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Il desk de lavoce.info è composto da ragazzi e ragazze che si occupano della gestione operativa del sito internet e dei social network e delle attività redazionali e di assistenza alla ricerca. Inoltre, sono curati dal desk il podcast e le rubriche del fact checking, de "La parola ai grafici" e de "La parola ai numeri".

Lettera aperta al Financial Times

Se non si usano le statistiche corrette si rischia di dare un’immagine fuorviante dell’economia di un paese a tutta la comunità internazionale, investitori compresi. E’ quanto è successo al Financial Times che ha pubblicato un articolo sull’Italia con dati sbagliati su debito pubblico, stock di investimenti diretti dall’estero e occupazione. In una lettera al direttore del quotidiano britannico, la redazione de lavoce.info analizza gli stessi concetti utilizzando fonti più attendibili. Ne esce un quadro diverso della nostra economia.

Sommario 20 marzo 2006

Dovrà De Villepin, come Balladur, cedere alle pressioni della piazza e cancellare la sua riforma del mercato del lavoro? Nell’attesa di saperlo, forniamo alcune stime degli effetti occupazionali della riforma. E ci poniamo le vere domande sulle implicazioni della riforma.
Esaminiamo i programmi elettorali sulla giustizia. Nel programma della Casa della Libertà si accenna solo alla separazione delle carriere. Che ne sarà della riforma dell’ordinamento giudiziario? Speriamo che non venga attuata così perchè è piena di difetti di progettazione. Nel programma dell’Unione, molti principi condivisibili, ma solo principi. Temi importanti vengono perciò ignorati dalla campagna elettorale come l’iter di definizione delle controversie, la modernizzazione del mercato dei servizi legali, che sta subendo la colonizzazione degli studi anglosassoni. Pubblichiamo un intervento di Alberto Marcheselli sulla sicurezza sociale ed efficacia della giustizia.
Un altro tema ignorato dalla campagna elettorale è il debito degli enti locali. Ci vuole un nuovo patto di stabilità interno.
Aggiorniamo la rubrica “Vero o Falso?” con una discussione sull’effetto del cambio lira-euro sull’inflazione. Grazie ai lettori per le loro segnalazioni.

No, il dibattito no!

Un uomo surreale, sull’orlo dell’abisso

Discute con passione di temi alquanto triti

Monologhi esaltati, lo stile un po’ prolisso

Cercando di animare spauracchi ormai ingrigiti

 

Incontra Diliberto, un vero comunista

Ma guarda che regalo, si frega già le mani

Stoccate assieme al solito sorriso che conquista

Vittoria assicurata, pensiamo già al domani

 

Ma poi si trova in studio un tipo che gli mostra

parlando di operai le loro buste paga

che quando lui propone la solita sua giostra

gli chiede una risposta, non qualche frase vaga.

 

Ritenta: comunista! Sei tu che grondi sangue!

E l’altro: dove sta il suo taglio delle tasse?

Balbetta, sembra incerto, lo sguardo appare esangue

E se nell’incalzare di colpo lui crollasse?

 

Poi ieri un altro giro, in casa di Rai3

I nervi a fior di pelle, domande irriguardose

Lui spiega all’Annunziata il come ed il perché

Durante il suo governo han fatto tante cose

 

Ma quella insiste ancora, mostrando tanti dati

Gli chiede pure conto di Biagi e di Santoro

Ma come si permette, ma guarda che sfacciati

Ti invitano e vorrebbero parlare pure loro!

 

Diluvio di commenti, agguato, onore leso,

ma a me quello che resta, la sintesi, la scheda,

è la fotografia di lui col braccio teso

di Silvio che si allunga, saluta e si congeda 

 

Si vede chiaramente la testa rimboschita

La gamba tesa libera l’enorme zatterone

Sul volto l’espressione perplessa e un po’ stranita

Di chi viene tradito perfino dal cerone.

Mercati nervosi

Il trend dei conti pubblici italiani non è sostenibile. E i mercati, per quanto in apparenza quiescenti, ci hanno messo sotto osservazione. Illusorio pensare a un eventuale intervento della Bce per evitare la bancarotta dell’Italia. O all’aiuto di altri paesi europei, per evitare il rischio contagio. Per il momento, gli investitori istituzionali continuano per inerzia, ma con crescente nervosismo, a tenere in portafoglio i titoli italiani, mentre i fondi speculativi aspettano i risultati delle elezioni. Il prossimo Governo dovrà dare segnali rassicuranti in tempi brevi.

