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Cassa depositi e prestiti, cosa fanno gli omologhi europei

Il ruolo di Cdp, sempre più protagonista in questo periodo di crisi da pandemia, ripropone al centro del dibattito la questione dell’intervento pubblico nell’economia. Ma come funziona in Francia, Spagna e Germania? E quali le alternative?

Cassa depositi e prestiti è stata protagonista nell’ultimo periodo di alcune vicende fondamentali in settori considerati strategici come la fibra ottica e le infrastrutture autostradali, e dovrebbe gestire presto le ingenti risorse del Fondo Rilancio per promuovere la crescita del paese anche nel lungo periodo. Si rende quindi utile un confronto con i principali istituti che in Europa svolgono attività simili a quelle di Cdp, per comprendere meglio il ruolo sempre più importante che sta ricoprendo nel nostro paese. È infatti attraverso Cassa depositi e prestiti che lo stato sta intervenendo nell’economia, giocando un ruolo che va oltre le misure dirette (come la detenzione di partecipazioni rilevanti) e indirette (come la concessione di finanziamenti agevolati per l’innovazione) di sostegno alla crescita delle imprese.

Cdp sempre più protagonista

Cassa Depositi e Prestiti, formalmente una Spa, è un’istituzione finanziaria controllata all’83 per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il restante 16 per cento (escluso un 1 per cento di azioni proprie) è costituito da partecipazioni private detenute da fondazioni bancarie, enti privati sottoposti al controllo del Mef, entrati nell’azionariato della Cassa con un decretolegge del settembre 2003. Cdp è a tutti gli effetti uno “strumento per promuovere la crescita del paese”: tra le sue attività principali vi sono il finanziamento della Pa e il supporto allo sviluppo delle Pmi e delle imprese italiane, oltre che la promozione di iniziative immobiliari e infrastrutturali di aziende italiane tramite investimenti strategici. Il tutto è finanziatprincipalmente attraverso libretti e buoni fruttiferi postali.

Con la legge di stabilità del 2016 Cdp ha assunto il ruolo di Istituto di promozione nazionale, che viene definito dalla Commissione europea come una entità legale che ha il mandato da parte dello stato di promuovere lo sviluppo a livello locale, regionale o nazionale attraverso attività finanziarie. Questo ha reso possibile il recepimento da parte della Cassa dei fondi del Piano Junker per le imprese e ha consolidato la sua posizione sul piano nazionale. Già nel 2018 il totale dell’attivo ammontava a 410 miliardi di euro e l’utile netto di esercizio superava il miliardo.

Nell’ambito del Piano industriale 2019-2021, Cdp ha messo in campo diversi tipi di strumenti di intervento a favore delle imprese, in termini di finanziamenti, di equity e di garanzie, a cui si aggiungono le misure straordinarie per la liquidità legate alla crisi economica da Covid-19. In totale, la cassa si impegna a veicolare nel triennio 83 miliardi di euro, per sostenere circa 60 mila imprese e favorire la crescita economica. Finanziamenti ed equity, in particolare, sono veicoli dalle implicazioni profondamente diverse: i primi garantiscono infatti prestiti agevolati legati a precisi tipi di investimenti (in innovazione, ricerca e sviluppo sostenibile) o a esigenze di liquidità; la seconda comporta un ingresso diretto nel capitale delle aziende, con annessi effetti sui diritti di proprietà.

Negli ultimi mesi Cdp è stata più volte al centro dell’attenzione mediatica nazionale, per varie ragioni. Nell’ambito della vicenda Aspi, era previsto un impegno tra i 3 e i 4 miliardi, ma le recenti evoluzioni della vertenza hanno messo in forse l’intera operazione. In merito all’accordo tra Tim e OpenFiber, poi, è stata chiamata in causa in quanto azionista in entrambe, per cui l’intervento del governo avverrebbe tramite la Cassa stessa. E ancora, il progetto per la vendita da parte di Lse di Borsa italiana prevede che Cdp debba detenere l’8 per cento della holding Euronext, al pari della Caisse Des Dépôts et Consignations francese, segnando un ingresso pubblico anche nella gestione dei mercati finanziari. Solo pochi giorni fa, infine, è stato dato il via libera alla fusione tra Nexi e Sia, e Cdp deterrà indirettamente una quota complessiva del nuovo gruppo del 25 per cento.

Lo stato italiano ha posseduto in passato partecipazioni rilevanti nell’economia italiana, per esempio attraverso l’Iri. Nel secondo dopoguerra il modello di “economia mista” si rivelò in principio vincente, per poi cadere però preda di meccanismi politici che finirono per minarne l’efficienza. Alla luce di questa passata esperienza di dirigismo statale, risulta perciò interessante vedere se ci si stia muovendo in una simile direzione. La tendenza di oggi verso una maggiore partecipazione dello Stato nell’economia, infatti, vede tra i protagonisti anche Cassa depositi e prestiti, che sta ricoprendo un importante ruolo di promozione con investimenti che richiederanno un impegno non solo nel breve termine.

Le “casse” in Europa

Gli Istituti di promozione nazionale di Germania, Francia e Spagna sembrano in parte avere compiti similiKreditanstalt fuer Wiederaufbau (KfW), la banca pubblica tedesca, è quella che si avvicina di più a Cassa Depositi e Prestiti per volume di affari. Si finanzia sui mercati finanziari con l’emissione di titoli e bond che godono della completa garanzia dello stato federale, situazione che rende possibili prestiti e attività potenzialmente molto maggiori di Cdp (il cui rating di lungo periodoassegnato da Fitch e da Standard&Poor’s, rimane intorno al BBB, mentre per KfW è AAA). Nonostante questo, l’attivo non supera di molto quello del nostro istituto (vedi tabella 1).

