Lavoce.info

Malattie croniche: ora la cura si fa con le tecnologie digitali*

Il processo di digitalizzazione di alcuni servizi sanitari durante il Covid-19 apre significativi spazi per ripensare la presa in carico delle cronicità da parte del Ssn. Ma è una sfida che richiede scelte oculate. Ecco alcuni suggerimenti per orientarle.

La digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale

L’accordo raggiunto dal Consiglio europeo in merito al Next Generation EU ha sbloccato per il nostro paese 209 miliardi di euro disponibili nei prossimi sei anni per sostenere la ripartenza economica post Covid-19. Secondo la bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza proposto dal governo Conte, alla sanità sono destinati circa 20 miliardi per promuovere l’assistenza di prossimità e la telemedicina (7,9 miliardi) e favorire ricerca, innovazione e digitalizzazione dell’offerta sanitaria (11,82 miliardi).

Prima della pandemia, il Servizio sanitario nazionale aveva sperimentato una diffusione a macchia di leopardo della sanità digitale, termine generico che ricomprende tutte le soluzioni basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, dalla telemedicina al fascicolo sanitario elettronico, dalle app sanitarie alle ricette dematerializzate. Il Covid-19 ha indubbiamente prodotto un’accelerazione nell’adozione delle tecnologie digitali in sanità, spingendo i servizi sanitari regionali e le aziende sanitarie a consolidare progettualità già in cantiere o ad avviarsi verso le prime esperienze di gestione da remoto per porzioni significative di assistiti.

Tra le molte riflessioni sull’eredità che l’esperienza Covid-19 lascerà al sistema delle cure, una appare cruciale: la trasformazione dei modelli di cura delle malattie croniche a seguito dell’utilizzo delle innovazioni digitali, compresa la robotica, e dei diversi canali di telecomunicazione. Occorre però tenere presente che da un lato, durante il periodo emergenziale, alcune regioni hanno cercato di dare una veste formale ad alcune prestazioni di telemedicina, permettendo di sopperire in parte da remoto alle lacune assistenziali create dalla pandemia a carico di numerosi gruppi di pazienti cronici. Ovviamente, in mancanza allora di normative nazionali di riferimento aggiornate, si è dovuto di necessità utilizzare le tariffe delle omologhe prestazioni in presenza, in attesa di un sistema tariffario più idoneo. Dall’altro lato, va ricordato che le prestazioni di telemedicina, in quel periodo, sono state erogate con soluzioni adottate sul momento, in base alle condizioni di emergenza sanitaria, dovendo talvolta anche accettare livelli inferiori di qualità e sicurezza, pur di non accumulare ritardi nelle cure che avrebbero potuto portare con sé ulteriori implicazioni negative sugli esiti di salute.

Dunque, tolta la fase emergenziale, abbiamo di fronte una doppia sfida – la gestione delle malattie croniche nel paese più anziano d’Europa e la svolta digitale – che non merita fibrillazioni politiche o scelte incaute, in un momento straordinario per la revisione dei modelli di offerta e che vede tutte le regioni omogeneamente motivate in questa direzione.

Le indicazioni nazionali approvate recentemente dalla Conferenza stato-regioni e province autonome del 17/12/2020 hanno iniziato ad aggiornare la tassonomia delle prestazioni di telemedicina rispetto alle ormai obsolete linee di indirizzo del 2014 (tabella 1), definendo le condizioni attuative per l’erogazione e gli standard minimi di servizio.

Per supportare queste riflessioni con una serie di raccomandazioni utili per il sistema, il CeRGAS di Sda Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) ha organizzato una Consensus Conference che ha coinvolto i rappresentanti del livello decisionale regionale e nazionale. I lavori sono stati guidati da due assunti di base. In primo luogo, la necessità di valorizzare, sostenere e orientare gli sforzi di coordinamento messi in campo con profitto da tutte le istituzioni. In secondo luogo, la consapevolezza che la sfida della digitalizzazione nei servizi sanitari non può risolversi in questioni esclusivamente tecnologiche, ma richiede una forte integrazione delle professionalità sanitarie con il livello aziendale nelle sue componenti strategiche e organizzative, con un ripensamento dei processi che consenta la revisione dei percorsi di cura e delle interfacce con gli assistiti.

Leggi anche:  Ma la "tessera a punti" può far bene alla salute

Le raccomandazioni si focalizzano su tre aree principali: governance, valutazione e modelli di servizio.