Sommario 15 marzo 2006

In tema di pensioni l’Unione propone un programma articolato, ma  generico.  Non chiaro il rapporto con la riduzione di 5 punti del cuneo contributivo. Costerebbe circa un punto di pil.  Meno se la decontribuzione fosse a favore dei salari più bassi. Questo permetterebbe anche di preservare il metodo contributivo nel calcolo della pensione.
La Casa-delle-Libertà presenta un programma scarno, incentrato sull’innalzamento a 800 euro mensili delle pensioni minime. Preso alla lettera, costerebbe 30 miliardi di euro.  Più probabile che i beneficiari potenziali siano solo gli attuali percettori dei 551 euro al mese. Se così fosse, bene dirlo per evitare nuovi delusioni. Sapendo che i beneficiari potrebbero anche “pagare caro” l’aumento in termini di tassazione dei redditi.
Ricordiamo alle due coalizioni che il debito pubblico continua a salire; il prossimo governo dovrà dare segnali rassicuranti ai mercati in tempi rapidi.
Aggiorniamo la rubrica vero o falso anche alla luce del confronto televisivo fra i candidati premier.  L’ufficio stampa della Margherita replica alle nostre osservazioni.

Aggiornamento: Ma il deficit resta eccessivo, di Franco Bruni.

Sommario 13 marzo 2006

Continuiamo l’analisi dei programmi elettorali, passando alle proposte in tema di concorrenza e liberalizzazioni. Nessuno dei due schieramenti si sbilancia troppo. L’Unione ha molti se e molti ma. La Casa delle libertà dice veramente poco. Eppure molto resterebbe da fare, ad esempio nel campo dei carburanti, ove i prezzi aumentano ma certo non solo per colpa del petrolio. Il sospetto di collusione tra le compagnie è forte… Il confronto competitivo è debole anche nel settore delle Poste, ove il risanamento finanziario è avvenuto coprendo le inefficienze con ricavi di monopolio; reggerà a fronte della prossima apertura dei mercati?
Tra Stato, mercato e grandi opere si discute di come valutarne i benefici. Conta molto il modo in cui si calcolano costi e benefici, ma anche qui mettere in competizione diversi progetti può essere utile.
Si parla di rivedere la tassazione delle rendite finanziarie, e tenere fuori i piccoli risparmiatori è possibile; è però difficile in quel caso prevedere il gettito.
Troppi numeri in libertà in questa campagna elettorale. Ci impegnamo a indicare eventuali errori ai lettori. Le  vostre segnalazioni ci saranno d’aiuto.

Qualche verità sul cambio lira-euro

1.   Chi predica che il prezzo di 1 Euro avrebbe dovuto essere fissato a 1500 lire dimentica che ciò avrebbe comportato una rivalutazione della lira di proporzioni insostenibili. Pur assumendo che partners commerciali importanti come Germania e Francia avessero fissato lo stesso cambio ora in vigore, le nostre esportazioni verso quei mercati sarebbero crollate in modo vertiginoso. E’ quasi superfluo aggiungere che cosa questo avrebbe comportato per la già comunque asfittica dinamica del Pil italiano.

2.       Si aggiunga, che dopo la svalutazione della Lira del 1992, e l’uscita dallo SME, entrare nella moneta unica era già stato un mezzo miracolo per l’Italia. Si dimentica spesso che uno dei requisiti per l’ingresso nell’Euro era che il cambio della valuta (rispetto al paniere di riferimento europeo denominato Ecu) fosse rimasto, negli ultimi due anni precedenti l’ingresso, stabile entro le bande di fluttuazione previste dallo SME (e riviste dopo il reingresso della lira per riflettere la svalutazione del 1992). Perciò la lira arrivava alla prova di Maastricht con una parità di riferimento sancita dai mercati, ed è questa che è valsa per la fissazione della parità con l’euro. Fissare una parità largamente diversa avrebbe comportato una fortissima pressione all’ apprezzamento delle nostre ragioni di scambio verso i partners commerciali.

