Lavoce.info

Tutta colpa della Brexit

Le esportazioni del Regno Unito verso l’Unione europea sono scese in modo netto. Pur tra mille cautele, il motivo sembra essere la Brexit. Per le importazioni dalla Ue, il calo è minore grazie al regime speciale in vigore fino a luglio. Ma dopo?

I dati del commercio tra Regno Unito e Unione

Nel gennaio di quest’anno, secondo il britannico Office for National Statistics, le esportazioni di beni dal Regno Unito all’Unione europea sono calate del 40,7 per cento (cioè di 6,5 miliardi di euro), mentre le importazioni del Regno Unito dall’Unione europea sono scese del 28,8 per cento (cioè di 7,7 miliardi di euro) rispetto allo stesso mese del 2020. L’aumento dell’1,7 per cento (cioè di 0,2 miliardi di euro) nel commercio britannico con il resto del mondo non è riuscito a compensare il crollo di quello con l’Ue.

Nel complesso, le esportazioni e le importazioni globali del Regno Unito sono diminuite di circa un quinto. Si tratta della più grande contrazione del commercio britannico da oltre vent’anni, cioè da quando nel 1997 è cominciata la raccolta di questo tipo di dati su base mensile.

Poiché gennaio 2021 è stato il primo mese del Regno Unito fuori dall’Unione europea, la domanda sorge spontanea: tutta colpa della Brexit? Uno studio dello UK Trade Policy Observatory presso l’Università del Sussex ci fa capire perché, anche se la cautela è d’obbligo, con ogni probabilità la risposta è in larga parte sì.

I motivi di cautela elencati nello studio sono i seguenti. In primo luogo, la pandemia di coronavirus ha colpito tutto il commercio britannico indipendentemente dagli specifici partner commerciali. Per questo motivo, è importante confrontare gli scambi tra Regno Unito e Ue con quelli tra Regno Unito e resto del mondo. In secondo luogo, l’aggiustamento dell’economia a shock di questa portata richiede tempo per completarsi, quindi trarre conclusioni definitive dalle cifre del primo mese dopo la Brexit sarebbe azzardato. In terzo luogo, le imprese si sono mosse in anticipo, accumulando scorte negli ultimi mesi del 2020 per ridurre il rischio di eventuali problemi di approvvigionamento nei primi mesi del 2021. Il crollo degli scambi di gennaio potrebbe pertanto essere solo la naturale conseguenza dell’accumulazione preventiva. In quarto luogo, la metodologia con cui vengono raccolti i dati sul commercio tra Regno Unito e UE è cambiata nel gennaio 2021. Infine, l’interpretazione dei dati sugli scambi a frequenza mensile è in generale complicata, data la loro volatilità. Nella sua analisi, l’Office for National Statistics ha confrontato gennaio 2021 con lo stesso mese dell’anno precedente, che a sua volta potrebbe non essere stato un anno “normale” a causa dei negoziati in corso tra Londra e Bruxelles proprio sulla Brexit.

Leggi anche:  Con Milei "good-bye vecchia politica, hello ennesima crisi finanziaria"

Il confronto su tre anni

Per tutti questi motivi lo studio dello UK Trade Policy Observatory ha voluto fare un passo in più rispetto all’analisi dell’Office for National Statistics. Da un lato, ha confrontato il valore degli scambi di gennaio 2021 con il valore medio degli scambi nello stesso mese dei tre anni precedenti: 2018, 2019, 2020. Dall’altro, ha paragonato il cambiamento nel commercio tra Regno Unito e UE con l’evoluzione del commercio tra Regno Unito e i paesi extra-UE.

La figura 1 illustra il risultato dei confronti per categorie di beni (beni capitali, beni di consumo e beni intermedi).

Figura 1 – Livello del commercio di gennaio 2021 relativo alla media di gennaio 2018-20 per categorie beni.

