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Stampare moneta, l’ultimo tabù

La fine della crisi ancora non si vede e il presidente della Fsa propone di stampare moneta per finanziare politiche fiscali espansive, rompendo un tabù. La sua efficacia non è garantita e i rischi non sono trascurabili. Il solo fatto che se ne discuta è un segnale della gravità della situazione.

UNA CRISI INFINITA

Che cosa si può fare per uscire da questa crisi lunga e dolorosa iniziata nel 2008? Che cosa possono fare i governi per dare una speranza ai giovani che non trovano lavoro? O, nelle parole di Adair Turner, presidente della Financial Services Authority, nel suo recente discorso alla Cass Business School di Londra, come si esce da questo pasticcio? Le proposte di Lord Turner derivano dalla sua analisi sulle cause della crisi, che sono in realtà piuttosto condivise, ormai. Quella che stiamo vivendo è una “balance sheet recession”, cioè una crisi dovuta all’eccesso di indebitamento del settore privato, legata allo scoppio della bolla immobiliare. Il livello eccessivo di indebitamento spinge le famiglie a risparmiare e a non consumare, le imprese a non investire e le banche a ridurre l’offerta di credito. Ovviamente questi fattori si rafforzano reciprocamente, contribuendo a peggiorare la crisi. Inoltre, per salvare le banche, piene di titoli legati ai mutui e quindi con un valore fortemente ridotto, i governi hanno dovuto fare interventi volti a ricapitalizzarle, così accrescendo il debito pubblico e quindi l’onere fiscale che in prospettiva grava sulle famiglie.

Le banche centrali, sia la Fed che la Bce, partendo da una situazione di tassi di interesse molto bassi, hanno reagito con mezzi non convenzionali. Da una parte dell’Atlantico ci sono stati il quantitative easing (Qe), cioè una politica di acquisti di debito pubblico da parte della Fed per ridurre i tassi a lungo termine, e una politica di comunicazione volta a rassicurare gli operatori economici che i tassi resteranno bassi anche nel futuro. Da questa parte dell’Oceano, Mario Draghi ha fatto un’operazione di rifinanziamento delle banche europee (Ltro) in due tranche per quasi mille miliardi di euro per impedire che si chiudesse il rubinetto del credito per famiglie e imprese. Anche la Bank of Japan verrà “indotta” dal nuovo premier, Shinzo Abe, ad adottare una politica monetaria più espansiva.

Ma le prospettive di crescita per il 2013 sono modeste per gli Usa e quasi nulle per l’Eurozona. La ragione, secondo Turner, è che le riduzioni dei tassi di interesse sono destinate a restare inefficaci: non si esce da una crisi di eccesso di debito con altro debito. In altre parole, è la domanda che manca. Non per niente l’effetto più rilevante delle politiche monetarie espansive sembra essere il deprezzamento del tasso di cambio e quindi lo stimolo alle esportazioni. La possibilità di “guerre valutarie”, cioè di una corsa alla svalutazione delle monete, è uno dei temi di cui si dibatte in questi giorni.

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IL TABÙ MESSO IN DISCUSSIONE

I libri di testo hanno un rimedio chiaro per le crisi di domanda aggregata: l’intervento dello Stato con misure volte sia ad acquistare di beni e servizi (per esempio, infrastrutture) sia facendo trasferimenti agli individui e alle famiglie in difficoltà. Ma i salvataggi delle banche e gli interventi per gli ammortizzatori sociali hanno appesantito il debito pubblico degli Stati che ora non riescono né a spendere né a ridurre il carico fiscale su famiglie e imprese senza fronteggiare il problema della sostenibilità di tale debito.

Insomma, la politica monetaria da sola non può bastare e quella fiscale sembra essere inibita. Cosa si può fare allora? La risposta di Turner è che in queste condizioni abbiamo l’obbligo di discutere anche di quelli che sono i nostri tabù economici, compresa la possibilità di monetizzare il deficit. In altre parole, Turner propone che i governi usino una politica fiscale espansiva facendo finanziare il risultante deficit dalle banche centrali (il termine tecnico è Overt Monetary Finance o Omf).

Le differenze tra la proposta di Lord Turner e le politiche di Qe e Ltro sono due, come spiega il Financial Times. La prima è che nell’Omf l’espansione della base monetaria sarebbe permanente e non temporanea. La seconda, più cruciale, è il ricorso a una politica fiscale espansiva e quindi a nuovi deficit. Ma se il “lancio della moneta dall’elicottero” è così potente, perché finora non è stato preso in considerazione? Innanzitutto perché un’espansione dell’offerta di moneta rischia di creare inflazione. Non dimentichiamo che l’esperienza degli anni Settanta aveva portato sia i politici che gli economisti a cercare di contenere l’inflazione allora galoppante rafforzando l’autonomia delle banche centrali e affidando loro il chiaro mandato di mantenere la stabilità dei prezzi. In Italia il cosiddetto “divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia risale al 1981. (1) La Germania, poi, che ha sperimentato l’iperinflazione negli anni tra le due guerre, sembra avere nel suo Dna una totale avversione verso ogni misura che possa spingere verso l’alto inflazione. Ma, ribatte Lord Turner, una moderata inflazione aiuterebbe ad abbattere i rilevanti debiti pubblici accumulati in questi anni da diversi paesi. D’altra parte, esiste la possibilità che la politica di Omf cambi in modo radicale verso l’alto le aspettative di inflazione. Una volta che il genio è uscito dalla lampada, è difficile rimettercelo. La seconda ragione contro la proposta di Lord Turner è che, indebolendo il legame tra deficit e debito pubblico, l’Omf potrebbe indurre i governi a espandere ulteriormente la spesa pubblica, con il conseguente spreco di risorse che in Italia conosciamo bene.

