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Il desk de lavoce.info è composto da ragazzi e ragazze che si occupano della gestione operativa del sito internet e dei social network e delle attività redazionali e di assistenza alla ricerca. Inoltre, sono curati dal desk il podcast e le rubriche del fact checking, de "La parola ai grafici" e de "La parola ai numeri".

Sommario 27 febbraio 2007

E’ un paese ancora meno governabile quello che esce dalla crisi politica di questi giorni. Senza una riforma della legge elettorale rischiamo di perdere anche il bipolarismo faticosamente costruito in questi anni.  Significherebbe togliere ai cittadini la libertà di scelta tra piattaforme diverse e impedire l’alternanza dei governi. 
Il 2007 e’ l’anno delle pari opportunita’. A che punto siamo? Le disuguaglianze salariali tra uomini e donne in Europa sono ancora molto forti. In Italia un po’ meno, ma solo perchè sono solo le donne più istruite a lavorare e la mobilita’ accentua invece di ridurre le diseguaglianze di genere. In Europa, aumentano le disuguaglianze tra cittadini e immigrati e tra immigrati medesimi che sono discriminati in modo diverso nell’accesso a molti servizi sociali. Gi aiuti pubblici sono bassi anche per i cittadini italiani quando ci sono non autosufficienti in famiglia. L’assistenza di una persona non autosufficiente costa in media 18mila euro l’anno. Oltre un terzo di questa cifra rimane a carico della famiglia.

Aggiornamento: Allegro ma non troppo di Giuseppe Pisauro

Sommario 20 febbraio 2006

E’ passato un mese dalla scomparsa di Riccardo Faini. Ha lasciato un vuoto enorme. Cerchiamo di colmarlo con i suoi scritti e con i ritratti di colleghi e amici; ma anche le testimonianze di lettori, studenti e di quanti altri hanno avuto la fortuna di incrociarlo nella vita.

Il ministro Bersani vuole introdurre nell’ordinamento la class action in tempi brevi e ben sette proposte giacciono in Parlamento. Ma non basterà una legge per diffondere in Italia questa forma di tutela dei consumatori. Dal punto di vista del diritto antitrust, poi, non sembra questo lo strumento giusto. E chi pagherà il costo dell’indagine e della raccolta di prove? Se i tribunali italiani adottassero un semplice decalogo che aumenta la produttività, la durata media di un giudizio civile potrebbe diminuire di circa un quarto in pochi anni. L’esempio di Torino. La Consob ha sanzionato il gruppo Agnelli per aver tenuto all’oscuro il mercato di notizie rilevanti. Ricostruiamo una vicenda grave e complessa, volutamente fatta passare in secondo piano dai media. Un euro investito per migliorare il sistema paese, abolendo lacci e lacciuoli, potrebbe ridurre l’evasione fiscale più di quanto possa fare un euro in meno chiesto ai contribuenti. Un confronto internazionale.

Andrea Ichino commenta l’intervento di Carlo Dell’Arringa sulla riforma della PA.
Richard Portes ricorda Riccardo Faini.

Ma l’Authority non serve

La proposta di istituire una Authority sul pubblico impiego, avanzata da Pietro Ichino, ha sollevato un importante dibattito, sia in sede scientifica, sia in sede politica. Compito di queste brevi note è di proporre ulteriori elementi di discussione su alcuni aspetti tecnici.

Affermazioni di buon senso ed evidenza empirica

Che nella Pa italiana vi siano diffusi problemi di inefficienza è opinione comune ed esperienza diffusa: tutti, in qualche modo, siamo cittadini utenti di pubblici servizi. Questa sensazione condivisa di cattivo funzionamento diventa stridente, poi, ogniqualvolta ci si trovi a confrontare la nostra situazione con i migliori esempi europei, dal “mito” della burocrazia francese, ai servizi infrastrutturali tedeschi, al welfare nord-europeo, e così via.
Non si vuole mettere in discussione la validità di affermazioni di buon senso, le quali possono essere spiegate, peraltro, alla luce della teoria economica della burocrazia, basate sul paradigma individualista. Il punto è che per fare un discorso scientifico descrittivo e prescrittivo su questi problemi l’aneddotica non basta. (1)
Le premesse generali di Ichino sono due: la prima è che la Pa italiana sia inefficiente, la seconda è che una causa primaria di tale inefficienza sia la scarsa produttività dei dipendenti pubblici. Quindi, occorre trovare adeguate evidenze empiriche, misurate secondo metodi robusti, dei seguenti fenomeni:

