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Autore: Carlo Scarpa Pagina 12 di 13

scarpa Carlo Scarpa è nato a Parma nel 1961, è professore ordinario di Economia Politica presso l'Università di Brescia, dove ha tenuto corsi di Economia politica, Economia industriale e Politica della concorrenza. Si è laureato a Parma, e ha conseguito il Dottorato di ricerca all'Università di Bologna e il D.Phil. in Economia al Nuffield College, Oxford University. Ha insegnato e svolto attività di ricerca presso le Università di Oxford, Bologna, Cambridge, Evry, York, la Johns Hopkins University, l'Università Bocconi, il Boston College, la London Business School e l'Ecole Normale Superieure di Parigi. Ha svolto attività di consulenza presso la Banca d'Italia, la Consob, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e per varie imprese private. E' stato coordinatore scientifico generale di diversi progetti finanziati dalla Commissione Europea su temi di privatizzazione e di energia (tra gli ultimi “Understanding Privatisation Policies” e “Security of Energy Considering its Uncertainty, Risk and Economic implications”, in collaborazione con la Fondazione Mattei di Milano). Si occupa di problemi di economia e politica industriale, con particolare riferimento a temi di antitrust e alla regolazione di servizi di pubblica utilità, soprattutto nei settori dell’energia e dei trasporti. Da maggio 2015 è Presidente di Brescia Mobilità, società del Comune di Brescia per il trasporto pubblico locale.

Liberalizzazione, servizi pubblici e povertà

Qual è l’impatto del processo di orientamento al mercato dei servizi pubblici sul bilancio delle famiglie italiane? In termini di tariffe, le riforme sembrano avere funzionato in modo imperfetto, ma almeno ragionevole. Crescono molto i prezzi dell’acqua. Mentre la spesa maggiore va in riscaldamento e varia notevolmente da Regione a Regione. Anche la quota di famiglie che ha “problemi di sostenibilità” per una o più delle utility di base sembra diminuire. Almeno finché l’Autorità dell’energia continuerà a proteggere i consumatori dai rincari del petrolio.

Le privatizzazioni di Tremonti

Il Governo Berlusconi era partito come governo liberalizzatore, volto ad alleggerire la presenza pubblica nell’economia e a lasciare spazio agli investimenti privati. Ma l’unica vera privatizzazione del triennio è la vendita dell’Eti, il monopolio tabacchi. Per il resto, solo cessioni di quote marginali o privatizzazioni “all’italiana”, ovvero con una presenza pubblica dominante in imprese nominalmente “privatizzate” da diversi anni. Una contraddizione ha paralizzato l’azione di Tremonti: liberalizzare il sistema industriale, ma anche mantenerne il controllo.

Un Borsa ad alta tensione. Pure troppa…

La Borsa elettrica è partita dal 1° Aprile, e già fa paura… Ma i dati devono essere letti con attenzione e cautela, perché, a parte gli ovvi problemi di ogni “gioco” nuovo, non sta andando tanto male. Anche se le imprese – uscite da un sistema di prezzi amministrati – devono stare attente a non ubriacarsi di libertà. Il mercato ha delle regole, e le imprese non possono tirare troppo la corda.

All’Alitalia serve chiarezza

Il ministro dell’economia ha ragione a bloccare un salvataggio troppo costoso per Alitalia. Occorre distinguere ciò che pertiene alla sfera del mercato, e ciò che invece attiene alla sfera del servizio pubblico. Che forse interessa solo alcune zone del paese e sarebbe perciò lecito chiedere di sapere quanto costa. Se i due ambiti fossero separati, sarebbe il mercato a giudicare se c’è un futuro per la compagnia di bandiera. Senza dimenticare che l’Unione europea ha da tempo dichiarato il settore aperto alla concorrenza e gli aiuti di Stato non sono tollerati.

Il magico mondo delle ferrovie

Sempre più difficile evitare Eurostar e Intercity anche su tratte dove sarebbe sicuramente più economico, ma anche più comodo o più veloce, salire su un interregionale. Trenitalia è articolata infatti in divisioni, ciascuna con i propri obiettivi di ricavo. I treni veloci appartengono alla stessa divisione delle biglietterie, che hanno quindi tutto l’interesse a vendere solo questo tipo di biglietti. Ma nella competizione interna al gruppo, a rimetterci sono senz’altro i passeggeri. Anche perché non esiste un’autorità indipendente di controllo per i trasporti.

Cani da guardia per decreto

Anche la Consob ha qualche responsabilità nella vicenda Parmalat. Più in generale, interpreta in forma troppo notarile l’attività di vigilanza sulle società quotate e sui revisori. Al di là dei limiti imposti finora dalle norme, restano decisamente insufficienti i controlli che precedono la quotazione delle imprese, addirittura inferiori a quelli svolti nelle transazioni tra privati. Perché possa trasformarsi in un temibile ufficio ispettivo non basta una legge, serve piuttosto un radicale cambio di mentalità.

Tutti i numeri di Telecom Serbia

Un’analisi dei dati mostra che senz’altro l’acquisizione di Telecom Serbia è stata un pessimo affare. Ma è un giudizio facile da dare con il senno di poi. Nel 1997, l’operazione sembrava congrua con l’andamento del mercato delle telecomunicazioni. E non differiva in nulla dagli accordi conclusi in quel periodo da molti altri soggetti. Il contribuente italiano, poi, ci ha rimesso ben poco. Diverso naturalmente il discorso per gli azionisti di Telecom.

La falsa privatizzazione dell’Aem

Con la vendita di un’altra quota di azioni, il Comune di Milano scenderebbe al di sotto del 51 per cento nella ex municipalizzata. Il prezzo fissato per l’operazione è sostanzialmente corretto. Eppure in molti gridano allo scandalo e lo stesso Palazzo Marino teme la perdita del controllo dell’azienda, tanto da riproporre una qualche forma di golden share. Una pessima idea, che riduce il valore dell’impresa e che ritarda una privatizzazione “vera”. Ma anche il segno della difficoltà delle amministrazioni pubbliche ad accettare i più semplici principi del mercato.

L’11 settembre di provincia

Poche imprese quotate in Borsa. Management locale e azionariato senza ricambio, se non di padre in figlio. Banche “legate al territorio”. A Parma come altrove, le aziende fanno politica e controllano l’informazione, aumentano il loro potere con artifici contabili e sviluppando rapporti poco chiari con il mondo creditizio. È questo il quadro del capitalismo italiano, non solo di quello di provincia. Perché l’Italia ha potenzialità e meriti, ma deve ancora imparare le regole del grande gioco dell’imprenditoria globale.

Il mezzo pasticcio dei prezzi elettrici

Un’Autorità in regime di proroga emana un documento dove si prefigurano le nuove tariffe di trasmissione dell’elettricità, più favorevoli per gli utenti. E dunque deludenti per il mercato finanziario, che “punisce” il titolo Enel. Ma anche per il ministero dell’Economia, che ribadisce il suo impegno nella tutela della società elettrica e dei suoi azionisti. Ovvero se stesso e gli investitori esteri che ne hanno appena acquistato il 6 per cento. Si è così creata una situazione spinosa, dalla quale non sarà facile uscire.

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