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Gli argomenti a favore del mantenimento del tabù non sono certo deboli e anzi secondo molti economisti sono più forti di quelli opposti. I trattati europei recepiscono in toto il tabù e il recente fiscal compact va nella direzione opposta a quella suggerita da Lord Turner. Lo stesso proponente riconosce che la sua ricetta potrebbe non essere quella giusta in tutti i paesi. Il fatto stesso che oggi si ridiscutano quelle che sembravano lezioni acquisite da molti anni è forse l’indicatore più attendibile della gravità della crisi che stiamo vivendo.

(1) Val forse la pena di ricordare che nel dibattito della fine degli anni Settanta a favore del divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia si espresse con vigore un giovane professore di economia che poi gli italiani avrebbero conosciuto come uomo politico, il senatore Mario Monti.

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47 commenti

  1. matteo

    Articolo molto interessante, ma noi italiani abbiamo già visto gli effetti dell’ Omf negli anni ’70, con una crescita consistente accompagnata da una altrettanto consistente inflazione.

  2. Alessandro

    Sarebbe ora….anche ai piani alti iniziano ad accorgersene.
    Il modello andrebbe però corretto perchè esistono spese giuste e spese sbagliate…e finanziando dall’elicottero le spese sbagliate si rischia di perdere il controllo.
    Per questo motivo la BCE dovrebbe semplicemente garantire l’acquisto del debito pubblico a lunga scadenza fino ad un limite (il 60% del PIL dovrebbe andare bene) lasciando al mercato il restante.
    Per avere quest’acquisti bisognerebbe però imporre i parametri di buona gestione: essere al di sotto di una soglia di PIL (35% direi io) per le spese correnti e avere un deficit in linea con l’inflazione se il debito è sotto soglia (quel 60%) oppure di 1-2 punti sotto il livello di inflazione + tasso mercato del restante debito se si è sopra.
    In questo modo di colpo per esempio gli interessi sul debito italiano si abbatterebbero a 40 mld, ma al contempo si obbligherebbe il governo italiano a mantenere sano il bilancio, inoltre si liberebbero per le banche europee almeno altri 1000 mld che dovrebbero obbligatoriamente essere investiti in economia reale l’unico modo per consentire alle banche di liberarsi di parte del debito pubblico.
    Sembra semplice e senza controindicazioni? Possibile che nessuno ci pensi? Oppure dove sbaglio?

  3. Piero

    Non è l’eccesso di debito privato ma è quello pubblico la causa della crisi in Europa, gli stati euro non avendo una banca di ultima istanza che hanno sostenuto i loro debiti pubblici hanno provocato la crisi attuale, come se ne esce? Curando la causa, con una politica di acquisto sul secondario dei titoli statali paesi euro di circa il 50% del totale in dieci anni sono circa 500 mld all’anno, si risolve il problema, le banche tornano a fare il loro mestiere, le imprese hanno la moneta per produrre ecc, il debito delle famiglie non è’ eccessivo, se hanno contratto mutui per acquistare gli immobili ed arriva la crisi immobiliare, si avrà un aggiustamento sul prezzo degli immobili ma nulla di più, al contrario oggi stiamo assistendo ad una decimazione di piccole aziende ed un aumento della disoccupazione.

    • Fla

      La crisi europea è una crisi da debito privato. Lo prova il fatto che prime dello scoppio, tutti i debiti pubblici europei erano in calo. La riprova finale è che i primi ad andare in crisi sono stati paesi, come l’Irlanda o la Spagna, con debiti pubblici esigui. Il problema è il debito privato, finanziato da investimento estero.

  4. LeM

    Sarà anche un tabù, ma continuare sulla stessa strada senza cercare di dare una sterzata quando si sta marciando dritti verso il precipizio non mi sembra una grande strategia.
    Oggi l’europa sembra appunto uno struzzo, che infila la testa sotto la sabbia (ma lascia fuori un’altra delicata parte anatomica, ed è la nostra, purtroppo).
    Occorre osare di più, altrimenti tra breve prevarranno quelli che gridano all’uscita dall’euro e alla fine dell’europa…

  5. meno stato per tutti

    io sono solo un semplice ragioniere, e dal mio semplice punto di vista, le porgo una domanda alla quale io non so dare risposta.
    nel momento che uno stato svaluta la moneta, tramite QE oppure tramite OMF, che alla fine non mi pare portino a risultati molto differenti tra loro, chi è che paga tale svalutazione?
    lo stato ci guadagna certo, avere debiti svalutati è un gran bel guadagno, ma quei debiti corrispondono a qualcuno che vanta un credito. a questo punto sorge l’empasse, ovvero perchè si parla sempre di azioni per sistemare il debito e non si parla mai di azioni per proteggere i creditori, ovvero coloro che effettivamente hanno prestato la loro ricchezza?
    io non ho fatto l’università, ma se i libri di testo insegnano che per combattere le crisi di domanda aggregata serve l’intervento dello stato, allora nel mio cv devo mettere chiaramente scritto “ho studiato economia dalla vita e non all’università, fortunatamente”.
    saluti.

  6. Alberto

    Che l’Euro e il mantra del debito pubblico siano una truffa a tutti gli effetti, ai piani alti è ben noto: sarebbe però ora di rendere edotta di tale crimine tutta la popolazione. Il debito pubblico affidato direttamente alle banche, su cui queste lucrano abbondantemente, è uno scandalo che appare normale solo a noi, gente ormai disabituata a ragionare: dal 1990 ad oggi abbiamo un avanzo primario cumulativo di più di 500 miliardi di euro, ma il debito continua a salire a causa esclusivamente degli interessi (vedasi tabelle ISTAT). Gli stati a moneta sovrana, guardacaso, non hanno nessun problema di questo tipo.

