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Tutti gli anziani a rischio? Ma mi faccia il piacere!

Davvero proteggeremmo i nostri nonni dal Covid-19 costringendoli all’inattività e a una marginale vita di relazione? In realtà l’età avanzata non è sinonimo di fragilità né di pluripatologia. Lo dice la scienza geriatrica.

Siamo tutti ben cosci di vivere un momento storico drammatico nel quale la salute degli anziani è a rischio come non mai. Abbiamo assistito ad una vera e propria strage degli anziani proprio nei luoghi in cui dovrebbero – o avrebbero dovuto – essere più protetti: le Rsa. Non è un fenomeno solo italiano se è vero come è vero che l’Oms dichiara che la metà dei morti per questa tragica pandemia riguarda la popolazione geriatrica. Ecco quindi che, già all’avvicinarsi della “fase 2”, erano emersi orientamenti volti a proporre, o a imporre, meccanismi e comportamenti che avrebbero avuto la finalità di impedire il risorgere dell’epidemia, peraltro a oggi non ancora scomparsa almeno in alcune aree. Era dunque comprensibile che una parte dell’attenzione fosse rivolta nei confronti della popolazione anziana.

Nonni in confinamento

A questo proposito, una delle ipotesi che da più parti viene ancora invocata è una progressiva, attenta apertura a tutta la popolazione tranne che agli anziani: gli anziani dovrebbero ancora permanere in quarantena o uscire soltanto in fasce orarie di cui si fatica a cogliere il razionale e questo, si dice, per la loro protezione.

Premesso che la scienza medica in generale e in particolare la cultura geriatrica ha chiaramente documentato che l’età biologica è molto più importante dell’età anagrafica, appare oltremodo inopportuno stabilire a priori limiti di età definiti; se poi questo limite si pone a 60 anni risulta decisamente incomprensibile. Giova a questo proposito ricordare come negli ultimi due congressi nazionali della Società italiana di gerontologia e geriatria si sia ripetutamente dichiarato, in base a semplici valutazioni clinico-epidemiologiche, che si dovrebbe cominciare a parlare di età geriatrica dai 75 anni in poi. A tale riguardo, un recente rapporto Eurostat documenta come, in Europa, gli ottantenni abbiano un’aspettativa di vita di circa 9 anni (persino maggiore in Italia); questo significa che anche nei decenni di vita più avanzati permane un’aspettativa di vita ancora rilevante, che va ben oltre la speranza media di vita alla nascita.

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C’è anziano e anziano

Cosa significa tutto questo? Molto semplicemente quello che alla cultura geriatrica è noto da tempo: che gli anziani non sono tutti uguali; che non possiamo parlare di anziani tout court ma è indispensabile distinguere tra anziani “fragili” ed anziani “robusti”. Questi ultimi, che sono la maggioranza, altrimenti non avremmo una tale aspettativa di vita media a 80 anni, hanno gli stessi rischi e le stesse opportunità della popolazione adulta più giovane ed è quindi inopportuno e controproducente limitarne ulteriormente le possibilità di movimento in modo differenziato rispetto alla popolazione più giovane.

Questo principio appare ancora più evidente se si considera cosa significhi essere “fragile” piuttosto che “robusto”. Vi sono vari modi di definire e quantificare il grado di fragilità. Il più semplice è rappresentato dalla semplice velocità del cammino: possiamo definire potenzialmente “fragile” chi non è in grado di percorrere 4 metri in meno di 5 secondi. Ma allora perché non affrontare il tema in modo più scientifico, superando quindi il dato meramente statistico epidemiologico e guardando con spirito critico ma aperto alla scienza medica e più in particolare alla cultura geriatrica decisamente ben presente nel nostro paese? Quali raccomandazioni ci giungono da questa disciplina medica?

Quanto conta uno stile di vita sano

La più importante è lo stile di vita, vale a dire una dieta equilibrata e adeguata associata ad una regolare attività fisica. Appare quindi del tutto evidente come costringere gli anziani a rimanere in casa, riducendo ulteriormente in modo grave l’attività fisica all’aperto dove migliore è la possibilità di adeguata ossigenazione, non sia una strategia protettiva vincente, tutt’altro. Non bisogna poi dimenticare che, purtroppo, non tutti abitano in ambienti accoglienti, magari con un ampio giardino dove potersi muovere e respirare. A questo proposito, pensiamo all’impatto drammaticamente negativo che può avere sulla psicologia e sulla performance cognitiva il prolungarsi di una condizione di segregazione proprio in prossimità della stagione estiva, magari in case anguste, spesso prive di aria condizionata, impossibilitati non solo a muoversi ma anche a godere di una sufficiente vita di relazione.

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Deve infine essere ben distinta la condizione di “fragilità” dalla pluripatologia: premesso che purtroppo anche i più giovani possono essere affetti da più patologie croniche, se queste sono ben controllate e curate non impediscono che un anziano possa mantenersi “robusto”. Da quanto brevemente descritto, sorge evidente la domanda: veramente proteggeremmo i nostri nonni costringendoli ulteriormente all’inattività e ad una marginale vita di relazione?

