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Autore: punto Pagina 35 di 36

Il Punto

Non ci può essere gestione comune del debito senza cessione di sovranità ad autorità sovranazionali. Per uscire dalla crisi dell’euro non bastano i meccanismi finanziari: ci vuole una vera federazione europea, con un vero governo e un presidente eletto dai cittadini. Proviamo a immaginarla. La Bce sta facendo troppo poco per affrontare la crisi. Una cosa che può fare subito è rendere negativi i tassi (oggi a zero) che paga sui depositi delle banche in modo da indirizzare il credito dell’Eurozona forte (la “grande Germania”) verso la fragile periferia e determinare anche un utile deprezzamento dell’euro. Cala la fiducia nelle banche nei paesi cosiddetti Pigs. Non nel Nord-Europa e per fortuna nemmeno in Italia. Noi abbiamo ripreso -dopo tre anni di riduzione dei depositi- ad affidare i nostri soldi agli istituti di credito. Che però non ricambiano finanziando imprese e cittadini.
Sulla permanenza dei giovani italiani nella casa dei genitori anche in età adulta influiscono non solo fattori culturali (bamboccioni e babboccioni) ma anche le carenze del nostro welfare. Che rendono i ragazzi più esposti all’incertezza rispetto ai coetanei di altri paesi europei.

Il Punto

La mancata convergenza tra economie dell’Eurozona è la causa primaria della crisi. Le differenze di partenza trascendono i confini nazionali, ma l’andamento nel tempo di reddito pro capite e produttività segue ciò che avviene all’interno di ciascun paese. Per questo le riforme strutturali sono così importanti per uscire dalla crisi.
Dalla semplificazione delle procedure alla maggior diffusione dei farmaci equivalenti, ecco come le Regioni possono recuperare risorse nella sanità. Glielo impone la spending review del Governo che in questo settore punta a riduzioni di spesa per quasi 8 miliardi in tre anni.
Mentre viene varata l’ennesima sanatoria degli immigrati, compie 10 anni la legge Bossi-Fini, che puntava sulla temporaneità dell’immigrazione. Il bilancio del provvedimento, insieme con il “pacchetto sicurezza”, è più che fallimentare. L’unione Europea aveva suggerito di contenere i flussi d’ingresso e puntare sull’integrazione. Noi abbiamo fatto esattamente l’opposto.
Uno studio su oltre 5 mila imprese europee mostra come la crisi abbia avuto un effetto negativo sull’innovazione, ma allo stesso tempo vi siano molte aziende che approfittano del momento di crisi per cambiare pelle. Le giovani imprese ad alta tecnologia, finora escluse dai programmi europei di ricerca e innovazione, potranno ora trovare incentivi in un meccanismo simile al programma statunitense Small business innovation research. Ecco di cosa si tratta.

Il Punto

Moody’s toglie l’ultima A rimasta al rating dell’Italia che non cresce.Confindustria e Governo hanno idee molto diverse sulla crescita 2012. I dati sulla produzione industriale fanno pensare che la prima è troppo pessimista e che il secondo è troppo ottimista. Ad oggi, una stima di -2 per cento per il 2012 sarebbe la più coerente con le informazioni disponibili.
Bene accorpare le province riducendone drasticamente il numero. Discutibile, invece, il trasferimento ai comuni di gran parte delle loro competenze. Sarebbe forse meglio passare almeno alcune di queste alle regioni, aprendo la strada a una riforma costituzionale che abolisca del tutto le province.
Più che di bamboccioni bisognerebbe parlare di babboccioni: i genitori italiani sono iperprotettivi nei confronti dei loro figli, ma si dimenticano di loro (e dei figli degli altri) quando si tratta di stabilire le regole del mercato del lavoro, della previdenza e della protezione sociale.
Una parte crescente dei finanziamenti alle università è parametrata alla valutazione della ricerca. Con criteri, tuttavia, che non permettono di distribuire i fondi in modo efficiente. Meglio sarebbe incentrarli sulla valutazione individuale del merito dei docenti, vincendo la prevedibile opposizione di questi ultimi.

