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Immigrati in Ue: i limiti della sovranità nazionale

Nella distrazione generale, una sentenza della Corte di giustizia Ue condanna Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca per non aver onorato l’impegno di redistribuzione dei richiedenti asilo. Un risveglio di sensibilità per i diritti umani?

La Corte di giustizia della Ue ha battuto un colpo. La notizia arriva attutita, in questo tempo sopraffatto dall’emergenza del Covid-19, ma potrebbe fare storia. Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca sono state condannate – dopo quasi cinque anni – per non aver onorato l’impegno alla redistribuzione dei richiedenti asilo raggiunto nel Consiglio dell’Ue nel settembre 2015: 160 mila profughi approdati in Italia e in Grecia avrebbero dovuto trovare accoglienza in altri paesiUe, secondo quote precise. 

Conseguenze blande

I tre governi interessati avevano invocato problemi di sicurezza e ordine pubblico per disattendere gli impegni.  Ma più profondamente ponevano un problema di sovranità nazionale, contestando il diritto di autorità esterne a decidere chi doveva essere ammesso entro i loro confini. Dopo oltre due anni, nel dicembre 2017, un’Ue non proprio reattiva aveva avviato un procedimento d’infrazione. Dopo altri due anni e qualche mese è arrivato il verdetto, che sancisce un principio: le motivazioni addotte non possono consentire ai governi di sottrarsi all’applicazione di un atto dell’Unione.

Le conseguenze della sentenza sono blande: i tre governi reprobi sono invitati ad onorare gli impegni, e se non lo faranno la Commissione Ue potrà richiedere alla Corte di giustizia di comminare delle sanzioni pecuniarie. Insieme alla soddisfazione per il risultato finale, sorge la domanda delle ragioni di un’azione giudiziaria così circospetta e dilazionata.

Il peccato originale dell’Unione

La lentezza e la prudenza dell’azione comunitaria si spiegano anzitutto con una caratteristica che accompagna la costruzione europea fin dalle sue origini: la preminenza della dimensione economica su quella politica e sociale. Nata come Comunità europea del carbone e dell’acciaio, divenuta poi Mercato comune europeo, ha sempre affidato agli interessi economici il compito di guidare l’integrazione tra i paesi membri. Sperando che l’economia avrebbe trainato la politica. Ancora oggi, le quote latte o l’etichettatura dei prodotti, per non menzionare gli aiuti di stato o il sostegno alle banche, sono regolati con molta più attenzione, severità e rapidità delle violazioni in materia di diritti umani. Le politiche migratorie poi, come quelle relative alla cittadinanza, sono sempre state gelosamente difese dai governi nazionali. Va aggiunto un altro storico squilibrio: lo scarso potere della commissione Ue rispetto al Consiglio dei capi di stato e di governo, ossia il concerto degli stati nazionali con i loro interessi di politica interna ed egoismi.

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In secondo luogo, se i tre governi del gruppo di Visegrad sono venuti allo scoperto subito e in modo aperto, altri governi in forme meno clamorose e più indirette li hanno seguiti: i richiedenti asilo ricollocati sono stati in tutto appena 13 mila dall’Italia e poco più di 20 mila dalla Grecia, prima che il programma di reinsediamento venisse ufficialmente (e ingloriosamente) abbandonato. La differenza tra l’obiettivo iniziale e quello raggiunto non può essere addossata unicamente, e nemmeno prevalentemente, alla riluttanza dei tre governi finiti sul banco degli imputati.

Sensibilità ai diritti umani

Altri fatti successivi, come la sospensione dei soccorsi in mare, gli onerosi accordi con i paesi di transito, il recente sostegno alla chiusura greca delle frontiere, con tanto di invio di mezzi navali e aerei, oltre che di rinforzi armati, dimostrano che purtroppo non regge la contrapposizione tra un’Ue accogliente e pochi governi nazionali insensibili ai diritti umani. 

