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Autore: Maurizio Maggini

Alzare la voce

La Voce che pria s’era innalzata,
sempre però dotta e ascoltata,
per riprovar, severa, il tutto
della rea Casa che niente avea costrutto,

dopo la fausta votazion d’Aprile
fatta si era un poco più soft e flebìle,
anzi talvolta consenziente,
verso l’Unione, cui non mostravasi lo dente.

Perciò s’accinse a commentar del torto,
del quale inver non m’ero accorto,
che il tassista arreca a me consumatore
quando mi porta a casa col motore.

Poi lamentava, dicendosi d’accordo,
laddove io ero per disgrazia sordo,
che in farmacia si sfa’ la ripresina
in quanto non è a sconto l’aspirina.

Pure indiziato fu il nostro panettiere,
che l’inflazion c’infilerebbe nel paniere!
Ma ora la Voce, insieme al Riformista,
s’è fatta meno tenera a sinistra

perché se al fu governo mai si dette lode,
come si può, adesso, fare l’elogio al Prode??
Da San Tommaso era la grazia certa attesa,
di ritrovar del fiacco Pil l’ascesa,

però al momento ci sono solo vecchie e nuove tasse
e gravi dubbi sui sgravi per le masse.
Delle pensioni , sanità, enti e pedaggi
si son scordati gli sprechi e gli svantaggi.

Ci han declassato ingrate le agenzie,
da Luca arrivan scure profezie,
mentre alquanti illustri economisti
non sono più così ottimisti.

E del paese gli infiniti lacci??
Un grido invano si levò “tu lo sviluppo dacci”!
Sì, ma il Bersani ci liberizzò!
Sù, siamo seri, non siamo a Ballarò!

Chiudo e alla Voce quindi raccomando,
d’alzar la voce spesso, e non di quando in quando,
a pro del carro tirato dai pionier del mite ceto medio,
che i pellerossa, delle 11 tribù, han messo sotto assedio.

Il premier in bicicletta: lettera a Michele Polo

Caro Michel ti scrivo,
ora che sei rimasto privo
del ritornello della tua canzone,
che sempre s’intonava al Silvio Berluscone.

Perché so già chi ti potrà ispirare
è il professor che ben sa pedalare,
con la tutina che fascia la pancetta
e ride, ride andando in bicicletta.

Dove ci porterà questo novello Gino
che ha già voluto Fausto sul sellino
e che per poco non tirò sul colle,
non un gregario, ma or chi nel cuor suo ribolle?!

Quanto tempo è passato dal tour nel Borgognone
quando una bici fermò l’insurrezione
e il fiorentin che trionfò alla tappa
mandò a sentir la radio, tutto il fattore kappa.

Caro Michel a te dunque la rima
sul tuo Roman che è arrivato in cima
e or scende veloce, giù sul tre per cento,
rischiando un rotolon sul pavimento.

Dovrà scalar del disavanzo il tasso,
quindi imbucar di ValdAosta il passo,
poi con il Pil arrampicarsi in vetta
ed alla Cina in corsa trovare la ricetta.

Dovrà inseguire in fuga l’evasore,
dare una spinta al fiacco imprenditore,
mentre dal ciglio l’applaude il pensionato
e viva evviva gli grida il sindacato.

Da Cuneo, la maglia ros(s)a giungerà a Milano
….a men che non l’addenti, vorace un caimano.
Forza Romano con la pedalata
….ma che succede, la ruota s’è forata!?

Irta è la strada di buche e di sorprese,
la Cidielle non sarà cortese!
Forte è il distacco da quei che sono in testa:
questo è il campion o schiappa un pò modesta??

Digli Michel di andare come il vento,
ma a me però mi sembra lento, lento!

