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Autore: Angelo Baglioni Pagina 16 di 19

BAGLIONINUOVA

Professore ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano, Facoltà di Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative. È direttore di Osservatorio Monetario e membro del Comitato direttivo e scientifico del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica e Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa). Dal 2018 al 2020 è stato membro del Banking Stakeholder Group della European Banking Authority. Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo). I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto numerosi articoli pubblicati su riviste internazionali e libri; l’ultimo è Le frontiere della politica monetaria (Hoepli 2021).

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie dei commenti. È bene chiarire che non si dovrebbe fare alcuna distinzione tra diverse categorie di detentori dei titoli di stato greci destinati a diventare junior rispetto al credito vantato dallo Efsf. Ovviamente non sarebbe tollerabile (e neanche legalmente possibile) danneggiare maggiormente i piccoli risparmiatori. Questi ultimi sarebbero danneggiati al pari delle banche e degli altri investitori istituzionali da un calo del valore dei titoli in seguito al buyback. D’altronde, come spiego nell’articolo, una qualche forma di trasferimento di ricchezza dai detentori di titoli circolanti sul mercato allo stato debitore è necessario, affinché l’operazione sia utile ad alleggerire il peso del debito per la Grecia. La soluzione avanzata nell’articolo (buyback finanziato da un prestito senior da parte dello Efsf) mi sembra la meno traumatica. Può sembrare un intervento forzoso, come osserva un lettore, e in un certo senso lo è, poiché introducendo un nuovo creditore senior (lo Efsf) produce una svalutazione dei titoli in circolazione. Tuttavia l’operazione si baserebbe sulla partecipazione volontaria dei creditori: ciascuno può decidere se vendere i suoi titoli oppure no. Inoltre essa non modifica unilateralmente alcuna caratteristica dei titoli in circolazione: valore facciale, interessi, scadenza. Ciò avrebbe il vantaggio, ad esempio, di non fare scattare la clausola di credit event  nei Cds; probabilmente consentirebbe alla Bce di continuare ad accettare i titoli di stato greci come collaterale nelle operazioni di politica monetaria. Per queste ragioni, la soluzione proposta nell’articolo (leveraged buyback con status di creditore privilegiato dello Efsf) mi sembra preferibile al buyback puro (finanziato dalla stessa Grecia con risorse proprie) e ad altre soluzioni già discusse in lavoce.info.   

SE LA GRECIA FA UN LEVERAGED BUYBACK

La ristrutturazione del debito greco è destinata ad avere pesanti effetti destabilizzanti sui mercati finanziari e sui debitori sovrani periferici. Per contenere al minimo questi effetti, bisogna adottare una soluzione che veda una partecipazione volontaria dei creditori. Qui si suggerisce un riacquisto di parte del proprio debito da parte del governo greco, finanziato da un prestito senior del Fondo europeo di stabilità.

MUTUI, TORNA IL FINTO REGALO DELLA RINEGOZIAZIONE

Come tre anni fa, il ministro Tremonti estrae dal cappello una regola per rinegoziare i mutui a tasso variabile. Dovrebbe servire a proteggere i mutuatari più deboli dal preannunciato rialzo dei tassi, che inevitabilmente farà salire le rate da pagare. Ma in realtà il provvedimento non porta alcun vero vantaggio per chi ha sottoscritto il mutuo. Semmai ne porta alle banche. Inoltre, si sancisce per legge la morte della concorrenza.

L’AVVERTIMENTO DELLA BCE

L’aumento del tasso di interesse deciso dalla Bce è un avvertimento a banche e governi: la stampella monetaria sta per finire. Le banche non potranno più ottenere prestiti in quantità illimitata dalla Bce. Devono perciò mettere ordine nei bilanci e raggiungere un livello di capitalizzazione adeguato per accedere ai mercati finanziari. I governi devono avviare un aggiustamento delle finanze pubbliche e ripristinare la sostenibilità del debito nel lungo periodo. Nel frattempo, la crisi del debito sovrano di alcuni paesi va gestita con interventi tempestivi di Efsf e Esm.