Il Punto

Un giudizio più articolato sulla manovra varata dal Governo la scorsa settimana. La Relazione tecnica certifica che i tagli lineari al pubblico impiego non porteranno ad alcun risparmio nei prossimi tre anni. Perché allora non fare una vera spending review della PA anziché spingere al pensionamento i dipendenti più vicini all’età di pensionamento (magari anche più bravi) andando ulteriormente a intaccare la riforma delle pensioni varata a novembre? Giusto tagliare la spesa sanitaria, ma occorreva identificare le inefficienze anziché procedere con tagli proporzionali ai consumi intermedi, che non sono necessariamente un indicatore d’inefficienza. Bene invece gli interventi che accorpano i tribunali e le province, un esempio di quanto andrebbe fatto nelle altre aree. Accorpando si risparmia e si razionalizza, avendo alle spalle un’idea precisa su quale deve essere il modello di amministrazione.
Legare il finanziamento pubblico dei partiti a quello privato non minaccia la democrazia. È fondamentale, però, che i meccanismi siano della massima trasparenza. Come mostra l’esperienza degli Stati Uniti, più sono chiare le informazioni sul denaro dato dai privati, maggiore sarà il costo per “comprare” le politiche.
Sino a ieri i loro studi venivano pubblicati per lo più su riviste italiane. Ora i ricercatori in scienze aziendali delle nostre università sono sempre più presenti a livello internazionale. Forse è un effetto anticipato della valutazione della produzione scientifica dei nostri atenei, che utilizzerà gli indici bibliometrici.

Il Punto

Bene tagliare la spesa corrente e ridurre le tasse ma il governo ha varato una manovra più che una spending review. Molti gli interrogativi che attendono una risposta.
La protezione fornita dal fondo di stabilità si rivela sempre più sottile. Solo la Bce può fare da scudo. Ma Mario Draghi sembra perseguire una strategia diversa.
Quella per la giustizia civile, dovrebbe affrontare l’ingolfamento dei tribunali che fanno fronte solo al 40 per cento delle cause. Bisognerebbe far ricadere i costi delle troppe cause intentate su chi perde e non sull’intera collettività in modo da disincentivare il ricorso al tribunale. Bene anche puntare sulla diffusione dei contratti assicurativi di tutela legale.
Il lavoro autonomo è stato per decenni un ammortizzatore sociale ma in tempo di crisi è molto più colpito nella contrazione occupazionale. Anche perché tra le sue fila si cela la realtà del precariato. Vedremo quanto sarà efficace la riforma del lavoro nel contrastarla.
Gli insegnanti che sabotano i test Invalsi fanno notizia. Meno spazio trovano gli insegnanti che legittimamente si interrogano sulle valenze pedagogiche dell’utilizzo dei test.

LE SCADENZE DEL GOVERNO

Il 26 ottobre 2011, in seguito alla richiesta delle autorità europee, il Governo italiano ha presentato a Bruxelles una lettera d’intenti con una di provvedimenti che dovrebbero servire a far ripartire l¹economia e a promuovere la crescita. Poco più di un elenco di titoli. Ma con precise scadenze entro le quali riempirli di contenuti ed attuarli. Pubblichiamo questa scheda con lo scadenzario degli impegni.

L’ITALIA CHE NON CRESCE

Pil a prezzi costanti.  Dati destagionalizzati. Variazione percentuale sul trimestre precedente.  I trimestre 2008 = 100. Fonte Eurostat

La parola ai numeri: prodotto interno lordo

 

Aggiorniamo il grafico dell’andamento del Prodotto interno lordo includendo le stime preliminari Istat relative al terzo trimestre. Scopo della rubrica è confrontare il livello attuale del Pil con quello prima della crisi. Il grafico mostra i dati, ripresi dal sito Istat, relativi al livello del Pil trimestrale a valori concatenati (ossia depurati dall’’inflazione) e destagionalizzati (depurati per l’’effetto di calendario).
La crescita pressoché nulla del terzo trimestre fa sì che siamo ancora lontani dai livelli precendeti alla crisi. Ancora più preoccupante pensare che tra i paesi avanzati siamo quello che ha subito il calo maggiore durante la crisi e che, ad eccezione della Spagna, siamo il paese che è cresciuto meno nel periodo successivo “Giusto segnalare come, a volte, anche l’Istat presenta grafici che potrebbero indurre il lettore meno esperto in errore.

