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L’euro, un imputato innocente

La bassa crescita dell’Italia è rinconducibile all’euro? Se guardiamo i dati, la risposta è no. Le difficoltà della nostra economia sono dovute ad altre e ben note ragioni. Ed è di questi temi che dovremmo discutere. L’euro non deve essere un tabù, ma neppure un comodo capro espiatorio.

IL PROBLEMA DELLA CRESCITA
Ancora una volta l’euro diventa argomento di discussione in Italia e alcuni hanno proposto di tenere un referendum sull’argomento. Parlare di euro senza pregiudizi è importante. Ma è un argomento davvero rilevante? Vale la pena discuterne?
Non affronto qui gli aspetti legali e istituzionali, come ad esempio il fatto che abbandonare l’euro significherebbe anche abbandonare l’Unione Europea perché il Trattato non consente a un paese membro di lasciare la moneta unica. Non è neppure necessario enumerare i vantaggi della moneta unica, che pure sono molti. La domanda che davvero preme ai cittadini è se e in che modo la bassa crescita in Italia sia rinconducibile all’euro. Vediamo i fatti.
È senz’altro vero che l’Italia non cresce, sia rispetto al suo passato che rispetto a un gruppo di riferimento, ad esempio il resto dell’area euro e gli altri paesi avanzati. La tavola qui sotto riporta alcuni numeri. Dal 1999 al 2012, la crescita del reddito pro capite in Italia è stata vicina a zero, contro circa l’1 per cento nel resto dell’Eurozona e negli altri paesi avanzati. Nel decennio precedente (1988-1998), la crescita era superiore in valore assoluto, ma sempre inferiore ai paesi di riferimento. Quindi i paesi dell’area euro, se escludiamo l’Italia, crescono come gli altri paesi avanzati, e l’Italia cresce meno degli altri sia prima, sia dopo l’introduzione dell’euro. Qual è la conclusione più logica? Che la mancanza di crescita riguarda l’Italia e che l’euro c’entra davvero poco. Se fosse colpa dell’euro, anche gli altri stati dell’area ne risentirebbero, invece come abbiamo visto si comportano da “normali” paesi avanzati.
A questo punto si potrebbe certamente argomentare che il gap di crescita con gli altri paesi avanzati si è ampliato da quando è stato introdotto l’euro. Anche se l’euro non sembra influenzare la crescita negli altri paesi, non potrebbe essere un problema per l’Italia in particolare? Nel valutare questa possibilità dobbiamo considerare il differenziale di crescita del reddito pro capite tra l’Italia e gli altri Paesi avanzati (dentro e fuori l’area euro). I dati per gli anni Settanta, Ottanta, Novanta e 2000-2012 dicono rispettivamente: +0,6, +0,1, -0,4, -0,8. In pratica, abbiamo perso mezzo punto relativamente agli altri ogni decennio, euro o non euro.
La conclusione non è molto diversa se guardiamo ai posti di lavoro creati (nella fattispecie la crescita dell’occupazione). Qui l’Italia ha fatto un po’ meglio, ed è in linea con gli altri paesi avanzati, un dato incoraggiante. Ma anche in questo caso l’euro non sembra fare alcuna differenza.
L’AUSTERITÀ FISCALE
Sono due le “accuse” che vengono generalmente mosse all’euro come capro espiatorio della bassa crescita. Primo, l’euro imporrebbe un grado eccessivo di austerità fiscale, riducendo in questo modo la domanda aggregata e aumentando la disoccupazione. Secondo, senza la possibilità di svalutare, a causa della moneta unica, le imprese italiane avrebbero perso competitività sui mercati internazionali. Di nuovo, cosa dicono i dati?
Quanto all’austerità fiscale, è certamente vero che, come viene evidenziato nella tavola, i paesi dell’area euro hanno sperimentato una politica fiscale più restrittiva sia prima della crisi, sia durante la stessa. Ad esempio, l’Italia ha fatto registrare un avanzo primario durante la crisi, mentre in media gli altri paesi avanzati hanno registrato forti disavanzi, che possono aver agito da stabilizzatori automatici. Anche se questo può in parte spiegare la maggiore contrazione del reddito in Italia durante la crisi (2008-2012) rispetto agli altri paesi, sarebbe sbagliato attribuirne la responsabilità all’euro e alle regole europee. La ragione è, purtroppo, un’altra: i paesi dell’area euro hanno un debito pubblico superiore, in rapporto al Pil, rispetto agli altri paesi avanzati e questo è particolarmente vero per l’Italia. Ciò conferisce ai paesi dell’area euro un minor margine di manovra per stabilizzare il ciclo. L’andamento relativo dell’avanzo primario è interamente spiegabile sulla base di questa differenza. (1)
L’ARMA SPUNTATA DELLA SVALUTAZIONE
Infine, la questione della competitività. Non era più facile svalutare? Contrariamente a quello che si pensa comunemente, la storia monetaria dell’Italia prima dell’euro non suggerisce una costante svalutazione competitiva. In realtà, nei trent’anni precedenti all’introduzione dell’euro l’Italia è stata in un sistema di cambi flessibili solo dal 1973 (dopo la fine del sistema di Bretton Woods nel 1971 e il cosiddetto “serpente” monetario dal 1971 al 1973) al 1979 (partecipazione al Sistema monetario europeo) e all’inizio degli anni Novanta, dopo l’uscita dallo Sme: meno di un terzo del periodo. L’Italia, una piccola economia aperta, difficilmente si troverebbe in un sistema di cambi completamente flessibili, anche se non fosse nell’euro.
Ma anche assumendo una teorica alternativa di cambio flessibile, quanto aiuterebbe la possibilità di svalutare? La svalutazione del cambio è uno strumento utile per recuperare competitività nel breve periodo, ma non nel lungo termine, e i problemi dell’Italia sono certamente di lungo termine. Il grafico mostra i dati del cambio effettivo, cioè “pesato” in base all’importanza dei nostri partner di import-export, sia nominale che reale, quest’ultimo ottenuto correggendo per il differenziale di inflazione tra l’Italia e i partner commerciali (nel grafico la misura di inflazione scelta è il costo del lavoro). Come sappiamo, è il cambio reale quello che veramente conta per la competitività. È istruttivo guardare all’esperienza degli anni Settanta e nei primi anni Novanta, quando la svalutazione della lira ha portato sì a un deprezzamento del cambio reale, ma solo temporaneamente. Se guardiamo a tutta la serie storica del cambio reale negli ultimi quarant’anni, l’impressione è quella di una sostanziale stabilità con fluttuazioni temporanee. L’impressione in tal senso è anche più netta se si considerano definizioni alternative del cambio reale, come quella basata sull’inflazione dei prezzi al consumo. Difficile quindi argomentare che i gravi problemi di crescita dell’Italia dipendano dal regime monetario. D’altra parte, la ricerca economica ha trovato molta difficoltà a identificare un legame chiaro tra regime di cambio e crescita. (2)
Per concludere, l’euro è solo una moneta; le vere ragioni della bassa crescita in Italia sono ben note, e hanno a che fare con l’elevato debito pubblico, la giustizia civile, l’efficienza dell’amministrazione pubblica, l’istruzione, e via dicendo. Ed è di questi temi che bisogna discutere. L’euro non deve essere un tabù, ma neppure un comodo diversivo.
Tavola. Dati macroeconomici per l’Italia e per Paesi di riferimento
1
Nota: I dati provengono dall’Ocse e dal Fondo monetario internazionale, World Economic Outlook. Il resto dell’area euro comprende i paesi che hanno adottato l’euro nel 1999 più la Grecia, esclusa l’Italia. Gli altri paesi avanzati sono Australia, Canada, Danimarca, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti. L’avanzo primario è la differenza tra spese ed entrate del settore pubblico, al netto del pagamento degli interessi sul debito.
Figura. Tassi di cambio effettivo nominale e reale in Italia
2
Fonti: Ocse, Banca per i regolamenti internazionali e Fondo monetario internazionale. Il cambio effettivo reale è ottenuto sulla base del costo del lavoro per unita’ di prodotto (Clup). Un aumento di entrambi gli indicatori segnala un apprezzamento.
(1) Si veda D. Ioannou e L. Stracca (2012): “Have EU and euro area economic governance worked? Just the facts”, ECB Working Paper No. 1344.
(2) Si veda M. Petreski (2009): “Exchange rate regime and economic growth: a review of the theoretical and empirical literature”, Economics Discussion Papers 2009/31.
 
 
 
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117 commenti

  1. Alessio Liquori

    Pezzo semplice, veritiero ed efficace. Grazie.

