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Autore: Francesco Daveri Pagina 26 di 28

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È stato Professor of Macroeconomic Practice alla School of Management dell'Università Bocconi, dove insegnava Macroeconomics, Global Scenarios ed è stato direttore del Full-Time MBA. Ha insegnato in varie università come l’Università Cattolica (sede di Piacenza), Parma, Brescia, Monaco e Lugano. Ha svolto attività di consulenza presso il Ministero dell’Economia, la World Bank, la Commissione Europea e il Parlamento Europeo. Le sue ricerche si sono concentrate sulla relazione tra le riforme economiche, l’adozione delle nuove tecnologie e l’andamento della produttività aziendale e settoriale in Italia, Europa e Stati Uniti. Ha collaborato con il Corriere della Sera e ha fatto parte del comitato di redazione de lavoce.info, di cui è stato Managing editor dal 2014 al 2020. Scomparso il 29 dicembre 2021.

LE POLITICHE PER LA CRESCITA

Per favorire la crescita occorre far aumentare le ore lavorate e la produttività per ora lavorata.

PROVVEDIMENTI

Per favorire la crescita delle ore lavorate, nella Finanziaria 2007, il governo ha ridotto il cuneo fiscale, con l’obiettivo di abbassare il costo del lavoro e quindi di aumentare l’occupazione. In effetti, le tendenze positive sul fronte dell’occupazione, presenti già dal 1998, sono proseguite nel 2006-07. Va però ricordato che la riduzione del cuneo è diventata operativa solo dall’inizio di luglio del 2007.
La produttività per ora lavorata (o produttività del lavoro) cresce per due ragioni, se si aumenta l’accumulazione di capitale e si migliora l’efficienza nel produrre.
Per favorire l’accumulazione di capitale, nella Finanziaria 2008, il governo Prodi ha ridotto le aliquote Ires e Irap, diminuendo in modo consistente le imposte sulle società. Lo ha fatto salvaguardando il gettito di queste imposte (con operazioni di “manutenzione della base imponibile”) . Si è trattato di una misura obbligata (la signora Merkel ha adottato lo stesso provvedimento), necessaria per contrastare la tendenziale perdita di appeal dell’Italia come luogo dove localizzare gli impianti delle imprese multinazionali italiane e non.
Per accrescere l’efficienza produttiva, serve che le imprese innovino. Per favorire l’innovazione la Finanziaria 2007 prevedeva l’istituzione dei cosiddetti Progetti di innovazione industriale in determinati comparti produttivi, ritenuti strategici per lo sviluppo del paese. Come tali, questi progetti non sono disegnati per produrre risultati su brevi periodi di tempo e infatti sono ancora in una fase di gestazione. È stato poi introdotto un credito d’imposta automatico per le spese in ricerca e sviluppo delle imprese per il periodo 2007-09. È dunque una misura che assomiglia molto al credito di imposta permanente richiesto da Confindustria (e dagli economisti) in passato: c’è consenso sul fatto che, per incoraggiare la R&S, sia meglio usare incentivi fiscali che finanziari.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

I potenziali effetti positivi della riduzione del cuneo si vedranno probabilmente nei dati futuri, ma è impossibile ascrivere a questa misura la continuazione dei dati positivi del mercato del lavoro, le cui origini sono invece nelle leggi Treu e Biagi, così come nel miglioramento ciclico dell’economia nel biennio 2006-07.
Anche l’effetto della riduzione delle aliquote Ires e Irap non è visibile nei dati 2006 e 2007 perché la misura è entrata in vigore con l’inizio del 2008.
L’entrata in vigore del credito richiedeva, invece, l’autorizzazione preventiva della Commissione europea. Ci sono voluti tanti mesi anche solo per fare arrivare la pratica a Bruxelles, il che ha azzerato l’efficacia del provvedimento. In generale, date queste premesse, non ci si può stupire che la crescita della produttività del lavoro sia rimasta – sostanzialmente e inusualmente – al palo durante questo periodo di ripresa. (vedi articolo Daveri su non è ancora ora di brindare e Produttività nei servizi: l’anello mancante)

OCCASIONI MANCATE

Le lenzuolate di liberalizzazione nei servizi (taxi, farmaci, mutui, conti bancari, assicurazioni) a partire dal luglio 2006 hanno reso il governo impopolare con le categorie colpite, ma hanno anche generato entusiasmo iniziale tra gli utenti potenzialmente interessati. In realtà, i risultati ottenuti sono stati molto parziali, e si sono concentrati quasi esclusivamente nella riduzione del costo dei farmaci e del costo fisso delle chiamate da cellulare per i consumatori. Di per sé, le liberalizzazioni facilitano lo spostamento delle risorse verso gli impieghi più efficienti e quindi sono benefiche per la crescita. Ma per accrescere davvero l’efficienza e la produttività, il governo avrebbe dovuto – se ne avesse avuto il tempo e la forza politica – completare le lenzuolate con misure che favorissero più direttamente il grado di competizione tra le aziende (oltre ai consumatori), promuovendo cioè una liberalizzazione più completa del mercato del lavoro e riducendo la tassa implicita che gli erogatori – pubblici e privati – di servizi pubblici e di servizi professionali impongono sull’attività delle imprese che competono sui mercati globali.