· l’inefficienza della Pa italiana: quanta ce n’è e in rapporto a quale benchmark, come si manifesta, dove si annida in particolare, quando si verifica;
· la “nullafacenza” dei dipendenti pubblici, anche qui con la necessità di stabilire le medesime coordinate di quanto, come, dove e quando;
· il nesso causale che regredisce dalla seconda alla prima: consistenza e forza di tale nesso, esclusione di relazioni spurie, eccetera.

Nel dibattito su lavoce.info l’esistenza di problemi di misurazione dell’efficienza dei pubblici servizi è già stata sollevata, ma la questione va approfondita ulteriormente.

Problemi di misurazione

La misurazione dell’efficienza nel caso della produzione di attività burocratico-amministrative e di beni e servizi pubblici non è resa difficoltosa solo dall’assenza di prezzi di mercato che consentano di valutare il valore effettivo della produzione. Anzi, allo stato attuale delle tecniche, questo è probabilmente un aspetto in parte superato. Sono ormai ampiamente sperimentati in letteratura metodi di misurazione dell’efficienza relativa che considerano l’output in termini fisici, come la Data Envelopment Analysis o il metodo delle frontiere stocastiche. Per le attività prettamente amministrative, in verità, rimangono specifiche difficoltà di definizione e misurazione dell’output, anche in termini fisici e un tentativo di risolvere tale questione è stato quello, applicato in passato nella Pa italiana, basato sui carichi di lavoro.
Il problema fondamentale, però, resta quello di non conoscere a priori la funzione di produzione dei vari servizi pubblici considerati, per cui non si è in grado di individuare e misurare i casi di inefficienza produttiva (tecnica) in senso assoluto. I metodi citati, infatti, consentono di stimare una “frontiera” delle possibilità produttive, ma solo in termini relativi. Permettono di individuare un benchmark costruito in base alle prestazioni migliori tra i casi considerati. In sintesi, dato un determinato settore della Pa, si può stimare quali amministrazioni siano inefficienti (e quanto) rispetto alla performance degli uffici più produttivi. Per fare un esempio di attualità, è possibile stabilire quali ospedali pubblici siano meno produttivi rispetto ai migliori ospedali italiani. In linea teorica si potrebbe farlo anche con le prefetture, o con gli uffici del catasto, e così via.
L’applicabilità di tali tecniche, peraltro, si scontra con altri, non facili problemi. Primario è quello dell’omogeneità dell’output: le analisi di efficienza relativa, per essere attendibili, presuppongono che le unità produttive messe a confronto producano esattamente lo stesso tipo di output. Non basta che si tratti di ospedali, ma occorre che siano ospedali che offrono lo stesso tipo di prestazioni, le quali, inoltre, vanno “pesate” adeguatamente.
È ovvio che queste possibilità di misurazione non possono offrire evidenze empiriche, se non in maniera molto parziale, alle premesse generali del ragionamento. Una volta sancito che un tale ufficio è meno efficiente rispetto all’ufficio più produttivo, infatti, restano da stabilire almeno due cose: in primo luogo, occorre verificare se la migliore prestazione rilevata (il benchmark relativo) sia effettivamente la migliore possibile (anche il più produttivo tra gli uffici considerati potrebbe essere, in realtà, inefficiente). In secondo luogo, la constatazione di inefficienza tecnica relativa a carico di un ufficio o di un’azienda pubblica, a rigore, non ci dice nulla riguardo alle cause.
Per il primo punto continua a rilevare la questione della non conoscenza a priori della funzione di produzione. Del resto, secondo una vecchia battuta che circola tra gli economisti, la funzione di produzione la conoscono solo Dio e gli ingegneri.
Per quanto riguarda il secondo punto, invece, si ritorna alla questione del nesso causale sottostante al ragionamento di Ichino. L’inefficienza (relativa) di una qualsiasi unità organizzativa della Pa può dipendere da molteplici fattori: cattiva organizzazione, carenze di direzione e coordinamento, una inefficiente combinazione degli input, la scarsa produttività unitaria degli input. Solo questi ultimi due fattori hanno a che fare con le questioni sollevate da Ichino: ci può essere una pletora di lavoro pubblico, eventualmente sostituibile con risorse capitali, oppure un problema di scarsa (o addirittura negativa) produttività dei singoli, da licenziare e, nei casi di produttività bassa ma non negativa, da sostituire con elementi maggiormente produttivi. Anche nel caso di un’osservata scarsa produttività unitaria del lavoro, poi, occorre verificare quali ne possono essere le cause, alcune non dipendenti dall’impegno del lavoratore: la carenza di formazione, a esempio, o di motivazione, dovuta a difetti di direzione o a fenomeni di sottoutilizzazione, e così via.