PROVE DI NUOVA GOVERNANCE EUROPEA

L’ultimo Consiglio Europeo potrebbe segnare una svolta importante nella riforma della governance economica europea, sebbene rimangano ancora rilevanti questioni da chiarire. Il nuovo Patto di stabilità richiederà un aggiustamento impegnativo all’Italia. Auspicabile una maggiore trasparenza sugli “altri fattori rilevanti” da considerare nel valutare il debito pubblico, coinvolgendo organismi tecnici indipendenti. Positiva l’estensione della vigilanza europea agli squilibri macroeconomici. Il futuro Esm avrà una governance politica e procedure onerose.

UN PATTO PER L’EURO E UNA SPERANZA PER L’EUROPA

Approvato venerdì scorso dai governi dell’Unione monetaria, il Patto per l’euro utilizza il metodo della co-operazione intergovernativa, con l’obiettivo di rafforzare la convergenza tra le economie dei paesi membri. Un salto più deciso verso il coordinamento e l’integrazione delle politiche economiche in Europa sarebbe auspicabile, ma non è attualmente realistico: dobbiamo quindi accontentarci di questo e sperare che funzioni. Deludenti le conclusioni del vertice sulla gestione del debito pubblico: qui manca ancora un disegno chiaro e lungimirante.

PROJECT BOND: MANEGGIARE CON CAUTELA

La Commissione europea vuole rivitalizzare i project bonds, titoli emessi sul mercato per finanziare grandi progetti infrastrutturali. Ciò avverrebbe trasferendo buona parte del rischio finanziario sui bilanci dell’Unione e della Bei, attraverso la concessione di garanzie e di prestiti subordinati. Pur animata da buone intenzioni, la proposta non chiarisce alcuni punti. A partire dalla scelta dei progetti da finanziare. L’esperienza insegna che è forte il rischio di usare denaro pubblico per sostenere investimenti di scarsa utilità collettiva e di alto impatto ambientale.

IL TIMORE DI TOCCARE IL FONDO

Il vertice dei ministri finanziari dell’euro area ha deluso le attese di chi proponeva una riforma dello european financial stability facility. Si continua così a rimandare la soluzione del problema del debito sovrano in Europa. Il rinvio costa caro agli stati, in termini di maggiori oneri per interessi; mantiene viva la minaccia di un attacco speculativo contro i paesi “periferici”; addossa un fardello sempre più pesante sulla Bce. Sarebbe perciò opportuno riformare lo Efsf, autorizzandolo ad acquistare titoli sovrani sul mercato secondario e riconoscendogli lo status di creditore senior rispetto ai creditori privati.

Quanto costa salvare le banche

Il caso irlandese mette in luce che il costo dei salvataggi bancari può diventare determinante nel valutare la tenuta dei conti pubblici di un paese. Bisogna quindi saperlo misurare e tenerne conto nel rapporto debito/Pil, anche ai fini del nuovo Patto di stabilità in Europa. Una misurazione a valori di mercato ci mostra che l’Irlanda è il paese europeo nel quale l’onere, implicito nella garanzia di bail out del sistema bancario, è di gran lunga maggiore. L’Italia è quello che sta meglio tra i “periferici”. Ma la Germania è il paese più solido in Europa.

 

Non sparate sui debitori

Punire i debitori, lasciandoli fallire, per ridurre le aspettative di salvataggi futuri può rivelarsi un’illusione. Anzi rischia di sortire l’effetto opposto. Chi credeva che condannando i banchieri di Lehman Brothers si sarebbe imposta maggiore disciplina sugli altri è rimasto deluso, perché la promessa implicita di salvataggio è aumentata. Al contrario, il salvataggio della Bear Stearns non ha portato a un aumento delle aspettative di bail-out. Bisogna tenere conto di questo quando si discute di Irlanda e altri paesi ad alto debito.

 

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