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È l’ora del reddito di base*

Nella crisi causata dalla pandemia il reddito di cittadinanza andrebbe trasformato in un reddito di base parziale. Si avrebbe così una semplificazione e una standardizzazione degli interventi, per garantire una rete di protezione costante nell’emergenza.

Dal reddito minimo al reddito di base parziale

Unadeguata sicurezza socioeconomica è il fondamento della vera libertà. Senza di essa, non ci si può aspettare di essere in grado di prendere decisioni razionali, né da un punto di vista sociale né da un punto di vista economico o sanitario. Il reddito di cittadinanza è una misura rilevante, che ha costruito anche in Italia un intervento contro la carenza di reddito, dopo decenni di provvedimenti con risorse finanziarie scarse. Ora, la fase emergenziale sanitaria ne incoraggia un cambiamento. Una ipotesi potrebbe essere quella di trasformarlo in un basic income parziale.

È un reddito di base parziale, e non universale, perché destinato solo a quella parte della cittadinanza che si trova in situazioni di carenza reddituale anche a causa della drammatica emergenza sanitaria. Da un intervento di reddito minimo garantito condizionato, lRdc muterebbe così verso una misura di reddito di base incondizionato. Peraltro, già in questa fase risultano inapplicabili le politiche di attivazione condizionanti: il decreto legge n. 18 del 17 marzo ne ha sospeso per il momento gli obblighi. Queste risorse non vanno perse, ma reindirizzate verso laumento di reddito disponibile per i soggetti in sofferenza. Oggi, la mancanza generalizzata di reddito accomuna soggetti con condizioni di lavoro e vita fortemente differenziate: autonomi, salariati, precari, crowdworkers, irregolari, disoccupati. Una allocazione reddituale non condizionata, per una generalizzata carenza reddituale, appare come una soluzione possibile per evitare interventi frammentati, che non seguano in maniera efficace laggravarsi della situazione economica e latomizzazione delle posizioni lavorative entrate in sofferenza. Per evitare una depressione sociale ed economica sistemica nel dopo crisi occorrerebbero, infatti, impulsi economici trasformativi che siano davvero radicali, quanto radicale e drammatica è la situazione che stiamo affrontando.

Un reddito individuale e incondizionato

In particolare, si potrebbe trasformare immediatamente il reddito di cittadinanza italiano nel partial basic income sperimentato in Finlandia: hanno già molti aspetti in comune, pur essendo due misure di natura diversa. La quota reddituale base è di circa 600 euro. La nuova misura sarebbe riservata a tutti i soggetti che attestano una fase di insufficienza di reddito: si tratterebbe di una struttura di protezione sociale in cui il reddito di base fornisce una compensazione delle quote reddituali perse nelle fasi transizionali ed emergenziali. Sarebbe un sostegno reddituale individuale, in alcuni casi modulabile con altre indennità sociali.

Il reddito di base garantirebbe infatti uno strumento di semplificazione, equilibrio e standardizzazione minima degli interventi, cioè una costante rete di protezione. Tale modello eviterebbe, per i soggetti in difficoltà, di indebitarsi gravemente nei prossimi anni, dando luogo a un dannoso sistema di welfare finanziario. Con un reddito di base si potrebbero concentrare tutte le risorse attive e passive legate al reddito di cittadinanza in una unica misura, facendovi convergere anche le risorse finanziarie pubbliche nazionali e comunitarie destinate ai percorsi di attivazione obbligatori (assegni, patti, orientamenti o altro). Con la trasformazione in una misura di reddito di base, il reddito di cittadinanza assumerebbe una dimensione individuale, non più legata al nucleo famigliare e alla complessa attestazione di condizioni e stati di famiglia (Isee). Laccesso sarebbe garantito per chi – disoccupato, autonomo in crisi, salariato in fase di decadenza dei sussidi, precario o irregolare – attesti, mediante autocertificazione, che sta attraversando una fase di crisi reddituale. Il sostegno di base non richiederebbe alcun obbligo di attivazione e adempimento burocratico e per il periodo di vigenza verrebbe mantenuto anche per i soggetti disoccupati che segnalino una nuova occupazione.

Molti studi pilota sul reddito di base incondizionato (parziale o universale), condotti finora in varie parti del mondo, hanno dimostrato che grazie a questo dispositivo le persone si sentono maggiormente stimolate a cercare lavoro, perché più fiduciose, attive e meno angosciate sul loro futuro. Il ricorso allausilio dei servizi al lavoro potrebbe così essere esclusivamente volontario allinterno di autonomi percorsi di ricerca lavorativa.

La stima del costo dellintervento appare complessa, perché laggravarsi della situazione coinvolge ogni giorno nuovi soggetti. Si potrebbe partire subito da una cifra di 15 miliardi di euro, ripercorrendo così le stime originarie di spesa finanziaria della prima proposta di reddito di cittadinanza. Lintervento avrebbe una prima durata similare al reddito di cittadinanza, e negli anni potrebbe assumere una dimensione ricorrente, come dispositivo su cui costruire un innovativo modello di welfare con un reddito di base incorporato.

* Le opinioni espresse nellarticolo non rappresentano necessariamente quelle dellIstituto di appartenenza.