LA DELOCALIZZAZIONE NON BASTA

L’off-shoring effettuato dalle industrie manifatturiere italiane ha controbilanciato il rallentamento della produttività sperimentato negli ultimi tempi dalla nostra economia o invece ha contribuito ad ampliarlo? La tipologia di attività produttiva che viene delocalizzata sembra essere una discriminante importante. Utilizzando una misura diretta dell’attività di delocalizzazione della produzione si dimostra come questa ha solo parzialmente contrastato il rallentamento della crescita della produttività senza riuscire a invertire la tendenza.

IL CREDITO D’IMPOSTA PER LA R&S: CHI L’HA VISTO?

Nella Finanziaria 2007, il governo Prodi ha introdotto un incentivo fiscale sotto forma di credito d’imposta per le imprese che investono in ricerca e sviluppo. Il bonus, però, finora non si è visto: lungaggini burocratiche ne hanno impedito l’utilizzo. Come ridurre le difficoltà di attuazione per il futuro? Ad esempio, con la pre-notifica a Bruxelles di un provvedimento specifico e dettagliato. Anche perché una politica di incentivi solo annunciati e non resi operativi produce risultati peggiori di una politica di zero incentivi.

Produttività nei servizi: l’anello mancante della ripresa

Il tasso di crescita del Pil rallenta nel primo trimestre 2007. Ma non sono le inevitabili oscillazioni trimestrali a dover preoccupare. Nel 2006 la crescita dell’economia italiana è quasi interamente spiegata dall’aumento delle unità di lavoro, mentre la produttività del lavoro è rimasta quasi ferma. La stagnazione aggregata è però la combinazione di dati molto differenziati tra l’industria e i servizi privati. La produttività va male nel settore immobiliare e laddove i vincoli infrastrutturali e di mancanza di concorrenza pesano di più.

Qualità a Nord-Est

Una legge della Regione Friuli Venezia Giulia rivela un approccio quasi rivoluzionario. Forse per la prima volta, lo Stato non dice all’azienda come deve innovare, ma predispone un menu di strumenti tra cui l’impresa può scegliere per innovare. E per accertarsi che le risorse pubbliche non siano usate per fini diversi da quelli per cui sono concesse, è previsto un monitoraggio prima, durante e dopo il progetto. Non con per burocratizzare, ma al fine di correggere in corso d’opera il progetto iniziale in vista dell’obiettivo di aumentare la qualità e la competitività.

Non è ancora l’ora di brindare

Le stime sulla crescita del Pil nel quarto trimestre sono molto buone. E con l’economia italiana nel suo complesso è tornata ad andare bene anche l’industria. Ma non è il momento di accontentarsi dei risultati ottenuti. Altrimenti, se si esaurisse la congiuntura positiva in Germania, tra qualche mese potremmo trovarci con l’amara sorpresa di non avere fatto “i compiti a casa”. In fatto di trasporti ed energia, per esempio. E di disincentivi all’accumulazione derivanti dall’attuale struttura della tassazione del risparmio e del reddito d’impresa.

Improduttivi perché inamovibili

L’idea di introdurre tetti demografici per indurre un ricambio generazionale che altrimenti non arriva mai è semplice e affronta un problema diffuso. Ma l’esperienza finlandese ci insegna che l’invecchiamento è una questione seria per le imprese solo nell’high-tech. E deriva dall’inamovibilità, non dall’età avanzata, dei lavoratori. Nell’economia globalizzata, riesce a stare sul mercato del lavoro chi sa accettare il cambiamento, giovane o anziano che sia. Quali politiche per migliorare le opportunità occupazionali degli “over 50”.

Più aiuti o una migliore strategia?

L’Italia mette pochi soldi negli aiuti allo sviluppo, tra lo 0,07 e lo 0,35 per cento del Pil negli ultimi anni. Ma abbondanza di contributi non è sempre sinonimo di aiuti efficaci. Più preoccupante l’esiguità complessiva delle risorse finanziarie che destiniamo ai paesi in via di sviluppo. E’ un altro sintomo della perdita di competitività del nostro paese. Perché invece di distribuire spiccioli in modo bilaterale, l’Italia non si fa promotrice di uno sforzo europeo di finanziamento di progetti in campo sanitario per curare l’Aids o la malaria?

Crescita italiana e crescita europea

Nel terzo trimestre 2006 l’economia italiana è cresciuta dell’1,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2005. Più della Francia che, dal 1995 a oggi, ha sempre registrato risultati migliori dei nostri. Tuttavia, i dati tendenziali per Germania, Regno Unito e Stati Uniti superano quelli italiani per più di un punto percentuale. La scarsa crescita di più lungo periodo non è un problema europeo, ma sostanzialmente di Italia e Germania. Che hanno ancora molto lavoro da fare per risolverlo. Dopodichè forse scopriremo che l’Europa è capace di crescere quasi come gli Stati Uniti.

Quant’è avara la Finanziaria con il signor V.A.

Una Finanziaria non si limita a ridistribuire un reddito dato. Influenza la convenienza a produrne di nuovo, modificando gli incentivi a investire e a creare posti di lavoro: gli effetti davvero importanti per la crescita, il problema numero uno dell’Italia di oggi e di domani. La legge per il 2007 non incide sui nodi che un imprenditore affronta quotidianamente: costo dell’energia, risorse umane e difficoltà di sbocco sul mercato interno. Non c’è neanche la riduzione delle tasse sulle società. Eppure sono proprio le ragioni per cui nel nostro paese non si fa innovazione

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