Per l’ennesima volta, si discute di una nuova legge elettorale. Un modello semplice, rispettoso dei diritti, potrebbe essere un sistema proporzionale di lista con riparto definitivo in circoscrizioni di piccola dimensione e con una sola preferenza.
Volatilità e complessità della normativa italiana
Da tre decenni varie riforme elettorali perseguono obiettivi politici di rappresentanza e di governabilità entrati ripetutamente in conflitto con i diritti costituzionali. Disposizioni essenziali di due leggi elettorali sono state dichiarate illegittime e sostituite dalla Corte con soluzioni di orientamento opposto. La legge vigente è contestata da più parti e la maggioranza discute della quinta riforma in meno di trent’anni.
Tabella 1
C’è qualcosa che non va. Non è accettabile né che ogni maggioranza faccia la propria legge elettorale, né che il Parlamento sia eletto con una procedura incostituzionale o sospettata tale.
Stabilità e semplicità in altri paesi
Altri paesi meno ingegnosi ma più scrupolosi non hanno simili problemi. Un esempio è la legge elettorale lussemburghese che celebra il suo centenario. Adottata nel 1919 quando quasi tutti i paesi europei, eccetto il Regno Unito, scelsero assieme al suffragio universale un sistema proporzionale, consiste in un sistema di lista libera e aperta, con quattro circoscrizioni da 7 a 23 seggi, divieto di candidature multiple, voto di lista o di preferenza nominativa per un numero di candidati pari a quello dei seggi, possibilità di accumulare due voti sullo stesso candidato e di scegliere candidati di liste diverse. I seggi sono ripartiti nelle circoscrizioni fra le liste in base al miglior rapporto di voti per seggio e per pluralità di preferenze fra i candidati.
Il sistema assomiglia a quello elvetico, in uso in numerosi cantoni e scelto sempre nel 1919. Si contrappone al sistema belga che dal 1899 prevede restrizioni al pieno effetto del voto preferenziale facoltativo sull’ordine di elezione dei singoli deputati. In Belgio, le liste sono rigide e solo pochi deputati sono eletti effettivamente dagli elettori perché diversi dai candidati preordinati dai partiti. La maggior parte dei sistemi proporzionali seguiti dalla Commissione di Venezia assomiglia più al modello belga che non a quello svizzero o lussemburghese.
I sistemi più complicati necessitano di continue correzioni, come mostra il caso tedesco. Pochi sistemi possono vantare una storia centennale. Negli Stati Uniti l’unica correzione riguarda le primarie rese obbligatorie. Nel Regno Unito una proposta di riforma fu respinta nel 2011 dagli elettori che continuano a preferire il più semplice sistema vigente. In Finlandia, i numerosi emendamenti sono migliorie che non mettono in discussione l’architettura generale.
In Lussemburgo le uniche modifiche in cento anni riguardano il numero dei 60 deputati, fissato nel 1988, e la ripartizione geografica dei seggi fra le circoscrizioni. Nonostante la stabilità del sistema si discute di riforma. Un progetto di revisione costituzionale in discussione da oltre 15 anni, ormai quasi definitivo, gestito successivamente da diverse maggioranze, commentato da tutti gli interessati, fra cui la Commissione di Venezia, non ha finora osato mettere mano alla normativa elettorale. Un’idea di riforma vorrebbe ripartire i seggi in un’unica circoscrizione nazionale o, come da modello tedesco, attraverso un doppio riparto a cascata prima nazionale poi di circoscrizione, usare una formula più proporzionale e introdurre soglie di sbarramento. Una proposta di riforma alternativa mira invece al mantenimento del riparto definitivo nelle circoscrizioni e della formula tradizionale; propone di ridurre la dimensione delle circoscrizioni (da 15 a una media di 8 seggi) rendendole più omogenee; prevede inoltre una preferenza unica al posto delle preferenze multiple facoltative.
L’elezione definitiva su base circoscrizionale: un modello per l’Italia?
Invece di introdurre la base circoscrizionale per il Senato, l’Italia potrebbe usarla per la Camera. Il riparto definitivo in un alto numero di circoscrizioni di piccola dimensione permette di gestire la frammentazione della rappresentanza, di riavvicinare gli eletti agli elettori, di rendere la scelta di questi più consapevole e l’incarico di quelli più responsabile. Basterebbe stabilire il minimo e il massimo di seggi per circoscrizione (fra 3 e 7) e dividere l’elettorato in base al numero totale dei deputati, 630 o 400. La dimensione (o magnitudo, M) delle circoscrizioni determina una soglia effettiva stimata a 100/(M+1)*75%. Si divide 100 con il numero dei seggi più uno e si decurta il risultato del 25 per cento per tener conto della dispersione del voto. Una magnitudo di 7 seggi implica una soglia effettiva del 9 per cento; con 5 seggi la soglia effettiva si alza al 12 per cento e con 3 seggi passa al 19 per cento.
Tabella 2
Ogni elettore dispone di un voto solo che vale per la lista e per il candidato. Il riparto avviene definitivamente nelle circoscrizioni secondo la formula D’Hondt basata sul miglior rapporto di voti per seggio. Sono eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze. Con pochi deputati per circoscrizione, gli schieramenti si coordineranno per conquistare l’ultimo seggio. Con più seggi, vari partiti ci proveranno, ognuno da solo. L’uninominale in numerosi collegi è un caso estremo dello stesso concetto proporzionale. Il doppio turno fra candidati vi svolge lo stesso ruolo della lista in un collegio plurinominale. Un sistema a doppio turno di lista è una rigidità inutile.
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