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La pandemia? Dal centro si gestisce meglio

Benché abbia costi evidenti, la sospensione delle attività lavorative riduce i contagi e i decessi da Covid-19. E gli effetti positivi si fanno sentire anche nelle aree vicine. Ecco perché le scelte dovrebbero essere prese a livello centrale.

Vite salvate dal lockdown

I paesi nel mondo affrontano il contenimento del Covid-19 in maniera molto diversa tra loro. Alcuni governi hanno sospeso i settori produttivi per un dato periodo di tempo, laddove altri hanno scelto chiusure selettive di varia ampiezza; la governance delle politiche è stata regionale in alcuni casi, in altri orchestrata a livello nazionale.

Qual è la scelta ottimale? Anche in una crisi sanitaria, il fondamento logico si basa sulla presenza di esternalità produttive. Queste ultime si creano quando l’offerta al pubblico di beni e servizi trasmette il virus ben oltre gli individui direttamente interessati (l’imprenditore e gli impiegati). Visto che le aziende stesse non internalizzeranno mai il costo sociale del contagio su parti della popolazione che non lavorano (per esempio, anziani) o su aree geografiche circostanti, i privati faranno sempre scelte inefficienti, rendendo così necessario l’intervento pubblico.

In una ricerca recente, quantifichiamo l’efficacia della sospensione temporanea delle attività commerciali sul numero di decessi da Covid-19.

A marzo 2020, l’Italia è stato il primo paese in Europa a decidere un lockdown di tipo commerciale su diversi settori dell’economia. Il governo ha imposto dall’11 marzo la cessazione temporanea dei servizi ritenuti non essenziali (ristoranti, bar, negozi e servizi alla persona), corrispondenti al 17,6 per cento degli addetti al lavoro dipendenti e indipendenti. Dal 25 marzo, poi, altri settori sono stati aggiunti alla lista, equivalenti al 32,5 per cento della classe-lavoro. Per identificare i tassi di mortalità da Covid-19, invece, applichiamo una metodologia statistica sui dati (oggettivi) dell’Istat circa i decessi di fonte anagrafica.

I risultati evidenziano che la scelta di sospendere le attività aziendali si è rilevata efficace nel contenimento del virus e in definitiva nel salvare vite umane. In linea con i tempi mediani di marzo tra l’esposizione al virus e i primi sintomi (incubazione) e quelli tra sintomi e decesso, e considerando una leggera deviazione standard tra i casi, i primi effetti si verificano non prima del decimo giorno dall’introduzione del primo decreto. Il grafico 1 lo dimostra visivamente. I comuni maggiormente affetti (linea blu) sono caratterizzati da un calo più pronunciato nei tassi di mortalità rispetto ad altri comuni (linea rossa).

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Grafico 1

 

 

Dalle nostre stime risulta che una sospensione di media intensità salva circa 15 persone ogni 100 mila abitanti. L’analisi empirica svolta dimostra che, in un lasso di tempo di 24 giorni, il primo decreto ha salvato circa 9.500 vite in Italia.

Tuttavia, la seconda chiusura non si è dimostrata efficace quanto la prima. Un’interpretazione potrebbe essere che appena un’epidemia è già abbastanza sotto controllo, ulteriori sospensioni sono meno efficaci (per unità) nel ridurre la diffusione del virus. In ogni caso, prendendo in prestito le stime sul valore statistico medio annuo di una vita, si può dedurre che misure di questo tipo arrecano anche vantaggi economici. Nel caso italiano, si possono quantificare in una cifra di importo superiore a nove miliardi di euro.

Effetti sulle aree vicine

La nostra analisi documenta anche che l’intensità marginale dei benefici non è lineare, bensì decrescente. Quando confrontiamo l’efficacia tra comuni con diversa esposizione alla misura nazionale, troviamo che l’efficacia marginale nei comuni con il settore più basso all’esposizione è circa tre volte superiore a quella media di tutti i comuni. Poiché i benefici variano anche tra settori (chiudere alcuni è più efficace che chiuderne altri), i nostri risultati parlano ampiamente a favore di sospensioni mirate rispetto a chiusure uniformi.