  2. donato spoltore

    Salve, premettendo che concordo sul fatto che la maggior parte dei problemi dell’Italia sono attribuibili a problemi interni (politica scellerata, sprechi enormi di soldi pubblici, ecc.) mi sembra però che qualche effetto negativo debba averlo avuto l’introduzione dell’euro se guardiamo al PIL pro capite a parità di potere di acquisto nei paesi europei (dati eurostat) in figura 1. Fatto 100 il PIL pro capite a PPA dell’europa a 27 si vede bene che gli italiani hanno perso molto potere di acquisto rispetto agli altri paesi, fatto che si vede ancora meglio facendo un confronto con un paese che non è entrato nell’euro in figura 2. Si vede bene qui che la caduta (drammatica) si è avuta subito dopo l’introduzione dell’euro (d’altronde la vox populi un fondamento ce l’ha sempre, quanti si sono lamentati con l’avvento dell’euro di una perdita drammatica di potere di acquisto?).
    Anche i dati riguardanti la bilancia commerciale vedono una situazione drammatica dopo l’introduzione dell’euro (figura 3 e 4), così come la produzione industriale (figura 5). In particolare la Germania sembra avvantaggiata, beneficiando della moneta comune per venderci i propri prodotti (eccellenti, per carità) che con il cambio marco-lira era molto meno conveniente acquistare. Lei dirà: è la concorrenza dei paesi europei, i tedeschi sono stati più bravi di noi. Ma allora a quale scopo è nata la UE? Per fare concorrenza tutti insieme alle economie USA, cinese, ecc. o per farci concorrenza interna? Nel secondo caso non era meglio stare per conto proprio e decidere autonomamente cosa fare, quando farla e come farla invece di farci massacrare da manovre recessive richieste dall’europa in un momento già drammatico dell’economia? Una unione di stati non dovrebbe essere fatta gradualmente su un periodo lungo con cessioni graduali di sovranità? La moneta non dovrebbe essere l’ultimo di questi passi?

  3. Fla

    Sorprendente come l’autore faccia finta di non vedere l’apprezzamento del tasso di cambio reale dal 1996 in poi, anno in cui l’Italia rientra nello Sme, con una rapida tendenza all’apprezzamento del 2001 in poi… strano inoltre come l’autore dimentichi come in un sistema di cambi fissi, un apprezzamento del tasso di cambio reale corrisponda ad una rivalutazione che, non potendo sfogarsi sulla moneta, incide sul prezzo dei beni, mandandoci fuori mercato. Così non fa la Germania, che da che mondo e mondo, pratica una politica mercantilista di contenimento dell’inflazione (via taglio tasse e deflazione) che rende i suoi prodotti via via meno costosi, chiudendoci i mercati di sbocco (la Germania è il nostro primo partner commerciale). Ora visto ciò, vista la scarsa domanda interna http://www.economiaepolitica.it/index.php/distribuzione-e-poverta/bassa-domanda-e-declino-italiano/#.UXfQ1EpsS4o dovuta proprio agli avanzi primari, vista la sopravvalutazione del cambio euro di circa il 10% http://www.economist.com/content/big-mac-index , visto che la produttività aumenta all’aumentare della domanda (sia interna che estera) via legge Kaldor-Verdoorn-Thirlwall, visto che l’avanzo primario è necessario per ripagare gli interessi sui titoli di Stato dato che Maastricht ha imposto la Banca Centrale indipendente, e che tutto ciò è dato dall’adesione all’UEM, vogliamo ancora credere che l’Euro non centri nulla e che la colpa sia del debito pubblico nonostante Reinhart & Rogoff siano stati sbeffeggiati in lungo ed in largo per aver truccato i loro conteggi?

  4. Marco

    Brevissima premessa: ogni volta che sostengo tesi simili a quelle dell’autore vengo additato come un eretico. Ringrazio l’autore per avermi fornito un supporto quantitativo, e ben argomentato, per confermare ciò che penso da tempo.
    Tuttavia, mi resta una domanda: che impatto il tasso di cambio lira/euro può aver avuto? Mi spiego meglio: quanto può essere fondata l’accusa secondo cui il tasso di cambio negoziato fosse così diverso dal tasso di cambio reale da comportare aggiustamenti strutturali automatici, dolorosi, e non modificabili dalle autorità competenti? Temo non ci sia letteratura in materia. Grazie

  5. Umberto D.

    Perfettamente d’accordo che “l’Euro non deve essere un tabù, ma neppure un comodo diversivo”. Un pò meno nel dare così per scontato che “no Euro, no UE”; se non sbaglio c’è dibattito tra i giuristi sull’argomento. Comunque il fatto che i trattati non prevedano meccanismi per l’abbandono della moneta unica, ma solo dell’unione, mi sembra abbastanza inevitabile, dato che in genere tali decisioni vengono prese da uno Stato sovrano unilateralmente ed in modo più o meno clandestino, magari sfruttando (tipo Cipro) un lungo ponte di chiusura delle banche…
    Ma forse è più interessante concentrarsi sull’analisi economica del professore “euro mantenuto”, in particolare:
    – i dati sulla crescita del PIL pro capite non sembrano scagionare così chiaramente l’imputato Euro. Dando per assodato che ci sono varie cause del declino del reddito italico, mi sembra che, da una parte, il +0.6 di differenziale a nostro favore negli anni ’70 – per la maggior parte in un regime di cambio flessibile, con il quale la nostra “piccola economia aperta” sembra si sia “trovata”- e, dall’altra, il passaggio da un differenziale percentuale (che è più chiaro) rispetto agli altri paesi dell’Euro del -27% nel periodo senza Euro (’89-’98), ad uno del -87% nel periodo con Euro (1999-2012) , non credo siano due prove di innocenza…
    – anche nel grafico che dovrebbe confermare l’inutilità della svalutazione – bada bene, nel lungo…-, mi sembra che il dato della “sostanziale stabilità” del cambio effettivo reale sia da prendere con cautela; che cosa succede tra il ’92 e il ’95, sbaglio o ad occhio è un -30%, e dal ’95 in poi la tendenza alla crescita del tasso mi sembra abbastanza chiara, ma forse mi manca un PhD in Economics.
    Infine dovremmo discutere, con argomentazioni più approfondite del paragrafetto centrale dedicato all’austerity, anche dell’efficacia delle politiche fiscali restrittive, imposte ai paesi “periferici” dell’eurozona, per ridurre il debito pubblico in un periodo di recessione economica; misure imposte per decisione politica dei paesi “core” dell’eurozona ed implementata con zelo dagli euroburocrati: forse i colleghi del professore che lavorano alla BoE o alla BoJ non sarebbero stati così convinti.

  6. Stefano

    da profano condivido e apprezzo il commento di Fla!!! Mi sembra abbia centrato molto bene il punto! Ciò non toglie le enormi responsabilità della nostra classe dirigente (con una battuta oserei dire “digerente”) e che vada enormente ridotta e riformata! Ho l’impressione, però, che alla fine, pagheranno sempre gli stessi…

  7. L’autore scrive:”Non è neppure necessario enumerare i vantaggi della moneta unica, che pure sono molti.” Me ne dica uno, per cortesia. Grazie.

    • Enrico Fasani

      bassi tassi d’interesse

      • I tassi sono scesi ovunque anche fuori dall’euro.

      • matteo_pe

        Più lo spread. Ops

      • Falso. Stavano già scendendo prima dell’ingresso nell’Euro e nello stesso periodo sono scesi anche in paesi come il Regno Unito e Danimarca.. Quindi?

        • Enrico Fasani

          è continuato a scendere. comunque, l’ Euro è un mezzo. il fine è l’ unione politica

          • ti sembra che l’euro abbia reso il fine più vicino di prima?

          • Enrico Fasani

            Credo propro di si: al momento si parla di unione fiscal, bancaria ed infine politica come mai prima d’ ora. E credo che la Merkel spingerà in questa direzione con decisione, dovesse vincere a settembre

          • Tu credi che i tedeschi saranno disposti a rinunciare a un 10% del loro PIL nazionale all’anno (queste le stime) per trasferirli in Italia e Grecia?

          • Enrico Fasani

            Si, assolutamente. In cambio di (ovviamente) regole chiare e meccanismi di gestione ben defi.iti di uno stato federale europeo, i tedeschi saranno disponibili. Perchê a differenza nostra, sanno cosa sia meglio per loro… E sono disposti ad affrontarne gli inevitabili costi ( altra enorme differenza con noi )

          • nextville

            L’unione di trasferimento è concetto diverso.

          • nextville

            Forse nessuno in Italia ha letto l’intervista di Schauble del giugno scorso. Qui è tradotta in italiano: https://europeancentralbank.wordpress.com/2012/06/25/der-spiegel-intervista-a-schauble/

          • ventura89

            unione politica che ogni qual volta è stata sottoposta a referendum è stata sempre bocciata ma che sopratutto nessuno voterà mai nel nord europa. Anche fossero veri i vantaggi ( per chi? )dell’ euro si va a sbattere con questa realtà. Gli “stati uniti d’ europa” sono solo fuffa che alcuni membri della classe politica usano per abbindolare i propri elettori e fargli credere che l’ euro è stata una buona cosa. Sta storiella però non mi sembra funzioni tanto, visto che, ahinoi, la sinistra in italia è a pezzi e lontano dal riprendersi ( visto che per farlo dovrebbe fare autocritica proprio a cominciare dalla loro adesione all ‘ euro )

          • Nando

            Il primo caso nella storia di unione politica procurata a mezzo moneta comune. Nemmeno l’Impero Romano, e doveva toccare a noi fortunati.