  7. Mario Rossi

    Una piccola considerazione: Non mi sembra adeguato affermare che “solo con l’OMF” si crea moneta in modo permanente, perché la letteratura economica è chiara sul fatto che un aumento di moneta che sia percepito come interamente temporaneo viene semplicemente assorbito dai mercati e non modifica variabili economiche come le aspettative di inflazione e di crescita (questo è, in soldoni, l’argomento con cui Paul Krugman definisce inefficace una politica espansiva quando i tassi sono a zero). Quindi, se ne deve dedurre che qualsiasi operazione efficace di politica monetaria (QE compreso!) funziona modificando le aspettative su quanta massa monetaria sarà stampata in modo “permanente”. Ciò, detto per inciso, è del tutto compatibile con una “uscita” formale dal QE una volta recuperati tassi nominali positivi. L’OMF sembra un’operazione in parte cosmetica e, per l’appunto, non priva di rischi reali dal punto di vista istituzionale. Forse l’unico vantaggio è di indurre le banche centrali ad essere più audaci nel raggiungimento degli obiettivi macroeconomici che ad esse già competono.

  8. Uscire dall’euro e stampare moneta? “La sua efficacia non è garantita e i rischi non sono trascurabili.”…Ma penso che sia una via di salvezza di gran lunga preferibile alla sciagura finanziaria che si prospetta, e un modo per sganciarsi dalla Germania prima che affondi l’intera Europa per il suo complesso di inflazione d’anteguerra. Mi pare del resto che USA e Giappone si stiano muovendo in questa direzione.

  9. Fla

    L’articolo del professor Panunzi è apprezzabile. A mio umile avviso però, non gli rendono merito le affermazioni sull’inflazione. Innanzitutto vorrei capire come sia possibile che la monetizzazione del deficit, in una crisi depressiva come quella europea e con un output gap importante ed elevata disoccupazione, possa tradursi in inflazione. Voler dire che la monetizzazione del debito crea inflazione rimanda alla Teoria quantitativa della moneta. La moneta nei sistemi capitalistici moderni è endongena, ed ha 3 funzioni: misura di valore, mezzo per regolare le transazioni, riserva di valore. Come può quindi creare inflazione se quest’ultima è meramente la variazione da un periodo T0 a T1 di un indice aggregato dei prezzi?E da cosa sono formati i prezzi, se non dai costi sostenuti dall’impresa per la creazione dei beni? Ecco quindi che dire che la monetizzazione del deficit (che al massimo può servire alla spesa pubblica per investimenti,ospedali, infrastrutture) non centra molto con l’inflazione. Inoltre dire che le banche centrali indipendenti hanno il merito del calo dell’inflazione post anni ’70 è fuorviante. Fra il ‘73 e il ‘74 il prezzo del petrolio quadruplicò, poi fra il ‘78 e il ‘79 raddoppiò, così che il Dubai Fateh, fermo a 4$ al barile dal ‘60 al ‘70, nel ‘80 stava a 70$. Ecco spiegata l’inflazione degli anni ’70, che non è per nulla collegata alla monetizzazione del deficit. Il successivo calo del prezzo del petrolio, portò con sè al ribasso anche…

  10. Roberto Marchesi - Dallas, Texas

    Mi vedo pienamente d’accordo con Lord Turner, ma, pur non entrando nei dettagli tecnici da lui proposti, io sono di questo parere da circa due anni, cioe’ da quando Msr. Trichet ha fatto il madornale errore di alzare i tassi europei anzitempo proprio per evitare (lui diceva) una inflazione che non era ne’ presente ne’ latente. Le disgrazie dell’Europa sono cominciate da li’ non dal debito privato (come lei sostiene all’inizio dell’articolo). E’ fuori di dubbio che l’Italia ha esagerato nel debito pubblico (per colpa dei politici non della gente, pero’). Ma e’ anche vero che gli attacchi al nostro debito sono iniziati grazie alle porte spalancate da Trichet alla speculazione e al cappio della moneta ci cui non siamo piu’ padroni. D’altronde, Lei che ha insegnato al MIT avra’ certamente letto cio’ che dice Krugman in proposito e che io condivido pienamente..

    • Fla

      Egregio Sig. Marchesi. La crisi italiana, così come la maggior parte delle crisi finanziarie dei paesi della periferia UEM, non è affatto dovuta al debito pubblico. Il problema è il debito estero, per due terzi di natura privata. Il problema dell’Italia è stato il deteriorarsi della posizione netta sull’estero e delle persistenti partite correnti negative dell’ultimo ventennio.

  11. Piero

    Il grande imbroglio dell’euro e’ stato scoperto da tutti gli stati, oggi, o si cambia politica monetaria da parte della Bce o si creano diverse aree valutarie, euro nordico ed euro meridionale; la Bce se volesse salvare l’euro deve acquistare titoli stato aesi euro sul secondario, proquota di tutti gli stati, deve partire dalle scadenze più lunghe, la Bce annunciando una politica di acquisto simile per un decennio, per circa 500 mld all’anno, fa cessare la speculazione sul debito pubblico, speculazione che ha creato il problema del famoso spreed; i singoli stati non onerati più dai tassi di interesse attuali potranno concentrarsi sulle politiche nazionali, si dovranno fare investimenti in infrastrutture in tutta l’Europa per oltre 2000 mld da dividere proquota dei Pil, devono essere finanziate da quel meccanismo chiamato fondo salva stati, con l’azione della Bce, tale fondo non ha più ragione di esistere, può quindi essere utilizzato per il finanziamento di infrastrutture.
    Questi piccoli interventi si possono fare subito senza nessun cambiamento del trattato europeo o di altri accordi, altrimenti ritorniamo ad una valuta gestita dagli stati.
    Per quanto concerne l’inflazione, in questo momento a Bce deve alzare l’asticella dal 2% al 3/4%, può essere fatto subito.

  12. andreag

    Già ai tempi del commento al libro di Krugman era palese che le politiche neokeynesiane sono fuffa da lasciare sotto il tappeto, con rispetto parlando, sono anacronistiche e a mio parere dannose. E finalmente sembra che molti arrivano ad ammetterlo. Spodestare gli idoli è poche volte un atto di balsfemia.. Invece l’idea della monetizzazione del debito è di per se l’errore da evitare. Inflazione, adverse selection dei candidati politici (saranno sempre premiati quelli che fanno i buchi, tanto poi vengono spalmati, addirittura su tutta l’Europa), ritardo e spostamento nel tempo dell’introduzione di ogni forma di controllo dei bilanci e finanza pubblica. Io continuo a essere schumpeteriano, anche a costo di ammettere che la cinghia andrà stretta ancora e sarà stretta per un bel pezzetto ancora. Non è con gli artifizi contabili nè con Keynes che ne usciremo, nè con la monetizzazione del debito.

    • Piero

      E’ giusto spalmare in tutta Europa i debiti, in ogni caso e’ quello che ha fatto la Germania con i partner europei.
      Schumpeter non da la cura per la situazione attuale.
      Krugman al contrario ha ben chiara la situazione e la ricetta

  13. stefano

    Che una politica monetaria espansiva volta a sostenere la spesa pubblica porti con sé il rischio di aumentare l’inflazione è piuttosto ovvio, ma dopo cinque anni di crisi della quale non si vede la fine mi sembra altrettanto palese che bisogna cambiare rotta. La politica fiscale restrittiva in tempi di crisi sta uccidendo l’economia, se non si può usare neppure la moneta per sostenere la domanda è finita. Tenere i tassi d’interesse bassi non basta, la trappola della liquidità di Keynes l’abbiamo studiata tutti nei corsi di Economia Politica all’undergraduate. Se non vogliamo usare la moneta per sostenere la spesa pubblica o riacquistare il debito è necessario proporre qualcosa di nuovo. Criticare senza proporre nulla come faceva Bertinotti non è molto utile.

  14. Maurizio Cocucci

    Quando un motore consuma troppo, non si aumenta la capacità del serbatoio ma si cambia il motore. Le teorie Keynesiane sono efficaci se ben applicate, non se vengono sfruttate per mantenere il malaffare, gli sprechi, gli investimenti pubblici poco redditizi. Esempio, a che serve un progetto faraonico come il ponte sullo stretto di Messina se prima e dopo le strade sono ancora inadeguate? A che servono aiuti pubblici ad aziende per mantenerle in vita anche se non più competitive (vedi Alcoa)? Perché non discutere e, a mio avviso, applicare quei suggerimenti contenuti nell’interessante articolo pubblicato qui dal titolo: “E’ il momento di creare lavoro”.

    • Piero

      Le nostre imprese hanno motori solidi, beneficiano di costi di manodopera inferiori ai paesi del nord, in Italia lo stipendio e’ un terzo della Germania, con i contributi il costo per l’impresa e circa la metà della Germania; i problemi sono diversi, non vi può essere uno stato senza la moneta, di ciò si deve parlare, le crisi nei paesi, tutti sono ricorrenti anche per la Germania, da esse si escono sia con le politiche di bilancio ma principalmente con le politiche monetarie, la Germania e’ uscita dalla riunificazione con un incremento forte dell export sui restanti paesi Eu, grazie alla moneta unica ( prima dell’euro la bilancia tedesca era in rosso, oggi in nero), in sintesi la Germania grazie ad una politica monetaria ha finanziato la sua riunificazione, oggi non vuole garantire il debito pubblico degli altri paesi che lei in gran parte ha contribuito a creare, ricordo a tutti che se un paese e’ in surplus, l’altro necessariamente e in deficit.
      Il problema del Cuneo fiscale, delle tasse, sono problemi di politica interna di bilancio che nel breve non portano nulla, noi dobbiamo crescere sui consumi all’esterno, oggi solo grazie alla svalutazione della moneta si torna alla competizione, non è’ un problema di motore ma di scelte economiche che ci sono state imposte, si sono comperati i politici di allora che hanno fatto non scelte europeistiche ma germaniche.

  15. Roberto Marchesi - Dallas, Texas

    Egr. sig. Stefano
    nel mio intervento dicevo di non voler entrare nei dettagli, ma poi l’interessante articolo del prof. Panunzi, che ho approfondito andandomi a leggere l’articolo del F.T. da lui citato, mi ha dato lo spunto di scrivere a mia volta un articolo, gia’ oggi pubblicato su Rinascita (“La ricetta: pioggia di soldi dall’elicottero – http://www.rinascita.eu) dove, in disaccordo col F.T. ma in accordo sostanzialmente con quello che dice Lord Turner, mi unisco (molto piu’ esplicitamente di lui) alla sua proposta e quindi sposo proprio quelle novita’ che anche lei chiede con urgenza.
    Cordiali saluti dal Texas. Roberto Marchesi

  16. Len Grenden

    Non credo che l’articolo in questione si adatti alle condizioni italiane. In Italia abbiamo un eccesso di debito pubblico e non di debito privato. Il debito pubblico italiano è cresciuto negli ultimi anni per ragioni “domestiche” poco legate alla crisi internazionale. Ugualmente l’economia italiana è stagnante da oltre un decennio e la situazione è stata drammaticamente aggravata dalla crisi internazionale e in ultimo dalla politica fiscale restrittiva.

    Forse, in Italia, avrebbe senso allentare un po’ la politica fiscale per dare un po’ di impulso alla domanda interna oggi molto debole. Sperando di ritrovare un minimo di stabilità politica, avrebbe anche senso rivedere leggermente i vincoli europei in merito al pareggio di bilancio per trovare qualche risorsa aggiuntiva per rilanciare gli investimenti. Nel medio termine, occorrerebbe una profonda ristrutturazione del settore pubblico che non significa tagliare risorse ma gestirle e allocarle meglio.

    Il finanziamento di extra deficit tramite la banca centrale credo sarebbe una soluzione molto pericolosa in Italia (oltre che impossibile essendo in Europa).

  17. Giuliano

    Dobbiamo prendere atto, il più rapidamente possibile, che l’aspetto meramente tecnico rischia oramai di essere secondario su quello psicologico. L’avere ritardato le iniezioni di liquidità nel sistema ha causato danni “fisici” all’economia reale e questo lo vediamo nella mancanza di investimenti su iniziative già in atto e pochissime nuove vere imprese. L’avere poi anche instaurato un regime di caccia a chiunque mostri una minima capacità di spesa ha creato un baco psicologico che, installatosi nel profondo del ns. cervello, ha castrato sul nascere ogni desiderio. Non solo, ad esempio, non si acquistano nuove auto ma addirittura si vendono quelle già possedute che potrebbero fare da target ai novelli gabellieri. I più intrepidi tra noi, pur non avendo più il coraggio di usarla, tengono il Porsche fermo in garage in attesa di tempi migliori.
    Fra un po’ dovremo tutti fare dei corsi di rieducazione sia psicologica che psicomotoria!

  18. enzo

    stampare moneta è l’ultima spiaggia , in europa stiamo perdendo tempo o utilizziamo meccanismi contorti. il governo di destra giapponese è partito alla grande . si tratta non solo di ridurre il debito privato ma anche quello pubblico . ovviamente sarà dura convincere i tedeschi terrorizzati dalla loro esperienza storica così come e ovvio che se questa nuova moneta non sarà utilizzata in investimenti necessari ad una nuova accumulazione ma in spesa all’italiana saranno solo guai. altra cosa infine una politica di redistribuzione dei redditi per tutelare i settori deboli dall’inevitabile inflazione

  19. Maurizio Cocucci

    Non si tratta di convincere solo la Germania, anche altri Paesi del nord Europa sono contrari ad una politica monetaria espansiva. Mario Draghi si è spinto ai limiti tollerati sia dai tedeschi che anche da olandesi e finlandesi. Occorre poi rammentare che l’avversione dei tedeschi per l’inflazione non deriva solo da ragioni storiche, anzi questa è la ragione minore, ma per il fatto che salari pubblici e pensioni non sono rivalutate in base all’inflazione. Considerando che mediamente la pensione per un tedesco è inferiore in termini percentuali sull’ultimo reddito da lavoro percepito rispetto ad un italiano, si può comprendere come da loro nessun partito sia disposto a portare avanti una proposta politica a favore di altri Paesi europei che comporti un innalzamento dell’inflazione. Scordiamoci quindi svolte sostanziali di politica monetaria. L’alternativa è rivedere il Fiscal Compact, che è una medicina data nel momento sbagliato. Questa via credo sia possibile tant’è che anche in Germania è in corso un acceso dibattito sull’efficacia di questa politica di austerity (PIL tedesco negativo nell’ultimo trimestre 2012 e dato negativo anche per quanto riguarda l’export).

    • Piero

      Tra ritoccare il fiscal combact e una politica monetaria espansiva con strumenti non convenzionali, preferisco la seconda, i principi del fiscal combact sono sani, non è’ stato questo provvedimento che ha causato la crisi; l’assenza di una banca centrale prestatore di ultima istanza ha fatto lievitare gli spreed sul debito pubblico, quindi è’ preferibile l’obbligo per gli stati del arpeggio del bilancio alleggerendogli al contempo il gravoso debito pubblico di fatto non rimborsabile.
      La Germania non ci interessa quello che decide, ha fatto i suoi interessi, oggi l’Italia ed altri paesi dovrà fare i propri interessi, non c’è al momento uno stato europeo, quando ci sarà si parlerà di Europa, oggi abbiamo un contratto tra stati chiamato unione europea che disciplina certi argomenti, se ad uno stato non va bene si cambia.

  20. Alessio

    La ricetta della sola austerity mi pare non abbia dato grandi risultati. E’ il momento di puntare sulla domanda, rafforzarla, mettendo un po’ soldi nelle tasche della gente e delle imprese. Per evitare inoltre che questi soldi vengano solo risparmiati ma messi in circolo bisogna ridare anche un po’ di fiducia, cioè lavoro, crescita. Le risorse credo si possano trovare spostando un po’ il carico fiscale su chi sinora da esso è stato ingiustamente “troppo” risparmiato

  21. luigi

    Credo che Lord Turner non abbia compreso appieno le conseguenze della “balance sheet recession” (BSR) così come in 20 anni è stato approfonditamente analizzato da chi ha scoperto il fenomeno e coniato il neologismo, il dr. Richard Koo, chief economist di Nomura. La BSR si ha quando il prezzo di un attivo collassa così drammaticamente che si apre uno gap tra valore dell’attivo e valore di mercato del debito, e il calo del tasso di interesse, dovuto allo stampare moneta, viene utilizzato per rendere meno oneroso il pagamento degli interessi sul debito e creare quel risparmio che serve a rimborsare il debito, invece che a stimolare nuovi investimenti. Gli Stati sono iper-indebitati e prestare direttamente a loro a tassi stracciati significa ridurgli l’onere finanziario sul debito. Gli Stati non possono aumentare le spese, perché se lo facessero il peggioramento del merito di credito si mangerebbe il risparmio sugli interessi passivi e saremmo daccapo, a meno che la Banca Centrale non comprasse tutto il debito pubblico degli Stati, che comunque vorrebbe dire via Banca Centrale scaricare sui cittadini i debiti degli Stati. Il settore privato europeo diversamente da quanto sostiene Turner è poco indebitato, ad eccezione di UK e Spagna, quindi la via efficace sarebbe il finanziamento diretto della Banca Centrale a famiglie ed imprese evitando l’intermediazione delle banche. In BSR le banche smettono di svolgere il loro compito, diventano inutili, perché a causa dei vincoli…