Fonte: UK Trade Policy Observatory

Mentre le esportazioni britanniche verso l’Ue sono diminuite complessivamente del 46,5 per cento (contro il 40,7 per cento calcolato dall’Office for National Statistics) rispetto alle esportazioni medie dei mesi di gennaio 2018, 2019 e 2020, quelle verso i paesi extra-Ue sono diminuite complessivamente del 9,5 per cento. In prima approssimazione (con tutte le cautele di cui si è detto) si può dunque concludere che il crollo delle esportazioni britanniche nel gennaio di quest’anno sia imputabile per un 20 per cento (cioè 9,5/46,5) alla pandemia e per il restante 80 per cento alla Brexit.

Per quanto riguarda invece il commercio in entrata, le importazioni britanniche dall’Ue sono diminuite del 29,3 per cento (rispetto al 28,8 per cento calcolato dall’Office for National Statistics), mentre quelle dai paesi extra-Ue sono scese del 17,7 per cento. In altre parole, un 40 per cento del calo delle importazioni britanniche (cioè 17,7/29,3) è imputabile alla pandemia e il restante 60 per cento alla Brexit. L’impatto maggiore dell’uscita dalla Ue si è sentito nelle esportazioni di beni di consumo dal Regno Unito.

Calo temporaneo o permanente?

La questione, che potrà però essere risolta solo quando i dati per i mesi (e gli anni) successivi saranno disponibili, è se siamo di fronte a un calo permanente del commercio tra Regno Unito e Unione europea oppure a una discesa momentanea dovuta al fatto che le imprese devono ancora familiarizzarsi con le nuove procedure doganali. Di certo c’è che le importazioni britanniche sono scese molto meno delle esportazioni, ma questo è avvenuto semplicemente perché il Regno Unito ha inizialmente adottato un regime transitorio che essenzialmente garantisce il libero ingresso delle merci provenienti dall’Ue. Nei piani di Londra il regime dovrebbe terminare nel luglio 2021. Sapremo allora meglio quanto sarà diventato difficile per le imprese dell’Ue continuare a vendere Oltremanica.

Leggi anche:  Dalle banlieues alla Corte suprema: campanelli d'allarme sull'integrazione

Se le difficoltà che trovano le imprese britanniche a vendere nel mercato unico europeo forniscono un’indicazione, c’è poco da stare allegri nelle principali capitali del Vecchio continente. Le esportazioni del Regno Unito sono diminuite di più verso i tre maggiori membri dell’Ue: Francia (-56,8 per cento), Italia (-56,6 per cento) e Germania (-49,2 per cento). Di contro, le esportazioni del Regno Unito verso gli Stati Uniti sono calate molto meno (-21,1 per cento) e quelle verso la Cina ancora meno (-8,5 per cento).

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Il commercio, più forte delle barriere politiche

Precedente

Effetto pandemia sul mercato della casa

Successivo

Il Punto

  1. PS

    Forse conviene anche a noi uscire dall’unione europea?
    Considerando i dazi imposti all’importazione da UK, credo di si.

  2. Francesco Armillei

    Nel momento in cui si confrontano le imp/exp da/verso UE con quelle da/verso gli altri partner commerciali non sarebbe però importante considerare che la UE è stata colpita maggiormente dal covid in termini relativi rispetto ad altre zone del mondo? E questo potrebbe avere un effetto negativo su imp/exp.

  3. Nicola

    Mi sembra veramente troppo presto per trarre qualsivoglia tipo di conclusione. Nel momento del passaggio, la volatilita’ chiaramente aumenta. Basta un po’ di senso comune per un’impresa che faccia un po’ di magazzino “prima” delle nuove regole perché almeno per i primi mesi ci sara’ un certo caos burocratico. Oltretutto, in piena pandemia mi pare un po’ tutto caotico.

    Credo che fra un semestre si potra’ provare a dire qualcosa di piu’. Non dimentichiamo poi che Brexit é una storia vecchia ormai e le aziende hanno avuto tutto il tempo per adeguare le loro catene di fornitura. Per esempio, sapendo dei problemi di Gennaio io si organizza per aumentare i volumi a Dicembre e Febbraio o qualcosa del genere.

    In conclusione, io aspetterei qualche mese per trarre qualche conclusione.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén