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Effetto virus su conti pubblici e redditi

Il decreto “Cura Italia” riesce solo parzialmente a limitare gli effetti dirompenti della serrata imposta dal governo. Una simulazione calcola costi e benefici delle misure adottate fin qui. E per le famiglie cresce la probabilità di cadere in povertà.

La crisi sanitaria in corso ha determinato una reazione importante del governo con la definizione dei settori produttivi in cui le imprese possono continuare a operare (Dpcm 22 marzo) e l’introduzione di misure a sostegno di imprese e lavoratori (Dl “Cura Italia” del 17 marzo). Luigi Guiso e Daniele Terlizzese hanno analizzato gli effetti economici sulle famiglie con almeno un lavoratore autonomo e il potenziale ruolo dei loro risparmi. Qui ci concentreremo invece sugli interventi messi in atto dal governo: qual è il potenziale impatto sulle finanze pubbliche? E in quale misura le iniziative adottate potrebbero incidere sulla misura del rischio di povertà delle famiglie?

La relazione tecnica al Dl fornisce quantificazioni dei costi delle singole misure – in buona parte confermate dall’Upb – che si basano su una serie di ipotesi relative alla percentuale di lavoratori che faranno richiesta dei sussidi. Qui utilizziamo una strategia diversa. Partiamo dalla lista dei settori autorizzati ad operare (Decreto di aggiornamento del Dpcm), con un dettaglio a sei cifre dei codici Ateco, che indicano il settore di attività della singola impresa. I microdati disponibili non consentono una mappatura dell’occupazione a un analogo livello di dettaglio ma, utilizzando le banche date disponibili rilasciate dall’Istat (Asia, Rcfl e Contabilità nazionale), calcoliamo le quote di occupazione di ciascun settore elencato nel Dpcm.

La tabella 1 mostra che sono interessati dal provvedimento di chiusura del governo oltre il 60 per cento degli occupati della manifattura e delle costruzioni, oltre l’80 per cento degli occupati del commercio, degli hotel e del turismo e la totalità di quelli impiegati nelle attività immobiliari, artistiche, sportive e ricreative.

Utilizziamo quindi il modulo italiano del modello di microsimulazione fiscale Euromod sulla base dei dati Silc. Selezioniamo casualmente la stessa percentuale di lavoratori riportata in Tabella 1 e ipotizziamo che tutti perdano il loro reddito, definendo quindi un benchmark di perdita reddituale massima. Simuliamo poi le principali misure compensative previste dal Dl “Cura Italia”. In particolare: le integrazioni salariali (Cig e Fis) che coprono fino all’80 per cento della retribuzione ma con un limite massimo pari a 1.130€; il contributo una tantum 100€ per i lavoratori che hanno continuato a operare nella sede lavorativa; l’indennità una tantum di 600€ per autonomi, lavoratori saltuari, stagionali, co.co.co.; e la sospensione del pagamento della rata del mutuo per i lavoratori autonomi. Non simuliamo, per mancanza di informazioni, il congedo parentale e il bonus baby-sitting. Qui ci concentriamo su un’analisi su base mensile.

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L’impatto aggregato e di finanza pubblica

Le nostre simulazioni, assumendo che tutti gli aventi diritto ai sussidi ne facciano domanda, mostrano che sono circa 7 milioni i lavoratori del settore privato che potrebbero ottenere integrazioni salariali, con un costo pari a 5,6 miliardi oltre a 2,8 miliardi di contribuzione figurativa. L’indennità per i lavoratori autonomi e lavoratori saltuari costerebbe 1,4 miliardi interessando oltre 2,3 milioni di lavoratori; l’indennità di 100€ per i lavoratori che operano in settori autorizzati ma che non possono usufruire dello smart working (assumendo siano il 50 per cento del totale) costerebbe invece mezzo miliardo (Tabella 2).

Complessivamente, la chiusura dei settori produttivi imposta dal Dpcm potrebbe comportare una perdita di retribuzioni pari a circa 20,2 miliardi e un mancato gettito Irpef e contributivo rispettivamente di 2,7 e 5,9 miliardi (Tabella 3). A fronte di maggiori trasferimenti determinati dal Dl “Cura Italia” per complessivi 7,6 miliardi, la perdita di gettito disponibile per la totalità della popolazione italiana potrebbe essere di 7,9 miliardi con una perdita di reddito disponibile medio di circa il 12 per cento.