          • Enrico Fasani

            La storia va avanti anche in modi nuovi e mai sperimentati prima. Data la posta in palio, direi che vale la pena farlo…

        • Enrico Fasani

          Tasso medio sui titoli di stato nel 1998: 4,64 %
          nel 2011: 3,61%
          (fonte: dipartimento del Tesoro)

        • Da noi devi considerare il debito che abbiano in groppa, in un paese a bassa crescita. Tutto questo in condizioni normali incide sul premio al rischio. Ma nella prima fase dell’unione non lo abbiamo pagato: avamo tassi vicinissimi a quelli tedeschi solo per il fatto di avere la stessa moneta

      • francesco.saraceno

        Tassi di interesse scendevano già prima dell’ Euro ed a livello golbale. Arrendetevi: non esiste un vantaggio portato dall’Euro (precisiamo : all’Italia, perchè se invece si intendesse la Germania la cosa cambia parecchio)

        • Enrico Fasani

          Sono singolo, non un gruppo, ed esprimo idee mie. La storia dell’ economia italiana è evidente: I tassi e l’ inflazione sono scesi solo quando abbiamo operato per legarci all’ Europa (prima con lo SME poi con l’ EUro). Che questo abbia un costo è evidente. Ma che abbia degli enormi vantaggi (economici, ma soprattutto politici, se arriveremo agli USE) altrettanto

          • francesco.saraceno

            Ma assolutamente no ! I tassi sono schizzati al 18% prima della uscita dallo SME e poi DOPO sono scesi. Poi che i tassi scesero nel 94 perchè nel 99 si serebbe entrati nell’Euro ognuno è libero di crederlo, ma i tassi scesero per tutti e ovunque…. Non c’e’ relazione.

          • Enrico Fasani

            Se parti dagli anni ’70, la conclusione è diversa. Per me la correlazione c’è.

          • francesco.saraceno

            Ma assolutamente no (2). I tassi iniziarono a salire dal 1981 cioe’ con il divorzio tra Banca di Italia e Ministero del Tesoro. La correlazione non c’e’.

          • Enrico Fasani

            Lo SME viene fondato nel 1979. Il divorzio da Banca d’Italia ne é la conseguenza. La correlazione c’ è. Forse è il caso che la finiamo qui, tanto questa discussione non porta a nulla, e non è neanche utile a spiegare il punto fondamentale per me. per me l’ euro è fondamentale per arrivare all’ unione politica. Basta anche solo questo a giustificarne l’ adozione ed il mantenimento.

          • piero

            L’euro ha provocato una guerra tra gli stati e vi sarà l’allontanamento dell’Europa politica, l’Europa rimarrà un semplice contratto tra stati.

          • Enrico Fasani

            Assolutamente no. L’ Euro porterà obbligatoriamente all’ unione politica. O almeno questo è nell’intenzione di chi lo ha fondato. Vedremo

          • Piero

            Le intenzioni non interessano a nessuno io ho solo constatato i fatti, i vincoli europei imposti per l’euro senza solidarietà tra gli stati allontana il percorso politico di Unione, ricordo che anche la costituzione europea fu bocciata e si dovette ricorrere al trattato di Lisbona; l’unione monetaria doveva essere contestuale a quella politica, se qui i non si vuole quella politica inutile mettere la camicia di forza agli stati, ciò ha provocato in itala oltre 100 suicidi per motivi economici, vale più la moneta che a vita umana?

          • Quanti suicidi avrebbe provocato la Crisi finanziaria seguita al fallimento Lehman Bros in Italia senza euro? Dovresti dare alcune dimostrazioni più stringenti per comparare vite umane e moneta, sai ….

          • Piero

            Mai suicidi in passato, la svalutazione della moneta ha salvato le vite umane; la vigilanza bancaria chiuderà il cappio al collo dell’Italia; i nostri politici hanno venduto l’Italia alla Germania per il proprio tornaconto.
            Vedi la difesa di Prodi della Germania nel video che circola in rete (intervista della tv greca a Prodi), oggi solo un accordo Letta/Holland contro la Merkel può salvarci dal cappio al collo che ci siamo messi da soli con l’euro.

          • Enrico Fasani

            Messaggio pieno di opinion. nulla di oggettivo. Per cui, vale quanto quello che dico io. Staremo a vedere

          • Finora ha prodotto un rafforzamento dei legami finaziari dentro alla zona euro e sta per partire la vigilanza unica. Ovviamente quando i legami si stringono ci sono anche frizioni, ma la realtà è che l’europa sta rafforzando la sua governance

          • 503

            Ma asolutamente no (2). I tassi iniziarono a salire dal 1981 cioè dopo il divorzio tra Banca di Italia e Ministero del Tesoro. La correlazione non c’e’.

          • Riguardo alla fallacia della tesi secondo cui i tassi scendevano perchè “si vedeva” che ci sarebbe stato l’euro invito a leggere un interessante post di Claudio Borchi intitolato “il trionfo del sevedevismo”.

    • Enrico Fasani

      bassa inflazione. Abbiamo evitato anche le svalutazioni periodiche della lira (che per gli stipendiati non erano un gran divertimento)

      • Gli stipendi reali (al netto dell’inflazione) con l’euro sono stagnanti mentre nel periodo delle “svalutazioni” e dell’inflazione alta erano in crescita.

        • Enrico Fasani

          Gli stipendi reali negli anni ’70 non erano in crescita, anzi. Comunque se mi citi i dati da cui hai tratto questa conclusione sarò ben felice di leggerli per rivedere la mia affermazione.

    • giulioPolemico

      Per esempio, elevato potere d’acquisto rispetto ai prodotti petroliferi. Tant’è che quando qualche anno fa l’euro era molto forte rispetto al dollaro (1,54) alcuni membri dell’OPEC avevano chiesto di commerciare il greggio in euro, e non più in dollari, perché nell’area euro, essendo l’euro molto forte, loro non riuscivano a guadagnare come avrebbero voluto. Ora questo vantaggio per i Paesi dell’euro è meno elevato, ma permane e ad avvantaggiarsene è soprattutto l’Italia, che mancando di ferrovie (non funzionano) ha affidato il trasporto di qualunque merce all’autotrazione. Con una ipotetica nuova lira, valuta debole in quanto espressione di economia e finanza nazionali deboli (per non dire al dissesto), i carburanti raggiungerebbero prezzi impossibili, e con essi tutte le merci. Da notare che la robustezza dell’euro è stata garantita soprattutto dalla solidità dell’economia e della finanza tedesche. Per cui la Germania, oggetto di campagne diffamatorie da parte dei Paesi meridionali corrotti e colpevoli, è invece proprio quella che garantisce che l’euro abbia potere d’acquisto ancora elevato, cosa da cui noi stessi traiamo tuttora vantaggio.
      Se poi mi si dice che la costruzione dell’euro va migliorata, non posso che concordare.

      • Andrea

        penso che il vero vantaggio dell’Euro sia quello di mitigare i tassi di interesse sul nostro enorme debito pubblico (e ovviamente anche a mutui a famiglie e crediti alle imprese). per quanto riguarda le importazioni invece mi sembra che non ci siano reali vantaggi. L’Italia è un paese a bilancia commerciale in pareggio (non come Grecia o Spagna o Portogallo) e quindi maggiori costi di prodotti importati sarebbero più che compensati da maggiori esportazioni (come era negli anni 90). Per quanto riguarda la benzina, non raggiungerebbe prezzi stratosferici, aumenterebbe di circa un 10-12%. L’inflazione si calcola sul greggio, che rappresenta circa il 30% dei prezzi finali alla pompa. Una svalutazione del 30-40% significherebbe aumenti del 9%-12%.

        • giulioPolemico

          Non ho la competenza per valutare la questione dei tassi di interesse, ma presumo che rispetto ad essi una moneta forte e stabile non possa che dare ripercussioni positive.
          Poiché i beni materiali di ogni genere sono trasportati via autotrazione, il beneficio di un euro forte nell’acquisto di carburante per trasporto merci si ripercuote in quasi ogni campo (tranne che per i beni immateriali, tipo sw via internet, ma lasciamo perdere). Il fatto che quasi ogni settore merceologico ne tragga beneficio, secondo me è molto importante.
          Tenga presente che non è affatto vero che i benefici di un euro forte rilevano solo per il costo della materia prima da cui è tratto il carburante, perché, semplificando ma non distorcendo, le accise sono proporzionali, a meno di una costante moltiplicativa reale, al valore del greggio. Detto X il prezzo del greggio, se ho valuta forte (l’euro) che mi protegge abbastanza dalle variazioni positive di X, la protezione si estenderà anche alle variazioni delle associate accise, poiché esse sono k*X, dove k è solo una costante moltiplicativa reale. Se l’euro, in quanto più forte del dollaro, mi da vantaggi su X (costo del greggio) e sulle sue variazioni, me li da anche su k*X (accise), perché k è solo una costante reale.
          Chiaro che se il governo di turno ogni mese decuplica le accise, allora subentrano altri fattori. Ma in tal caso il discorso si sposta dal campo valutario al campo tributario.

        • giulioPolemico

          Probabilmente lei è giovane, ma chi ha qualche anno in più si ricorda il primo shock petrolifero, in occasione della guerra del 1974. In quell’occasione la moneta nazionale non ci fu di alcuna protezione: la parola austerity venne coniata in quegli anni. E così pure le domeniche in bicicletta, i limiti di velocità più stringenti, le multe elevate per chi veniva sorpreso a circolare in auto, ecc. Quindi, acquistare prodotti petroliferi con la vecchia lira, moneta debole, non era poi così conveniente.
          Oggi, con un euro ancora relativamente forte, quindi con un potere d’acquisto ancora abbastanza elevato, le ripercussioni sarebbero minori, perché se gli arabi aumentassero a dismisura il prezzo del greggio, rischierebbero di non riuscire a venderlo e di rimanere senza entrate per i loro Stati, mentre noi con un euro forte saremmo ancora abbastanza in condizioni di comprarne, sia pur con dei sacrifici. Quindi oggi sarebbero gli arabi a dover cedere per primi, cosa che non avvenne nel 1974, proprio perché la lira, al contrario dell’euro, aveva scarso potere d’acquisto rispetto ai prodotti petroliferi (e fummo invece noi a cedere, con tutte le misure sull’austerity, il peggioramento dell’inflazione, ecc.). Quindi, almeno per l’acquisto di prodotti petroliferi, avere una moneta forte (l’euro) ci serve eccome.
          Riguardo al link da lei citato nella risposta a me, e al relativo sito, a cui lei ricorre anche in altre risposte ad altre persone, io personalmente trovo più ragionevole e sensata una profezia di Mago Otelma.

