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Autore: Bruno Anastasia Pagina 4 di 5

anastasia Bruno Anastasia si occupa di analisi del mercato del lavoro. Ha diretto fino al 2019 l’Osservatorio sul mercato del lavoro regionale di Veneto Lavoro. Dal 1994 al 2001 è stato presidente del Coses di Venezia e dal 2001 al 2006 presidente dell’Ires Veneto. Ha insegnato Economia del lavoro all’Università di Trieste, Corso di laurea in Scienze della Formazione. Dal 2000 al 2006 ha collaborato con il Gruppo nazionale di monitoraggio delle politiche del lavoro istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Dal 2007 al 2009 ha collaborato all’attività della Commissione di Indagine sul lavoro di iniziativa interistituzionale Cnel-Camera dei Deputati-Senato (Commissione Carniti).

Primi dati sull’occupazione nel 2015: ottimismo e prudenza

Si possono tenere insieme due notizie di segno opposto quali la caduta degli occupati nei dati Istat di febbraio e il buon andamento dei contratti a tempo indeterminato in quelli amministrativi? Sì, se si tengono presenti le caratteristiche delle diverse fonti. Come evitare letture semplicistiche.

Occupazione: i limiti dei dati mese per mese

I dati mensili dell’Istat su occupati e disoccupati si limitano a pochissimi indicatori. Per evitare spiegazioni congiunturali di dubbia tenuta, è opportuno analizzarli in una prospettiva temporale più lunga. Ed è utile metterli a confronto con i numeri sulle unità di lavoro.

Tempo indeterminato: gli incentivi nella manovra *

La Legge di stabilità prevede un importante incentivo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2015. Ecco alcune stime sui costi e sul numero di assunzioni incentivabili. La norma è un tassello di un più complessivo ridisegno del mercato del lavoro, che resta da completare.

Donne e giovani, l’impatto degli incentivi

Qual è stato l’effetto del decreto del 2012 che prevedeva incentivi all’occupazione giovanile e femminile? Una prima analisi mostra che ha arginato la tendenziale flessione delle trasformazioni di contratti, favorendo donne e giovani senza spiazzare i maschi adulti. I costi dell’agevolazione.

Effetto Fornero sul lavoro intermittente

Per apprezzare gli effetti della riforma del lavoro sul piano dei grandi aggregati ci vorrà del tempo. Ma già da ora si nota un impatto significativo sul contratto di lavoro intermittente, profondamente ri-regolato dalla legge 92.

Sul lavoro posizioni più rigide

Davvero il posto fisso è sempre più un miraggio? In realtà la contrazione delle assunzioni a tempo indeterminato registrata dal rapporto Unioncamere mostra la diminuzione dei passaggi da un’impresa a un’altra di lavoratori già assunti a tempo indeterminato. La crisi ha ridotto drasticamente questo tipo di mobilità nel mercato del lavoro, irrigidendo le posizioni. Nel nostro paese, l’accesso al tempo indeterminato avviene per lo più attraverso la trasformazione di un contratto a termine. E in questi anni la quota di lavoro a tempo determinato non è aumentata.

CALA ANCORA L’OCCUPAZIONE DIPENDENTE

I dati del primo trimestre 2012 rimandano un quadro molto negativo per l’occupazione. Il riacutizzarsi delle perdite di posti di lavoro iniziato nell’estate 2011 è proseguito anche nei mesi successivi. Le assunzioni sono scese del 3,2 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I licenziamenti collettivi rimangono sui livelli consueti, ma quelli individuali nelle piccole imprese tornano in forte crescita. In diminuzione del 4 per cento anche i contratti di lavoro parasubordinato. Forse è tempo di pensare a politiche del lavoro eccezionali.

OCCUPAZIONE: LA RIPRESA SFIORATA E SFUMATA

Dopo un buon primo semestre, i posti di lavoro dipendente in Italia sono tornati a diminuire anche nel 2011. Il bilancio negativo ha colpito soprattutto la manodopera maschile, ma non i lavoratori stranieri. Le perdite riguardano in particolare l’industria manifatturiera e le costruzioni. E per tipologia di contratto sono concentrate in quelli a termine e di apprendistato. Crescono le trasformazioni di contratti a tempo determinato in indeterminato, mentre i licenziamenti si mantengono su un livello superiore del 50 per cento rispetto a quello medio degli anni pre-crisi.

Anatomia di una crisi occupazionale

Tra luglio 2008 e luglio 2010 si sono persi 881mila posti di lavoro. Colpiti per primi i lavoratori temporanei. Netto calo delle assunzioni, ma licenziamenti contenuti grazie alla cassa integrazione. Per il prossimo futuro si profila una modesta ripresa dei rapporti di lavoro temporanei e parasubordinati nei settori legati ai mercati internazionali espansivi, ma sempre su livelli occupazionali complessivi inferiori a quelli pre-crisi. Dalla gestione delle crisi di impresa via Cig si dovrà passare alla gestione della disoccupazione, con il rischio che divenga di lunga durata.