Il grafico qui sopra, che compare nella prima pagina del comunicato, riporta i tassi di crescita tendenziali del Pil. Un lettore disattento potrebbe trarre la conclusione che “le cose sono ritornate come prima” invece così non è come mostra il nostro grafico che poi è lo stesso (con intervalli di tempo diversi) di pagina 2 dello stesso Comunicato.

a cura di Davide Baldi e Ludovico Poggi

La parola ai numeri: produzione industriale

In tempi di grandi crisi, con forti discontinuità nell’andamento di alcuni indicatori macroeconomici, è fondamentale tenere sempre come riferimento i livelli a cui eravamo prima della crisi.
Ieri l’’Istat ha pubblicato i nuovi dati sulla produzione industriale. Anche questa volta la notizia è stata diffusa da molti giornali o telegiornali in modo fuorviante o errato.
Ad esempio Il Tg2 dell’11 ottobre delle ore 20.30 lanciava così la notizia:
“Buone notizie per la nostra economia la produzione industriale ad agosto ha fatto un balzo in avanti del 9,5 per cento rispetto ad agosto del 2009 e dell’1,6 per cento rispetto a luglio. Si tratta del miglior dato annuo dal dicembre del ’97”.
Anche Repubblica.it, pochi minuti dopo la pubblicazione del comunicato, titolava la notizia in modo errato: “Produzione agosto +9,5 per cento sull’anno il dato migliore da dicembre del 1997”.
Oppure la versione cartacea del Corriere della sera che titola così:
“Più macchinari scatto della produzione”. E nel sottotitolo“ per l’’Istat ad agosto è salita del 9,5 per cento il livello più elevato dal 1997”.
Il dato non è il migliore dal 1997, come si può facilmente evincere guardando il grafico 1 costruito sui numeri resi pubblici ieri: la produzione industriale è ancora lontana dai livelli dell’aprile 2008, per l’’esattezza è del 17,1 per cento inferiore rispetto a prima della crisi.
Bisogna poi tener conto che il mese di agosto è statisticamente “ballerino” a causa dell’’effetto destagionalizzazione. La destagionalizzazione è “una metodologia applicata allo scopo di identificare e rimuovere le fluttuazioni di carattere stagionale che impediscono di cogliere correttamente l’evoluzione di breve termine dei fenomeni considerati”. (1)
Chi, con l’’ausilio dei numeri, volesse capire meglio la situazione, guardi le serie storiche dell’’Istat. Nella colonna dedicata ai dati grezzi il mese di agosto registra livelli molto più bassi del mese precedente: i dati grezzi di luglio 2010 registrano un 99,2 mentre ad agosto siamo a 51,9. Con i dati destagionalizzati, il valore di luglio 2010 è 89,1 che sale a 90,5 in agosto.
Agosto è il mese in cui molte aziende chiudono per le ferie estive e risulta quindi estremamente sensibile all’’effetto della destagionalizzazione. Inoltre questo mese di agosto, al pari di quello dell’’anno precedente, è diverso dal passato, perché molte aziende hanno dato ferie più lunghe del normale ai loro dipendenti, e perché, purtroppo, non è detto che a settembre tutte le aziende abbiano riaperto .
Per capire meglio l’’andamento della produzione industriale sarà dunque importante aspettare il dato di settembre che è, statisticamente parlando, più significativo. A guardare le previsioni di Confindustria, non sarà particolarmente positivo. Il comunicato, oltre a evidenziare come la produzione industriale sia ancora del 17 per cento inferiore rispetto ai livelli precedenti alla crisi, stima una leggera flessione per il mese di settembre. Previsione che sembra confermata da un’’altra stima dell’’Ocse.
Ieri infatti è stato pubblicato anche l’’aggiornamento del Cli, il famoso “superindice” dell’’Ocse, che per mesi è stato utilizzato da televisioni e giornali per sbandierare la ripresa economica. Da quattro mesi il superindice (che prevede con circa sei mesi di anticipo l’’andamento del ciclo economico) mostra segnali di flessione. E, come già segnalato da sotto l’’ombrellone, la notizia continua a passare inosservata.
Riportiamo qui sotto la traduzione di uno stralcio del comunicato Ocse.
“Il Composite leading indicator (Cli), ossia il “Superindice” Ocse relativo al mese di agosto 2010, rafforza i segnali di rallentamento della crescita economica già evidenziatisi negli ultimi mesi. Il Superindice relativo ai paesi Ocse scende di 0,1 punti nell’’agosto 2010. È il quarto mese consecutivo in cui l’’indice mostra variazioni irrilevanti o una crescita negativa.
Le previsioni per Canada, Francia, Italia, Regno Unito, Brasile, Cina e India mostrano segnali di flessione. I segnali più forti di flessione emergono per gli Stati Uniti. Per Germania, Giappone e Russia, il Superindice prevede un proseguimento della fase espansiva”.
Nel grafico 2 si può vedere l’’aggiornamento del Cli riferito all’’Italia.