      • Nando

        Vien da chiedersi come si faceva prima del 1999 a spedire le merci, coi carburanti a “prezzi impossibili”. Forse allora i treni funzionavano e si sono rotti tutti alla mezzanotte del 31 dicembre, chissà. Ma lo sa, signor Polemico, qual è la quota materia prima nel prezzo dei carburanti? Se non lo sa, s’informi. E poi ne trovi magari un’altra, che questa è vecchia e non fa più ridere nessuno.

    • Maurizio Cocucci

      500 miliardi di euro (per stare bassi, altri stimano 700mld) risparmiati grazie alla riduzione dei tassi di interesse sullo stock di debito pubblico. Maggiore competitività per le imprese nel finanziarsi a tassi più bassi. Negli anni pre-euro le aziende dovevano pagare interessi ben più elevati. Basti pensare che oggi le aziende italiane lamentano uno spread del 3% rispetto alle imprese tedesche, figuriamoci se fossimo rimasti con la lira! Stesso discorso per i mutui.

      • 1) Altri stimano cifre decisamente più basse visto che i tassi di interesse erano in caduta in tutto il mondo
        2) Il cambio bloccato non è un “pasto gratis”: se prima ti finanziavano di meno per via del cambio significa che sapevano che per una serie di motivi il cambio sarebbe potuto viariare in senso svantaggioso, e uno di questi motivi è il differenziale di inflazione strutturale tra italia e Germania (ma anche Francia). Se tu blocchi artificialmente il cambio l’inflazione non si adegua (il differenziale è strutturale) e si accumula provocando una perdita progressiva di competitività delle aziende che comporta alla lunga aumento dei debiti esteri e fallimento.

        • Maurizio Cocucci

          Sulla prima parte trova la risposta al commento precedente. Sulla seconda parte concordo parzialmente, nel senso che noi eravamo ben consapevoli che entrando a far parte di un’unica moneta avremmo dovuto adottare misure strutturali tese a contenere l’inflazione, ma non l’abbiamo fatto! Sulla perdita di competitività non sarei così convinto che ciò derivi dall’euro o dall’aumento dei prezzi, ma forse dal fatto che il costo del lavoro per unità di prodotto sia salito in quanto le imprese poco interesse hanno mostrato nell’incrementare la produttività e soprattutto nella ricerca tecnologica. Da una ricerca Eurostat (Science, technology and innovation in Europe – 2013 edition) le imprese italiane sono indietro e di non poco quanto a tasso di rinnovamento e investimento tecnologico rispetto ad esempio a quelle tedesche. In ogni caso l’export italiano ha continuato a crescere e la bilancia commerciale è migliorata nonostante la crisi, segno che l’euro non è quindi questo ostacolo che molti vorrebbero far intendere. Le imprese italiane soffrono la crisi da domanda interna e questo deriva da questioni endogene, non dalla valuta.

        • Maurizio Cocucci

          Venendo alla stima del risparmio ottenuto grazie all’euro basta prendere dall’Istat i dati del PIL a prezzi di mercato dal 1999 al 2012 e quelli del debito pubblico sul PIL. Ebbene il PIL in quei 14 anni (1999-2012) è stato in media pari a circa 1.400mld di euro. Il debito pubblico nello stesso periodo è stato in media del 110% sul PIL e ipotizzando quindi un risparmio anche solo del 2% in termini di spread (si vedano a titolo di esempio i dati che ho riportato nella replica al precedente commento), grazie appunto al fatto di aver adottato l’euro (negli anni della lira il valore era decisamente superiore), si arriva a determinare un importo di circa 430mld di euro nell’arco di 14 anni, non distante quindi dai 500mld ipotizato da chi ha fatto i conti più approfonditamente.

          • Piero

            I tassi più alti vengono compensati dall’inflazione, se avevamo ancora la lira, oggi il Pil era arrivato a 2500 miliardi; non i può fare il ragionamento in questo modo semplicistico, si è vero che nei primi anni possiamo avere avuto dei antagi ma non sono misurabili in quel modo. Tali vantaggi sono sicuramente stati annullati dalla politica monetaria tedesca, i paesi euro dovevano competere con i paesi extra Eu, invece la Francia ha colto la pala al balzo per fare crescere le esportazione intra Eu.

          • ho già scritto a dovere nel link. Con moneta lira sovrana un tasso di interesse alto è un problema solo sociale, ovvero di distribuzione delle risorse pubbliche (che spesso erano finanziamento delle famiglie italiane…). Oggi invece occorre imporre politiche di austerità: a te piacciono, a me no. Cmq tutti i conti sono sballati e insensati, non ha senso risparmiare per abbattere un indice astratto debito/pil che non può essere l’obiettivo principale di uno stato

        • Maurizio Cocucci

          Da una parte c’è stata sì una riduzione generale dei tassi di interesse, ma dall’altra noi abbiamo ottenuto un bonus proprio grazie all’adozione dell’euro e questo è facilmente verificabile da parte di chiunque voglia informarsi senza preconcetti. Nel 1991 gli USA pagavano in media (ponderata) l’8,2% per i titoli decennali (fonte Ministero Tesoro USA) mentre l’Italia il 13,10% (fonte Dip.Tesoro Italiano). La Germania, sempre quell’anno e per titoli di pari durata, pagava l’8,5%, la Francia il 9,2%, la GB il 10,2%. Nel 1996 i tassi sul decennale per i Paesi presi qui a riferimento sono rispettivamente: USA 6,6%; Italia 9,37%; Germania 6,3%; Francia 6,4%; GB 7,9%. Nel 2007 (pre-crisi) abbiamo invece rispettivamente questi dati: USA 4,8%; Italia 4,41%; Germania 4,3%; Francia 4,4%; GB 5,1%. Lascio a voi riepilogare i dati, magari in una tabella, e confrontare i vari spread verificando così che se da una parte i tassi di interesse siano scesi dagli anni ’90 ad oggi, è anche vero che si è praticamente annullato lo spread tra i nostri titoli e quelli degli altri Stati. La crisi finanziaria poi sopraggiunta nel 2008 e la preoccupazione per una dissoluzione dell’euro hanno scombussolato i tassi di interesse, facendo scendere quelli dei Paesi più solidi (es.Germania) e salire quelli dei Paesi più a rischio (es.Italia e Spagna).

          • Se anche fosse il blocco del cambio nominale ha comunque provocato un disallineamento del tasso di cambio reale (vedi grafici sopra) che ha mantenuto il paese in deficit strutturale delle partite correnti, che sono tanti soldi in uscita verso l’estero, abbastanza soldi da compensare il vantaggio eventuale sulla spesa per interessi.

      • Daniele Campana

        Peccato che i nostri prodotti non li vuole più nessuno perchè costano troppo. http://goofynomics.blogspot.it/2012/10/istruzioni-per-luso-20.html

  8. Enrico Fasani

    l’ Ue è nata per evitare di sparaci in bocca reciprocamente, simpatico abitudine che abbiamo mantenuto per 2 millenni… 😉 Concord ocon l’autore: l’ euro è uno strumento, l’ importante è il fine. Crearlo prima doveva servire ad accelerare l’ unione politica. Speriam oche ora ci si riesca…

    • Piero

      Ci si può riuscire solo con una politica monetaria accomodante della Bce.

  9. Tommaso Granozzi

    il lavoro del Dr. stracca entra nel merito della questione e ne chirisce alcuni aspetti.
    Coinciso ed efficace

  10. serlio

    il potere d’acquisto degli italiani è di fatto dimezzato dall’entrata in vigore dell’euro. peccato che vi siano ancora persone che lo neghino.
    basterebbero i titoli dei giornali sui poveri pensionati a 500 euro/mese, che prima con 1 milione campavano, per capire come stanno le cose. l’euro in poche parole ha portato con sè un’ondata inflazionistica tremenda che solo coloro che ne hanno tratto benefici o ne hanno la responsabilità politica la negano.
    il resto sono bei discorsi, ma privi di riscontro con la realtà. coloro che giustificano l’euro (e personalmente ne ero un ignaro fautore) lo fanno in base a vantaggi del tutto indimostrabili ed evitano, lo ripeto, di prendere atto della dura realtà.

    • Mattia Guidi

      Bisogna dimostrare che senza euro non avremmo avuto inflazione. Nei 12 anni prima dell’euro in Italia si è registrata un’inflazione media del 4,3% vuoi che ti faccia il calcolo o ti fidi se dico che negli ultimi 12 anni è stata decisamente più bassa? Circa la metà. Alla faccia dell’ondata inflazionistica.

