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Emilia-Romagna contro Veneto: chi vince su tasse e sanità?

Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle dichiarazioni su Veneto ed Emilia-Romagna del direttore di Libero Pietro Senaldi e del presidente della regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini.

Le dichiarazioni

Domenica 26 gennaio si terranno le elezioni regionali in Emilia-Romagna e i riflettori sono puntati sullo scontro tra il presidente della regione uscente Stefano Bonaccini (Partito democratico) e la candidata leghista per la coalizione di centro-destra Lucia Borgonzoni. È il giorno che potrebbe decretare il destino della legislatura, almeno secondo Matteo Salvini, che in caso di vittoria ha promesso di presentarsi a Palazzo Chigi con una lettera di sfratto per il premier Conte. Mentre l’ex ministro dell’Interno si affaccendava per dare alla campagna elettorale un’impronta nazionale, un breve dibattito sul merito delle elezioni si è invece consumato negli studi di DiMartedì (La7). Protagonisti del confronto il presidente Stefano Bonaccini e il direttore del quotidiano Libero Pietro Senaldi:

Bonaccini: “Questa mattina la mia avversaria ha detto in una tribuna elettorale che lei se vincerà cancellerà l’Irpef e l’Irap. Uno che dice una cosa così vuol dire che non ha idea di cosa sta parlando”.

Senaldi: “I veneti non pagano l’Irpef addizionale e hanno una sanità migliore dell’Emilia-Romagna”.

Due sono i nodi da sciogliere: è vero che in Veneto i contribuenti non pagano l’addizionale regionale all’Irpef? Ed è altresì vero che il Veneto può vantare una sanità superiore a quella dell’Emilia-Romagna?

Fiscalità veneta ed emiliano-romagnola

Non c’è modo di dirimere la prima questione senza bagnarsi i piedi nel pantano della fiscalità regionale. L’addizionale regionale all’Irpef, come si può facilmente intuire, è una quota tributaria aggiuntiva all’Irpef e si applica al reddito complessivo determinato ai fini Irpef. Il suo gettito concorre al finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

Entro i limiti fissati dalla legge statale, ciascuna regione (o provincia autonoma) ha spazio di manovra per modificare l’aliquota di base dell’addizionale all’Irpef, ed è qui che casca l’asino. A partire dal 2012, l’aliquota di base è pari all’1,23 per cento e in tutte le regioni, incluso il Veneto, si paga almeno questa aliquota minima. Ecco quindi la prima falla nella dichiarazione sotto esame: non è esatto affermare che i Veneti non pagano per nulla l’addizionale all’Irpef. E se la candidata della destra Borgonzoni volesse abolirla, come promesso in campagna elettorale, dovrebbe trovare in altra parte del bilancio (ossia riducendo delle spese o aumentando altre entrate) il finanziamento corrispondente per la sanità.

Dopodiché, le regioni ordinarie hanno facoltà di maggiorare l’aliquota di base fino a 2,1 punti percentuali, mentre quelle a statuto speciale e le province autonome fino a 0,5 punti. Ma c’è di più: le regioni possono anche adottare una pluralità di aliquote crescenti applicate ai medesimi scaglioni di reddito stabiliti per l’Irpef e possono disporre detrazioni di imposta e misure di sostegno economico diretto (se non sono impegnate in piani di rientro dal deficit sanitario). È in questi dettagli che il diavolo nasconde la sua coda: il Veneto, per esempio, ha scelto di adottare dal 2011 un’aliquota unica (in effetti, una flat tax) pari all’aliquota di base: 1,23 per cento. Non è da solo: anche Valle d’Aosta, Sicilia, Sardegna e le province autonome di Trento e Bolzano hanno deciso di applicare l’aliquota unica e di non maggiorarla. Inoltre, il Veneto prevede soltanto un’agevolazione per i soggetti disabili e per i contribuenti con un familiare disabile a carico sotto un certo reddito. Diverso l’assetto fiscale dell’Emilia-Romagna che ha scelto di mantenere la struttura progressiva a scaglioni prevista per l’Irpef e di applicare aliquote crescenti: da 1,33 per cento per i redditi sotto i 15 mila euro (quindi 0,10 punti sopra l’aliquota di base) a 2,33 per cento per quelli sopra i 75mila, per finanziare interventi addizionali nel campo socio-sanitario.

