla New York University, prima di ritornare alla Northwestern University nella Kellogg School of Business. E' Research Associate per il National Bureau of Economic Research (NBER) e Honorary Fellow del Collegio Carlo Alberto. Ha pubblicato numerosi articoli presso le maggiori riviste scientifiche internazionali. I suoi interessi scientifici riguardano la Political Economy (l'economia della politica), Legge ed Economia, Criminologia, e la teoria economica. E' stato redattore de lavoce.info dal 2009 al 2015.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie per i commenti. Rispondo brevemente.

Alcuni lettori prendono come una provocazione la proposta di scontare le pene per chi "taglia" di più. A me sembra tutt’altro. Rifrasando la nostra proposta, si tratta di rendere le pene proporzionali alla quantità di droga pura spacciata, piuttosto che alla quantità di droga "presunta".
Mi sembra una politica naturale, se ciò che la legge persegue è il commercio di eroina e non il commercio di sostanze "di taglio". Ragionando per analogia, se io trovo un evasore fiscale non lo punisco per la totalità del suo reddito, ma solo per la porzione del suo reddito che non ha dichiarato.
E’ vero che la nostra proposta condurrebbe, crediamo, alla vendita di droga più diluita. Nella misura in cui le sostanze usate per diluire sono più tossiche della droga pura, il rischio per il consumatore è certamente da mettere sul piatto della bilancia. Ma, anche in questo caso, non ne segue automaticamente che la vendita di droga pura sia desiderabile. Infatti, si potrebbe sanzionare direttamente la tossicità delle sostanze di taglio, ciò che incentiverebbe i venditori a tagliare con sostanze innocue. Una modifica siffatta ridurrebbe, crediamo, l’impatto dell’obbiezione sollevata dai lettori.

Alcuni lettori propendono per la legalizzazione o liberalizzazione (uso questi due termini senza differenza). Su questo non ho molto da dire se non che raramente queste politiche sono considerate realistiche per le droghe "pesanti."

Grazie.

UN AZZARDO MORALE NELLA LOTTA ALLA DROGA

Alla lotta al commercio di droga si dedicano molte risorse. Senza grandi risultati. Forse perché si parte da una concezione errata di quel mercato. La teoria economica suggerisce di far leva proprio sull’azzardo morale che lo mette a repentaglio, inducendo i venditori a diluire le sostanze. Lo si può fare attraverso una politica di riduzione di pena per chi vende dosi molto diluite. Si avrebbero effetti paragonabili a un aumento del prezzo della droga all’ingrosso. E diminuirebbe anche la popolazione carceraria. A costi quasi zero.

UNA CASSANDRA A WASHINGTON

A scatenare la crisi finanziaria è stato lo scoppio della bolla dei mutui subprime negli Stati Uniti. Ma come si è creata la bolla? Bisogna risalire a due agenzie semiprivate, Fannie Mae e Freddie Mac. Ma anche dare un’occhiata alla carriera di un influente avvocato americano, che contro le due società ha pubblicamente preso posizione. Ed è caduto in disgrazia. Perché le istituzioni troppo grandi e potenti combattono a livello politico chiunque tenti di regolamentarle, senza risparmiare le minacce e senza badare a spese. Due strade per risolvere la commistione pubblico-privato.