    • giulioPolemico

      Be’, no, attenzione. Qui bisogna diradare la spettacolare ignoranza: l’ondata inflazionistica si è avuta soprattutto in una notte, quella del passaggio da lira a euro, perché il governo all’epoca in carica (Berlusconi) per farsi votare dai commercianti gli aveva lasciato fare quello che volevano e il giorno dopo, una pizza che 24 ore prima costava 9000 lire, era diventata da 8 euro (la conversione ufficiale da lire ad euro era 1936,25). Ma negli altri Stati in cui l’euro in quella notte era entrato in vigore i governi avevano subito avvertito i commercianti di non fare i furbi. In Italia Berlusconi, per comprarsi i voti dei commercianti, aveva lasciato fare. Da qui l’aumento spaventoso dei prezzi, in una sola notte.
      Riguardo all’aumento delle tasse, ecc., questa è una conseguenza del dissesto creato da corruzione, sprechi, mafia, fannullonismo nella Pubblica amministrazione, ecc., ma sono problemi legati alla disonestà degli italiani, e l’euro non c’entra.
      Perché questo peggioramento è avvenuto con l’euro e non ai tempi della lira? Perché per un po’ il sistema ha retto, e a un certo punto non ha retto più. Un po’ come comprare a credito in un negozio: per un po’ te lo lasciano fare, poi a un certo punto ti chiedono di saldare tutto il conto. Ma l’euro non c’entra. Se poi mi si dice che bisogna migliorare i meccanismi dell’euro, non posso che essere d’accordo perché ogni cosa è migliorabile, ogni cosa è perfettibile.

  11. giulioPolemico

    Ma allora a quale scopo è nata la UE? Per fare concorrenza tutti
    insieme alle economie USA, cinese, ecc. o per farci concorrenza interna?
    L’obiezione è valida, nel senso che mi sembra nata non da preconcetti infantili (“torniamo alla lira, perché quando c’era la lira eravamo più ricchi”. Sì, ma era una ricchezza apparente, creata a debito (pubblico) le cui ripercussioni arrivano adesso).
    Però secondo me, occorre dire una cosa che nessuno dice, e tanto meno gli organi d’informazione di confindustria, nella loro campagna antitedesca (siccome sanno che le aziende italiane non possono certo competere con quelle tedesche): non è la Germania che ha fatto concorrenza interna sleale a noi, è stata l’Italia che ha commesso interminabili errori. I BTP italiani fino al 1996 erano apprezzati come i bund tedeschi: sono state mafia, corruzione, sprechi a far precipitare la finanza e l’economia italiane, e di conseguenza i BTP; da cui l’andamento del ben noto spread. Per dire che non è che la Germania complotta contro l’Italia. È l’Italia che si è rovinata da sola. Però gli italiani devono sempre dare la colpa agli altri, delle proprie follie.

    • Piero

      Prima dell’euro le imprese italiane esportavano in Erminia, avevamo un surplus della bilancia di pagamenti, oggi abbiamo un deficit con l’euro, penso che qualcuno dovrà riflettere.

      • nextville

        Prima dell’euro non era ancora in atto in modo forte il processo di globalizzazione e delocalizzazione. Questo ha cambiato il mondo, come faceva notare qualcuno qui sopra. Per cui tutti i confronti che non tengono conto di questo, dimenticano la variabile più pesante.

        • Piero

          Dopo che siamo tutti morti, naturalmente e’ difficile fare un integrazione politica, a meno che l’Italia diventi una regione della Germania. La Germania ha perso la guerra militare oggi vogliono vincere quella economica, comperando si i nostri politici.

  12. Euro_buster

    Articolo assolutamente pieno di punti deboli. 1) debito pubblico => bassa crescita perché non si può utilizzare lo stabilizzatore automatico. Allora sono sbagliate le regole di Maastricht? Tanto più che, a giudicare dai nuovi dati messi a disposizione dai 3 ricercatori di Amherst University che hanno smascherato i flaws di Rogoff-Reinheart non è affatto così.
    svalutazione reale germanica colpisce tutti e non solo l’Italia. Non viene fatto cenno al problema del debito privato e non di quello pubblico finanziato dal segnale sbagliato di tassi d’interesse bassi fino al 2007-2008 e dalla fine del rischio di cambio. Insomma, il cambio fisso determina per sua natura rischi di azzardo morale terribili che l’autore è a conoscenza. Capisco che c’è un forte conflitto d’interesse vista l’affiliazione.

  13. Andrea

    l’Euro può essere un vantaggio per tutti, ma per farlo funzionare serve un Europa politica vera. Dato che le monete nazionali non esistono e non fluttuano più servono meccanismi per compensare le bilance dei pagamenti. Eurobond e maggiori poteri alla BCE di intervenire con manovre espansive (sul modello Fed o recentemente BoJ) potrebbero essere una prima soluzione

    • Piero

      Finalmente un commento giusto, non vi può essere una moneta senza uno stato e uno stato senza una moneta che può gestire.

  14. Giorgio

    Nella figura, il tasso di cambio reale effettivo passa dal 70 del 1995 al circa 120 del 2012, una rivalutazione del 71%, un valore maggiore del picco del 1992. E questo non sarebbe un problema? Va bene che il vino è sempre buono per l’oste, ma qui l’oste cerca di venderci l’aceto. Le analisi economiche che dimostrano come l’euro ha danneggiato l’Italia sono più serie. Ma basterebbe chiedere a Schauble, ormai i tedeschi ce lo dicono in faccia a cosa serve l’euro http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-04-23/schauble-macche-generosita-difendiamo-175633.shtml?uuid=AbTGTvpH

  15. L’euro è stato in Italia, un tabù. E le conseguenze dei diktat di Bruxelles, presi supinamente da una classe politica che ha sostanzialmente avvallato patti scellerati come il fiscal compact e il MES, che ci obbligherà a versare 70 miliardi di euro all’anno per vent’anni sono sotto agli occhi di tutti.
    Il debito pubblico italiano è sì un problema ma è sostenibile come dice il working paper della BCE (no.574 del gennaio 2006).
    E se lo dicono loro….
    Vogliamo cortesemente iniziare un dibattito serio in Italia sulla sostenibilità dell’Euro?
    La gente è stanca, e si sta informando, e tra un po’ ne saprà molto più della politica, e quando questo succederà, si ricorderanno delle favole che gli sono state raccontate.

    • Maurizio Cocucci

      Condivido l’invito a iniziare un dibattito serio sull’euro ma vorrei aggiungere anche sul Fiscal Compact, che non obbliga assolutamente a versare un importo quale quello che ha citato (a chi poi dovrebbe essere versato?). Il Fiscal Compact prevede che i Paesi aderenti rientrino nell’arco di 20 anni al rapporto del 60% del valore debito pubblico sul PIL, che è diverso dal dire che bisogna pagare una data somma (annuale o complessiva). Intanto occorre scontare l’incremento del PIL, se fatalmente crescessimo del 3,5% all’anno, lasciando inalterata la spesa pubblica in termini assoluti, raggiungeremmo tale obiettivo senza dover operare alcuna manovra. Dato che questa ipotesi è difficilmente irrealizzabile occorre quindi operare sulla spesa pubblica e sull’evasione. Se facessimo una analisi obiettiva sugli sprechi, sui costi derivanti dalla corruzione e quelli dalla eccessiva burocrazia e aggiungessimo un recupero di entrate derivante dalla lotta all’evasione fiscale, non credo eccessivo ipotizzare una disponibilità di almeno 100mld di euro all’anno per lo Stato. Questa disponibilità potrebbe essere utilizzata in parte per ridurre lo stock di debito pubblico, e da questa riduzione ottenere una conseguente spesa inferiore per interessi, e un’altra parte per ridurre la pressione fiscale magari anche equilibrandola, dando così maggiore respiro a famiglie e imprese e incrementando i consumi. Maggiore domanda significa maggiore ricchezza prodotta e quindi crescita, maggiore crescita equivale a minore spesa pubblica per politiche sociali.

      • Piero

        Il fiscal dice ogni anno si deve rientrare del l’importo disio venti, fanno 40 mld annui per l’Italia; ciò in presenza di una diminuzione di Pil; gli sprechi, si parla di 5/6 miliardi annui; non c’è va d’uscita il debito si deve pagare solo con l’inflazione.

        • Maurizio Cocucci

          Corte dei Conti: 60mld di euro costa al Paese la corruzione e 120-130mld di euro l’evasione fiscale. Fanno 180-190mld di euro, diciamo che sono dati magari un po’ sovrastimati? Facciamo la metà e ci aggiungiamo i 5-6mld che lei assegna agli sprechi ed ecco che si recuperano i 100mld che ho citato.
          La via dell’inflazione è una ipotesi del tutto accademica perchè due terzi dei Paesi dell’area euro non l’accetterebbe mai. Non dimentichiamo che il Fiscal Compact è un prodotto dell’asse Parigi-Berlino, non diamo quindi ai tedeschi tutto il ‘merito’.