KfW è stata uno dei principali motori dello sviluppo industriale tedesco nei decenni passati, trasformando i capitali raccolti sui mercati finanziari in crediti per investimenti in settori strategici e produttivi come le infrastrutture, l’edilizia sociale e le energie rinnovabili. Anche l’istituto tedesco, come quello italiano, finanzia progetti a lungo termine e promuove lo sviluppo delle imprese nazionali. A differenza di Cdp, però, KfW è una banca di sviluppo pubblica e opera anche attraverso il controllo di una banca (KfW Ipex-Bank) e seguendo le regole – diverse – degli istituti di credito.

La francese Caisse des dépôts et consignations e l’Instituto de Crédito Oficial spagnolo sono entrambi istituti finanziari pubblici, il secondo di tipo bancario. Similmente a Cdp, agiscono per conto dello stato in alcune materie di interesse generale e i loro mandati non differiscono di molto: in Spagna vi è una particolare attenzione alle Pmi e allo sviluppo sociale e ambientale, oltre che economico, mentre in Francia l’accento si sposta sulle infrastrutture e il finanziamento edilizio. La Cdc opera anche come polo finanziario in regime di concorrenza: il controllo è pienamente in mano statale, con la governance affidata a un’apposita commissione di sorveglianza. L’Ico, oltre ad agire come agenzia finanziaria statale, possiede varie partecipazioni in enti e fonti specializzati nella gestione di fondi di capitale e nell’erogazione di credito alle imprese. Entrambi gli istituti, però, gestiscono somme decisamente inferiori ai loro omologhi tedesco e italiano. Il bilancio dell’intero gruppo francese a fine 2019 registrava 180,6 miliardi di euro di attivo con un utile per lo stato di 1,4 miliardi, mentre l’eccedenza in bilancio per il gruppo spagnolo non superava i 32 miliardi. L’utile netto dell’Ico è persino diminuito di circa 0,2 miliardi dal 2018.

Strumenti per la ripartenza

In risposta alla crisi economica causata dal Covid-19 vi è stata una mobilitazione di ingenti risorse da parte di tutti e quattro gli Istituti di promozione nazionale, che saranno rilevanti anche per la risoluzione di problematiche di lungo periodo. Tra le misure messe in atto da Cdp vi è stata l’emissione del primo “Covid-19 Social ResponseBond”, in due tranche, destinato a sostenere imprese ed enti territoriali in difficoltà.

KfW a giugno aveva invece garantito crediti per 33,6 miliardi di euro e sul totale delle domande ricevute il 97 per cento proveniva da Pmi. Parte degli aiuti per rispondere alla crisi sono diretti alle start-up, mentre vi sono anche misure dedicate agli studenti, a cui vengono offerti prestiti a interessi zeroCdc ha introdotto un piano di investimenti da 26 miliardi per rilanciare l’economia, con ambiti di intervento diversificati tra cui la transizione ecologica ed energetica e l’edilizia. Il gruppo, anche tramite la controllata BpiFrance, ha raccolto finanziamenti sul mercato dei capitali per varie misure di sostegno alla liquidità e di rilancio di specifici settori, tra cui quello turistico. Anche Ico ha attivato una serie di linee di credito rivolte a imprese e professionisti, specificamente disegnate per contrastare la crisi da Covid-19, mentre altri strumenti già presenti come il fondo pubblico di venture capital, sono stati ampliati per far fronte alle esigenze del momento.

Le “casse” longa manus pubblica

Il ruolo degli Istituti di promozione nazionale sembra quindi aver acquisito importanza negli ultimi anni, non solo all’interno del nostro paese. In tempi di crisi, gli stati si affidano alle loro casseforti per garantire liquidità ed effettuare investimenti strategici altrimenti insostenibili per il bilancio pubblico. Questo sembra essere in particolare il caso di Cassa depositi e prestiti, i cui asset sono andati aumentando negli ultimi anni proprio per riflettere un compito sempre più fondamentale, di rilancio delle imprese e promozione della crescita nei settori strategici dell’economia: ci si può pertanto aspettare che, in continuità con il recente passato, attraverso di essa l’intervento pubblico nei prossimi mesi andrà al di là del semplice sostegno alla ripresa.

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  1. Roberto Tasca

    Opportuno e condivisibile il ruolo degli Istituti di Promozione nazionale. A mio parere restano due domande a cui la Politica dovrebbe rispondere. La prima riguarda la coerenza tra finalità istituzionali, politica economica del paese e portafoglio di interventi a titolo di capitale e di credito. La seconda riguarda la coerenza tra Fonti ed Impieghi, in una logica di rischio-rendimento-benessere per la collettività dei prestatori. Su questi aspetti sarebbe interessante un lavoro parlamentare che consentisse di dibattere i temi pubblicamente.

  2. Savino

    Questa manus è troppo longa. Prima lo Stato non fa la revisione e la corretta allocazione della spesa per individuare le priorità negli investimenti e, poi, allunga le mani sui risparmi in buoni fruttiferi dei cittadini.

  3. Rachele

    Ho lavorato in seno alla Commissione Europea con vario personale tecnico e manageriale sia di KfW che di CdP. I volumi gestiti saranno simili, ma la differenza di competenze, conoscenze, ed etica del lavoro è abissale. Che i risparmi dei ccp alimentino la principale banca di sviluppo bilaterale italiana è un paradosso: la nonnina che finanzia l’arroganza del funzionario italico che non parla nemmeno inglese alla tavola dei negoziati… mah?

    • Cesare

      Interessante quello che dice. Percepisco che qualcosa non funziona come dovrebbe e che non ha mano libera negli investimenti come si lascia credere ma può essere un po’ più esplicito per farmi capire meglio, grazie mille

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