Governance

L’attenzione durante la pandemia è stata rivolta principalmente all’attivazione delle televisite, trasformando soprattutto le modalità di erogazione di alcune prestazioni. La maggiore prontezza organizzativa ha permesso alle regioni che già prima della pandemia avevano sviluppato soluzioni digitali di beneficiare di un vantaggio competitivo nella gestione dell’emergenza sanitaria. Adesso serve un modello flessibile per il consolidamento dell’innovazione digitale. Da un lato vi sono alcuni elementi necessariamente di portata nazionale, dall’altro emerge il bisogno di valorizzare le specificità locali, rendendole risorse per l’intero sistema tramite un attento coordinamento scientifico e di governance sanitaria. L’equilibrio tra scelte nazionali e regionali appare condizione necessaria per evitare che la tecnologia si trasformi da straordinaria opportunità di miglioramento a vettore di frammentazione e iniquità nelle cure. L’esperienza virtuosa nel dialogo tra istituzioni sperimentata sul piano tecnico-scientifico deve diventare patrimonio condiviso e va replicata anche su quello politico e dei servizi.

In concreto:

#1 Strategia – Per la strutturazione di una strategia deliberata bisogna dare seguito alle recenti indicazioni emanate a livello centrale definendo una cornice nazionale, da aggiornare regolarmente, basata su requisiti tecnologici unitari, processi di progettazione e implementazione rigorosi, indicazioni sulle tariffe di riferimento e metodi di valutazione relativi anche all’impatto delle tecnologie.

#2 Responsabilità – Per sostenere la diffusione dell’innovazione digitale, il livello centrale dovrebbe definire obiettivi uniformi da calibrare sulle specificità a livello regionale e promuovere il coordinamento scientifico-sanitario a livello nazionale prevedendo forme di monitoraggio costante.

#3 Priorità – L’identificazione delle priorità deve ispirarsi ai principi del realismo e puntare al consolidamento dei servizi già disponibili e alla diffusione delle soluzioni che si sono dimostrate valide.

Valutazione

Le tecnologie digitali non possono essere sottratte a processi di valutazione robusti. Se durante la fase emergenziale hanno prevalso approcci destrutturati, in questo momento è necessario orientare le decisioni con il supporto di evidenze empiriche. Il rischio concreto è quello di incorrere nel paradosso «No evidence, no implementation; no implementation, no evidence»: in assenza di evidenze non si procede all’implementazione di nuove tecnologie e, di conseguenza, non si generano evidenze. Per superare il paradosso è necessario identificare metodologie nuove in grado di produrre evidenze tempestive e continuative a supporto dei decisori.

Strettamente connesso è il tema della tariffazione. In una prima fase il riconoscimento dei servizi di televisita è spesso avvenuto seguendo il modello payment parity, ovvero applicando tariffe speculari alla prestazione in presenza. Tuttavia, queste metodologie di tariffazione non tengono conto del valore generato, non essendo associate a un processo di valutazione multidimensionale.

Infine, per tutte le soluzioni digitali, e più nello specifico per le app, si osservano tassi di abbandono fortemente crescenti nel corso del tempo, poiché anche il miglior intervento fallisce se utilizzato in maniera discontinua o impropria.

In concreto:

#4 Evidenze – Differenti livelli di evidenza sono necessari per ciascuna categoria di tecnologie digitali, secondo un approccio basato sul rischio e tramite il ricorso a metodologie innovative.

#5 Tariffazione – La piena valorizzazione dei servizi digitali passa da un ripensamento della modalità di tariffazione e codifica, per esempio aprendo ai sistemi di bundled payment e pay-for-coordination. Va remunerata l’innovazione a fronte di una valutazione adeguata di costo-efficacia dei servizi in telemedicina.

#6 HTA (Health Technology Assessment – valutazione delle tecnologie sanitarie) – Occorre mettere a punto un modello all’interno del framework di HTA specificatamente dedicato ai dispositivi medici digitali, che traduca chiaramente le raccomandazioni della valutazione in decisioni di policy sulla gestione di tali dispositivi anche in ambito di telemedicina. Per una piena percorribilità di questa opzione è necessario istituire nuclei valutativi estremamente qualificati, che riescano a fornire analisi tempestive anche tramite metodi di valutazione costo-efficacia appositamente dedicati ai differenti tipi di servizi in telemedicina.

Leggi anche:  Personale sanitario: dov'è il problema

#7 Continuità – La continuità di utilizzo e la facilità di accesso alle soluzioni digitali costituisce una fondamentale precondizione per la loro efficacia e per la riconfigurazione dei modelli di servizio e deve essere incentivata tramite l’adozione di modelli partecipati di disegno dei servizi e delle soluzioni tecnologiche associate, nonché azioni di comunicazione mirata agli utilizzatori finali.

Modelli di servizio

L’introduzione delle innovazioni digitali si sostanzia nella trasformazione dei percorsi di cura, generando fabbisogni di continuo ridisegno dei modelli organizzativi e dei processi di accesso al servizio. All’interno delle aziende sanitarie vi è grande effervescenza sui modelli di offerta per le condizioni croniche e i quadri regionali e nazionali possono essere preziosi nel sostenerla.

