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Rinnega sé stessa l’Europa che si chiude davanti ai profughi

Di fronte alla crisi dei migranti sul confine greco la Ue torna a subire i ricatti di Erdogan. Ma soprattutto l’Europa liberale e democratica finisce per adottare un approccio non lontano da quello propugnato dai partiti nazional-populisti e xenofobi.

La crisi di oggi è stata provocata dalla decisione turca di consentire il passaggio dei profughi, per punire i governi dell’Ue di non aver appoggiato sufficientemente Ankara nella battaglia contro la Siria per il controllo della zona di Idlib. Anche lì quasi un milione di profughi è in movimento per cercare scampo, ma la Turchia li respinge con altrettanta crudeltà. La stampa riporta di bambini morti di freddo tra le montagne. Su entrambi i fronti, sono civili inermi a sopportare i maggiori costi dei conflitti tra stati.

I vertici dell’Ue, a loro volta, sono accorsi al confine greco non per organizzare i soccorsi ai fuggiaschi, ma per esprimere solidarietà al governo ellenico. Pur con qualche distinguo (il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ha perorato la causa dei minori non accompagnati) e qualche blanda esortazione a contenere l’uso delle maniere forti, l’Ue condivide l’allarme e la linea della chiusura. Il governo di Atene ha attuato respingimenti collettivi e sospeso la valutazione delle domande di asilo: due decisioni che infrangono il diritto umanitario e le relative convenzioni internazionali.

Per Amnesty International si tratta di “un agghiacciante tradimento degli obblighi in materia di diritti umani”, mentre anche l’Unhcr – l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – si è aggiunto al coro delle proteste. L’Ue invece appoggia Atene e promette rinforzi al confine. Poteva impegnarsi in una redistribuzione dei rifugiati, aiutare la Grecia a trasferirli in altre regioni e accoglierli decentemente, organizzare corridoi umanitari, ma ha scelto di collaborare nel respingerli al confine.

Credo dovremmo chiederci, a questo punto, se davvero un presunto realismo politico sia più lungimirante e razionale di un’intelligente azione umanitaria. In primo luogo, appare evidente che l’Ue è sempre più succube di Erdogan, che ora tra l’altro ha un piede anche in Libia e potrebbe assumere il controllo di un secondo importante corridoio per gli spostamenti di profughi e altri migranti. L’Ue, dopo l’accordo del 2016, ne subisce i ricatti e dovrà accordargli altri fondi, oltre all’implicito appoggio alla sua repressione interna.

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In secondo luogo, i governanti liberali e democratici dell’Ue stanno adottando un approccio alla questione dei rifugiati non dissimile da quello propugnato dai loro avversari nazional-populisti e xenofobi. Per timore di cedere loro terreno politico, li stanno imitando sul piano sostanziale.

Pur senza mutuarne le ruvidezze retoriche, li seguono nell’ammainare la bandiera dei diritti umani e nel trattare i profughi da invasori. Non si parla più di revisione degli accordi di Dublino, di un sistema comune di asilo e men che meno di sanzioni nei confronti degli stati membri che si sottraggono agli obblighi umanitari. I governi in carica possono forse sperare di vincere le prossime elezioni, ma l’immagine interna ed esterna dell’Europa ne viene sempre più compromessa e nemmeno i suoi interessi di medio e lungo periodo ne saranno tutelati.

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18 commenti

  1. Roberto Bellei

    Secondo Lei quale gli “Obblighi in materia di diritti umani” consistono nello nello spalancare le porte dell’Europa a milioni di persone? Per il momento Siriani, Iracheni, Afgani, etc. e subito dopo ad altrettanti africani. Ma non si rende conto dell’assurdità. Quelli che veramente hanno diritto allo status di profughi devono essere assistiti dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e ripartiti tra i vari Stati del Mondo, tenendo conto della loro disponibilità ad accoglierli (in primis il Canada) e delle sconfinate aree semi-disabitate disponibili (Brasile, Argentina, Australia, Russia, etc…). Tutto il resto è pura demagogia o pericoloso Tafazzismo”.

    • Maurizio Ambrosini

      Ricordo anche a Lei l’art. 10 della Costituzione e le convenzioni internazionali sull’accoglienza dei rifugiati, come pure i dati ONU su chi accoglie davvero i rifugiati internazionali. Mi pare che sia demagogico discutere di questi temi prescindendo dai dati: 84% dei rifugiati internazionali accolti in paesi in via di sviluppo.
      Più in generale, le migrazioni internazionali (272 milioni, 3,6% della popolazione mondiale) provengono in larga prevalenza da paesi intermedi (India, Russia, Messico, Cina…), pochissimo dai paesi più poveri.

  2. Se si aprono le frontiere non si tratta solo di un milione ma di parecchi milioni, tenuto conto che una buona parte dell’ umanità vive in condizioni di povertà oppressa da regimi corrotti e repressivi. Per sapere quanti occorrerebbe provare. Sarebbe un atto di grande profilo umanitario, ma occorrerebbe accettarne serenamente le conseguenze. Per individuare quali potrebbero essere occorre un po’ di lungimiranza.