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  1. Pippo Calogero

    Io penso che sia invece ora di smettere di pensare a politiche nazionali di sostegno al reddito in un paese in cui il costo della vita può variare fino al 30% tra Nord e Sud. Un reddito familiare netto incondizionato di 1200 euro/mese al Sud sarebbe a mio avviso la pietra tombale per l’emersione del nero e per l’occupazione femminile, nonché l’ennesimo trasferimento netto di ricchezza con finalità assistenziali e senza prospettive. L’Italia è l’unico paese europeo in cui le differenze territoriali sono così marcate, ha quindi a mio avviso poco senso guardare a modelli esteri, tanto più se il modello è la Finlandia. Sarebbe forse il caso di prendere finalmente atto delle macroscopiche differenze esistenti nel paese sia per quanto riguarda le misure di sostegno al reddito, sia per quanto riguarda i contratti di lavoro.

  2. Fabrizio Razzo

    Concordo con il commento precedente, vogliamo integrare gli immigrati quando non abbiamo ancora integrato il tessuto nazionale. Il RdC si espone a molteplici abusi dei quali è emersa solo la punta dell’iceberg. Tant’e che rispetto alla stima iniziale di cosiddetti poveri, solo una frazione ne ha chiesto il beneficio. Ristabilire regole civiche, istruzione, legalità, etica, sono le basi per una crescita del benessere via attività produttive sane.

  3. Lantan

    Fa piacere sapere che le buone idee alla fine si fanno strada. L’idea del Reddito di Cittadinanza – in un paese come questo abituato a sputare addosso ai poveri ma sempre pronto ad omaggiare e foraggiare i potenti e le consorterie del furto legalizzato – sembrava “fuori dal mondo”. Adesso l’emergenza COVID sta evidenziando che i principi che stanno alla base di quell’idea, poi tramutatasi in legge dello Stato, non erano così infondati. Anzi…

  4. Lino Pagano

    La invito ad inquadrare il problema considerando due aspetti fondamentali:
    1. Il reddito medio varia da un 14.000 € al Sud, ai 40.000 del Nord. Con 600 euro al mese non risolvo il problema a Roma, oppure a Milano, dove forse bastano a pagare un affitto.
    2. Le articolazioni dei Centri per l’impiego sono estremamente carenti, ben lontano dagli standard del Nord Europa.
    Il secondo aspetto, il funzionamento dei Centri per l’impiego come “datori di lavoro” dei disoccupati/inoccupati è preminente rispetto alle cifre che lo stato economico di un paese riesce a mettere in campo.

  5. GGB Cattaneo

    Concordo con il contenuto dell’articolo, vorrei però che qualche istituto di ricerca facesse qualche simulazione su modelli che uniscano basic income – flat tax (e riforma fiscale) – riforma previdenza e assistenza – sistema elettronico di pagamenti … insomma una revisione del sistema. Questo lavoro non lo può fare il legislatore perché è un lavoro tecnico e non lo può fare un singolo gruppo di ricerca. Ma è necessario farlo e dovrebbe essere finanziato in primo luogo dalle fondazioni bancarie prima che si mangino tutto il capitale inutilmente

  6. Lorenzo Munzi

    Concordo in linea di massima con l’articolo, ma proporrei qualcosa di leggermente diverso: un reddito MINIMO, diciamo sui €400, erogabile a tutti i cittadini al di sotto di una data fascia economica (immaginiamo a titolo esemplificativo un reddito individuale di €12.000 annui, più abitazione e quant’altro), PERSISTENTE fintanto che permane la condizione legata alla fascia socioeconomica di riferimento e la situazione del beneficiario non sia migliorata in modo stabile (2 o 3 anni), FRAZIONATO nel modo seguente: una metà CUMULABILE con il reddito da lavoro (quindi chi trova un lavoro da €1000/mese, ne riceve complessivamente 1200, perdendo solo metà del sussidio) e per l’altra metà INTEGRATIVO della retribuzione a favore del datore di lavoro (quindi per raggiungere i €1000 di retribuzione, l’impresa ne deve versare solo 800, essendo i residui 200 a carico dello Stato). In questo modo si otterrebbe un duplice incentivo all’occupazione, perché il beneficiario sarebbe motivato a trovare un lavoro, non solo per il surplus di paga, ma anche per l’esiguità del sussidio di base (che a mio parere NON dovrebbe essere tale da garantire uno stile di vita normale), mentre il datore di lavoro sarebbe facilitato ad assumere personale, essendo il carico economico meno oneroso per l’impresa. Fermo restando ovviamente la riduzione della pressione fiscale e della burocrazia, ma questo è un altro discorso…

  7. Una nuova moneta produce Reddito Universale.
    La moneta biologica si usura col tempo e lo scambio.
    In un modello ogni anno e a ogni scambio un dodicesimo del suo valore è perduto.
    La moneta biologica deve essere riemessa costantemente altrimenti scomparirebbe.
    La sua riemissione, al contrario delle monete comuni,  non genera inflazione.
    La moneta biologica elimina le tasse e l’evasione fiscale e i paradisi fiscali e il fisco stesso!
    La pressione fiscale diventa impersonale e a carico della moneta stessa.
    Non c’è necessità quindi di dichiarazione dei redditi né di tutta la burocrazia connessa e il fisco diventa inutile.
    La moneta biologica è prodotta in ragione delle persone stesse che è come se la generassero col loro respiro.
    Una parte allora può usarsi per pagare la spesa pubblica senza dovere rivolgersi ai contribuenti mentre un’altra può costituire un REDDITO UNIVERSALE.
    La pressione fiscale rimane progressiva perché i redditi bassi hanno il prelievo fiscale compensato dal REDDITO UNIVERSALE che gradualmente diventa insufficiente a compensare i redditi alti.
    In totale si ha l’eliminazione di tutte le tasse, a meno che non si vogliano regolare particolari settori, e una redistribuzione della ricchezza.

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