Solo casi eclatanti?

Ma è proprio questo il problema di misurazione più arduo da risolvere. Non solo mancano tecniche sperimentate, ma diventa soprattutto difficile avere una base di dati attendibile sulla produttività del singolo lavoratore pubblico perché intervengono i noti problemi di asimmetria informativa e altre questioni, già toccate dall’intervento di Daveri.
La questione è già stata sollevata e Ichino ha risposto che «Qui parliamo di “valutazione”, nel senso che la parola assume sul piano giuridico: niente a che vedere con la misurazione. Per qualsiasi lavoro si può esprimere una valutazione circa la sua utilità rispetto agli scopi dell’istituzione o rispetto a un’attività aziendale. […] D’altra parte, qualsiasi lavoratore, anche l’ultimo degli uscieri, può esprimere una produttività negativa, per esempio rubando, o molestando le colleghe, o tenendo altre attività illecite nel luogo di lavoro».
Se sono questi i casi a cui si punta, però, ci sfugge la portata stessa della proposta: si tratta, cioè, di casi eclatanti di malversazione e frode nei confronti dell’erario, a volte addirittura con risvolti penali rispetto a terzi. C’è bisogno di una Authority nazionale per “valutarli” e quindi sanzionarli? E, per quanto possano verificarsi fenomeni di questo tipo, siamo sicuri che il generale e sentito problema dell’inefficienza della Pa italiana sia risolvibile, o anche solo significativamente attenuabile, grazie all’eliminazione dei casi estremi?
Questi comportamenti vanno comunque sanzionati per il danno, non solo pecuniario, che generano all’erario e nei confronti di terzi privati, e non perché siano causa di inefficienza dell’azione pubblica. E per individuarli l’aneddotica è sufficiente. Ma non è necessaria l’Authority: bastano le altre interessanti e sensate proposte di riforma che il disegno di legge presentato da Ichino contiene, come la limitazione della responsabilità civile dei dirigenti amministrativi e la costruzione di un sistema di incentivi e disincentivi più efficace.
Per quanto riguarda la parte di misurazione e valutazione dei fenomeni di inefficienza e delle loro cause, invece, senza fare ricorso a strutture straordinarie costruite ad hoc, basterebbe cominciare con un serio lavoro di indagine conoscitiva sulla Pa, che consideri la varietà di strutture organizzative e la consistenza degli organici, le tipologie contrattuali, le competenze professionali presenti, i metodi di programmazione del fabbisogno, le attività di formazione e l’uso delle procedure di mobilità. Il tutto con riferimento all’attuale quadro istituzionale in continua transizione verso il regionalismo. Da un’analisi di questo tipo potrebbero scaturire risultati (apparentemente) sorprendenti, come il fatto che, a esempio, gli organici non sono necessariamente e ovunque sovradimensionati, soprattutto negli enti locali, dopo anni di applicazione del blocco del turn-over e del Patto di stabilità interna.

* Queste note sono state predisposte da ricercatori attualmente impegnati nel progetto di ricerca Sisper (http://sisper.istat.it), finanziato dal Dipartimento della Funzione pubblica e in corso di svolgimento presso l’Istat. Le opinioni sono espresse a titolo puramente personale e non impegnano in alcun modo gli enti citati.

(1) Probabilmente lo pensa anche Pietro Ichino, visto che nel suo progetto assegna alla Authority precisi compiti di valutazione.