          • Piero

            La storiella dell’evasione e della corruzione e falsa, non puoi spendenti i soldi prima di incassarli, prima stana gli evasori e i corrotti poi spendi i loro soldi a livello governativo; gli evasori e i corrotti vi sono in tutti gli stati; l’evasione IVA denunciata dalla Merkel, calcolata in base al gettito iva confrontato con il loro proporzionato al Pil, deriva dalla forte evasione fra i due stati, dovuta al salto dell’Iva perché si è ancora nel regime transitorio; perché non si passa al regime definitivo dove l’iva e’ assolta nel paese di origine come prevede la direttiva, chi non vuole questo regime? La Germania, in tale modo avrebbe un crollo delle esportazioni tra i paesi euro.
            Tutti siamo favorevoli alla lotta all’evasione e alla corruzione ad una migliore qualità della spesa pubblica, alla i minuziose dei costi della politica, alla diminuzione delle tasse ma dobbiamo confrontarci con la realtà il pesante fardello del debito pubblico di tutti i paesi europei, anche della Germania non potrà mai essere pagato con a moneta buona e in particolare per l’Italia che ha un debito pubblico oltre il 120% mai potrà pagarlo con la politica di bilancio; se si vuole affermare il contrario si deve fare un business plain finanziario statale, già dopo un mese non riportano più le previsioni, Marco dice che si possono recuperare 100 mld all’anno, va bene facciamo lo sono 9 mld al mese, facciamo leggi più severe per la corruzione e l’evasione, lo abbiamo sito nel passato non portano nulla, per l’evasione internazionále si deve fare squadra con tutti gli stati, per la corruzione già è’ colpita cosa altro i deve fare?
            Ciò considerato come si esce, con la politica monetaria, quando li stati hanno speso di più di quello che avevano devono stampare la moneta.

      • schnauzi

        Bellissimo pero’ finora si ha avuto solo compressione salariale, mancanza di investimenti, disoccupazione e tagli dei servizi sociali. Perche’ e’ piu’ facile. In più lei stesso riconosce che una crescita dell’economia con l’euro e’ molto difficile per cui a me il risultato finale non sembra dei migliori.

  16. Certo che l’euro in quanto tale non può essere considerato capro espiatorio in senso assoluto ma le sue colpe sono evidenti. L’evidenza sta nel fatto che è nato male e crescendo si sviluppato sempre peggio. Il discorso è complesso naturalmente e ‘articolo è ottimo per un’analisi serena, almeno spero.

  17. Piero

    Leggendo i commenti, vedo un movimeno pro euro finalizzato all’unione politica, ok, a ria si doveva fare l’unione politica e poi adottare la moneta unica, fare il contrario a mio avviso significa allontanare l’unione politica ma concentrare il potere economico sui paesi nordici e i paesi meridionali diventano delle semplici regioni, non possono più prendere i provvedimenti da soli, basti vedere che prima di fare l’ultimo decreto per sbloccare i crediti alle imprese abbiamo dovuto avere l’ok della Germania.
    Mi auguro che con Letta le cose possano,cambiare, si è vero che Letta e’ un europeista convinto, mi auguro che anche lui non vada sul libro paga della Merkel come ha fatto prima Prodi e poi Monti.

  18. Maurizio Cocucci

    Condivido pienamente l’articolo che, sebbene in maniera concentrata, espone chiaramente i motivi per cui la crisi non deriva dall’adozione di una moneta unica. Per avere una prova sarebbe sufficiente ascoltare le dichiarazioni degli imprenditori o le stesse associazioni di categoria quali Confindustria, che denunciano una pressione fiscale eccessiva, un credit crunch da parte delle banche, i ritardi nei pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche e pochi investimenti strutturali da parte dello Stato. L’export è quello che sta permettendo a tante imprese di rimanere attive ed è in continua crescita, addirittura verso i Paesi al di fuori della zona euro. E’ un caso che i Paesi dell’eurozona che hanno da sempre una vocazione alla virtuosità abbiamo tratto beneficio dall’euro e invece chi ha proseguito nella strada dello sperpero si trovi in crisi? Sanno tutti che la Grecia ha avuto un tasso di evasione fiscale molto alto, una spesa pubblica insostenibile con migliaia di esuberi nel settore pubblico e un tessuto industriale carente (quanti e quali prodotti acquistiamo dalla Grecia?). Cipro ha scelto di essere un paradiso fiscale concedento una tassazione particolarmente agevolata. La Spagna ha basato la sua crescita sulla bolla immobiliare che poi è esplosa nel 2008. La debolezza del nostro sistema risale ancora agli anni ’80, che la recente crisi del 2008 ha solo accentuato. La Germania che non voleva aderire all’euro, ma è stata costretta in cambio della riunificazione, era indietro in termini di competitività, ma attraverso incisive riforme strutturali (in gran parte le riforme Hartz) varate dal cancelliere Schröder dal 2002 al 2004 e andando addirittura contro il suo stesso partito (SPD) e che gli sono costate la rielezione, ha recuperato lo svantaggio raggiungendo i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

    • piero

      Ma chi ha detto che la Germania non voleva aderire all’euro, la Germania ha imposto l’euro con la politica monetaria attuale a tutti i paesi meriodionali, ha messo la camicia di forza all’Italia, ogni volta che l’Italia svalutava la lira, la Germania criticava la nostra politica perché danneggia le sue esportazioni, se voi vedete la bilancia dei pagamenti della Germania, prima dell’euro era in deficit nei confronti dell’Italia, mentre oggi è in surplus, tutto ciò grazie all’euro; i nostri politici Prodi, Monti ha svenduto l’Italia, il primo peritate le cariche ottenute successivamente grazie alla Germania, il secondo non è riuscito a completare l’opera, però ci ha rifilato il fiscl compact.

      • Maurizio Cocucci

        E’ Storia Sig.Piero. La caduta del Muro di Berlino significò per le due Germanie la possibilità di una riunificazione. L’URSS di Gorbachov acconsentì, ma la Francia di Mitterand fu alquanto perplessa e preoccupata, come del resto anche molti altri Paesi europei, Italia inclusa. Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti pretesero quale contropartita per il loro benestare alla riunificazione della Germania, l’ingresso dei tedeschi nell’euro e la sua nascita in tempi brevi. All’epoca gran parte dell’establishment tedesco (in particolare la Bundesbank) e dei cittadini furono decisamente contrari. Fu l’influenza dell’allora cancelliere Helmut Kohl a convincere tutti ad accettare l’ingresso nella valuta europea, però pretese a sua volta che l’euro fosse una moneta forte e stabile come lo era il DEM. La Germania ottenne che la BCE fosse costituita a immagine della Bundesbank e che il suo unico obiettivo fosse il mantenimento dell’inflazione. Venendo all’Italia, chi ha vissuto quelli anni, ricorderà sicuramente che i tedeschi si opposero ad una nostra partecipazione (sempre la Bundesbank in testa) perché ciò avrebbe indebolito l’area euro, si parlò addirittura di Europa a 2 velocità, ma noi insistemmo a tal punto che alla fine dovettero accettare. Si parla addirittura di conti truccati dal governo italiano pur di entrare (v.Der Spiegel “Operation Selbstbetrug” – 07.05.2012; articolo tradotto e riportato da TGCOM) e dalla consapevolezza di Kohl che fece finta di nulla per opportunità politiche. Se davvero l’euro ci ha impiccati, allora siamo stati noi a mettere la corda attorno al collo, non i tedeschi.

        • Piero

          Ti dei risposto da solo, e’ vero dell’accordo con Mitterand, ma come tu dici Kohl ha ottenuto una Bce ad immagine e somiglianza della Bundesbank, ciò vuole dire che le regole dell’euro sono tedesche; non è vero che la Germania si oppose all’entrata dell’Italia nell’euro, ci fu un negoziato con Prodi che tutelo’ solo il marco, basta vedere la sua intervista su internet (video che difende a spada tratta la Germania, unico vincitore del l’adozione della moneta unica); l’ingresso dell’Italia nell’euro tutti ci ricordiamo che avvenne con l’adozione della tassa per l’Europa, truccando anche i bilanci, ma già in ogni caso la Germania aveva fatto bingo, la sua bilancia di pagamenti all’interno dei paesi euro passo da deficit a surplus; surplus con i quali ha finanziato la riunificazione.
          Questi sono i fatti detti anche da Prodi.

    • nextville

      L’euro è infatti un ottimo rivelatore delle inefficienze comparate dei paesi, per questo è scomodo.

  19. Piero

    L’euro e’ sulla strada per fare la stessa fine dello SME, se Draghi non cambia a politica monetaria.

  20. Una moneta esprime la maggiore o la minore forza di un Paese. L’euro è una moneta dietro la quale non ci stanno gli Stati Uniti d’Europa, ma un insieme di Paesi diversi che marciano incerti verso una graduale maggiore integrazione.
    In Italia la minore efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione, della giustizia e della istruzione, come il peso dello spread rispetto ai tassi d’interesse tedeschi, rappresentano tare tutte preesistenti all’euro su una economia ora più faticante anche per la minore produttività di imprese operanti in mercati aperti.
    L’Italia, con l’ingresso nell’euro e con tassi d’interesse vicini a quelli tedeschi, si è avvantaggiata per quasi un decennio di una riduzione di oneri del debito pubblico che amministrazioni pubbliche saggie avrebbero dovuto destinare alla riduzione del debito stesso. Mentre invece nel medesimo periodo le stesse hanno provocato un aumento della spesa pubblica corrente che da una base 100 è salita a 150 circa con ovvi effetti di crescita del debito pubblico italiano.
    L’euro può diventare un problema quando il Giappone decide di raddoppiare la propria base monetarie e quando gli USA lo hanno preceduto, decidendo di stampare dollari per comperare debito pubblico americano. Ma questo è un problema generale che la Banca Centrale Europea deve affrontare così come lo devono affrontare tutte le altre banche centrali.
    In effetti esiste un problema di cambio per l’euro e anche la Germania se ne sta accorgendo…-………