    • Maurizio Ambrosini

      Qui si sta parlando di profughi in fuga da un paese in guerra, che la nostra Costituzione (art.10) e le convenzioni internazionali che abbiamo liberamente firmato ci obbligano ad accogliere.
      Non ho parlato di apertura indiscriminata delle frontiere, semmai mi rifarei al Global Compact per governare migrazioni sicure, ordinate e regolari

      • L’ articolo 10 ci obbliga ad accogliere a richiesta chiunque cui “sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”, cioè una parte consistente della popolazione mondiale, alcuni miliardi di individui, a cominciare dal miliardo e quattrocento milioni di cinesi (possibilmente meno gli 80 milioni di membri del Partito Comunista).

  3. Fabrizio Fabi

    Come dice l’Autore, nellimmediato non c’è che accogliere i profughi, pena una definitiva perdita di credibiltà dei paesi europei (non parlo dell’Europa, perché non c’è). Poi, se vogliamo contrastare questi dittatorelli che si chiamano Putin, Erdogan, Assad, Khamenei e compagnia brutta, è indispensabile creare immediatamente un vero e proprio superstato europeo, con un presidente eletto, un esercito come si deve, una tassazione unificata sulle imprese, che possa intevrenire massicciamente nelle zone di guerra, ripristinando i diritti umani e ridando all’Europa un minimo di credibilità, anche in confronto a USA e Cina. Forse il coronavirus, se diventerà davvero tragico, potrà aiutare alla compattezza, come una guerra persa.

  4. Guido Di Massimo

    Purtroppo l’Europa è in fase di regressione, chiusa in sé e incapace di guardare lontano. Le politiche di Putin e Trump, entrambi interessati al disfacimento dell’Unione Europea e i problemi che abbiano ai confini dell’Europa, in Libia e nel Medio Oriente, avrebbero dovuto spingerci a una maggior unione politica, a un’Europa meno intergovernativa e più sovranazionale, a una politica estera unica e a una forza armata unica. Invece ci dibattiamo in una gara disgregatrice di nazionalismi, populismi e sovranismi. E non è da ora che siamo sotto il ricatto di un Erdogan.

    Siamo miope oggetto passivo di problemi che si sviluppano ai nostri confini e che non era assurdo prevedere. Se i problemi non si prevedono e non si affrontano in tempo con razionalità e pragmatismo non potremo che continuare a regredire sia politicamente che moralmente. Purtroppo non sembra che le persone che abbiamo mandato a “governare” l’Europa siano all’altezza della situazione, né l’Italia – nella nullità pressoché generale delle persone che abbiamo votato – sembra capace di fare proposte di lungo respiro. Per lo più siamo capaci solo di vedere l’Unione Europea come altro da noi, solo come un nemico che ci impedisce di spendere come ci pare.

    E di fronte alla tragedia in atto ai confini europei in corrispondenza della Grecia siamo solo capaci di guardare da lontano, possibilmente dall’elicottero.

    Saremo capaci di risvegliarci dal sonno dell’inconsapevolezza?

  5. Per capire quali potrebbero essere le conseguenze di aprire le frontiere si veda On the Economics and Politics of Unrestricted Immigration”, Political Quarterly, no. 4, vol. 73, pp. 431-436, 2002
    E anche il volume Migranti, migrazioni e le ingiustizie del mondo.
    Dopo la guerra del 2003 in Iraq e le conseguenze della caduta di Geddafi l’ idea di intervenire con la forza nelle vicende del medio-oriente o altrove è diventata impopolare. Anche la proposta di bombardare i depositi di gas di Assad dopo che aveva gassato i suoi oppositori è stata respinta dal parlamento britannico e archiviata dagli USA. L’ unica potenza europea che al momento interviene con le armi è la Russia, con gli effetti che vediamo.

  6. quintino lequaglie

    quanto abbiamo visto alla televisione: un motovedetta ellenica che cerca di affondare con la propria scia di onde impetuose un canotto stipato di poveri esseri umani come noi che scappano da casa per colpa nostra, colpa dell’europa, che dieci anni fà andò ad “esportare la democrazia” a fomentare la “primavera araba” e trasformarla in un inverno interminabile e terribile. I due principali responsabili, sarkozy nicolas & cameron david, andrebbero giudicati dalla corte dell’aja

    • La primavera araba l’ hanno fatta i popoli arabi stanchi di dittatori crudeli e corrotti. E i dittatori hanno reagito secondo le loro consuetudini. In particolare Assad ha tratto ispirazione dall’ esempio del genitore. E Putin gli ha dato una mano. In Tunisia è andata meglio. D’ altra parte è vero che la democrazia apparentemente non è in grado di allignare ovunque. Ma dove non alligna la democrazia il cambio di regime e le controversie fra etnie si risolvono non con il voto e il compromesso ma con le la forza delle armi. Adesso come in passato.