Sommario 14 febbraio 2007

Gli arresti dei giorni scorsi hanno portato alla scoperta di piani per un attentato contro Pietro Ichino, uno di noi. Speriamo che l’operazione delle forze dell’ordine segni una svolta decisiva e consenta finalmente in Italia di discutere dei problemi e delle riforme del mondo del lavoro senza la minaccia intollerabile della violenza. A Pietro, che in questi anni non si è mai fatto intimidire, va tutta la nostra solidarietà.

La crescita del Pil a fine 2006 dice che la ripresa dell’economia italiana si è consolidata. Ma non è il momento di accontentarsi. Se l’ambiente internazionale diventasse meno favorevole ci ritroveremmo in difficoltà, senza aver completato le riforme necessarie. A cominciare dalle liberalizzazioni nell’energia e nei trasporti. Anche il sistema delle farmacie continua ad essere anticoncorrenziale. L’Antitrust lo ha segnalato, mentre una sentenza della Consulta va in senso contrario. Il decreto Bersani dovrebbe allora essere completato. Senza dimenticare le politiche di sviluppo per il Mezzogiorno anche questo governo cade nell’equivoco. Invece di preoccuparsi della capacità di spesa, meglio farebbe il Governo a controllarne la qualità. Con il sistema contributivo, le pensioni sono destinate a diminuire progressivamente. E non basterà la compensazione del secondo pilastro. Occorreranno allora continui aumenti dell’età di pensionamento che serviranno anche a sostenere la crescita della nostra economia.

Sommario 12 febbraio 2007

Gli arresti di domenica hanno portato alla scoperta di piani per un attentato contro Pietro Ichino, uno di noi. Speriamo che l’operazione delle forze dell’ordine segni una svolta decisiva e consenta finalmente in Italia di discutere dei problemi e delle riforme del mondo del lavoro senza la minaccia intollerabile della violenza. A Pietro, che in questi anni non si è mai fatto intimidire, va tutta la nostra solidarietà.

Aggiornamento: Francesco Daveri commenta le stime Istat sulla crescita del Pil.

Sommario, 7 febbraio 2007

Alla vigilia dell’apertura del tavolo sulla riforma della pubblica amministrazione discutiamo due possibili strategie per combattere la sua evidente inefficienza. Da una parte, si tratta di valutare l’operato dei singoli creando una cultura della valutazione e della trasparenza. Con un’Autorità indipendente che garantisce. Dall’altra, bisogna cambiare gli incentivi delle amministrazioni, subordinando la concessione di incrementi retributivi alla qualità dei servizi erogati ai cittadini e, nel caso di amministrazioni senza un contatto diretto col pubblico, alla riduzione di esuberi identificati dall’esecutivo. Contrariamente a quanto previsto dall’accordo siglato il 18 gennaio sul pubblico impiego, bisogna anche permettere ai dirigenti di distribuire questi premi ai dipendenti in modo selettivo. La dinamica delle retribuzioni di fatto del settore pubblico mostra invece premi dati a pioggia a tutti, con un’accelerazione della crescita salariale negli ultimi anni rispetto al settore privato.
FondInps2, il fondo che gestirà i futuri Tfr dei lavoratori di imprese con oltre 50 addetti che non opteranno per un fondo pensione, è stato costruito in modo tale da durare a lungo, ostacolando il decollo della previdenza complementare.
La nuova organizzazione della vigilanza sui mercati finanziari realizza una reale semplificazione. Al posto del Cicr, però, istituisce un Comitato per la Stabilità che desta alcune perplessità.

La lenzuolata

Arrivò la lenzuolata
e di sotto l’ho guardata,
per veder se del mercato
le catene hanno strappato,

se su gas, luce, servizi
libertà, o più tasse e vecchi vizi.
Pur se infine lo statale,
che ha l’avallo sindacale,

produrrà per quel che vale,
poiché quello al cittadino
costa assai del suo quattrino.