    • Piero

      A livello macroeconomico i dati complessivi contano e se c’è chi lavora di più, il settore privato e chi lavora meno, il settore pubblico non fa differenza sui dati macroeconomici, non è vero che la produttività degli italiani e’ più bassa di quella dei tedeschi, e’ un’informazione deviata che serve alla giustificazione dl reale problema che è quello monetario; a forza di dire che noi siamo più corrotti, più evasori, più inefficienti, dobbiamo curare tali mali per stare in Europa, chi afferma ciò? La Germania, che se tutti ricordiamo ha tentato di costruire l’impero tedesco. Ricordo a tutti che l’economia italiana principalmente e su un settore ad alto contenuto di lavoro (tessile abbigliamento), mentre quella tedesca sul settore meccanico; i due settori hanno produttività diverse, i costi dei lavoratori italiani sono la metà di quelli dei tedeschi; nel loro paese mai può nascere un settore economico simile a quello italiano, sarebbe fuori mercato; l’Italia con l’apertura del mercato ai paesi dell’est ha subito per prima tale concorrenza, che l contrario non ha colpito il settore della meccanica; in sede europea abbiamo ottenuto con molta fatica dei dazi temporanei anti dumping, del tutto inefficienti, mentre al contrario la Germania ha ottenuto i dazi antidumping a protezione della sua economia.
      In conclusione vanno benissimo tutte le politiche interne anti corruzione, anti evasione, diminuzione delle tasse e delle spese improduttive, ma non sono queste il problema, il vero problema e’ che se i paesi del nord non sono solidali con i paesi meriodionali, non riconoscono che l’euro ha provocato uno spostamento di ricchezza nei loro confronti, non se ne esce; i paesi nordici dicono che loro sono più bravi e seri, mentre noi siamo inaffidabili e cattivi. Non penso che questa sia l’Europa che ricordo a tutti, lItala fu un paese fondatore.

  21. Hk

    Concordo con l’autore. Oggi dimentichiamo i vantaggi che l’Euro ci ha dato per anni e che abbiamo sprecato. La crescita italiana e’ in costante declino dai massimi degli anni 50. ( quasi un punto in meno ogni decennio) Dopo l’enorme sforzo dovuto alla seconda guerra le nostre capacità produttive ed economiche erano al massimo e poi piano piano sono evaporate. Partendo da questo triste fatto forse e’ più facile capire perché siamo dove siamo. Germania o non Germania. Euro o non euro.

  22. umbertod78

    Perfettamente d’accordo che l’Euro non debba essere nè un tabù, nè un comodo diversivo; ma se con questo articolo l’autore doveva dimostrare l’innocenza dell’imputato, mi sembra non ci sia riuscito.
    Per prima cosa, che l’uscita dall’Euro implichi l’uscita dall’Unione Europea è oggetto di dibattito in ambito giuridico. Poi, per passare ad argomenti economici:
    – il confronto tra le crescite del PIL pro capite mi sembra mostrare che dal 1999 il nostro paese è stato zavorrato dall’euro. L’autore stesso lascia due grossi indizi, i) negli anni ’70 – per la maggior parte in un regime di cambio flessibile, con il quale la nostra “piccola economia aperta” sembra si sia “trovata”- c’è un bel +0.6 di differenziale, ma a nostro favore!; ii) il passaggio da un differenziale percentuale (che è più chiaro), rispetto agli altri paesi avanzati, del -11% nel periodo senza Euro (’89-’98), ad un drammatico -80% nel periodo con Euro (1999-2012). il mezzo punto perso per ogni decennio, sostenuto dall’autore, non è un buon alibi…
    – anche nel grafico che dovrebbe confermare l’inutilità della svalutazione, mi sembra che il dato della “sostanziale stabilità” del cambio effettivo reale sia da prendere con cautela, come già fatto notare da altri lettori, che magari non hanno un PhD, ma sono attenti ai dettagli; che cosa succede tra il ’92 e il ’95, sbaglio o ad occhio è un -30%, e dal ’95 in poi la tendenza alla crescita del tasso mi sembra abbastanza chiara.
    Infine dovremmo discutere, con argomentazioni più approfondite del paragrafetto centrale dedicato all’austerity, anche dell’efficacia delle politiche fiscali restrittive, imposte ai paesi “periferici” dell’eurozona, per ridurre il debito pubblico in un periodo di recessione economica; misure, a mio avviso, imposte per decisione politica dei paesi “core” dell’eurozona ed implementata con zelo dagli euroburocrati colleghi dell’autore.
    Fortunatamente il dibattito su pro e contro l’Euro c’è, come si vede nei numerosi commenti, ed invito i redattori de Lavoce a dare spazio anche ad altri studi, magari un pò meno in conflitto di interessi con la tesi che si vuole dimostrare.

    • giulioPolemico

      Il suo intervento mi sembra provenire da una persona ragionevole e informata, ma si commette sempre il solito errore di confrontare l’Italia degli anni ’70, con il boom economico che trasforma il Paese da rurale ad industriale, con la situazione attuale di uno Stato sviluppato, che ormai il suo sviluppo l’ha fatto (e l’ha dilapidato con sprechi, corruzione, mafia, ecc., che hanno portato al dissesto le sue finanze).
      Una osservazione che rivolgo a lei, ma che rivolgo a tutti, è che fate tutti, dal primo all’ultimo, sempre l’errore di confrontare dati statistici legati ad epoche storiche alquanto diverse. Oggi il mondo non è quello degli anni ’70. Un x% degli anni ’70 non ha lo stesso significato di un x% del secondo decennio del 2000.
      E anche il fatto che nel 1999 il PIL sia stato zavorrato o no proprio dall’euro, o cose simili, è semplicemente il fatto che l’Italia nel suo complesso di inefficienze perdeva colpi, come li perdeva nel 1999-x o nel 1999+x.

  23. Una moneta esprime la maggiore o la minore forza di un Paese. L’euro è una moneta dietro la quale non ci stanno gli Stati Uniti d’Europa, ma un insieme di Paesi diversi che marciano incerti verso una graduale maggiore integrazione.
    In Italia la minore efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione, della giustizia e della istruzione, come il peso dello spread rispetto ai tassi d’interesse tedeschi, rappresentano tare tutte preesistenti all’euro su una economia ora più faticante anche per la minore produttività di imprese operanti in mercati aperti.
    L’Italia, con l’ingresso nell’euro e con tassi d’interesse vicini a quelli tedeschi, si è avvantaggiata per quasi un decennio di una riduzione di oneri del debito pubblico che amministrazioni pubbliche saggie avrebbero dovuto destinare alla riduzione del debito stesso. Mentre invece nel medesimo periodo le stesse hanno provocato un aumento della spesa pubblica corrente che da una base 100 è salita a 150 circa con ovvi effetti di crescita del debito pubblico italiano.
    L’euro può diventare un problema quando il Giappone decide di raddoppiare la propria base monetarie e quando gli USA lo hanno preceduto, decidendo di stampare dollari per comperare debito pubblico americano. Ma questo è un problema generale che la Banca Centrale Europea deve affrontare così come lo devono affrontare tutte le altre banche centrali.
    In effetti esiste un problema di cambio per l’euro e anche la Germania se ne sta accorgendo…-………

  24. Enrico Fasani

    Quello esiste da decenni. Solo che ora va di moda

  25. Durante l’ultimo governo Berlusconi il rapporto debito/pil è passato in 3 anni da 104% a 119% entrando in una traiettoria di dafault, dopo che con grandi sacrifici era stato ridotto rispetto ai livelli precedenti – 120% del periodo craxiano. Un debito pubblico in crescita si autoalimenta con gli interessi e, oltre certi limiti, rischia di entrare in una spirale perversa + debito +interessi + tasse per fronteggiare gli interessi, meno crescita a causa delle alte tasse. E’ un fenomeno noto, da manuale. La crisi mondiale, generando recessione, ha dato una mano alla crescita del rapporto deb/pil. I Paesi EU deboli hanno resistito male alla crisi, quelli con i conti in ordine hanno resistito molto meglio.

  26. Cerca “salari reali inflazione” con google immagini e vedrai trai primi risultati il grafico storico di entrambi i dati.

    • Enrico Fasani

      Infatti era quello che avevo visto anch’io (dal blog di Alberto Bagnai): infatti dal 1973 (massiam inflazione) al 1979 (anno dello SME) l’inflazione è spesso e volentieri superior al salario reale, come dicevo io. Quindi iI legame con lo SME prima e l’Euro poi, ci ha permesso di abbassare l’inflazione, comantenendo l’andamento del salario reale.

  27. No, aumento dei compratori per sviluppo paesi emergenti.

    • Enrico Fasani

      Beh allora ti dico aumento dei compratori UE data l’eliminazione delle barrier. La Germania ad esempio esporta per il 60% all’interno dell’UE. Quindi si può vedere anche in questo il motive dell’inflazione bassa. I dati si interpretano come più ci aggrada, è uella la verità…

  28. Durante l’ultimo goverbo Berlusconi c’è stato lo shock recessivo del 2008 che ha fatto aumentare tutti i debiti pubblici di tutti i paesi occidentali, quello italiano ha avuto l’incremento più contenuto. Che fossimo in una “traiettoria” di default è discutibile visto che secondo il fiscal sustainability report 2012 della commissione europea il nostro debito è sempre stato trai più sostenibili d’europa.

    • lavoceinfo

      apporove
      Il giorno 27 aprile 2013 15:26, Disqus ha scritto:

      • umberto

        I Paesi europei con i conti in ordine ed un rapporto debito/pil più contenuto del nostro potevano permettersi un incremento del rapporto. L’Italia invece non poteva. infatti il rapporto debito/pil continua a crescere e nessuno può dire quando si fermerà. Il peso degli interesssi lega le mani alle politiche di crescita del governo e la via d’uscita per ora non si vede.