IL COMMENTO ALL’ARTICOLO DI BOERI E GARIBALDI

La proposta di Boeri e Garibaldi ritorna sull’importante questione del “sussidio unico di disoccupazione”.
Sarebbe opportuno che gli autori precisassero alcuni nodi e risolvessero alcune difficoltà sulle quali si rischia di sorvolare troppo velocemente. (1) Giustamente, del resto, Boeri e Garibaldi sostengono che non ha senso parlare dei costi e dei finanziamenti se prima non si chiariscono condizioni di accesso, livello e durata del sussidio di disoccupazione.
Una prima questione concerne la platea ammessa al sussidio. Nella proposta di Boeri e Garibaldi il sussidio verrebbe garantito a “tutti i disoccupati”, con esclusione di quanti sono in cerca di prima occupazione. È infatti la stima è condotta su un totale di disoccupati (di fonte Istat), al netto dei giovani in cerca di prima occupazione, pari a 1,740 milioni, muovendo da una stima di tasso di disoccupazione all’8%. Ma in tale ammontare sono incluse alcune categorie per le quali non è semplice ipotizzare l’accesso al sussidio:

  1. coloro che sono usciti dal lavoro autonomo (anche Boeri e Garibaldi sembrano escluderli dal sussidio unico di disoccupazione, ma la scelta non è nitida);
  2. coloro che si dimettono, escono cioè volontariamente da un’occupazione dipendente. Le dimissioni volontarie valgono circa un terzo del totale delle cessazioni (1). Si propone di ritornare alla situazione ante-1997, prima della legge Treu che escluse i dimessi dall’accesso al sussidio ordinario di disoccupazione?
  3. coloro che rientrano nel mercato del lavoro dopo un periodo, anche lungo, di inattività. Queste persone non sono in cerca di prima occupazione, ma sono “nuovi disoccupati”. Si prevede un sussidio anche per costoro? Non è semplice ipotizzarlo;
  4. i disoccupati di lunga durata, sopra i 24 mesi. Per questi, in verità, anche Boeri e Garibaldi rinviano a strumenti diversi dal sussidio di disoccupazione, quale un reddito di ultima istanza (del quale non si prospettano stime né di beneficiari né di costi).

E’ evidente che, depurato da queste componenti, lo stock di disoccupati si ridurrebbe significativamente.
In altre parole, occorre precisare se si propone un sussidio per tutti coloro che puntualmente – per semplificare le cose, diciamo al primo giorno di ogni mese – risultano alla ricerca di occupazione (proposta di difficilissima realizzabilità) oppure, più parcamente e più realisticamente, si propone un sussidio per quella frazione di disoccupati costituita da quanti hanno involontariamente e recentemente perso un posto di lavoro o concluso un rapporto di lavoro a termine (tra questi ultimi possono essere inclusi i lavoratori parasubordinati: ma non ci si devono nascondere le numerose difficoltà operative nel definire per essi un sussidio “congruo”, vale a dire simile a quello dei lavoratori dipendenti).
Una seconda questione riguarda la relazione tra durata del sussidio e durata del periodo precedentemente lavorato. Si possono “rilassare” gli attuali requisiti richiesti per l’accesso alla disoccupazione ordinaria (un anno di contribuzione e due anni di assicurazione). In presenza di un mercato del lavoro in cui i periodi di occupazione “brevi” sono diventati una frazione considerevole, ciò è del tutto ragionevole. Ma fino a che punto tali requisiti possono essere rilassati? O meglio, si pensa di togliere ogni connessione fra durata del periodo precedentemente lavorato, anche in modo non continuativo – cioè sommando una serie di episodi di occupazione “brevi” e interrotti – e durata del sussidio? Basta una settimana di lavoro per avere diritto ad un sussidio della durata proposta da Boeri e Garibaldi (24 mesi)? Se non è così (ed è difficile che sia così), è evidente che si può sì muovere verso un “sussidio unico”, nel senso che è disegnato secondo una logica unitaria, ma avendo ben presente che se ne dovranno articolare durata, progressiva contrazione, ecc., avanzando una proposta che si faccia carico di tale articolazione. Certo, razionalizzare si può e si deve, e molto, per migliorare la “balcanizzata” situazione esistente, frutto di note stratificazioni successive. In quest’ottica appare difficile disegnare alternative razionali se non si mette in gioco il superamento della disoccupazione a requisiti ridotti che, così com’è, è tutt’altra cosa rispetto ad un sussidio di disoccupazione.
Una terza questione, infine, è relativa alla stima dei costi. Nel 2007 il sistema esistente (indennità di mobilità + disoccupazione ordinaria a requisiti pieni e ridotti, inclusa l’agricoltura) ha indennizzato circa 600.000 anni/uomo con un costo attorno agli 8 miliardi. Se ci aggiungiamo anche la cassa integrazione straordinaria arriviamo a circa 9 miliardi per 700.000 anni/uomo. È perlomeno problematico pensare che con 15,6 miliardi si possa coprire una durata media di 12 mesi di disoccupazione per 1,740 ml. di disoccupati, se non riducendo fortemente, rispetto alle regole attuali, il tasso medio di sostituzione. Ma questa non è certamente l’intenzione degli autori.
Un volta buttato il sasso nello stagno, è il caso di porre mano a ipotesi circostanziate.

 

(1)   Su queste questioni ci si è soffermati in Anastasia B., M. Mancini e U.Trivellato, Il sostegno al reddito dei disoccupati: note sullo stato dell’arte. Tra riformismo strisciante, inerzie dell’impianto categoriale e incerti orizzonti di flexicurity, contributo ai lavori del Comitato tecnico-scientifico dell’iniziativa interistituzionale Camera dei Deputati-Senato-Cnel  su “Il lavoro che cambia” (Commissione Carniti), in www.cnel.it.
(2)   Cfr. Veneto Lavoro, Lavoratori dipendenti con contratti a termine e indennità di disoccupazione: analisi della copertura e simulazioni su possibili allargamenti, Misure, n. 18 (www.venetolavoro.it).

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