L’effettiva implementazione di tali trasformazioni a livello micro può però essere fortemente influenzata dalle preoccupazioni relative ai carichi di lavoro e alle modifiche nelle routine. Mentre il dibattito sembra affrontare le questioni in modo non integrato, il consolidamento del corretto uso di tecnologie digitali nel Ssn va governato considerando l’entità dei recenti ingressi di personale per far fronte all’emergenza (+36 mila professionisti sanitari). Una parte di loro rimarrà nel sistema, rielaborando nuovi ruoli e funzioni e spingendo verso forme di innovazione.

In concreto:

#8 Percorsi – Le molteplici modalità erogative disponibili (fisica, attraverso piattaforma web, app, ecc.) consentono oggi modelli di presa in carico basati non solo sullo stato di salute del paziente e sulle sue esigenze socio-assistenziali, ma anche sulle sue competenze in tema di digital literacy. L’uso di modelli organizzativi adeguati ad inserire nei processi medico-assistenziali le opportune soluzioni digitali può quindi fungere da volano per la personalizzazione dei percorsi di cura, in particolare in ambito territoriale.

#9 Capacity – Il capitale umano è imprescindibile per sostenere la trasformazione digitale del sistema e va rafforzato pensando alla necessaria relazione tra tecnologia, persone e competenze. È indispensabile lavorare sull’accettazione da parte dei pazienti e dei professionisti, attraverso processi educativi ad hoc e il rafforzamento delle competenze. Questo processo può essere facilitato sollecitando le università a sviluppare didattica appropriata per i sanitari già a livello di corso di laurea e attraverso la creazione di centri operativi assistenziali multiprofessionali (medico, sanitario, socio-assistenziale, psicologico).

#10 Unitarietà – L’adozione di tecnologie digitali deve preservare l’unitarietà dell’azienda per garantire l’integrazione dei modelli di cura, l’equità di accesso alle cure e l’ottimizzazione delle risorse per tutti i pazienti. 

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire agli autori e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.

** Al Consensus Conference Group, che fa parte di un’ampia ricerca condotta dal Cergas-Sda Bocconi con il contributo incondizionato di Abbott, hanno contribuito Monica Addiego, Andrea Belardinelli, Giancarlo Bizzarri, Michela Bobini, Tiziana Chiriaco, Oriana Ciani, Diego Conforti, Maria Cucciniello, Claudio Dario, Francesco Gabbrielli, Teresa Gasparetto, Giovanni Gorgoni, Massimiliano Maisano, Maria Rosa Marchetti, Gandolfo Miserendino, Matteo Montesi, Francesco Petracca, Antonino Ruggeri, Rosanna Tarricone e Valeria D. Tozzi.
Qui tutte le bio.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Si fa presto a dire Lea

Precedente

Negli apprendimenti scolastici hanno perso tutti

Successivo

Il mercato del lavoro nel 2020 in otto grafici

  1. Il teleconsulto medico, nella condizione infettiva acuta emergenziale della pandemia, ha sostituito la visita in presenza per il rischio infettivo del contatto faccia a faccia tra medico e paziente ed ha lo stesso valore “qualitativo” della DAD rispetto alla didattica in presenza, giustamente rivendicata degli studenti per via gli evidenti limiti di quella a distanza.
    Una volta terminata l’emergenza pandemia la visita tornerà ad essere la modalità standard di contatto nella cronicità per le caratteristiche di prossimità spazio temporale della presa in carico e gestione sul lungo periodo delle patologie croniche, che rendono superflua la mediazione tecnologica tipicamente sostitutiva della relazione interpersonale in acuto.
    In compenso nella pandemia sono proliferati i silos informatici che accentuano la separazione funzionale e inibiscono l’auspicata integrazione del sistema, ormai frammentato e “dis-integrato” in programmi e piattaforme a compartimenti stagni, che non comunicano e non scambiano dati tra loro, con intuibili effetti di dispersione e mancato utilizzo di informazioni e inutili duplicazioni di procedure analoghe, fonte di inappropriatezza e ulteriore inefficienza organizzativa, specie nella gestione clinica della cronicità, come dimostra la fallimentare esperienze delle piattaforme telematiche della PiC.
    Allo smantellamento dei silos informatici si dovrebbe dedicare prioritariamente la digitalizzazione dei servizi sanitari del ricovery plan! A 10 anni dalla nascita del SISS ancora non si è arrivati alla definitiva dematerializzazione delle prescrizioni farmaceutiche, che senza la pandemia sarebbero ancora cartacee, per non parlare dell’interoperabilità dei programmi, per cui non si riesce ad acquisire in automatico un referto di visita specialistica se non dopo diversi passaggi di una procedura informatica primordiale.

  2. sandra Volpato

    Non ho compreso bene come gli autori inseriscono la Medicina Generale nel contesto della telemedicina: “nell’unitarieta’” ? E se gli Investimenti della Medicina Generale in TeleMedicina son effettuati nel quadro generale del Servizio Sanitario offerto dalla Regione/Nazione.Grazie Sandra

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén