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Cosa ci insegna il caso Atlantia

Per creare un sistema sicuro ed efficiente di concessioni autostradali, si devono considerare le responsabilità di tutte le parti interessate. Ed è fondamentale rafforzare l’attività di vigilanza e accorparla nell’Autorità di regolazione dei trasporti.

Non c’è solo l’azionista di maggioranza

Perché tanta attenzione è stata dedicata ai piccoli azionisti e obbligazionisti truffati delle banche in liquidazione, mentre oggi l’opinione pubblica si mostra impietosa verso i 50 mila piccoli soci e i 17 mila bondholder di Atlantia? Perché sindacati e opinione pubblica si preoccupano dei lavoratori dell’Ilva o di Alitalia e nessuno si interessa dei 7.500 dipendenti di Autostrade per l’Italia? Perché, quando una piccola banca fallisce, si solleva il problema della stabilità del sistema finanziario italiano, mentre i 38 miliardi di debiti di Atlantia non sembrano preoccupare nessuno? Perché Banca d’Italia tante volte è stata messa alla gogna, mentre nessuno lamenta le carenze della Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali, che fa capo al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e che dovrebbe vigilare su ponti, gallerie e viadotti della rete autostradale italiana?

Certamente, esistono marcate differenze che contraddistinguono le singole crisi e responsabilità: la caduta del ponte Morandi ha causato la morte di 43 persone, mentre nessun fallimento bancario ha provocato vittime, anche se a Taranto sono morte decine di persone a causa dell’inquinamento prodotto dagli stabilimenti dell’Ilva. Indubbiamente, il modo con cui sono stati aggirati alcuni azionisti delle banche popolari fa indignare e la loro situazione non è paragonabile a quella dei piccoli azionisti di Atlantia. Taranto, poi, ha una situazione occupazionale ben più delicata rispetto a Roma e alle altre decine di sedi dove sono collocate le maestranze di Aspi. E Banca d’Italia è un’autorità indipendente dotata di ampie risorse, mentre gli organici del ministero delle Infrastrutture sono insufficienti e fragili.

Nel caso di Atlantia, tuttavia, le forze politiche sembrano volersi limitare a considerare le responsabilità del socio di maggioranza senza curarsi degli interessi degli altri attori (ricordiamo che i Benetton, attraverso Sintonia-edizione, controllano solo il 30,25 per cento di Atlantia). Eppure, sono oramai 50 anni che la teoria economica e la prassi manageriale hanno abbandonato l’idea che l’unico obiettivo delle imprese debba essere quello di massimizzare il valore delle azioni. Si è, invece, capito che la tutela di tutte le parti in causa – inclusi clienti, dipendenti, fornitori, finanziatori – è fondamentale per gestire, valutare e regolamentare un’azienda.

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La lezione da capire

In altri termini, il crollo del ponte Morandi e la disastrosa situazione di viadotti e gallerie autostradali è un fallimento collettivo, che deve essere affrontato analizzando le responsabilità di più attori, cercando di tutelare il valore dell’azienda. Revocare le licenze ad Aspi per darle ad Anas – un’azienda non particolarmente efficiente, che, tra l’altro, ha la responsabilità di aver costruito tutti i malandati viadotti liguri, incluso il ponte Morandi – non appare una soluzione né particolarmente equa né efficiente per tutelare il patrimonio della più importante rete autostradale italiana. Punire i responsabili, fatto assolutamente necessario ma che probabilmente è meglio lasciare alla magistratura, non deve voler dire azzerare una grande azienda che rimane un patrimonio per il paese.

Il caso Atlantia rappresenta anche un’occasione unica per rivedere sia alcune evidenti storture delle convenzioni (a cominciare da formule di fissazione delle tariffe, meccanismi di autorizzazione degli investimenti, aumento delle tariffe – che oggi avviene all’avvio degli investimenti e non al loro completamento) sia il ruolo della vigilanza, oggi in capo a livello tecnico al ministero e a livello tariffario all’Autorità di regolazione dei trasporti, quando è evidente che i due momenti sono interrelati. Ecco allora l’importanza di rafforzare l’Autorità e accorpare in essa entrambe le funzioni, come succede in Germania, per le reti elettriche e del gas, la rete ferroviaria, quella delle telecomunicazioni e le poste, presso la Bundesnetzagentur; in Germania infatti le autostrade sono pubbliche e gratuite per gli automobilisti, pagano solo i camion.

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  1. Stefano Scarabelli

    Mi sembra un articolo quanto meno improvvido: i Benetton si fanno scudo con azionisti di minoranza e obbligazionisti, che peraltro hanno anch’essi consapevolmente assunto un rischio di impresa…
    Negli Stati Uniti Atlantia sarebbe già in Chapter 11, senza nessuna conseguenza per i lavoratori.
    Distinti saluti

  2. SR-71

    I viadotti ed i ponti fatti dallo stato NON erano “malandati” a priori , ci sono diventati per carenza di manutenzione, responsabilita’ PRIMARIA del concessionario.

    E comunque, anche se lo fossero stati, malandati, era responsabilita’ PRIMARIA del concessionario controllarli ed, eventualmente chiuderli al traffico prima del disastro.

    Vorrei anche ricordare che, purtroppo il crollo del ponte non e’ un episodio isolato: nessuno parla piu’ del bus precipitato da un viadotto della A16 per un guasto ai freni dove le barriere sono risultate gravemente difettose e comunque incapaci di trattenere il veicolo, come da progetto (condanna in primo grado ad Autostrade). 40 morti in quel caso.

    • Eugenio Consorti

      Esatto l’autore si preoccupa dei risparmiatori, dei lavoratori,ma di noi, i proprietari dei ponti truffati da una società scorretta alla quale abbiamo pagato per anni pedaggi stellari, noi non meritiamo evidentemente alcuna compassione. Tra poco saremo costretti a rimettere mano al portafogli per rifare tutte queste infrastrutture , mentre paesi lungimiranti come la Germania possono spostare in avanti quel momento di 20 o 30 anni, ed usare quei soldi per finanziare ricerca e sviluppo. Il danno di Atlantia è stato assolutamente enorme senza neppure menzionare le morti

  3. MASSIMO FATTORINI

    Quello che ci insegna il caso Atlantia è molto e decisamente diverso da quello proposto dall’autore. Ma questo è il mio parere (da “uomo della strada”),che vale quello che vale… Mi piacerebbe però leggere un contraddittorio con interventi – ad esempio – di Marco Ponti o di Giorgio Ragazzi.

  4. enzo

    Lei ha colto il punto, la questione è che nel merito nessuno ha interesse ad approfondire. Una banale integrazione al suo scritto, i circa 300 mila truffati delle banche popolari sono -ancora e semplicemente senza un soldo di risarcimento; il bello è che i primi ad applaudire i loro carnefici sono i medesimi azzerati. La vicenda è stata da me seguita in 16 articoli pubblicati in una piccola testata on line di provincia, http://www.bellunopress.it sotto la voce “crac banche” di enzo de biasi. Un saluto.

  5. Michele

    Il caso Atlantia ci insegna che le privatizzazioni italiane sono state come quelle russe, hanno creato un certo numero di oligarchi

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