Pietro Senaldi non è il primo a sostenere che in Veneto non ci sia l’addizionale all’Irpef. Lo stesso governatore Luca Zaia ha più volte rivendicato per il Veneto il primato di regione “tax-free”. Ma gli slogan per loro natura non raccontano mai tutta la verità: anche in Veneto si paga un’addizionale all’Irpef dell’1,23 per cento, che contribuisce al finanziamento della sanità; è vero che la regione non ha aumentato l’aliquota di base, pur avendone facoltà, ma non l’ha neppure ridotta né tantomeno azzerata.

E la sanità in Veneto è migliore?

L’addizionale regionale all’Irpef è una delle fonti di finanziamento del fabbisogno sanitario, ma solo per la parte di gettito determinata dall’applicazione dell’aliquota di base (che è comunque la parte preponderante). Questo significa che le manovre fiscali eventualmente attivate nelle singole regioni (come le aliquote crescenti per scaglioni di reddito in Emilia-Romagna) non influenzano i Livelli essenziali di assistenza (Lea), ossia le prestazioni sanitarie di base valutate dal ministero della Salute. Tenendo questo a mente, cosa si può dire della sanità in Veneto e in Emilia-Romagna?

Le classifiche vanno di gran moda in periodo di elezioni. Per valutare la situazione sanitaria delle regioni italiane si utilizza la griglia Lea. Che prende in considerazione 33 indicatori e ogni indicatore viene pesato dando luogo a un punteggio finale, che va da un minimo di -25 a un massimo di 225. Sotto la lente va un po’ di tutto: dalla copertura vaccinale all’adesione agli screening, dal tasso di ospedalizzazione al numero di posti letto, dal numero dei parti cesarei ai tempi di reazione tra la chiamata al 118 e l’arrivo dell’ambulanza.

La classifica Lea 2018 è stata divulgata proprio recentemente. La vetta della classifica è in effetti del Veneto (con 222 punti su 225), ma sul podio al secondo posto si piazza nientemeno che l’Emilia-Romagna, che tallona il Veneto a distanza di un solo punto (221). È vero dunque che il Veneto assicura meglio di tutti in Italia i Livelli essenziali di assistenza, ma un unico punto di distacco va interpretato cum grano salis. A ben vedere, le due regioni avevano ottenuto lo stesso punteggio nella classifica del 2017 (218 punti, al secondo posto dopo il Piemonte), ma il ministero della Salute aveva rilevato per il Veneto una criticità nell’area delle vaccinazioni, che registrava uno scostamento rispetto al valore di riferimento. A ogni modo, parliamo delle prime due regioni in graduatoria e in entrambe la sanità è in termini comparativi eccellente.

Figura 1

Il verdetto

In campagna elettorale, si sa, vincono le frasi semplici: affermare che “i veneti non pagano l’addizionale all’Irpef” è semplice; spiegare che anche in Veneto, come nel resto d’Italia, si applica l’aliquota di base ma non è prevista maggiorazione (né riduzione) è meno suggestivo. Allo stesso modo, è più efficace dire che “la sanità in Veneto è migliore che in Emilia-Romagna”, invece di osservare che le due regioni in base alla griglia Lea sono sostanzialmente alla pari e che un solo punto di distanza non è indice di migliore o peggiore qualità. Ma tant’è. La dichiarazione sulla sanità si merita un PARZIALMENTE FALSO, mentre quella sull’addizionale all’Irpef un FALSO.

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13 commenti

  1. Emanuele Bracco

    Mah, a me l’affermazione sull’addizionale irpef sembra vera. A fare i pignoli si può dire che il Veneto/Zaia ha il livello minimo legale di addizionale, mentre l’ER ha deciso di alzare sopra il livello minimo. Se guardiamo alle policy scelte dalle regioni il Veneto ha (la parte di) addizionale decisa dal Pres della Regione a 0, mentre l’ER ce l’ha positiva e progressiva.