    • Piero

      La Bce non deve acquistare tutto il debito degli stati euro, e’ sufficiente che faccia un annuncio per un programma decennale di acquisto titoli dei paesi euro di almeno il 50% dei rispettivi debiti, naturalmente proquota (non possono essere considerati aiuti agli stati); sono circa 500 mld all’anno, gli effetti: 1) ripristino di valore degli asset nel bilancio delle banche, che torneranno a fare il loro mestiere, ricordo che oggi il MPS deve emettere i MontiBond al fine di aumentare il patrimonio ridotto da oltre 30 mld di titoli statali italiani posseduti (e’ un paradosso deve pagare il 9% ui Monti bond allo stato italiano quando a oltre 30 mld di credito nei confronti del paese Italia); 2) svalutazione dell’euro rispetto alle otre valute, ciò darà una spinta al l’export di tutta l’area euro, fino ad oggi vi è stato un surplus dei paesi nordici a scapito dei paesi meridionali; 3) i paesi euro non strozzati più dagli spreed potranno concentrarsi su politiche nazionali che aumentano la competitività del proprio paese.
      È naturale che l’acquisizione da parte della Bce sul mercato dei titoli, vuol dire esporre i paesi nordi al debito dei paesi meridionali, ma non siamo tutti in Europa? Quello che conta e’ il Pil europeo? In difetto riappropriamoci della moneta e facciamo le nostre politiche che fino ad aggi avevano portato l’Italia ad essere la quinta potenza economica nel mondo negli anni 1990 ( prima del l’avvento degli accordi di mastricht, per l’adozione…

  22. luigi

    segue…. perché a causa dei vincoli sul capitale di vigilanza ed in presenza di recessione tagliano i prestiti a imprese e famiglie per ridurre il rischio. Le imprese e le famiglie invece se ottenessero credito spenderebbero e metterebbero in moto quella crescita “so desperately needed”. Meno Stato, meno tasse e più credito ai Cittadini è la formula vincente.

  23. Piero

    Dica l’autore perché stampare moneta e’ un tabù?
    Ricordo che la parola “tabù” e’ qualcosa di proibito, vietato, interdetto, allora mi viene in mente che tutti i libri di macroeconomia siano da censurare, i comportamenti attuali della Fed della Boi ecc siano contrari a delle consuetudini economiche lecite.
    La verità e’ che stampare moneta non è un tabù, anzi è uno strumento di politica monetaria che quando occorre va utilizzato, possiamo avere chi è a favore e chi è contrario, in base ale proprie convinzioni, ma titolare l’articolo e’ la cosa più sbagliata, tale comportamento viene utilizzato da chi ha secondi fini politici oppure chi non è in grado di sostenere il contrario, stampare moneta e’ una medicina.

  24. Raoul

    Ogni illusione di poter sfuggire alla necessità di meccanismi e comportamenti autocorrettivi è destinata a esaurirsi come la fiammella di una candela.

  25. Maurizio Cocucci

    Vorrei chiedere a coloro che ipotizzano, se non addirittura auspicano, un ritorno ad una valuta nazionale e la piena facoltà di stampare moneta, quale ruolo affidano alla Banca d’Italia in questo scenario? Quello pre- o post-privatizzazione del 1981? Da quanto intuisco credo che vogliano tornare ad una banca centrale dipendente dal governo, con quest’ultimo che emette titoli per saldare il deficit e la Banca d’Italia costretta ad acquistarli (o ad acquistare ciò che il mercato non assorbirebbe) incrementando così la quantità di moneta in circolazione. Torniamo quindi agli anni dell’inflazione galoppante? Anni in cui, ricordiamolo, lo scenario geo-economico era profondamente diverso da quello odierno, con un Occidente separato in tutto da quelli facente capo all’ex URSS, alla Cina, all’India, al Brasile. Oggi aprire una azienda a migliaia di chilometri di distanza è molto più semplice ed economico di 60 anni fa. E tornando ad una valuta nazionale, si crede di poter tornare competitivi producendo gli stessi prodotti realizzati in Paesi con un costo del lavoro (e spesso anche con un livello di tassazione) di gran lunga inferiore al nostro, semplicemente ricorrendo alla svalutazione? Ma soprattutto: è l’export il principale problema della nostra crisi economica?

    • Piero

      Riappropriarsi della gestione della politica monetaria non vuole dire che la bnca d’Italia deve ritornare al modello ante 1981, avere la gestione della politica monetaria vuole ire fare cessare la speculazione che oggi ha aggredito i paesi meridionali, basta vedere che il Giappone con un debito di oltre il 200% del Pil paga gli interessi meno della Germania.
      L’Italia prima dell’euro aveva una bilancia di pagamenti con l’estero in surplus, successivamente abbiamo avuto a bianca negativa, se vediamo all’interno dei paesi euro ‘Italia con i saldi della bilancia dei pagamenti ha trasferito alla germana oltre 300mld, ricrdo che ciò ha provocato tutto debito pubblico in più, per evitare la crescita del debito pubblico doveva diminuire la remunerazione dei lavoratori, come poteva prendersi questi provvedimenti, quando l’Itala ha i salari più ati solo della Spagna e del Portogallo?

      • Maurizio Cocucci

        La questione dei bassi interessi pagati dal Giappone sui titoli del proprio debito pubblico deriva da due fattori: uno è che il debito pubblico giapponese è in gran parte nelle mani dei propri cittadini e il secondo che il tasso di inflazione in quel Paese è pari a ‘zero’ (2012) se non negativo (2010 e 2011). Ora, se tornassimo ad una valuta nazionale e dicessimo agli investitori che vorremmo avviare una politica monetaria espansiva oltre ad operare una svalutazione rispetto alle valute più forti per dare spinta al nostro export e tutto questo si riflettesse (come credo) sul nostro tasso di inflazione, sarà dura riuscire a vendere i nostri titoli di stato con rendimenti inferiori o anche simili a quelli attuali. E senza considerare il fattore sostenibilità del debito stesso. Per ciò che concerne i conti con la Germania non vedo quale colpa abbia l’euro (o l’Europa) se i cittadini italiani acquistano più prodotti tedeschi (normalmente più costosi dei nostri) di quanto i tedeschi spendano per i nostri. Spesso si tratta poi di prodotti che nessuna azienda italiana produce. Un dubbio poi sul dato che ha scritto: “L’Italia con i saldi della bilancia dei pagamenti ha trasferito alla Germania oltre 300mld”. Non so su quale orizzonte temporale risalga quel dato in quanto ad esempio a me risulta che nel 2010 l’avanzo commerciale a favore della Germania fosse di 15 miliardi di euro e nel 2011 di 13 miliardi di euro (fonte: Ambasciata di Germania in Italia).

