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Case popolari, l’anzianità di residenza requisito “ingiusto”

In molte regioni l’anzianità di residenza è lo strumento principale usato per frenare l’accesso alle case popolari di cittadini extracomunitari. Il rischio è di costruire graduatorie che mettono in secondo piano condizione economica o disagio abitativo.

Il premio all’anzianità di residenza

Il sindaco di Ferrara, un esponente del partito della Lega, rivendica con orgoglio che “prima gli italiani”, nel suo comune, «non è più uno slogan da campagna elettorale, ora è finalmente realtà»: le prime 157 posizioni dell’ultima (la trentaduesima) graduatoria per l’assegnazione delle case popolari del comune sono tutte occupate da italiani. Di conseguenza, la «casa popolare non deve più essere considerata un servizio dedicato quasi esclusivamente alle famiglie immigrate». Ma in quelle prime posizioni sono anche «compresi nuclei stranieri che hanno acquisito la cittadinanza» (da un post del 4 gennaio 2021, ore 19,01 sulla pagina facebook del sindaco). Sarebbe interessante sapere quanti sono quei nuclei, le loro nazioni di provenienza e se nelle precedenti graduatorie erano conteggiati tra gli stranieri o tra gli italiani.

Per come è stato ottenuto, il risultato ferrarese ha suscitato le critiche del volontariato ed è contestato sul piano giuridico dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi). Nella formulazione della graduatoria, il nuovo regolamento per la gestione delle case popolari, approvato dalla giunta ferrarese, riconosce infatti 0,5 punti per ogni anno di residenza nel comune dei soggetti che concorrono al bando.

È una scelta sulla quale è opportuno appuntare l’attenzione.

I regolamenti delle regioni

L’anzianità di residenza è diventata lo strumento principale per rallentare l’accesso alle case popolari di cittadini extracomunitari e cercare così di modificare il rapporto, a essi favorevole nel confronto con i cittadini italiani, nell’assegnazione degli alloggi.

Molte regioni richiedono un’anzianità di residenza minima per concorrere ai bandi per la casa (tabella 1). Come si può osservare non tutte le regioni condizionano la partecipazione alla maturazione di un’anzianità di residenza; ma quelle che lo fanno sono governate sia da maggioranze di centro-destra sia di centro-sinistra. Dove le regioni hanno prevista la condizione, essa deve essere, ovviamente, applica da tutti comuni: costituisce, quindi, una barriera all’ingresso da superare sempre e da cui i comuni non possono derogare.

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Alcune regioni attribuiscono agli anni di residenza degli aspiranti assegnatari anche un punteggio per stabilire la loro posizione in graduatoria (tabella 2). Non tutte le regioni che hanno regolamentato a livello regionale l’attribuzione dei punteggi hanno previsto di darne anche all’anzianità di residenza. L’Emilia-Romagna, di cui Ferrara fa parte, non ha emanato un regolamento con l’indicazione delle condizioni da considerare per la formazione della graduatoria (e dei relativi punteggi), lasciando il compito all’autonomia dei singoli comuni.

Con la sola eccezione della Basilicata, nelle altre regioni il punteggio cresce, in misura proporzionale o per scaglioni, con l’anzianità di residenza. Tutte, salvo la Valle d’Aosta, hanno indicato, però, un tetto ai punti riconosciuti all’anzianità. In alcune regioni, la rilevanza del punteggio è trascurabile; in altre può influire in misura significativa nella definizione della graduatoria. Ma quando non viene posto alcun limite, come in Valle d’Aosta, l’anzianità di residenza può completamente stravolgere la formazione delle graduatorie, fino a far diventare, biblicamente, gli ultimi primi e i primi ultimi perché il peso di questo singolo fattore può sovrastare quello di tutti gli altri messi insieme, rimescolando profondamente la posizione di ogni singolo concorrente al bando.

A rischio l’equità

È quello che potrebbe essere successo nel comune di Ferrara con l’applicazione dei nuovi criteri per il calcolo del punteggio, «ristabilendo così – scrive il sindaco – quella che noi chiamiamo equità sociale». Il sindaco non dice cosa intenda per equità sociale. Ma la scelta di non mettere un limite di punteggio all’anzianità di residenza rischia, in realtà, di svuotare di significato proprio il concetto di equità applicato all’assegnazione delle case popolari.

Equità vorrebbe, infatti, che l’assegnazione degli alloggi fosse fatta soddisfacendo per primi i nuclei famigliari che versano nelle condizioni di disagio più grave, valutato in base a caratteristiche che definiscono le loro difficoltà di vita, quali situazione economica, sistemazione abitativa, stati di salute e altre. Queste, che sono le ragioni solidaristiche che giustificano la creazione di un patrimonio di alloggi pubblici, rischiano di passare, invece, in secondo ordine quando nella griglia per la formazione della graduatoria si introduce un fattore privo di rilievo economico-sociale e gli si attribuisce una portata potenzialmente sproporzionata.

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Scelte come quelle del comune di Ferrara – o della Valle d’Aosta – hanno anche altre due conseguenze. Favoriscono inevitabilmente gli anziani a svantaggio dei giovani, e a prescindere dalla cittadinanza, giacché ne sono colpiti anche i giovani nativi. Poiché, poi, queste norme si applicano non solo agli italiani residenti nel restante territorio del paese, ma anche a quelli residenti negli altri comuni del ferrarese, possono essere di ostacolo alla mobilità territoriale delle persone appartenenti alle fasce meno abbienti della popolazione. La scelta rischia, dunque, di discriminare anche gruppi di italiani per nascita.

Gli amministratori dovrebbero considerare anche queste conseguenze, quando vogliono dare un peso all’anzianità di residenza nella formulazione delle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi. Non si tratta, ovviamente, di escludere del tutto il ricorso al parametro. Dargli un valore significa, in fondo, premiare il radicamento nel territorio di chi aspira ad avere una casa popolare ed è un riconoscimento al suo contributo, anche fiscale, alla comunità. Ma andrebbe posto un limite alla rilevanza da attribuire alla storicità della residenza; per esempio, stabilendo per essa un punteggio che non dovrebbe superare l’ordine di grandezza di quello riconosciuto singolarmente alla condizione economica o al disagio abitativo o ad altri indicatori che definiscono lo stato di bisogno degli aspiranti assegnatari.

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  1. Franco

    Equità sociale significa che chi è stato più a lungo sul territorio (italiano o extracomunitario che sia) e si trova in una condizione di disagio ha una prelazione. Funziona così anche in altre parti d’Europa e non vi è nessuno che si straccia le vesti.

  2. Savino

    Chi dichiara reddito zero o vicino a zero dovrebbe avvalersi, nei fatti, dei servizi sociali comunali. Meno ISEE più legame con chi fa la fila alla Caritas.

  3. leonardo romagnoli

    La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 44 del 2020, ha dichiarato illegittima la norma della Regione Lombardia che subordina l’accesso alle case popolari (ERP) al possesso del requisito della residenza ultraquinquennale.

    • Mahmoud

      Difatti una soluzione corretta non è l’esclusione tout court alle case popolari di chi non ha un certo requisito, la soluzione è assegnare un punteggio che consideri i fattori quali la durata della residenza per mettere ordine a graduatoria di libero accesso. Ci fossero più alloggi che richieste sarebbe assurdo difatti escludere del tutto dall’assegnazione chi avrebbe potuto arrivare ultimo ma idoneo anziché essere escluso a priori. Almeno finché si tratta di persona regolarmente soggiornante in territorio italiano. Sacrosanto però legare alla durata della residenza nell’ente che ci mette i soldi alla posizione in classifica. Se un Comune, Provincia, Regione (Stato?), deve spillare risorse giusto le vada a destinare prima a chi da più tempo appartiene a quel sistema sociale, rispetto all’ultimo arrivato. Ulteriore cosa scandalosa è di fatto l’impossibilità tecnica di stilare queste graduatorie senza poter conoscere se non per autodichiarazione i patrimoni detenuti all’estero da chi presenta domanda. Appare ad esempio che chi ha titolo a restare in Italia solo poiché presenta domanda di asilo sulla base del fatto che le sue ricchezze sono mira di nemici politici in Patria (!) poi veda assegnati alloggi popolari superando in graduatoria persone che, quantomeno nei Paesi di cui sono cittadini, è verificabile non posseggano alcunché.

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