Nessun pasto è gratis

Friedman l’economista,
certo di fine vista,
pur se di poca voce,
è bravo quando cuoce

e ha quindi sentenziato
che al mondo non esiste, un pasto regalato.
Però c’è l’eccezione
a questa gran lezione,

ossia che il Bel Paese
mangia e non bada a spese!
Inver, chiede l’Unione,
si abbondi in refezione,

e fa sentir lavoce
al Giulio che assai nuoce.
Se il PIL tende a calare
s’aumenti il desinare,

non sforbici la Destra
vogliam lesso e minestra.
Non tagli, ma tagliata,
non costi, ma costata!

Sia dunque finanziato
il pasto al pensionato,
ed a l’ente locale
menù “domenicale”!

Gran pranzo al ferroviere,
galà per il banchiere,
in tavola al docente
di più per il suo dente

e a mensa dell’azienda
si includa pur merenda,
tè verde e con biscotti
ricetta Bertinotti.

Del vitto al consigliere
sia colmo un gran paniere
e all’Hilton colazione,
se viaggia la Regione.

Il Massimo del pentimento

Vecchio compagno dal grande cuor vermiglio,
lo so, lo so che ti s’imperla il ciglio,
nel legger ciò che dice il tuoD’Alema:
andare a Mosca allor, non ne valea la pena.

Garriva al vento, gloriosa la bandiera,
ma or ti sembra solo una chimera,
che né il lavor, né la giustizia e il bello
potean marciare con falce e con martello.

Il grande sogno del sociale impero
rimase un sogno e mai divenne vero,
Camillo avea perciò molta ragione
nel dirlo a quel buon uomo di Peppone.

Vecchio compagno, quanto tempo è passato
dal dì che a Pisa si gridò “Morte alla Nato”.
Poi giunse un papa là nel Vaticano,
che con la croce nella stanca mano,

bussò sul ferro della gran cortina
e il brutto inganno trascinò in rovina.
Ecco così di Massimo il tormento,
che al fin si sciolse in lauto pentimento.

Un caso indubbio di virtù nostrana,
che più somiglia a un volta di gabbana!
Caro compagno che ti ritrovi mesto
tu che credevi e ti illudevi, onesto.

Addio compagno del tempo del muro
tu che guardavi al sole del futuro;
ora di te mi sentirò un po’ privo,
non più compagno, ma foglia dell’ulivo.

Lettera a Michele

LETTERA A MICHELE

Carissimo signor Michele Polo
tu scrivi molto, ma in un verso solo,
ché la tua penna mai si sente stanca
di correr lesta, declinando a manca,

mentre s’intinge a più e più non posso
in un inchiostro che s’intona al rosso.
Le rime tue s’attengono a un copione
in cui primeggia l’onesto Buttiglione

e la tua strofa d’ironia s’offusca
quando le tasse va a detassar Berlusca.
Il Polo vien dal Polo afflitto,
pure Gianfranco si merita il dispitto,

nessuno esenta l’impietosa rima,
la destra futile non merita la stima.
Tutto va male, non c’è nulla ammodo,
sono cresciuti i prezzi pur dell’ovo sodo:

Noi qui a Firenze siam tutti residenti
nella famosa strada di Via de’ Malcontenti
e ognuno aspetta d’ire in Piazza del Bengodi
appena l’urna ridarà il responso a Prodi.

Ma al Leopardi del sinistro canto.
adesso voglio dir che cessi dal suo pianto
e provi appunto a verseggiar sul Prode
di cui vorrei vedere quale sarà il fragor dell’ode

e poi mi spieghi come fa Rutello
a accompagnarsi con falce e con martello.
Anche una rima o due si merita Fassino
che assiem a Walter e al triste Massimino

scordò d’aver avuto la tessera marxista
per dichiararsi da sempre laburista.
Or qui mi fermo, verbo più non scrivo
e ti saluto gran vate dell’Ulivo,

ma se poi questo va a mutar di nome
io qui saluto anco’l vate dell’Unione.
E a noi destrorsi che siam fessi e tardi
dedica un carme pur sul Pacho Pardi.

MAURIZIO DEL POLO
Febbraio 2005

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