  7. Luca Cigolini

    “In secondo luogo, i governanti liberali e democratici dell’Ue STANNO ADOTTANDO un approccio alla questione…” Forse è un’impressione soggettiva, ma mi pare che da noi un primo avanzamento in questa direzione ci sia stato già all’epoca del governo Gentiloni, tramite deprecabili accordi con i libici e una prima criminalizzazione delle ONG. In sostanziale accordo con le istituzioni europee e con gli altri stati dell’UE. E prima ancora i vergognosi inchini a Gheddaffi da parte di Berlusconi, accompagnati da aiuti tangibili per fermare i barconi, ma quello in altra epoca, con altri regimi.

    • Maurizio Ambrosini

      Vero, ma al confine greco l’UE ha fatto dei passi decisivi verso l’approccio dei respingimenti collettivi, che Orban non ha mancato di notare e apprezzare

  8. Federico Bruni

    Non capisco bene nei confronti di chi l’immagine dell’Europa finirebbe per risultare compromessa. Internamente, come lo stesso autore sembra ricalcare, la volontà popolare propende sempre più ed in ogni dove per sospendere e, si spera, rivedere in futuro gli obblighi di accoglienza degli stranieri che si dichiarano rifugiati e che invece se non sono ivoriani da un lato sono bengalesi o pakistani dall’altro, ancor più da biasimare se si fanno scudo con bambini siriani. Esternamente invece nessuna giurisdizione del mondo è tanto garantista verso i migranti clandestini come quella UE, let alone il parere degli osservatori o delle basi elettive di questi altri Stati. Forse è il contrario: la credibilità UE è stata minata (anche) da utopistiche politiche di accoglienza, che finalmente si sta iniziando, pur lentamente, a rivedere.

    • Maurizio Ambrosini

      Non capisco quali siano le “utopistiche politiche di accoglienza”. Di fatto solo il 13% dei rifugiati internazionali sono accolti nell’UE, l’84% in paesi in via di sviluppo.

  9. Henri Schmit

    In “Lesbos, la honte de l’Europe” Seuil, 2020, Jean Ziegler sostiene la stessa tesi, secondo me troppo unilaterale. Ieri Erdogan – che ha portato i migranti in autobus al confine terrestre con la Grecia – è stato ricevuto a Bruxelles dai presidenti del Consiglio e della Commissione. Si tratta con l’infame che mette a nudo la debolezza della nostra governance (stati e UE, rappresentanti responsabili e decisioni concrete). Penso che la rivendicazione dei diritti umani concreti non sia autosufficiente. Servono anche i mezzi (materiali, economici, infrastrutturali, umani) per onorare i diritti e la garanzia di un certo equilibrio una volta che le decisioni (di applicazione generosa dei diritti) sono state prese. La Brexit ha prevalso perché troppa gente giudicava negativamente l’afflusso (in base ai diritti della libera circolazione sanciti dall’UE) di Europei dell’est in UK. Una politica estera forte (interventista, militare quando serve, cf Sahel) e indipendente (la politica anti-europea dell’amministrazione Trump dovrebbe farci aprire gli occhi) è la controparte indispensabile di una soluzione “liberale” (tutela dei diritti dei migranti che sfuggono da guerre) del fenomeno migratorio. Se no, lasciamo che gli altri (ci) facciano la guerra e noi ci prendiamo carico dei migranti partiti dalle loro terre per colpa di chi non intende onorare i diritti. Nell’UE dei 27 solo la Francia ha una politica internazionale credibile, bensì da sola troppo debole.

  10. Mauro Cappuzzo

    Ma, forse, proprio accettare il ricatto sui profughi sarebbe essere succubi di Erdogan. Poi, come evidenziato da un altro lettore, perché tutti questi profughi e migranti non vanno in paesi dove ci sono spazi molti più ampi che in Europa? Forse perché in Europa trovano un welfare, pagato con i nostri sacrifici, che in altri paesi non esiste?

    • Maurizio Ambrosini

      Come ho già scritto in risposta a un altro esperto di asilo e migrazioni internazionali, l’84% dei rifugiati internazionali è accolto in paesi in via di sviluppo, oltre ai 41 milioni di sfollati interni. Noi ne accogliamo 5 ogni 1.000 abitanti, il Libano più di 150

  11. Silvano Bert

    Su il Giornale di oggi un articolo attacca esplicitamente papa Francesco perché nei giorni minacciosi del virus contro di “noi”, le sue pecore, ha tempo di pensare anche a “loro”, i migranti. Quanto la situazione sia complessa lo prova Luciano Canfora che nel suo “Mediterraneo, una storia di conflitti”, conclude definendo Assad un “regime che abbiamo a torto infangato”. Le stesse comunità cattoliche, in questi anni di guerra, lo hanno difeso, temendo guai peggiori da parte di chi lo combatte. E tuttavia fa bene Maurizio Ambrosini a richiamare l’Europa al suo dovere di soccorso. Siamo noi però l’Europa, con tutte le nostre contraddizioni.

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