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Democracy Index: non diamo per scontata la democrazia

Dal 2006 il Democracy Index dell’Economist misura il grado di democrazia di molti paesi del mondo. L’Europa è ai vertici della classifica, ma l’Italia è penalizzata da istituzioni che non garantiscono la piena attuazione delle scelte democratiche.

Cos’è il Democracy Index e come viene misurato

L’Economist ha recentemente pubblicato il Democracy Index 2019, che misura il livello di democrazia di 167 paesi. Pur consapevoli dell’esistenza di altri indicatori che tentano di spiegare dinamiche simili, anche con rilevazioni storiche più ampie, gli autori redigono l’indice dal 2006 con l’obiettivo di definire la democrazia in un senso che vada al di là delle condizioni necessarie perché esista, come la presenza di libere elezioni e il rispetto delle libertà civili. Dal 1973 l’associazione statunitense Freedom House, per esempio, attribuisce la qualifica di “democrazia elettorale” ai paesi in cui sono garantiti un sistema multipartitico, il suffragio universale, libere elezioni e un rilevante accesso ai media e a un dibattito aperto ai partiti. Ma questi criteri, fondamentali per una democrazia, possono non essere sufficienti per assicurare che sia sana ed effettiva.

Spesso si pensa alla democrazia come a un concetto dicotomico: o c’è o non c’è. La situazione politica globale, però, dimostra come possa assumere diverse sfumature e avere differente intensità a seconda di come viene applicata. India e Norvegia, per esempio, sono entrambe definite democrazie elettorali da Freedom House, ma è evidente che i due paesi garantiscono diritti e libertà diversi. L’indice dell’Economist, con valori da 1 a 10, divide i paesi in quattro gruppi, a seconda del grado di democrazia: democrazia piena, democrazia imperfetta, regime ibrido, regime autoritario.

L’indice è composto da cinque categorie, la cui media restituisce il valore generale: processo elettorale e pluralismo, funzionamento del governo, partecipazione politica, cultura politica, libertà civili.

La situazione globale

Figura 1

Il valore medio mondiale è in calo rispetto al 2018: passa da 5.48 a 5.44, il peggior risultato da quando l’indice viene pubblicato. Nonostante alcuni miglioramenti, la situazione è peggiorata nella maggior parte delle regioni del mondo: in Asia è rimasta stabile, con miglioramenti compensati dai cali di India e Cina. L’Africa subsahariana, che è composta per circa il 50 per cento da regimi autoritari, ha peggiorato il proprio valore medio, così come Medio Oriente, Nord Africa e anche l’America Latina a causa soprattutto dei tumulti in Bolivia e Venezuela. L’Europa orientale continua a soffrire la mancanza di una cultura democratica consolidata, con un indice costantemente in declino dal 2006.

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L’Europa occidentale

L’Europa occidentale, che vanta il maggior numero di democrazie piene (15 su 21), ha mantenuto un punteggio stabile rispetto al 2018, dopo tre anni di leggero declino.

Tra le cinque categorie che compongono l’indice, “cultura politica” e “partecipazione politica” sono aumentate, mentre “funzionamento del governo” è calata, soprattutto a causa dell’instabilità politica legata al disgregamento dei sistemi bipartitici. I casi più rilevanti sono Spagna, Austria, Belgio e, ovviamente, Italia. L’aumento della partecipazione, invece, è da attribuire soprattutto alla maggiore polarizzazione dell’agone politico, con numerose manifestazioni di piazza, per esempio in Francia, e la richiesta da parte della popolazione di maggiore democrazia diretta. Le categorie “processo elettorale e pluralismo” e “libertà civili” sono leggermente calate, ma rimangono comunque le due categorie con il punteggio più alto per la regione.

Valori dell’indice per l’Europa Occidentale

L’Italia

Il nostro paese registra un valore molto alto (9.58) per quanto riguarda il processo elettorale e il pluralismo. Il punto debole dell’Italia è invece il funzionamento del governo, solo un punto superiore a quello turco e addirittura tre punti e mezzo al di sotto di quello norvegese. La crisi di governo di agosto e la successiva creazione di un nuovo esecutivo per evitare il ritorno alle urne hanno avuto un forte impatto su questa categoria, oltre che sulla partecipazione democratica e sulla cultura politica, fiaccate da un’ulteriore perdita di fiducia verso le istituzioni. Anche il dato sulle libertà civili non è incoraggiante: escludendo la Turchia, l’unico regime ibrido dell’Europa occidentale, l’Italia ha il peggior punteggio della regione nella categoria ed è l’unico paese a segnare un valore inferiore a otto. Il nostro paese è indicato come democrazia imperfetta, insieme a Malta, Belgio, Cipro e Grecia.

Democrazia non è solo il governo della maggioranza

È complesso individuare un singolo aspetto che definisca la democrazia, intesa in tutte le sue articolazioni istituzionali e sociali. Il caso dell’Italia è esemplare: il nostro paese, pur avendo subìto un regime totalitario nel XX secolo, ha conosciuto 70 anni di democrazia e, tramite la sua Costituzione, garantisce da decenni la possibilità di eleggere liberamente un parlamento, di associarsi in partiti, di partecipare attivamente alla costruzione del benessere collettivo della nazione. I risultati deludenti dell’indice, però, evidenziano come siano necessarie varie e numerose tradizioni e consuetudini sociali, oltre a un articolato sistema normativo, per fare in modo che la democrazia formale si traduca in democrazia sostanziale.

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Il Democracy Index, insomma, ci ricorda che il rispetto della volontà popolare non è l’unico elemento essenziale della democrazia, ma deve essere affiancato dalla tutela dei diritti fondamentali, dal rispetto delle minoranze e, soprattutto, dalla capacità di rendere esecutiva quella volontà stessa, tramite meccanismi che garantiscano il funzionamento del governo.

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  1. Michele Lalla

    Sul funzionamento del governo a un certo punto è scritto: “La crisi di governo di agosto e la successiva creazione di un nuovo esecutivo per evitare il ritorno alle urne hanno avuto un forte impatto su questa categoria”. Ora, dubito che un indice siffatto possa dirsi ben costruito, perché ciò che è accaduto è conforme al dettame costituzionale. Per avere un buon valore, bisognava tornare alle urne? Figurarsi. Concepire un funzionamento democratico sulla base di un sondaggio di opinione: si va a votare ogni volta che cambia l’opinione pubblica rilevata con un sondaggio … Ecco, siamo sommersi e guidati dal “sondaggismo”, l’agenda politica segue a ruota gli atteggiamenti rilevati e le tesi dei giornali, ahimè, che hanno un padrone.

    • Giuseppe GB Cattaneo

      Concordo con l’obiezione, ma vorrei ampliare la critica al metodo di dividere in buoni e cattivi. Mi sembra un metodo sbagliato che non coglie i problemi e si presta a strumentalizzazioni.

  2. Savino

    citofonare Salvini

  3. Henri Schmit

    Complimenti al giovane autore per il raffronto dei vari indici e delle classifiche. Condivido la critica formulata da Michele Lalla. Più in generale non accetterei acriticamente i criteri utilizzati. Sarei quindi interessato a comprendere meglio come sono costruito gli indici. L’Italia che gode di un ottimo risultato per il sistema elettorale mi lascia perplesso. Non capisco con quali criteri la Norvegia dove i parlamentari sono nominati dai partiti può sorpassare la Confederazione Elvetica che elegge i singoli deputati e permette inoltre (forse troppo facilmente) il referendum legislativo (anzi costituzionale) d’iniziativa popolare. Per fare qualcosa di concreto mi fermerei sul risultato del Democracy Index dell’Economist per la democrazia italiana che risulta “flawed”, compromessa, difettosa, viziata. Inizierei ad occuparmi di questo problema.

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