Trovo poco, quasi niente
e alla pompa assai furente
è il mio amico benziniere,
che si scopre esser calmiere:

caldo e freddo non ne è senza,
ma non vuole concorrenza.
Per l’impresa un giorno e via,
sì, ma s’è sol di barberia,

e sul cibo la scadenza,
è fatale farne assenza.
Pur la targa m’hanno dato,
non so quanto, ho risparmiato,

sono il re consumatore,
del mercato gran motore!
Mi ritengo soddisfatto,
al Bersani ne do atto,

che comincia la battaglia
con gli sprechi ora si taglia.
Lunedì! Via col tagliere
….pei capelli, il parrucchiere.

E se il cuore sta un po’ male
andar debbo in ospedale,
ma è cresciuto anche il ticketto,
e più in bus pago il biglietto.

Un problem però ha risolto,
il lenzuolo, questo è molto,
che il giornale ora s’acquista
col caffè lì dal barista.

Sommario 29 gennaio 2007

Per una volta un Governo ha voluto dare retta all’Antitrust: il pacchetto liberalizzazioni varato dall’ultimo Consiglio dei ministri risponde a molte raccomandazioni dell’Authority. Ragione in più per non rimandare ulteriormente la riforma delle autorità di regolamentazione dei mercati: servirà a colmare le non poche omissioni nel processo di liberalizzazione.
Dopo l’allarme sui conti delle Ferrovie, è arrivato l’aumento della tariffe. Ma si è ignorata la procedura e non si è considerata la scadente performance di Trenitalia. Bisogna ora definire il meccanismo tariffario futuro e istituire un’Autorità di regolazione indipendente. E mentre l’Italia si divide sull’alta velocità, la tecnologia apre nuove prospettive. Per esempio treni passeggeri leggeri con linee ad hoc che liberino l’attuale rete a favore del traffico locale merci. Che cosa ostacola la costruzione di nuove autostrade? La carenza di fondi pubblici, certo, ma anche le imposte sui pedaggi. Se lo Stato vi rinunciasse, molte opere potrebbero essere autofinanziate. Nel settore delle “utilities”, le fusioni di concessionari dovrebbero mirare a economie di scala o di scopo con vantaggi anche per i consumatori. Occorre evitare le posizioni dominanti e tutelare l’utenza tramite il controllo tariffario e di accesso alle reti. Una lettera aperta all’amministratore delegato di Fs, Mauro Moretti: il risanamento dell’azienda può partire da una riflessione sulle norme di sicurezza, oggi molto restrittive.

Aggiornamento: Sud chiama sud di Federico Bonaglia e Andrea Goldstein
Come riordinare i servizi pubblici locali di Franco Osculati e Andrea Zatti

L’età della pensione

In Italia la prima rata di pensione arriva in media intorno ai 56,8 anni per gli uomini e 57,1 per le donne. I confronti internazionali mostrano che siano tra i paesi con l’età di uscita dal mondo del lavoro più bassa, addirittura al primo posto fra gli stati europei considerati. Vogliamo aumentare ancora questo divario? Senza prendere decisioni estreme, forse non sarebbe così sbagliato cercare almeno di allinearci alla media europea.

Sommario 25 gennaio 2007

Grazie per le testimonianze su Riccardo che ci arrivano. Ci sono di grande aiuto. Molte sono di suoi studenti, a dimostrazione di quanto fosse generoso e disponibile con tutti.

A un mese dall’avvio dell’operazione Tfr, mancano ancora i moduli che permettono ai lavoratori di scegliere. Per favorire una scelta informata da parte degli 11 milioni di lavoratori coinvolti, forniamo una valutazione della scelta di lasciare il futuro Tfr in azienda oppure conferirlo a un fondo pensione: il montante derivante da un fondo chiuso, a parità di contribuzione, è sempre preferibile al Tfr, soprattutto per i giovani. Le misure che la Finanziaria ha previsto a compensazione delle imprese per la perdita del Tfr sembrano più che adeguate. Dopo l’istituzione del fondo di tesoreria presso l’Inps, il settore pubblico resta l’unico attore che potrebbe essere interessato al mancato decollo della previdenza integrativa. Più donne che lavorano e più figli contribuirebbero a migliorare anche i conti della previdenza pubblica. Una recente indagine campionaria spiega perchè in Italia si rinuncia spesso ad avere un secondo bambino e sia così difficile conciliare famiglia e lavoro.

L’equità in tre riforme di Massimo Baldini e Paolo Bosi.

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