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Fase 2, maneggiare con prudenza

I dati suggeriscono come evitare un secondo picco di epidemia nella fase di riapertura. Comportamenti dei cittadini ispirati alla prudenza sono più efficaci di qualsiasi politica di variazione graduale della mobilità. Una simulazione per la Lombardia. 

Il quadro dell’emergenza

Dopo avere imposto restrizioni draconiane alla mobilità, molti governi iniziano ad allentare gradualmente le misure di lockdown. La preoccupazione per un secondo picco epidemico è però ancora viva e la possibilità di rimettere in crisi i sistemi sanitari suggerisce prudenza nella predisposizione dei piani di riapertura. Non solo in Italia, infatti, durante la fase più acuta del contagio, la pressione sugli ospedali è stata così forte che il sistema sanitario è stato vicino al collasso. Questa situazione, unita alla difficile gestione delle residenze sanitarie assistenziali ha portato a sottostimare di molto non solo il numero di contagi reale, ma anche quello dei decessi.

Per valutare l’effetto delle politiche di lockdown e del loro rilassamento sul contagio “reale”, abbiamo esteso uno dei modelli epidemiologici più popolari – il Sir (susceptible-infected-removed) – per tenere conto non solo delle variabili osservate, ma anche di quelle che “sfuggono” al controllo sanitario. Pertanto, abbiamo esplicitamente incluso nel modello sia i contagi e decessi osservati sia quelli non osservati, che stimiamo a partire dal tasso di letalità effettivo della malattia. Applichiamo il nostro modello a due casi emblematici: la Lombardia, dove si conta circa la metà dei decessi registrati in Italia e dove il sistema sanitario ha avuto le difficoltà maggiori nella fase più acuta dell’epidemia, e Londra, dove si è avuto circa un quarto dei morti totali di Inghilterra e Galles. Nel modello incorporiamo anche la diminuzione della mobilità nel tempo, indotta dalle politiche di lockdown e riprese, per la Lombardia, dal Covid-19 Mobility Monitoring project e, per Londra, dai Google Community Mobility Reports.

Le previsioni del modello

Il nostro modello suggerisce che, già nella prima metà di aprile, la prevalenza della malattia – ossia il numero di persone infette  sul totale della popolazione – era pari al 5,7 per cento in Lombardia e al 2 per cento a Londra, sulla base delle stime che tengono conto dei contagi totali (infetti+decessi+guariti), osservati e non (contro valori dello 0,1 e 0,2 per cento, rispettivamente, sulla base delle sole statistiche ufficiali).

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Il numero di casi positivi non osservati è almeno il doppio di quelli osservati in entrambe le situazioni, mentre il numero di guarigioni non osservate è tra le 20 e le 26 volte maggiore rispetto a quelle dei pazienti dimessi dagli ospedali. Il numero di decessi è invece sottovalutato del 35 per cento in Lombardia e del 17 per cento.  a Londra. La letalità reale oscilla tra l’1,5 e il 2,5 per cento per la Lombardia ed è intorno al 2 per cento per Londra.

Sulla base del nostro modello, cosa possiamo aspettarci dal progressivo allentamento del lockdown? Consideriamo le tre date fissate dal governo italiano per le riaperture – 4 maggio, 18 maggio e 1° giugno – e assumiamo che in ciascuna la mobilità aumenti gradualmente. Anche se non dovesse tornare al livello antecedente al lockdown (ipotizziamo che riprenda solo al 75 per cento al 1° giugno perché una parte dei lavoratori continuerà a lavorare da casa), il nostro modello prevede un secondo picco epidemico per la Lombardia, come mostrato in figura 1 (linea gialla).

Figura 1 – Nuovi positivi osservati e non osservati in Lombardia in differenti scenari sulle politiche di restrizione e sulla probabilità di contagio.

Lo scenario assume tuttavia che la probabilità di contagio, ossia la probabilità che il virus si trasmetta da persona a persona, resti invariata al livello antecedente alla sua diffusione, quando più o meno tutti eravamo inconsapevoli della sua aggressività. Si ipotizzano dunque comportamenti “irresponsabili” da parte della popolazione. Mentre invece possiamo aspettarci che la maggior parte dei cittadini abbia ora un grado di consapevolezza maggiore della gravità del virus e adotti di conseguenza misure di precauzione addizionali. Se il rispetto di misure che definiamo “soft” (ad esempio, rispettare il distanziamento fisico, evitare assembramenti, indossare le mascherine, lavarsi spesso le mani) riesce a ridurre la probabilità di trasmissione del virus a un livello pari al 60 per cento di quello antecedente all’esplosione della pandemia, è probabile che non assisteremo a un secondo picco. Anzi, il numero di infetti e di decessi avrebbe un’evoluzione simile a quella che si registrerebbe in presenza di un lockdown permanente fino all’estate (linee viola e tratteggiata nel grafico).

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Senza le precauzioni nei comportamenti, invece, la comparsa del picco è inevitabile in qualsiasi scenario di ripresa alternativo, anche a date posticipate e distanziate di alcune settimane fino alla metà di giugno. Per questa ragione, i dati suggeriscono che per il contenimento dell’epidemia, l’adozione di misure “soft” da parte della popolazione sia più efficace di qualsiasi politica di variazione graduale della mobilità e, come tale, un fattore essenziale per una qualsiasi ripresa. Le stesse conclusioni si raggiungono nel caso di Londra.

Pertanto, nella fase di riapertura, è ancor più fondamentale sottolineare l’importanza di adottare le precauzioni necessarie per interrompere la catena del contagio. I nostri risultati suggeriscono che un approccio responsabile da parte dei cittadini nella fase di uscita dal lockdown potrebbe rappresentare la soluzione per bilanciare l’esigenza di rimettere in moto l’economia del paese con quella di evitare una seconda, drammatica, emergenza sanitaria. La diffusione di comportamenti prudenti nella popolazione, a dispetto di alcuni casi isolati, potrebbe essere la chiave per ripartire e convivere con il virus, in attesa di una cura.

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  1. toninoc

    Adesso dovrebbero essere i sostenitori delle riapeture forzosamente anticipate ( industriali,artigiani , albergatori, agenzie viaggi ecc.), nel nome della vitale ripartenza delle attività produttive, ad affacciarsi in tv ed esortare tutti i cittadini , se stessi per primi ed i loro collaboratori, ad osservare quelle poche e semplici regole che limitano i contagi che possono evitare il riacutizzarsi dell’ epidemia ed il conseguente suicidio economico nazionale. Riusciranno ad accettare un inevitabile calo di produttività (e di proffitti) dovuto alle nuove disposizioni? Dai piagnistei sentiti finora ho molti dubbi che le regole siano rispettate ma volgio essere ottimista. Andrà tutto bene.

    • Andrea Malan

      Una cosa che manca in Italia per rafforzare i comportamenti prudenti è la progettazione e tempestiva messa in opera di una massiccia campagna di informazione a livello nazionale con manifesti, pubbliicità tv, in rete, ecc. Mi sembra all’estero misure di questo tipo siano adottate più spesso.

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