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Al decreto semplificazioni manca la semplicità

Il decreto legge sulle semplificazioni manca di un disegno complessivo chiaro, coerente e completo. Le materie regolate sono troppe e le misure di semplificazione si mescolano con quelle di emergenza. Cambia il procedimento, ma non l’organizzazione.

La semplificazione in 65 articoli

Il decreto legge n.76/2020 (“Misure per la semplificazione e l’innovazione digitale”) occupa un posto a sé stante nella storia ormai trentennale delle leggi di semplificazione, in ragione della vastità della disciplina dettata: consta, infatti, di 65 articoli e due allegati, preceduti da una lunga e dettagliata relazione di presentazione di ben 137 pagine.

Alla vastità della regolamentazione, tuttavia, non si accompagnano la chiarezza, la coerenza e la completezza del disegno complessivo. Le materie regolate sono troppe; si mescolano interventi di semplificazione e interventi di emergenza; alle poche disposizioni di carattere generale, si affiancano numerose disposizioni dettate per singoli settori o, nell’ambito di essi, per singoli procedimenti; misure di semplificazione si combinano con misure che con la semplificazione nulla hanno a che fare; alla semplificazione amministrativa non si accompagna quella normativa; la semplificazione riguarda il procedimento, non l’organizzazione amministrativa; non viene approntata una organizzazione di governo o amministrativa per la guida e l’attuazione del complesso intervento normativo avviato.

Un lungo elenco di materie trattate

Innanzitutto, per avere contezza della vastità delle materie trattate, è sufficiente scorrere rapidamente il sommario del decreto legge. È diviso in quattro titoli, che riguardano la semplificazione in materia di contratti pubblici e di edilizia; le “semplificazioni procedimentali e responsabilità”, con all’interno disposizioni tra loro molto eterogenee; la semplificazione per il sostegno e la diffusione dell’amministrazione digitale; le “semplificazioni in materia di attività di impresa, di ambiente e di green economy”.

Qualche rapido riferimento può essere fatto al contenuto di due tra le disposizioni più importanti e, comunque, più discusse. Quella dell’articolo 1, dettata per incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, per fronteggiare le conseguenze del Covid-19: prevede che le stazioni appaltanti procedano all’affidamento delle attività di progettazione e di esecuzione di lavori e servizi di importo inferiore alle soglie comunitarie mediante procedure semplificate. Quella dell’articolo 21 sulla responsabilità erariale: fino al 31 luglio 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è limitata al solo profilo del dolo per le azioni compiute e non anche per le omissioni: in questo modo, i dipendenti pubblici corrono maggiori rischi di incorrere in responsabilità nel caso in cui omettano di fare qualcosa, che non nel caso in cui facciano, dove la responsabilità è limitata al dolo.

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In secondo luogo, gli interventi di semplificazione si confondono con quelli di emergenza. Accanto a misure che riformano, semplificando stabilmente, la disciplina di alcuni procedimenti, ce ne sono altre che introducono misure in deroga o misure di semplificazione temporalmente delimitate. Un esempio del primo tipo è nel complesso delle disposizioni preordinate ad accelerare e a semplificare le procedure edilizie (articolo 10). Un esempio del secondo tipo, invece, si ha nel caso delle procedure di affidamento di infrastrutture e di servizi pubblici “sotto soglia”, le deroghe previste trovano infatti applicazione fino al 31 luglio 2021.

Alle misure di semplificazione si accompagnano poi misure che perseguono finalità diverse e di dubbia coerenza con l’impianto del decreto: si pensi, tra le altre, a quelle sulla stabilità finanziaria degli enti locali e a quelle sull’ordinamento giuridico ed economico del corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Solo poche disposizioni hanno portata generale (principalmente, quelle con le quali si introducono modifiche alla disciplina del procedimento della legge 241/1990). Tutte le altre hanno carattere settoriale: riguardano, cioè, blocchi di materie (si pensi a quelle sulla amministrazione digitale) o specifici tipi di procedimento (per esempio, quelli di semplificazione degli interventi di ammodernamento o di realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili).

Vi sono, infine, tre caratteristiche “in negativo” del decreto legge. Non si semplificano le norme né si fa ricorso alle tecniche di delegificazione, pur ampiamente utilizzate nei precedenti provvedimenti di questo tipo. Si semplifica l’attività, ma non l’organizzazione: non si sopprimono organismi esistenti, ma se ne istituiscono di nuovi e si attribuiscono compiti a uffici esistenti. Non si identifica un unitario centro politico-amministrativo deputato alla guida e alla attuazione della riforma.

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  1. Savino

    Qui si fanno solo annunci e slide, si fanno solo stati generali da kermesse, da ogni fonte politico-amministrativa, di attuale maggioranza o di attuale opposizione da spiaggia. Questi non hanno compreso le difficoltà del Paese reale e le necessità che richiedono riforme strutturali vere. Questo non è il reality show della campagna elettorale e non è lo share dei sondaggi. Il lockdown (probabilmente scongiurabile nei termini drastici in cui lo abbiamo subito) ha messo in difficoltà economiche, sociali, psicologiche e perfino mediche, per altre patologie, milioni di persone. Mi pare stucchevole continuare a specularci su. Si semplifica anche e soprattutto ringiovanendo strutture, motivando persone, dando speranza ed entusiasmo quale nuova linfa ai settori pubblici (sanità, scuola, p.a., ricerca, giustizia ecc.). Nulla di tutto ciò, si fanno solo nomine di raccomandati ai servizi segreti (anche la Meloni è pronta a farle coi generali nel suo partito) e al Ministero degli Esteri e si fanno solo operazioni losche con Cassa Depositi e Prestiti. Fra un pò Di Maio si fa pure il suo partito personale così diventa il re della casta. Ma siete ancora convinti che questo populismo stia con la povera gente?

  2. Henri Schmit

    Geniale il titolo! Bello l’articolo! Siamo in pieno paradosso della democrazia! Un circolo vizioso, un regresso all’ finito.

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