    L’affermazione sulla sanità invece è vera (o quanto meno non falsa), salvo il fatto che questi indici hanno un ovvio intervallo di confidenza, ma l’indice è più alto. Se facciamo il fact-checking in modo prevenuto verso i truci finisce che gli elettori dei truci non crederanno mai più a noi.

    • Giacomo Gerani

      Emanuele, la regione ha la facolta’ di aumentare fino al 2.1% o DIMINUIRE l’aliquota regionale “le Regioni ordinarie le quali possono aumentare o diminuire l’aliquota base”. La sua affermazione riguardo l’esistenza di un minimo legale e’ quindi falsa.
      Fonte:
      https://www.finanze.it/opencms/it/fiscalita-regionale-e-locale/addizionale-regionale-allirpef/disciplina-del-tributo/

      Conclusione: Il Veneto non ha diminuito l’addizionale regionale, pur avendone facolta’, quindi i veneti la pagano ancora, quindi l’affermazione che non c’e’ addizionale IRPEF regionale e’ falsa.

      Riguardo alla sanita’, non posso fare il calcolo ma dubito ci sia differenza statisticamente significativa tra i due dati. Quindi se il fact-checking e’ fatto da una persona che ha fatto l’esame di Statistica I all’universita’, come possibilmente lei abbia fatto, sa che c’e’ differenza tra 2 dati che sono significativamente differenti e due che non lo sono. Mi sembra un fact-checking corretto.

    • roberto bacenetti

      Come si possa sostenere che l’affermazione “I veneti non pagano l’ addizionale Irpef” sia vera quando in effetti la pagano è veramente incredibile

    • Mahmoud

      Concordo in parte, se dico che 222 è superiore a 221 dico il VERO. Il totale ed assoluto VERO, poiché 222 è superiore a 221 e basta, non c’è un intervallo, una forbice parzialmente sovrapponibile, posso sostenerlo senza minimamente errare, a meno che non dica che è MOLTO piuttosto che POCO superiore, cosa che mi pare non sia stata detta. Per altro che la sanità fosse storicamente migliore in ER ed il Veneto abbia gradualmente recuperato fino a superarla proprio nel corso dell’ultimo mandato regionale aggrava la questione. Rispetto alla addizionale regionale però è FALSO che in Veneto non si paghi. Si paga. Si paga meno che in ER ma si paga. Dunque l’affermazione è quantomeno NON VERA se non del tutto FALSA. Che sia più bassa (VERO) o al minimo (comunque non vero, dato che potrebbe essere ulteriormente abbassata) è differente dal dire che non esista.

    • Amegighi

      Senta, a me che in Veneto si paghi meno o di più può anche interessare poco. Che non si paghi mi pare affermazione quantomeno strana, come dire che bianco è nero o viceversa. O Lei non legge le tasse che paga.
      Quanto poi a questo pseudo discorso che di qua o di là si paghi di più o di meno, forse converrebbe iniziare a ragionarci sopra con meno foga e più concretezza (cioè leggendo e calcolando). Piccolo esempio: 1979 mio padre subì un infarto (a 54 anni). Ricovero in Ospedale e degenza di 21 giorni (terapia acuta+fase stazionaria di riposo+fase di recupero). 2020 mamma di 90 anni: stessa patologia, 5 giorni di degenza (terapia acuta+recupero della stazionarietà) e quindi dimissioni.
      Domanda: chi paga l’infermiere che deve seguirla costantemente a casa (come richiesto alle dimissioni) ? Chi, nel caso voglia farlo io, mi paga per il lavoro perso seguendo la mamma ? Chi paga la terapia di recupero se questa deve essere posticipata ? Chi paga il portare la persona nel luogo della terapia di recupero ? Chi paga, di nuovo, il parente per il lavoro perso portando alla terapia di recupero la mamma ?
      Piccola conclusione: riducendo di 16 giorni la degenza (anche se hai 90 anni) ovviamente risparmi e fai vedere alla gente che lo fai non facendogli pagare tasse. ma il “servizio” prevede tante altre cose che tu non dai, o, se le dai, le dai sempre con un costo che prima non c’era. E, mio caro Emanuele, nel Veneto questi si chiamano “schei”…..Ma nessuno lo dice perchè, altrimenti…..

  2. Claudio Benini

    Per completezza di informazione bisognerebbe anche analizzare la media delle aliquote IRPEF Comunali in quanto, da quello che mi risulta, diminuendo i trasferimenti dalla regione sulle materie cofinanziate i Comuni hanno fatto ricorso ad aliquote IRPEF più alte rispetto a E.R. In buona sostanza la pressione fiscale LOCALE è sovrapponibile.

  3. Edo Pradelli

    I dati 2019per lEmilia Romagna, riportati nell’articolo, sono errati.
    Aliquota Fascia di applicazione
    1.33 fino a 15000.00 euro
    1.93 oltre 15000 e fino a 28000 euro
    2.03 oltre 28000 e fino a 55000 euro
    2.23 oltre 55000 e fino a 75000 euro
    2.33 oltre 75000.00 euro

    • Greta Ardito

      Gentilissimo,
      nell’articolo ho riportato solo l’aliquota del primo scaglione (1,33 fino a 15mila euro) e l’aliquota dell’ultimo scaglione (2,33 oltre 75mila euro) e sono le stesse che ha indicato lei. Il passaggio è questo: “Diverso l’assetto fiscale dell’Emilia-Romagna che ha scelto di mantenere la struttura progressiva a scaglioni prevista per l’Irpef e di applicare aliquote crescenti: da 1,33 per cento per i redditi sotto i 15 mila euro (quindi 0,10 punti sopra l’aliquota di base) a 2,33 per cento per quelli sopra i 75mila, per finanziare interventi addizionali nel campo socio-sanitario”. Ho omesso quelle centrali per esigenze di spazio, ma ho inserito il link al sito del ministero delle Finanze per chi volesse approfondire.

  4. Carla Strappazzon

    da Veneta pago IRPEF x la Sanità, non lo trovo scandaloso, scandaloso è diminuire i servizi, con trasferimenti maggiorati da parte dello Stato, con diminuzioni di personale. per logica con + soldi e meno spese non si dovrebbero chiudere e depotenziare ospedali periferici e PRIVATIZZARE la Sanità come di fatto sta accadendo in prov. di Belluno. Provincia MONTANA.

  5. Pino

    Una piccola imprecisione, l’affermazione che “anche Valle d’Aosta, Sicilia, …..hanno deciso di applicare l’aliquota unica e di non maggiorarla”, non è vera. La Sicilia per anni ha aumentato l’aliquota.

  6. Giorgio Boz

    Come si fa a dire che la dichiarazione sul’addizionale all’Irpef è un falso? Il Veneto è costretto a pagare per legge l’Irpef “minima”, ma a differenza dell’Emilia non l’ha maggiorata. Quindi in Veneto si paga meno Irpef che in Emilia.
    L’affermazione è un VERO o, comunque, un Parzialmente Vero.

    • Amegighi

      Non giriamo intorno con le parole. Pagare vuol dire tirare fuori i soldi. O meglio: “tirar fora i schei”
      No me par che ghe voja sta gran mente per capìr……
      Se si paga meno che….è un altro discorso. Legga bene: si paga (cioè si paga o se tira fora i schei) meno (se tira fora i schei, ma manco….).

  7. lucilio cogato

    Se l’addizionale IRPEF servisse solo a pagare il Servizio sanitario regionale la diatriba avrebbe avuto una sua utilità per confrontare l’efficienza con cui le due regioni spendono i soldi dei contribuienti. Ma, se non sbaglio, con l’addizionale e con la fiscalità regionale in genere si pagano anche altre cose. Ad esempio i servizi ferroviari locali: per i quali in Emilia si è speso molto e raddoppiato i passeggeri mentre il Veneto magari si è speso meno. Quindi gli emiliani saranno un po’ più tassati dei veneti ma magari hanno anche servizi migliori in campo extrasanitario.

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