L’assegno unico per le famiglie è stato salutato come una riforma epocale. Ora il “decreto ponte” rischia di ridimensionarne la portata e di farne una replica dell’esistente. Ma c’è tempo per correggere le criticità nel disegno della misura a regime.
Author: Giovanni Gallo
Assegnista di ricerca presso l'Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP). Ha ottenuto il titolo di PhD presso la Fondazione Universitaria Marco Biagi (Unimore) ed è stato visiting scholar alla Tilburg University e al LISER. E' membro del Centro Analisi Politiche Pubbliche (CAPP) di Modena e responsabile del "Glossario delle disuguaglianze" della Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali. Si occupa in particolare di povertà, disuguaglianza e valutazione delle politiche pubbliche.
La misura appena approvata dal Senato si pone obiettivi ambiziosi e mobilita risorse importanti: saranno quasi otto milioni le famiglie interessate. Un provvedimento storico, non privo però di criticità. C’è tempo fino a luglio per porvi rimedio.
I dati sul reddito di cittadinanza contenuti nel Rapporto Inps indicano la necessità di alcune correzioni. Ma la misura rimane uno strumento essenziale per garantire dignità e sicurezza economica alle famiglie in difficoltà, specie in tempi di Covid-19.
Se si tiene conto della storia occupazionale di ciascun individuo, i lavoratori a tempo determinato vengono pagati più dei loro corrispettivi “indeterminati” al momento dell’assunzione. E a ottenere i vantaggi maggiori sono le donne e i giovani.
Il governo sembra avere una lettura semplicistica del problema povertà. Il lavoro è senza dubbio la via d’uscita principale, ma i dati ci dicono che per un numero significativo di famiglie aumentare il numero di occupati potrebbe non essere così facile.
I primi dati ufficiosi sul Rei dicono che i beneficiari vivono in larga parte a Sud. Anche perché molte domande di residenti al Nord sono state respinte per mancanza di requisiti. Una severità che rischia di penalizzare il Rei universale appena introdotto.
Nel 2014-2015 i redditi delle famiglie italiane sono risaliti, ma povertà e disuguaglianza aumentano. La spiegazione va cercata in una crescita diseguale e nel crollo delle risorse disponibili registrato dal 5 per cento più povero della popolazione.
L’anticipo pensionistico potrebbe essere un valido strumento per favorire il ricambio generazionale della forza lavoro del nostro paese. Bisogna però convincere i possibili beneficiari a usufruire dell’Ape. Intanto, però, manca il decreto attuativo.