Lavoce.info

Autore: Filippo Taddei

LE TASSE SULLA CASA AI TEMPI DI MONTI *

Reintrodurre le imposte immobiliari sulle prime case è fondamentalmente una scelta obbligata. L’Italia è infatti il paese con la più alta pressione fiscale, ma anche quello con la più bassa tassazione della proprietà immobiliare. E se il nostro problema principale è la crescita economica, dovremmo cercare di spostare il carico fiscale verso ciò che è immobile per sgravare quei lavoratori, dipendenti e autonomi, che provano a cambiare l’economia italiana. Può essere la base per un rinnovato patto fiscale che offra sostegno concreto alle parti più dinamiche del paese.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie a tutti i lettori per l’interesse. Ci sono essenzialmente tre tipi di commenti al nostro articolo su lavoce.info.

Il primo tipo riguarda il sospetto che la nostra analisi abbia semplicemente accostato due fenomeni distinti: la crescita dei prezzi immobiliari e l’abolizione dell’imposta su successioni e donazioni del 2001. In verità, questo accostamento è molto meno casuale di quanto il lettore possa sospettare. Offriamo due interpretazioni economiche semplici ma non banali – una è nell’articolo su lavoce.info – del perché l’abolizione dell’imposta in questione abbia contribuito ad innalzare il prezzo degli immobili in Italia dal 2001 in avanti. Il punto di partenza del nostro argomento è molto semplice: in generale quando un importante utilizzo di un bene smette di essere gravato da una tassa, il valore di quel bene aumenta e così il suo prezzo. E’ difficile pensare che questo non sia avvenuto anche per le case, i beni oggetto della stragrande maggioranza delle donazioni e successioni (più di una su due le coinvolge stando ai dati ISTAT). Quando la tassazione su questo tipo di trasferimenti è stata abolita nel 2001, le case si sono quindi apprezzate.  Non è corretto osservare che la donazione non è una scelta alternativa alla vendita  poiché “serve un fine diverso”. Per rendersene conto basta pensare che, se donazioni e successioni fossero soggette ad un’imposta del 90%, non vi sarebbe alcuno sano di mente disposto a fare ancora  donazioni. Esiste infatti una fetta importante di popolazione italiana che sceglie tra vendere e donare sulla base della relativa convenienza anche fiscale e, cosi’ facendo, influenza l’equilibrio di mercato. Nella versione completa del nostro studio, abbiamo formalizzato tale intuizione per mostrare, accanto al ruolo dei molteplici fattori in gioco, l’importanza della relazione che più ci interessa; inoltre abbiamo proceduto a un’analisi statistica proprio volta a stimare l’effetto dell’abolizione dell’imposta sui prezzi delle case. Questa analisi supporta un nesso causale della variazione dell’imposta sui prezzi, non una mera correlazione.

Il secondo tipo di commenti sottolinea come altri fattori possano spiegare la dinamica dei prezzi in Italia: l’andamento delle nuove costruzioni immobiliari e dei tassi di interesse, lo scudo fiscale, il crollo delle borse e la fuga degli investitori nel “mattone”. Ci permettiamo di aggiungerne altri: il flusso di capitali in Italia pre e post 2001, le dinamiche demografiche nei centri abitati e l’andamento dei salari reali nelle diverse regioni. Siamo perfettamente consci della validità di queste argomentazioni tanto è vero che ne abbiamo esplicitamente tenuto conto nella nostra analisi empirica. Non abbiamo mai sostenuto che non importassero. . Tuttavia, la cosa sorprendente – forse il contributo principale del nostro lavoro – è che, pur considerando tutti questi fattori insieme, l’abolizione dell’imposta su successioni e donazioni ha comunque un effetto aggiuntivo statisticamente significativo sull’innalzamento dei prezzi immobiliari.

Il terzo tipo di commenti critica l’analogia con la Germania. Tale analogia, seppure aneddotica e non utilizzata nell’analisi statistica formale, ci pare comunque istruttiva. La Figura 1 mostra il periodo 1995-2004, successivo all’unificazione tedesca. La differenza più sorprendente tra i due paesi si evidenzia a partire dal 1999 (cioè nel periodo piu’ lontano dalla caduta del muro), quando i prezzi immobiliari continuano a calare in Germania mentre cominciano a crescere in Italia, per poi esplodere dal 2001.

L’obiettivo principale della nostra ricerca è quello di chiarire un meccanismo, tra i molti in gioco, per evidenziare un canale che è stato finora ignorato. Vogliamo in particolare mostrare che, se teniamo una prospettiva che coinvolge tutta l’economia e non solo una singola scelta (donare o non donare), possiamo scoprire effetti inaspettati, e magari indesiderati, della politica economica che scegliamo. Concludiamo con un cenno ai commenti di due lettori. Donazioni e successioni erano entrambe non soggette a tassazione dalla fine del 2001 al 2004 (ultimo anno del nostro studio), con un’unica differenza che riteniamo irrilevante ai fini della nostra analisi. Sarebbe stato certamente interessante studiare l’effetto sul prezzo delle case della (parziale) reintroduzione dell’imposta su donazioni e successioni (l. 296/2006) ma purtroppo i dati ISTAT non erano ancora disponibili quando ultimavamo il nostro studio.

TASSA ABOLITA, CASA PIÙ CARA

L’abolizione della tassazione su donazioni e successioni del 2001, in seguito reintrodotta per i soli grandi patrimoni, ha contribuito sensibilmente all’aumento dei prezzi degli immobili in Italia. Un effetto collaterale inatteso di cui si rallegrano i proprietari di case. Ma non è altrettanto ovvio che sia un vantaggio per la società italiana nel suo complesso, per lo sviluppo del nostro mercato finanziario e, in particolare, per le giovani generazioni e le fasce più deboli.

Come reclutare i migliori

Una proposta per facilitare l’inserimento dei giovani e favorire la ricerca nell’università italiana. E’ basata sul merito scientifico perché condiziona la concessione dei fondi ai risultati della ricerca e dunque incentiva comportamenti virtuosi nella selezione dei ricercatori. Interviene all’inizio del progetto, garantendo un punto di partenza paritetico a tutti i dipartimenti in competizione. Inoltre, concede premi o penalità ai singoli dipartimenti, evitando che “le politiche di ateneo” possano contrastare l’efficacia degli incentivi ministeriali.

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