OBAMA, UN CANDIDATO POST-RAZZIALE

Il primo candidato afro-americano alla presidenza degli Stati Uniti non rappresenta la fine del divario tra bianchi e neri, che anzi sembra aumentare. La vera novità è la disponibilità degli elettori a votare un presidente nero. Anche perché Obama ha evitato di fare della razza uno strumento di campagna elettorale, allontanandosi dai leader più radicali. Si è poi dimostrato capace di gestire con abilità situazioni potenzialmente esplosive, come i rapporti con il reverendo Wright. E si è presentato agli americani come il primo politico post-razziale.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Sono d’accordo che, per cio’ che riguarda la bellezza, la correlazione con il reddito potrebbe indicare una causalita’ inversa: i ricchi si curano di piu’, vanno dal dentista e dal parrucchiere, sono più rilassati, e perciò possono apparire piu’ belli all’intervistatore. Per l’altezza, questo tipo di causalita’ inversa e’ meno plausibile.
Molti commenti osservano che la bellezza non e’ tutto, sia nella vita, sia anche nel lavoro. Certamente sono d’accordo. Trovare un effetto causale non vuol dire certo spiegare tutta la variazione nei salari.
Un commento suggerisce che la bellezza e’ produttiva in tanti tipi di lavoro (investment banking è un caso citato) perché i clienti vogliono interagire con impiegati belli, e che ciò spiega la differenza salariale. Per ciò che riguarda l’altezza, lo studio citato nel mio articolo dice che ciò non è vero, giacché gli alti cresciuti tardi
non guadagnano di più. Per ciò che riguarda la bellezza non esiste ancora (che io sappia) uno studio che investighi se per caso i belli "tardivi" non guadagnano tanto quanto i belli "adolescenti."

LA BELLEZZA? E’ MEZZA RICCHEZZA

E’ opinione comune che altezza e bellezza siano di aiuto non solo nella vita in generale ma anche sul lavoro, determinando stipendi più alti per chi è esteticamente più “dotato”. Alcuni studi recenti sfatano però questo mito. Bellezza e altezza sono importanti nell’ adolescenza perchè incidono positivamente sull’autostima.  Ed è questo, a ben vedere, che nella vita adulta può fornire un vantaggio, anche salariale. Sia per gli uomini sia per le donne.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie a tutti i lettori che hanno inoltrato dei commenti, quasi tutti ottimi. Rispondo brevemente, e cumulativamente.

Innanzi tutto, vorrei chiarire che a mio giudizio la decisione della corte europea (che nella mia lettura stigmatizza la discriminazione basata sulla origine etnica) è ottima. Egualmente, non sono necessariamente a favore dei sistemi di quota proprio perché essi, come il dirigente belga, tendono a far dipendere una decisione dall’appartenenza a una categoria (nel caso della ditta belga, la categoria “europei”, e nel caso delle quote rosa la categoria “donne”).
Detto questo, è vero che c’è un limite all’analogia. Mentre gli “europei” sono una categoria “avvantaggiata”, le donne sono viste in certi ambiti come “svantaggiate”. Alcuni commenti hanno segnalato questa importante differenza. La posizione di questi lettori è certamente legittima.
Un lettore chiede se ci siano studi che valutino l’impatto di rimedi di affirmative action. Lo studio che ci va più vicino, a mia conoscenza, è il lavoro del professore di legge Richard Sanders.(1) Io interpreto i dati da lui presentati come evidenza che, almeno nell’ambito delle Law Schools americane, preferenze razziali nelle ammissioni non aiutano a selezionare “gemme nascoste”, ne’ hanno l’effetto di migliorare le performance di coloro che ne beneficiano – almeno nell’arco del periodo di studio preso in esame.
Una lettrice dice che in concorsi con prove anonime le donne ricevono voti relativamente migliori che in concorsi non anonimi. Sarei interessato ad avere questi dati, se esistono in forma sistematica. Per chi è interessato all’argomento, riferisco al classico articolo “Orchestrating Impartiality”, che mostra che, quando I concorsi per orchestrale furono fatti “ciechi” (con il candidato dietro uno schermo), le donne furono assunte più frequentemente che nei concorsi normali.(2)

(1) Si veda per esempio  “A Systemic Analysis of Affirmative  Action in American Law Schools”, disponibile al sito http://www.law.ucla.edu/sander/Systemic/final/SanderFINAL.pdf
(2) “Orchestrating Impartiality: The Impact of "Blind" Auditions on Female Musicians” di Claudia Goldin e Cecilia Rouse The American Economic Review, Vol. 90, No. 4 (Sep., 2000), pp. 715-741   

DISCRIMINAZIONE E CULTURA DEL MERITO

La Corte di Giustizia Europea definisce discriminatorio il comportamento di un’impresa belga che dichiara di non voler assumere extracomunitari. Sentenza ineccepibile sia sul piano del diritto sia su quello dell’efficienza economica. Talvolta, tuttavia, le politiche anti-discriminazione vanno in rotta di collisione con la cultura del merito. Il caso delle quote rosa.

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