        • Piero

          Il Giappone ha tassi bassi perché gestisce la politica monetaria, quindi non può essere la moneta nazionale oggetto di speculazione.
          Il surplus dopo l’adozione della moneta unica per la germanio e di oltre 300 mld dall’inzio 2001, prima dell’avvento dell’euro la bilancia di pagamento tedesca era in rosso.

          • Fla

            Sig. Piero, aggiunga pure il fatto che il Giappone ha una Posizione Netta sull’Estero creditoria. E’ il più grande creditore al mondo. E ciò le rende inattaccabile. Saluti.

    • Fla

      Sig. Coccucci, l’Italia è 20anni circa che fa avanzo primario (entrate>spese) ed i suoi deficit sono interamente ascrivibili alla parte di interessi, che guardacaso derivano dal divorzio. Le ricordo inoltre che il pagare gli interessi finisce ai detentori, per lo più istituti finanziari, di alto reddito e poca propensione al consumo, mentre i tagli derivanti dai continui obblighi di avanzo primario (47miliardi quest’anno) vanno invece a colpire i redditi bassi con alta propensione al consumo, sottraendo loro i servizi. Ne deriva un trasferimento netto dai redditi medio bassi a quelli alti, una guerra di classe per intenderci, però al contrario. Detto questo: Lei è ancora convinto che affidarsi ai mercati sia cosa buona e giusta? Secondo: se l’inflazione fosse un fenomeno monetario, come ci spiega il fatto che nonostante gli LTRO immessi da Draghi l’inflazione non sia esplosa? Terzo: in Italia il fenomeno inflattivo, come già spiegato in altro commento, derivò dal repentino innalzamento dei costi del petrolio del ’73 e del ’79. Quadruplicandone e triplicandone il prezzo l’inflazione fece una “fiammata” fisiologica verso l’alto. Ancora convinto che la colpa al tempo fosse la monetizzazione? Infine Le chiedo come Lei possa dirsi compiaciuto del fatto che le aziende chiudano in Italia per aprire all’estero. E’ conscio che ciò comporta la desertificazione industriale? E che senza industria e di sole importazioni un paese va incontro a crisi finanziarie sistemiche?…

      • Maurizio Cocucci

        Il piano di rifinanziamento a lungo termine (LTRO) avviato dalla BCE è diverso dall’acquistare titoli del debito pubblico, cosa che la BCE ha comunque fatto e sta facendo in parte, soprattutto verso i titoli a breve scadenza. Il prestito concesso alle banche attraverso il LTRO è della durata di 3 anni e ha lo scopo di aiutare il sistema bancario colpito dalla crisi. Essendo poi un prestito con durata massima di 3 anni, non può servire per finanziare impegni di maggiore durata come ad esempio i mutui immobiliari. In sostanza Mario Draghi sta cercando di arginare la crisi senza aumentare la base monetaria (vedere aggregati monetari M1, M2 e M3 pubblicati dalla BCE), cosa che avverrebbe sensibilmente se la BCE si mettesse ad acquistare titoli del debito pubblico. Il problema italiano è la mancanza di crescita e dato che il PIL è il numeratore del rapporto deficit (o debito)/PIL che deve rientrare nei parametri concordati, va da se che per mantenere i conti in ordine, quando la spesa pubblica aumenta anzichè diminuire, occorre aumentare la pressione fiscale che incide maggiormente sulle retribuzioni certe (da lavoro dipendente) ma anche sulle imprese. Aziende che per rimanere competitive sono quindi costrette a delocalizzare. Io credo che occorra tagliare la spesa pubblica riallocando in maniera più efficiente le risorse (esempio valorizzando la ricerca e l’istruzione) e sfruttare di più i fondi europei.

        • Fla

          Egregio, gli LTRO hanno avuto il solo e principale scopo di sostenere il sistema di finanziamento (zoppo) dell’Unione Europea basato sugli Stati che per la propria spesa pubblica (fatta di ospedali, scuole, acquisti beni e servizi da aziende private per la stragrande parte) si devono affidare ai “mercati” (le solite big banks mondiali ed italiane), dando sostegno alle banche nel bel mezzo della crisi da loro stesse iniziata (non nel caso italiano), poichè mantenessero un tasso di interesse sui titoli di Stato accettabile e che non mandasse in default l’intero blocco mediterraneo . Ora, questo non significa affatto controllare M3 o M2 (come di fatto è avvenuto, vada a vedersi gli obiettivi BCE e se sono stati raggiunti, pare proprio di no, suggerisco Trichet qui http://www.ecb.int/press/pressconf/2004/html/is041202.en.html ), che, di fatto, non vengono controllati dalla BC perchè impossibile farlo. Le ricordo inoltre che la radice della crisi italiana è nella bilancia dei pagamenti in deficit (intero sistema paese che ha un reddito minore di quanto consuma e deve indebitarsi per il sostentamento.). L’unica spesa pubblica da tagliare a mio avviso, invece, è quella degli interessi. 87 previsti quest’anno da elargire alla banche sono un’enormità che grida scandalo ai problemi di economia reale di questo paese. Il problema dell’abnorme tassazione (su redditi da lavoro e imprese), se non lo si è ancora capito, deriva solo ed esclusivamente da essi.

  26. CARLO SANTORO

    lei scrive: “Il livello eccessivo di indebitamento spinge le famiglie a risparmiare e a non consumare, le imprese a non investire e le banche a ridurre l’offerta di credito…i governi hanno dovuto fare interventi volti a ricapitalizzarle, così accrescendo il debito pubblico”
    gentile professore Sig. Panunzi
    scusi una domanda: ma in questo mondo di debitori, i creditori chi sono?
    non c’è debito senza credito….
    o mi sbaglio?
    potrebbe spiegare questo dilemma?
    la ringrazio molto e attendo con ansia la sua replica.