Infine, le chiusure obbligatorie influiscono sulla diffusione del virus al di fuori delle persone che lavorano (15-64 anni) e del comune stesso. A causa del pendolarismo da lavoro, anche gli anziani e le aree limitrofe beneficiano della sospensione di attività commerciali avvenute in un dato comune. Questi benefici sono di portata sostanziale e non possono essere ignorati.

Tutto ciò comprova che esistono effetti positivi che superano i soggetti dell’impresa stessa. Dopotutto, l’esistenza di diverse forme di ricadute positive suggerisce la necessità di centralizzare le decisioni sulle misure di contenimento, o perlomeno di coordinarle tra comuni e province vicine, invece di lasciare che le singole parti facciano scelte indipendenti.

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Lavoratori in lockdown: cambia la distribuzione dei redditi*

  1. Savino

    Nella prima ondata occorreva circoscrivere, laddove c’erano aree ampie a zero contagi o quasi, che sono state chiuse lo stesso, generalizzando in modo inspiegabile. In quella fase, bisognava pervenire a forme di commissariamento vero e proprio di Regioni come Lombardia e Piemonte. La seconda ondata nasce da irresponsabilità di Presidenti di Regioni come Sardegna o Puglia che hanno consentito di tutto in estate. Nelle aperture, la scuola doveva avere priorità anche nei comportamenti individuali e in famiglia. Il titolo quinto va abrogato, la sanità va tolta dalle golosità negli appalti degli affaristi regionali, come va abrogata la forma di Governo presidenzialista alla sudamericana e presenzialista delle Regioni. Gli enti regionali devono solo occuparsi di sagre paesane e valorizzazioni del territorio, non avendo nemmeno il personale specifico competente per trattare una materia delicata come la sanità.

  2. Alberto Isoardo

    Mi sembra un’analisi Superficiale anche prescindendo dal fatto che non è scritto in alcun luogo che i diritti garantiti costituzionalmente possano essere uno a detrimento dell’altro.
    Inoltre la conseguenza di far schizzare il debito tra il 150 ed il 160% avrà come conseguenza una pressione incredibile sui redditi nei prossimi anni e quindi un impoverimento generalizzato non appena le misure di sostegno, comunque insufficienti, verranno ritirate.
    Considerato l’altissimo numero di decessi in Italia sarebbe molto più saggio evitare lockdown generalizzati e ritengo anche illegali perchè lo stato non può impedirti di lavorare senza indennizzarti in toto di quanto perso. Senza contare l’alta percentuale di lavoro nero in Italia che avrebbe sconsigliato a qualsiasi politico con una mission ed una view su dove andare, di adottare tale decisione.
    L’insipienza delle scelte politiche ha reso ostaggio il Paese di tecnici che, senza un bilanciamento del rapporto costo/benefico non possono che fare danni. Monti docet!
    Le regioni avranno anche sbagliato ma basta vedere cosa il governo sta organizzando per Natale per capire che con questa gente centralizzare è tutt’altro che un vantaggio.

    • bob

      non si preoccupi a “ricentralizzare” la questione non ci penserà Roma ma ci penseranno a breve altri soggetti . Posso comprendere la malafede della misera politica. Faccio fatica a capire come si possa seguitare a pensare di mandare avanti un “sistema- Paese” con 21 Pro- Loco. Veramente faccio fatica. Può spiegarmelo?

  3. stefano

    Già nella prima ondata abbiamo assistito alla pagliacciata dei codici ateco dove imprese che non c’entravano nulla con i settori essenziali sono riuscite a stare aperte, io stesso ho denunciato alla Asl l’azienda dove lavoro perché sapevo bene che non aveva in realtà nessuna attività essenziale. Nella seconda ondata si è deciso di chiudere solo lo svago, ed ecco che i morti stanno raggiungendo cifre indicibili per saziare il portafoglio di pochi prenditori.

  4. Enrico

    Spero che la pandemia ci abbia convinti definitivamente che la maggior parte dei fenomeni ignorano i confini amministrativi e quindi devono essere gestiti a livello centrale, alla faccia di federalisti e sovranisti. Oltre ai virus, sembrano particolarmente ignoranti in geografia l’occupazione e la disoccupazione, la crescita economica, la sanità, l’istruzione, i trasporti, l’ambiente, ecc. Tutte materie improvvidamente “devolute” agli enti locali in base ad un puro pregiudizio ecologico ed a tattiche politiche di breve respiro. Forse è il caso di rivedere quelle scelte.

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