Forse proprio per questo la sentenza apre uno spiraglio di speranza, sia pure nell’ambito di un giudizio relativo a una procedura, il mancato rispetto di un accordo. Pone in luce il fatto che anche a livello europeo opera un sistema giudiziario indipendente: esiste un sistema di contrappesi e controlli che vigila sull’operato dei governi. Almeno ogni tanto riesce a richiamarli al rispetto degli impegni che hanno sottoscritto e dei valori che dichiarano di onorare. La strada è ancora lunga, ma la sentenza della Corte del Lussemburgo parla dell’Europa che vorremmo. 

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Rischia di schiantarsi la Lombardia che decide tutta sola

  1. daria

    Giusto. Cacciamo gli abitanti dei Paesi di Visegrad e sostituiamoli con gli immigrati diversamente legali africani. Subito.

  2. serlio

    800 milioni di africani, di cui circa 400 potrebbero emigrare date le carestie, la corruzzione e la violenza dilagante nei loro paesi. Li vogliamo e sopratutto li possiamo accogliere tutti? oppure quando saranno troppi quelli che hanno deciso di venire in europa ad ogni costo? il buonismo stupido di corta veduta cosa pensa di fare a proposito? e se abche fossero solo 100 milioni? ovviamente a questi si aggungono anche quelli che provengono dall’asia e via dicendo. I diritti di chi ha costruito il nostro benessere quando verranno tenuti in considerazione?

  3. Ezio Pacchiardo

    La UE incapace di agire e di svolgere il suo ruolo di preminente autorità sui singoli paesi. L’Olanda nel caso specifico dell’accordo all’Eurogruppo, la Polonia nel caso dell’importazione di gas NLG dagli USA, l’Ungheria nel caso forse più grave della dittatura di Orban, gli altri paesi dell’Est che usano i fondi ricevuti a loro piacimento ed a scapito degli altri paesi UE. La commissione UE non ha il coraggio di agire pur avendo delle leve forti quale quella del taglio o anche sospensione dei finanziamenti per quei paesi che violano le norme stabilite della UE. Il problema è cosa aspetta Bruxelles per agire e guidare la UE ? Procedendo a questo modo ogni paese si sentirà autorizzato a fare di testa sua, e allora addio UE.

  4. Henri Schmit

    La crisi sanitaria, economica e politica in Europa causata dall’epidemia ha relegato la questione dell’immigrazione in una posizione tutt’al più secondaria dell’agenda. L’Italia ha perso un’occasione quando dopo le elezioni europee si sono ridistribuito le poltrone a Bruxelles e a Strasburgo. L’uomo giusto su cui puntare, utile all’Italia e all’Europa era Marco Minniti, un uomo con carattere, idee e convinzioni, come commissario per l’immigrazione, mentre Gentiloni e Sassoli sono pesi morti, di prestigio personale e partitico, ma senza alcun’influenza reale sul corso delle cose, sia per la funzioni occupate sia per le personalità prescelte.

  5. La politica migratoria attuale, da sepolcri imbiancati, comporta che se qualcuno è dotato di fondi sufficienti a pagare i trafficanti, è disposto a rischiare la vita attraversando il Sahara, si fa maltrattare dai libici, rischia di annegare in mare, allora deve essere ammesso in Europa e fruire della possibilità di chiedere asilo o sostegno umanitario. Tanto più sono quelli che hanno successo, tanto più sono coloro che sono incentivati a ‘partire e a rischiare la vita. Mentre i più poveri e disgraziati che non hanno le risorse per fiananziare il viaggio e pagare i trafficanti non hanno modo di emigrare e chiedere asilo. C’ è qualcosa di marcio e di ipocrita in tutto questo. Se si ritiene che i più poveri del mondo e tutti quelli che vivono sotto regimi oppressivi abbiano il diritto di chiedere asilo o sostegno umanitario in Europa lasciamoli venire con regolari voli di linea, molto più economici del costo dei trafficanti, senza costringerli a rischiare la vita e senza mettere a repentaglio i loro risparmi o quelli delle comunità cui appartengono.

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