    • Alberto

      E’ molto semplice: quel che viene chiamato “debito pubblico” in realtà è la ricchezza dei cittadini, che sono appunto i creditori. Il cosiddetto debito pubblico, erroneamente così chiamato, non sono soldi che lo Stato (italiano in questo caso) ha preso a prestito negli anni della lira e oggi deve restituire: la realtà è un’altra, cioè lo Stato ha emesso moneta negli anni per costruire e dare lavoro al popolo italiano, e queste spese vennero contabilizzate come passività dello Stato (quindi ricchezza dei cittadini) erroneamente poi classificate come “debito” pubblico. Col passaggio all’euro, quindi senza sovranità monetaria, tutto quello che lo Stato italiano spende deve essere preso a prestito con l’emissione di TdS, e tutto quel che prima era solo passività in moneta sovrana è diventato debito in moneta estera quale è per noi l’euro. Qui sta l’inganno.

      • Piero

        Concordo pienamente sul l’effetto dell’euro sul debito pubblico italiano, in ogni caso e’ da chiarire che oggi tutto il debito pubblico o è in mano alle banche o all’estero per oltre il 40%, non se ne esce da questo problema, dobbiamo crescere con il Pil per rendere sostenibile il debito in essere, per crescere con il Pil deve cambiare la politica monetaria della Bce, lo ripeto da anni, al contrario oggi si brinda quando l’euro tiene sul dollaro, invece dobbiamo brindare quando il dollaro tiene sull’euro, noi dobbiamo esportare in America e quindi un euro forte non fa crescere il Pil europee, al contrario invece la Germania con tale politica e’ diventato un paese creditore sul resto dell’Europa, grazie ai surplus commerciali degli ultimi dieci anni.
        Alla domanda chi tiene il debito pubblico italiano, una risposta chiara ed ovvia, e’ detenuto dalla Germania e dai grandi istituti finanziari, per tale motivo la Merkel si preoccupa di fare politiche di rigore in Italia per mettere al sicuro il suo credito.
        Un default dell’Italia provoca danni finanziari enormi alla Germania, per questo e’ preferibile che la Germania si rassegni a due aree valutarie in Europa, euro forte e euro debole, in tale modo non si crea una guerra finanziaria in Europa e nel contempo crescono anche i paesi meridionali. Con tali aree valutarie la Germania non potrà avere i suoi surplus della bilancia a scapito dei paesi meridionali e dovrà essere più virtuosa sia con l’America che con l’Asia.

  27. marco

    L’Italia ha avuto un’inflazione abbastanza alta per diversi anni nel dopoguerra – ebbene in quegli anni l’Italia aveva una crescita esorbitante e un risparmio privato da record – la piccola Italia da paese contadino diventa una delle potenze del mondo nonstante la mafia la corruzione ecc. ecc. Poi l’entrata nell’euro e la catastrofe. L’inflazione, ha detto Bernanke in un’intervista è un problema facilmente risolvibile, solo guerre o catastrofi inattese che limitino la capacità produttiva di un paese possono farla uscire dal controllo- Per uscire dalla crisi è evidente che dopo la distruzione del ceto medio nei paesi ocidentali bisogna creare offerta cioè attraverso la creazione di moneta e politiche di deficit-spending creare nuova occupazione- E’ possibile che gli economisti della BCE non abbiano studiato Keynes o il New Deal? O dobbiamo incominciare a pensare che siano dei nuovi Hitler che usano l’euro e il connesso nazismo finanziario per distruggere e mettere contro i popoli? Con 60-70 miliardi avrebbero salvato la Grecia e ne hanno regalato 1000 alle banche…che delinquenti! Altro che Berlusconi!

  28. giulioPolemico

    Stampare moneta è solo un trucco contabile. La ricchezza di un sistema economico dipende dalle reali risorse a sua disposizione: capacità scientifica (l’italiano medio trova la scienza assolutamente noiosa e inutile, perché siamo tutti letterati, filosofi, creativi, ecc. (dell’aria fritta)), sviluppo industria, disponibilità di materie prime, di posizioni geografiche privilegiate, funzionamento delle PPAA, limitata influenza della criminalità organizzata, ecc. Tutto questo concorre alla reale ricchezza di un Paese. La moneta è solo l’unità di misura utilizzata per quantificare tale ricchezza reale. Stampare moneta, e quindi svalutare la divisa, è come chiedere ai bambini delle elementari se pesa più una tonnellata di ferro o mille chilogrammi di paglia: il peso rimane quello; lo posso rappresentare con “1” (tonnellata), oppure con “1000” chilogrammi.
    Finché non capiamo che gli italiani devono abbandonare la mentalità africana e acquisire quella europea, con i giochetti di prestigio con la svalutazione della moneta rimarremo dei poveri ignoranti sottosviluppati.

  29. Piero

    Allora sono sottosviluppati paesi come l’America, l’Inghilterra e il Giappone.
    Preferisco essere s ottosviluppato come loro che virtuoso come la Germania.

  30. Alberto

    L’unica cosa che gli italiani fortunatamente stanno capendo è che i discorsi come i suoi non hanno alcun senso, e che in bocca a gente come Draghi, Monti e C. diventano criminali. Guardacaso l’Italia fino a fine anni 90 era la settima potenza economica mondiale, ora siamo fra i PIIGS. Se non sa cosa sia la sovranità monetaria e il conseguente dominio dei mercati sulla politica (e sulla gente comune) è meglio che non scriva di economia.

    • Alberto

      Chiarsico: Stavo rispondendo a Giuliopolemico.

    • giulioPolemico

      Attenzione: l’Italia è stata ricca fino agli anni ’90 non perché con la sua valuta nazionale poteva “manovrare”, ma perché beneficiava ancora della fase storica dello sviluppo degli anni ’60 e ’70, del boom economico, insomma. Ma oggigiorno oramai l’Italia si è sviluppata, e più di tanto non può svilupparsi ancora. Quello che voi non capite è che il mondo è cambiato. Oltretutto, una semplice logica constatazione: se svalutare ha effetti positivi, e se ognuno (Europa, USA, e mettiamoci anche il Sol Levante) fa il giochetto di svalutare rispetto agli altri, allora si rimane al punto di prima.

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