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E con il coronavirus anche un’epidemia di fake news

La pandemia di Covid-19 ha provocato un forte aumento della circolazione di fake news. Possono avere effetti negativi su salute ed economia. Così come possono essere utilizzate a fini geopolitici. Le contromisure dei governi e delle stesse piattaforme.

I numeri ed effetti della disinformazione

L’emergenza coronavirus non ha solo generato una crisi sanitaria ed economica senza precedenti, è stata anche accompagnata da un’ondata di disinformazione. Il servizio di fact-checking NewsGuard ha identificato 179 siti di notizie – registrati in Italia, Germania, Regno Unito, Francia e Stati Uniti – che hanno pubblicato informazioni che si sono rivelate false, mentre la Bbc stima a 50 milioni il numero di interazioni generato dalla condivisione dei contenuti falsi sui principali social media. Secondo l’agenzia stampa Axios, quasi 13 mila fake news sono state diffuse su Twitter, Reddit e Facebook nei giorni successivi al 24 gennaio, quando venivano confermati i primi contagi in Europa.

La disinformazione non conosce confini e ogni giorno cittadini in tutto il mondo entrano in contatto con notizie false o fuorvianti, amplificate sui social media. Il fenomeno contribuisce ad alimentare un clima di incertezza e instabilità, i cui effetti non rimangono relegati al mondo virtuale, ma si ripercuotono su salute, economia e scenari geopolitici.

Un recente sondaggio realizzato dal King’s College di Londra, per esempio, ha messo in evidenza una relazione negativa tra la credenza alle teorie complottiste sul coronavirus e il rispetto delle linee guida sulla salute pubblica: gli intervistati convinti che il virus sia stato ideato in laboratorio risultano comparativamente meno inclini a lavarsi le mani, stare a casa o effettuare il distanziamento sociale. Inoltre, il 37 per cento delle persone che collegano i sintomi della patologia alle reti mobili 5G – una frottola circolata recentemente su internet – non ritiene esista un motivo valido per mantenere il confinamento domiciliare volontario.

Le fake news, d’altra parte, possono anche rappresentare una fonte di guadagno. Coscienti della fame di informazioni da parte della popolazione, gli autori di notizie false sfruttano i social media per stimolare la condivisione e l’interazione con i propri contenuti, spesso gestendo profili terzi tramite algoritmi che amplificano la portata del messaggio. Di conseguenza, la frequenza con cui certe ricerche vengono effettuate aumenta notevolmente, come nel caso della combinazione di parole “coronavirus-5G” in Italia, riportata nel grafico 1.

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Grafico 1Fonte: Google Trends

Ottenuta visibilità, le pagine web fanno leva sull’alto numero di visite per chiedere prezzi più alti agli inserzionisti, i quali vengono selezionati tramite sistemi di aste automatizzate. Ciò significa che a perderci sono anche le imprese, le quali affidano all’intelligenza artificiale la scelta degli spazi pubblicitari e rischiano di incorrere in un danno di immagine.

Un’altra fonte di denaro è la vendita di presunti prodotti in grado di debellare il virus, che vengono a loro volta pubblicizzati contribuendo a un mercato europeo da 70 milioni, secondo il Global Disinformation Index.

Alle motivazioni economiche si aggiungono poi le strategie geopolitiche che sfruttano il virus per far passare messaggi destabilizzanti. Il servizio esterno dell’Unione Europea ha infatti registrato oltre 300 casi di campagne propagandistiche legate al Covid-19. Di queste, circa il 15 per cento sono dirette alla popolazione italiana, promuovendo contenuti falsi che discreditano Nato, Stati Uniti, l’area Schegen e il ruolo dell’Unione Europea. Ad esempio, siti legati alla Federazione Russa hanno accusato gli Stati Uniti e la Nato di aver progettato un’arma batteriologica, esagerando allo stesso tempo la mole degli aiuti inviati da Mosca all’estero.

Combattere le fake news: il ruolo di piattaforme e cittadini

In ragione della loro funzione di intermediari, le piattaforme digitali possono giocare una parte importante nel contrasto alle fake news. Da gennaio, Google mostra automaticamente le indicazioni delle autorità sanitarie internazionali in caso di ricerche collegate al coronavirus, offrendo la possibilità di accedere a ulteriori informazioni verificate. Le piattaforme social hanno optato per soluzioni simili e in più lavorano per la rimozione immediata di contenuti che possono causare un danno fisico diretto, come le pubblicità di cure senza fondamento scientifico. Le teorie cospiratorie vengono sottoposte all’analisi di esperti indipendenti, seguita se necessario da una riduzione della visibilità e dall’uso di un simbolo pubblico indicante l’inattendibilità della risorsa. Su Whatsapp, il principale cambiamento è la riduzione dell’inoltro dei messaggi a un solo contatto, per spezzare catene di notizie ingannevoli.

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Anche i cittadini possono fare la differenza, seguendo alcuni semplici regole. La più importante è attenersi alle linee guida delle autorità sanitarie pubbliche, senza commentare né condividere notizie ritenute non veritiere. Altre soluzioni sono bloccare e segnalare i profili sospetti.

Scenari futuri

Le istituzioni nazionali e comunitarie seguono da vicino il fenomeno fake news legate alla pandemia e nuove azioni verranno proposte nei prossimi mesi. In Italia, il governo ha annunciato la formazione di un gruppo di monitoraggio per il contrasto della diffusione di notizie false relative al Covid-19 sul web e sui social network, in collaborazione con il ministero della Salute, Protezione civile e Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). Le priorità del gruppo spazieranno dallo studio delle dinamiche della loro propagazione alla sensibilizzazione e al coinvolgimento dei cittadini.