3.       In generale, però, sfugge quale sia il legame tra parità iniziale euro-lira e dinamica dell’inflazione in Italia nella fase post-euro. La confusione del dibattito corrente dimentica una serie di fatti sull’inflazione italiana. Vale la pena chiarirli:

(i)  Tipicamente si tende a confondere aumenti una tantum del livello dei prezzi con aumenti generalizzati dell’inflazione, cioè del loro tasso di crescita. Per chiarire, supponiamo che il livello dei prezzi sia stabile e pari a 100 prima dell’euro. In tal caso l’inflazione è zero. Se a cavallo del changeover il livello dei prezzi sale a 102 e poi rimane stabile, l’inflazione ha solo una fiammata temporanea del due per cento, e poi torna a zero, come prima. Non a caso, in Italia, l’Istat ha più volte ripetuto che l’inflazione è rimasta abbastanza stabile dopo il Gennaio 2002.

(ii) Analizzando meglio le statistiche si scopre che l’aumento dei prezzi in Italia si è osservato soprattutto in alcuni settori (i servizi) e molto poco in altri (computer e software, per esempio, in cui i prezzi sono persino diminuiti). Tra i piccoli servizi spiccano i ristoranti, per i quali certamente la percezione della gente non sbaglia. In Italia, rincari si sono avuti anche in servizi di tipo più tradizionale, come le lavanderie e i piccoli alimentari, e soprattutto nelle aree geografiche con meno concorrenza.

(iii) Tutto ciò si spiega solo per la volontà speculativa di molti commercianti? In realtà le spiegazioni esistono. Le attività sopra citate si distinguono per tre caratteristiche. Primo, hanno cosiddetti menu costs. Cambiare la denominazione dei prezzi nei menu dei ristoranti è un costo fisso. Se un ristorante pensava già da qualche mese prima del Gennaio 2002 di aumentare i prezzi, avrà probabilmente atteso la data del changeover per farlo. Secondo, lavanderie e ristoranti usano molto di più il denaro liquido rispetto ad altri esercizi. Perciò, con il passaggio all’Euro, hanno fronteggiato costi di transazione più alti rispetto a settori che usano principalmente le transazioni elettroniche. Terzo, lavanderie e ristoranti basano molto la loro attività su relazioni personali e stabili con la clientela. Perciò, variazioni troppo frequenti dei prezzi sono mal percepite e soprattutto facilmente individuate dalla clientela affezionata. Il passaggio all’Euro ha funzionato così da "scusa" per giustificare gli aumenti agli occhi dei clienti più frequenti. Ma si tratta di aumenti che probabilmente volevano essere introdotti da tempo. Per chiarirci, la stessa cosa sarebbe avvenuta se si fosse chiesto a tutte le lavanderie in Italia di riportare il nome di ogni capo in inglese invece che in italiano. In quel caso avremmo dovuto considerare l’ "Inglese" responsabile del maggior costo della vita?

I rialzi dei prezzi si sono quindi osservati principalmente in alcuni servizi poco (o per nulla) esposti alla concorrenza internazionale e legati ad un contatto diretto e quotidiano con la clientela. Prendiamo una lavanderia: se il cambio euro lira fosse stato fissato a 1500 lire, e quindi il costo in euro di importare dalla Germania fosse stato più basso, quanto di questo avrebbe inciso sulla dinamica dei costi della lavanderia stessa? Presumo molto poco.

Vero o falso?*

In questa campagna elettorale, i politici citano spesso e volentieri i dati dell’economia a sostegno della bontà delle loro idee e dei loro programmi. Numeri allo sbaraglio, che nessuno si prende la briga di controllare. Invece un confronto con i dati reali, magari di Eurostat, non guasterebbe. Perché gli errori fioccano. Anche nel dibattito fra i due candidati per le elezioni.

La replica dell’ufficio stampa della Margherita

Alla c.a. Roma, 13 marzo 2006

Lavoce.info

C’è sempre poco da festeggiare

L’otto marzo è la festa delle donne. Nonostante la crescita dei livelli di istruzione, le donne continuano ad essere meno pagate degli uomini e con minori opportunità di carriera. Nel lavoro familiare, le donne sono sempre più oberate di lavoro con scarsi aiuti da parte dei coniugi e del sistema pubblico. Nel Sud d’Europa queste difficoltà di conciliare lavoro e famiglia si traducono nella
scelta di avere meno figli o a rinunciare del tutto al mercato del lavoro.

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