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  1. toninoc

    Gli anziani, proprio in quanto tali, suppongo ( non sono un medico) che mediamente abbiano un organismo più debole e quindi più soggetto complicanze importanti in caso infezione non solo da coronavirus ma anche da altri tipi di influenze. Sono anni che agli anziani, in prossimità della stagione fredda, viene fortemente consigliato il vaccino anti influenzale proprio per le possibili complicanze dovute sia all’anzianità sia alla presenza di altre eventuali patologie respiratorie o cardiologiche. D’altra parte se guardiamo i dati dei decessi dovuti all’epidemia in atto, osserviamo che gli anziani sono stati i più colpiti e di conseguenza con più decessi. Il fenomeno si è verificato sia negli ospedali, sia nelle RSA ma anche nelle case di abitazione. Una cosa che non può essere chiesta agli anziani è “obbligarli” a restare in casa. Gli anziani, sanno bene ciò che è meglio per loro e se avranno desiderio di fare attività fisica devono essere liberi di farla. Chi ha necessità di essere “obbligato” a comportamenti responsabili sono semmai i più giovani che stanno affrontando la cosi detta fase 2 alla “trallallera” come diciamo da noi, con incoscienza e nell’inconsapevolezza che così facendo mettono a rischio i loro cari al rientro nella propria abitazione.

    • Paolo Miccoli

      Concordo pienamente purtroppo le immagini che ci giungono di irresponsabili affollamenti sono caratterizzate dalla massiva presenza di giovani, non di anziani. Speriamo possa prevalere un atteggiamento non solo più scientifico ma anche più responsabile

  2. bob

    solo un Paese allo sbando gestito da “scappati di casa” può fare simile ipotesi. Dalle notizie che arrivano da Germania e Austria riguardo il settore turismo, ci fa chiaramente capire che la ” politica” ha fatto molto ma molto più danni dell’epidemia. La cosa tragica che all’orizzonte non si vede nessuna reazione da parte di intellettuali e uomini di buonsenso. L’unica giustificazione è che a fronte di tanta tragica mediocrità gestionale siamo tutti impietriti.

  3. Michele Lalla

    Resto spesso senza parole: si dice che il governo mette troppe regole, súbito dopo ci si lamenta che non s’ è normato abbastanza e non si capisce cosa si deve fare esattamente. Non è che abbiamo tutti bisogno di corroborare la logica dei ragionamenti?
    Da quanto ho sentito e evinto dalle dichiarazione dei responsabili, si consiglia di proseguire con l’isolamento degli anziani, alla quale appartengo. Se fosse un obbligo, sarebbe una grida: chi controlla? Se si lasciasse al buonsenso , cosa accadrebbe? La risposta è nelle immagini che si sono viste in questi giorni o nelle dichiarazioni insulse degli attori sociali, che talvolta hanno lambito anche gli scienziati e/o gli operatori del settore.
    Il problema, come è ovvio, nasce dal rapporto importantissimo con i nipoti e i familiari che possono essere vettori, e si pensa a quelli senza sintomi o in quel periodo insidioso in cui i sintomi sono trascurabili, ma si è già infettivi.
    Quelli del senno-di-poi che sanno tutto e come/ cosa si deve fare rischiano di essere i piú pericolosi per la società e per le persone e non è necessario dire vedi Trump. Si rifletta su quelli che hanno evaso tasse, chiedono aiuto a fondo perduto) allo Stato, e vogliono fare quello che vogliono mettendo a rischio i cittadini (ristoratori, baristi, commercianti). Nessuno di voi ha notato che in passato il cameriere parlava sulle pietanza, il barista “sputava” nel caffè. Là, la professionalità è distante anni luce e le indagini NAS lo hanno sempre confermato

  4. Gianni Profita

    Semplice, chiara e definitiva pietra tombale sulle amenità sentite in queste settimane sulle misure speciali per gli anziani. P. S. Ove fossero state introdotte avrei dovuto interrompere (quest’anno compio 60 anni) gli allenamenti per la mia settima maratona di New York nei miei ultimi 10 anni.

  5. umberto scaccabarozzi

    Condivido l’articolo.Purtroppo ,in Italia,manca un approccio corretto al problema.Si confonde il paziente anziano(oltre il 25% degli anziani ultraottantenni gode di buona salute) col paziente geriatrico,fragile che ha diminuito o perso la capacità di vivere in maniera autonoma.Il limite dei 65 anni non è più sostenibile come indice di vecchiaia! A 80 anni l’aspettativa di vita per l’uomo è di 6,4 anni e per la donna di 8 anni…E’ ora,per il nostro paese,di affrontare scientificamente la questione anziani perchè è in gioco il destino dello stato sociale.U.Scaccabarozzi

  6. elio candussi

    Concordo pienamente col suo scritto e la distinzione tra anziani ”fragili” e ”robusti”. Sarei curioso di conoscere la letalità da Covid degli anziani al netto dei decessi nelle Case di Riposo, dove sono confinati gli anziani fragili e con pluripatologie. Credo che la letalità così purificata non sia molto diversa da quella delle altre età.
    L’attività motoria degli anziani non è solo terapeutica, ma pure di prevenzione di molte patologie tipiche degli anziani (cardiopatie, diabete, ecc.), ha inoltre dei vantaggi in termini di socializzazione e quindi psicologici, specie nei vedovi o separati.
    Mia esperienza che ho 71 anni: nel 2011 ho fondato in ambito CAI di Gorizia un ”gruppo seniores” col quale usciamo in escursione in montagna ogni due settimane ed abbiamo coinvolto circa 200 soci. Poi sono passato a coordinare i Seniores del Triveneto. Circa 3 mila soci seniores. Di questi meno dell’1% ha contratto il virus e nessuno a mia conoscenza è stato ospedalizzato, e nessuno è deceduto. Non credo che sia un caso. Evidentemente la vita all’aria aperta con un sano esercizio fisico fanno bene sia al fisico che alla mente, allo spirito.

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