A livello comunitario, entro la fine del 2020 sarà presentato il disegno di legge sui servizi digitali, che potrebbe introdurre l’obbligo per le piattaforme di proteggere gli utenti da contenuti ritenuti dannosi. La misura potrebbe essere associata a una riduzione dei tempi tra la segnalazione di inappropriatezza e la rimozione dei post, aumentando le responsabilità dei fornitori di servizi internet.

La pandemia sta quindi dimostrando che il virus non è l’unica minaccia da contrastare. E per affrontare il problema della disinformazione, sarà necessario aggiornare le regole dell’ecosistema digitale, promuovendo un ruolo più attivo degli intermediari e dei cittadini al fine di limitare la diffusione di notizie non comprovate e false.

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  1. Henri Schmit

    Interessante: tema molto vasto. Importante: fake information (dal singolo tweet attraverso news costruite a narrative non veritiere manipolatrici) è flagello del nostro tempo. C’è sempre stata (nascondere, dire il falso), la differenza è che ora l’informazione è più liquida. Non c’è da fidarsi degli uffici governativi di lotta al fake, i governi sono fra i maggiori rischi. Una volta il fake era prodotto dai vari Berlusconi, Putin e Leviatano cinese, poi la moda (perché efficiente) si è diffusa: la guerra in Irak, la campagna per il Brexit, ma anche quella per il referendum di Renzi, e ora Trump, il presidente del più importante paese dell’alleanza occidentale! La narrativa americana fuorviante sull’origine dell’epidemia la dice lunga; è contraddetta da Five Eyes l’osservatorio in materia di sicurezza di USA, Canada, UK, Australia e NZ! Il rischio della fake information è dentro il nostro sistema. Il governo è il maggior rischio, non garanzia. Studi quantitativi possono aiutare a comprendere. Ma l’unica ancora di salvezza è nelle fonti indipendenti (!?!) e affidabili (?!?) di informazione. La definizione dell’affidabilità dipende da noi, studiosi, commentatori, elettori (“piattaforme e cittadini”!): l’unico rimedio è di eliminare dal discorso pubblico e dall’arena politica coloro che raccontano (intenzionalmente o per ignoranza) falsità. Vaste tâche!

  2. Asdrubale Sciavga

    Argomento difficile. Le soluzioni prospettate potrebbero, paradossalmente, essere, esse stesse, causa del problema che si vuole risolvere!

  3. Savino

    La scienza mi ha deluso totalmente. I virologi hanno perso ogni credibilità, non sapendo dare mezza parola di certezza e ciò vale, in generale, per tutta la medicina.

    • FEDERICA MANCINI

      Sempre molto facile criticare piuttosto che parlare con cognizione di causa. Da scienziata le assicuro che la ricerca non e´ affatto scontata o banale e trovare una cura/vaccino per un virus nuovo senza alcun standard di riferimento e´ difficile. Legga qualche articolo del Robert Koch Institute.

    • Renzo

      Se si vogliono certezze, rivolgersi alle religioni. E buona fortuna.

  4. Sul tema dell’infodemia che accompagna la pandemia, segnalo anche il lavoro di ricerca svolto dal CoMuNeLab della Fondazione Bruno Kessler di Trento (www.fbk.eu), che ha preso in esame oltre 200 milioni di tweet e analizzandoli ha scoperto che una larga percentuale delle informazioni erano provenienti da
    Bot (42.0% contro il 58% di umani). Interessante notare in particolare il rapporto fra Reliable News (70.4%) e Unreliable News (29.6%) che si è evoluto nel tempo. Prima del lockdown le notizie classificabili come fakenews o misinformation incidevano maggiormente (40%). Con la diffusione della percezione del rischio e la paura conseguente la domanda di informazione si è andata concentrando verso fonti più istituzionali/attendibili. I dati sono consultabili e visualizzabili in maniera interattiva nel Covid19 infodemics observatory: https://covid19obs.fbk.eu/ Grazie per ogni eventuale riscontro

  5. Michele Lalla

    Ci si sorprende leggere che chi legge Lavoce.info sia deluso dalla scienza, la quale «sa (e comunica) ciò che ha indagato; ciò che è sconosciuto deve essere banalmente indagato e non in fretta perché l’errore, poi, è dietro l’angolo». Questo è uno dei fondamenti del metodo scientifico; quindi, bisogna rivedere e riappropriarsi di alcuni concetti di base di filosofia della scienza. La risposta di Federica qui è può bastare ….
    Le osservazioni di Henri Schmit sono sempre interessanti e puntuali, rigorose e impegnative … Le false notizie sono anche il rischio della democrazia: essere travolta dalle sue stesse regole. Si deve agire su altri fronti. La situazione regolamentare rischia di peggiorare la situazione: qualche regola (suggerita) si può sperimentare, ma con molta cautela. La via maestra è educare i cittadini e noi tutti dobbiamo contribuire a “dimostrare” che le notizie sono false. Discorso molto complesso e rischioso.

  6. Piero Carlucci

    Ma non vi rendete conto dell’enormità dell’affermazione circa “l’obbligo per le piattaforme di proteggere gli utenti da contenuti ritenuti dannosi”? La censura di una volta è una barzelletta rispetto a questa possibilità

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