  29. Nessuno può contrastare la Merkel senza una forza contrattuale, e un europeista convinto non ha nessuna forza contrattuale.

    • Piero

      Hai ragione, oggi il quadro economico e’ chiaro a tutti, il popolo ha capito benissimo la differenza dell’economia italiana con l’euro rapportata con quella precedente, il 25% della popolazione ha volo Grillo, il segnale alla classe politica e’ stato dato, gli italiani che si sono suicidati per motivi economici pesano sul l’attuale casse politica; Letta troverà sicuramente il modo di fare digerire alla Merkel una politica monetaria espansiva da parte della Bce (si dovra alzare l’asticella dell’inflazione dal 2% al 4%), in primis vanno scorporati gli investimenti in infrastrutture dal debito pubblico; si dovrà sospendere il fiscal compact o renderlo applicabile solo nella fase espansiva del Pil.
      Ricordo a tutti che con la Lira l’Italia era un paese con la bilancia dei pagamenti in surplus, al contrario con l’euro abbiamo la bilancia dei pagamenti in deficit; per rovesciare tale situazione, necessità di un cambio euro/dollaro più debole (la parità sarebbe consigliabile), in difetto dobbiamo ritornare ad una valuta sostenibile on la nostra economia, sarebbe un paradosso, a se l’Itala adottasse il dollaro come moneta legale avremmo risolto tutti i nostri problemi, avremmo tutto il mercato americano a disposizione e in Europa, principalmente nei confronti dei tedeschi diverremmo un paese esportatore e non importatore. Se pensiamo al passato gli americano ci hanno salvato dai tedeschi militarmente, oggi lo farebbero a livello economico.

    • nextville

      La forza contrattuale dipende dalla capacità di alleare un fronte anti-austerity non anti-europa o anti-euro. Un anti-europeo non avrebbe la forza di aggregare nessuno, se non Cameron per uscire insieme.

  30. Franco

    infatti che senso ha parlare nell’articolo di euro e crescita? E’ un approccio completamente sbagliato. Il vero squilibrio che ha prodotto l’euro lo si nota nelle bilance commerciali del mercato dentro la zona euro. Balzerà subito all’occhio che i paesi in surplus sono tutti quelli del nord, in primis la Germania. Il surplus nasce dalle politiche di contenimento salariale che citava Fla (vedi i programmi Hartz IV e i minijobber a 400 euro al mese) che hanno mantenuto bassa l’inflazione, che in un regime di cambio fisso com’è l’euro equivale ad operare una SVALUTAZIONE nei cofronti degli altri paesi membri. Alla faccia della cooperazione! I tassi di crescita del PIL in tutti i paesi periferici della zona euro all’inizio sono stati positivi perchè drogati dall’afflusso dei capitali PRIVATI dal nord. l’inflazione più elevata del sud e la sicurezza del cambio remuneravano meglio i capitali del nord in surplus. la deregolamentazione dei movimenti di capitali PRIVATI ha fatto il resto. I’afflusso dei capitali del nord oltre a sostenere una crescita fittizia, ha acuito il defit commerciale dei paesi del sud e ha generato per esemprio immense bolle immobiliari (Spagna e Irlanda). Quindi la crescita indotta dall’euro era drogata dai capitali esteri e insostenibile. Arrivata la tempesta finanziaria dall’America nel 2008 i magici capitali esteri se ne sono tornati in patria, costringendo i paesi del sud a sfondarsi i bilanci per salvare le proprie banche in pieno credit crunch e in crisi dopo le esplosioni della bolle immobiliari. Quindi qual’è il problema? il debito pubblico alto! soluzione? austerità e Bye Bye crescita.. a cosa servono quindi le politiche di austerità? a drenare le risorse degli Stati del sud per ripagare i debiti e interessi PRIVATI contratti con le banche del nord!

  31. Sulla MMT bisogna chiamare il Cicap

  32. Maurizio Cocucci

    Circa i presunti vantaggi di un ritorno alla Lira ci sono alcune questioni che debbono essere considerate. Innanzi tutto il vantaggio prospettato della cosiddetta ‘svalutazione competitiva’. Ebbene, vorrei far presente che in economia svalutazione (o rivalutazione) è un termine che viene utilizzato in presenza di cambi fissi, mentre in regime di cambi variabili si ha il ‘deprezzamento’ (o l’apprezzamento). E non sono la stessa cosa. Nel primo caso si ha una modifica ufficiale di una parità di cambio prestabilita (così come avvenne quando la Lira entro nello SME), mentre nel secondo è il mercato che determina tale rapporto. Ora, se tornassimo ad una valuta nazionale, che si chiami Lira o Tallero, è alquanto probabile che questa non preveda rapporti di cambio fissi con alcuna altra valuta e quindi il suo valore sarebbe determinato dal mercato. Di conseguenza non è possibile svegliarsi alla mattina e dire: “svalutiamo la nostra valuta del x% per rilanciare le esportazioni”. E che ne è poi dei pagamenti delle materie prime e di quelle merci che non è possibile evitare di importare? Si parla poi di sovranità monetaria e di ritorno alla possibilità di stampare moneta. Ma cosa significa ‘stampare moneta’? Significa che la Banca Centrale (Bankitalia) acquisti direttamente sul mercato primario i titoli di Stato e questo non avveniva nemmeno con la Lira dal 1981, anno in cui la Banca d’Italia fu resa indipendente dal governo. Pertanto per parlare di ritorno alla possibilità di stampare moneta occorre un ritorno anche della dipendenza della Banca Centrale dal governo. Ma nessuno ricorda come era la nostra inflazione negli anni in cui vigeva questa dipendenza?

  33. Alessandro

    SI…lo ricordiamo….la Milano – Napoli in 8 anni….Volare….tutto il mondo parlava di miracolo italiano…

  34. Piero

    Ho letto l’intervista, fa paura, ammette che vi è stata l’intenzione di mettere la camicia di forza ai paesi da loro ritenuti indisciplinati, per il resto sono intenzioni smentite dal comportamento della Merkel.

  35. Fedestero

    Grazie. Finalmente un editoriale che tocca anche il tema delle inefficienze, dei bilioni all’anno di spesa improduttiva (sprechi, ruberie, fate Voi). è sufficiente confrontare le COFOGs OECD! @Maurizio Cocucci
    Sempre theoretically speaking, ritornare alla lira (premesso che non esistono procedure formali di exit) = fallimento immediato (non solo delle banche). 2 per dieci alla dodicesima euro……a debt pile, one could say..

  36. Domenico

    L’Italia non ha una moneta sovrana da quando entrammo nello Sme agganciando la nostra valuta alle altre europee, limitando quindi lo spazio di manovra e spesa pubblica..questa è la veritè..e ricordatevi anche del divorzio tesoro-banca d’iItalia del 1981..ergo,se non hai sovranità totale spendendo a deficit positivo non avrai mai una crescita costante.

  37. Franco Tossini

    O svalutiamo la moneta (sovrana) o svalutiamo i salari. Quali altre strade per recuperare competitività? per i salari ormai il fondo del barile è stato raschiato cosa vogliamo fare portare questi a livello del vietnam o della cambogia? Prego, accomodatevi.

  38. Simone Belladonna

    Per completare il discorso sui costi dell’uscita dall’EURO, vi propongo la brillante analisi di “Europae-Rivista di Affari Europei” http://www.rivistaeuropae.eu/economia/costi-uscita-euro/

  39. Libero pensiero

    L’uscita dall’euro non può rappresentare una soluzione. Per chi creda che l’Italia abbia – nonostante l’invecchiamento della popolazione – ancora le risorse umane, e la capacità per richiamare le risorse umane dall’estero, la soluzione potrebbe essere una SWOT analysis ed un piano decennale – scritto (esemplato sul modello del piano commissionato da Hollande, per intenderci) -che vincoli la politica, di snellimento, efficienza e razionalizzazione, semplificazione normativa, razionalizzaz. della spesa, che valorizzi il talento e svecchi. Giustizia, istruzione, taglio di cuneo fiscale e Irap sono fondamentali. Non è accettabile continuare a pagare diritti di servaggio pesantissimi per produrre in Italia. Nè limitarsi a registrare cronachisticamente il deterioramento degli indicatori economici (in atto dal ’70 come bene evidenziato), la fuga di produttori, o l’acquisizione da parte di aziende straniere. Tutto ciò presuppone un – rapido – ritorno alla legalità ed allo stato di diritto, e l’individuazione di concreti driver per un simile processo. Viceversa, questa volta, evocare quanto avvenuto con l’uscita dallo SME – per i soliti, noti, problemi – non porterebbe comunque a nulla di buono. Non è sufficiente svalutare: bisogna alzare l'”asticella”. Meglio una Gesellschaft (Tönnies) tutto sommato. no?

  40. Alessandro

    Se i salari aumentano più dell’inflazione che problema c’è?

  41. Daniele Campana

    l’aumento del debito pubblico degli ultimi anni del governo Berlusconi, senza dimenticare l’ottimo intervento di Monti, è dovuto all’aumento del debito privato. E’ lo stesso Fmi che sottolinea come dietro la crisi ci sia il debito privato! Grazie Euro!

  42. Daniele Campana

    Ricordiamoci sempre che negli ultimi anni il rapporto debito/Pil in italia è aumentato del 10%, in Germania del 30%!

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