(1) Definizione Istat.

FONDO MONETARIO EUROPEO: DI COSA PARLIAMO

Qual è la proposta?

L’idea trae origine da un paper pubblicato il mese scorso da Daniel Gros e Thomas Mayer. E consiste nel creare un’istituzione con il principale obiettivo di erogare prestito ai 16 paesi dell’Unione allorché uno dei paesi membri incorra in una crisi come quella Greca. In caso di crisi, un paese potrebbe richiedere al Fondo prestiti fino a raggiungere la somma pagata che ha versato sino a quel momento, a patto che le sue politiche di bilancio siano state approvate dagli altri membri della zona euro. Aiuti superiori a quell’importo comporterebbero un piano di adeguamento di bilancio sotto la supervisione delle autorità europee. Compito del fondo sarebbe istituire una cornice di regole per gestire in modo ordinato le crisi di debito disinnescando panico e rischio di contagio.

Come verrebbe finanziato?

L’Fme sarebbe finanziato dai paesi che non rispettano i limiti di Maastricht su deficit e debito e fornirebbe a un paese in difficoltà garanzie sul proprio debito a fronte di pensanti sanzioni (esclusione dai fondi strutturati, non eleggibilità del proprio debito come collaterale per il finanziamento della Bce, e in casi estremi, esclusione dall’Unione e dall’euro). Secondo Gros e Meyer se un fondo di questo tipo fosse stato introdotto con l’euro nel 1999, sarebbero stati accumulati fino a oggi 120 miliardi di euro – una cifra sufficiente per salvare un paese membro anche di medie dimensioni.

Avrebbe solo funzioni di salvataggio?

No. Avrebbe anche una importante funzione stabilizzatrice perché, finanziandosi con prelievi sui paesi che violano le norme di bilancio dell’Unione si aumenterebbe l’incentivo a rispettarle. Le istituzioni dell’Unione si doterebbero di uno strumento di  maggiore potere per punire i “bricconi” fiscali.

Che differenza col fondo monetario internazionale?

L’Fme avrebbe le stesse funzioni e modalità di intervento dell’Fmi, ma inoltre stabilirebbe le procedure da seguire in caso di default (anche parziale) di uno stato, cosa che il Fondo Monetario internazionale non fa.

E’ applicabile alla Grecia?

No. è un progetto che richiede tempi di non rapida attuazione.

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