L’impatto sui redditi delle famiglie

I lavoratori occupati in settori soggetti a lockdown vivono in famiglie che per oltre il 36 per cento hanno figli minori a carico e per oltre il 40 per cento sono monoreddito, per le quali cioè la chiusura del settore lavorativo in assenza di intervento statale comporterebbe il venir meno della principale fonte di reddito (Tabella 4).

La Figura 1 mostra come a fronte di una riduzione media su tutta la popolazione del 33 per cento delle retribuzioni lorde (reddito di mercato) per l’effetto del Dpcm, le misure compensative potrebbero determinare una riduzione media del reddito disponibile del 12 per cento. È interessante rilevare come il Dl “Cura Italia” abbia un forte effetto redistributivo: per esempio il 20 per cento delle famiglie meno abbienti (quintile 1) a fronte di una perdita di reddito di mercato di oltre il 40 per cento dovrebbe sopportare una perdita netta di reddito disponibile inferiore al 9 per cento.

Abbiamo quindi calcolato il tasso di compensazione come rapporto tra l’incremento dei benefici netti previsti dal Dl “Cura Italia” e la riduzione di reddito di mercato al netto delle imposte. La Figura 2 mostra come il complesso delle misure messe in campo dal governo sia in grado di compensare circa il 66 per cento della perdita di reddito per il quintile 1 di reddito familiare (il 20 per cento meno abbiente) ma il tasso di compensazione scende gradualmente fino a meno del 40 per cento per le famiglie del quinto quintile (il 20 per cento più abbiente) visto che il reddito perso è sostituito in proporzione decrescente dalla Cig che garantisce un importo massimo pari a 1.130€. Le famiglie del primo quintile, in particolare, beneficiano maggiormente dell’indennità una tantum per lavoratori autonomi e contratti saltuari (maggiormente presenti tra le famiglie in questo gruppo e con redditi relativamente bassi rispetto ai 600 euro dell’indennità) e relativamente meno della Cig (a causa del numero limitato di lavoratori dipendenti in questo quintile).

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Figura 2 – Tasso di compensazione delle misure del DL “Cura Italia”

Nota: L’indennità di 100€ ai lavoratori dipendenti non è inclusa nel tasso di compensazione in quanto viene corrisposta a lavoratori che non hanno perso il proprio reddito. Nostre elaborazioni usando EUROMOD I2.0+.

Considerando il reddito di un solo mese, la Tabella 5 evidenzia come il solo Dpcm abbia un impatto potenzialmente dirompente sulla probabilità di cadere in povertà di tutte le famiglie interessate e che il Dl riesca a limitarne gli effetti solo parzialmente. Evidenzia inoltre come la crisi, pur con gli strumenti compensativi del Dl, determini un incremento del rischio di povertà di circa 8 punti percentuali per la popolazione complessiva e di oltre 13 tra i minori sulla base del loro reddito familiare.

È necessario rammentare che queste analisi sono su base mensile e descrivono quindi l’effetto sui redditi del solo primo mese dall’introduzione dei provvedimenti governativi, prescindendo dai possibili risparmi cui le famiglie possono attingere nel breve periodo. È inoltre evidente che le famiglie hanno complessivamente ridotto i propri consumi come effetto del lockdown e che un’analisi completa del disagio economico delle famiglie italiane dovrà considerare congiuntamente l’effetto della crisi su redditi e consumi. Tuttavia, è chiaro che lo shock economico causato dal Covid-19 sia asimmetrico, particolarmente forte da un punto di vista economico per alcune famiglie e meno per altre, anche in presenza delle misure compensative messe in atto dal governo. Di questi effetti economici dello shock è opportuno tenere conto fin da subito.

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  1. Savino

    E’ inutile appellarsi all’Europa. La spesa pubblica va rivisitata completamente a cominciare dai manager sanitari, dai loro obiettivi non raggiunti e dalle ricompense laute che non meritano.

    • Salve, le info relative alle due serie nell’istogramma della fig 1, vanno lette “separatamente”? Cioè non si conosce quanto è la perdita di reddito disponibile totale al netto dell’intervento del governo, giusto?
      Ma, se guardo alla perdita finale del reddito disponibile nella fig 1 ad esempio per il primo quintile -8.2%, e poi assumo l’informazione che per quel quintile il Decreto Cura Italia assorbe circa il 66% della perdita, posso dire senza sbagliare che la perdita di reddito netto impattata dal cov. su quel quintile della popolazione senza interventi ad hoc dell stato sarebbe stata intorno al 13%?
      Grazie

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