Lavoce.info

Mura del passato circondano la scuola del futuro

Secondo il Rapporto sull’edilizia scolastica, la maggior parte degli edifici scolastici italiani è stata costruita tra il 1958 e il 1983. Servono forti investimenti per trasformarli in moderni ambienti di apprendimento sicuri, sostenibili e inclusivi.

Indagine sugli edifici scolastici italiani

Tra i problemi davvero importanti che l’Italia dovrà affrontare nel prossimo decennio vi è senz’altro l’adeguamento del patrimonio di edilizia scolastica alle esigenze del sistema educativo. Il nuovo Rapporto sull’edilizia scolastica della Fondazione Agnelli, che sarà pubblicato a gennaio da Laterza, offre una fotografia abbastanza nitida dei 40 mila edifici che oggi ospitano le scuole italiane, dall’infanzia alle superiori, e ne segnala numerosi limiti e inadeguatezze.

La messa a fuoco della foto dipende soprattutto dalla disponibilità dei dati dell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, che dopo quasi un ventennio di ritardi, false partenze e persino dispute giudiziarie, vengono oggi regolarmente pubblicati sul Portale unico dei dati sulla scuola del ministero dell’Istruzione, università e ricerca. Rispetto ai primi rilasci, l’Anagrafe dimostra oggi una più che soddisfacente capacità di copertura territoriale, con oltre il 98 per cento delle istituzioni scolastiche presenti.

Un primo dato rilevante riguarda l’epoca di costruzione degli edifici. Le scuole italiane possono risalire a tempi molto lontani, ma la maggioranza degli edifici è stata costruita nella fase storica dal 1958 al 1983, durante gli anni del baby boom e del rapido aumento della scolarità (figura 1): in questa fase – vera e propria epoca d’oro dell’edilizia scolastica – si sono costruiti in media oltre 800 edifici all’anno.

Figura 1 – Distribuzione degli edifici scolastici per epoca di costruzione

Fonte: Elaborazione su dati Anagrafe edilizia scolastica, a partire dalle informazioni disponibili su anno/epoca di costruzione degli edifici (medie mobili di 5 anni).

Complice il fatto che nel XXI secolo, ormai esauritesi sia la spinta demografica sia la crescita della scolarità, di nuove scuole se ne sono costruite relativamente poche, l’età media degli edifici è piuttosto elevata: oltre 52 anni, con punte di 75 anni in Liguria e 64 in Piemonte, le regioni dove è più diffusa la presenza di costruzioni che risalgono a prima dell’Unità d’Italia.

Leggi anche:  La Dad non è stata uguale per tutti*

Didattica, sicurezza, sostenibilità e inclusione

L’invecchiamento di questo patrimonio vastissimo – grazie all’Anagrafe possiamo stimarlo in circa 150 milioni di metri quadrati – lo rende sempre meno adeguato, da diversi punti di vista.

È inadeguato sul piano della didattica: le scuole del passato remoto e recente sono state progettate e realizzate avendo prevalentemente in mente la centralità dell’aula e la dominanza di un’unica strategia didattica, quella trasmissiva. Mal si prestano, dunque, al superamento della lezione frontale a favore di una maggiore coralità di strategie e metodi coerenti con la diffusione dell’innovazione didattica e organizzativa. E quindi non consentono allo spazio scolastico di svolgere appieno la sua funzione di “terzo insegnante”, dopo l’adulto e i compagni (la definizione, sempre calzante, è del pedagogista Loris Malaguzzi.

È inadeguato sul piano della sicurezza. Tra le sezioni potenzialmente più interessanti dell’Anagrafe spicca quella dedicata ai giudizi sullo stato di conservazione degli edifici formulati da tecnici incaricati dagli enti proprietari (comuni e province) di valutare lo stato di degrado/efficienza delle opere edilizie e degli impianti. Ancora nel 2016, l’8 per cento circa degli edifici non superava le verifiche sulle strutture portanti verticali, sui solai e sulle coperture: denunciava cioè problemi strutturali di una certa gravità.

È inadeguato sul piano della sostenibilità: sono ancora in maggioranza gli edifici poco efficienti, che fanno lievitare i costi sostenuti dagli enti locali per il riscaldamento e il raffreddamento degli ambienti scolastici. Ad esempio, solo il 38 per cento dispone di doppi vetri o doppi serramenti; e solo il 12 per cento ha predisposto l’isolamento delle pareti esterne. Poiché le scuole sono, in sintonia con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il luogo deputato a promuovere un’educazione allo sviluppo sostenibile per le nuove generazioni, sprechi e inefficienze in contesto scolastico finiscono per svolgere anche una deleteria funzione diseducativa. È invece rassicurante notare che quasi 10 mila edifici scolastici sono oggi dotati di pannelli solari per convertire la luce solare – fonte rinnovabile per eccellenza – in energia elettrica.

Leggi anche:  Perché va rivalutata la ricerca finanziaria

È inadeguato sul piano dell’inclusione: una quota importante di scuole italiane non è ancora adeguatamente attrezzata per l’abbattimento delle barriere architettoniche nei confronti degli studenti e professori con disabilità motorie. In molti contesti non è dunque possibile assicurare l’elevato livello di inclusione che da alcuni decenni è uno degli obiettivi irrinunciabili per il sistema scolastico italiano. A titolo di esempio, il 40 per cento degli edifici non dispone di accessi dall’esterno con rampe di pendenza inferiore all’8 per cento; il 45 per cento non rispetta la larghezza minima delle porte di 90 centimetri; nella maggioranza dei casi le scale e i percorsi interni non sono a norma.

La conclusione alla quale giunge il Rapporto è che le mura del passato non sono l’ambiente entro il quale potrà svilupparsi la scuola di domani: una scuola che dovrà essere al tempo stesso efficace, sicura, attenta alla sostenibilità e inclusiva. Per trasformare il grande e spesso obsoleto patrimonio di edilizia scolastica in moderni ambienti di apprendimento – lo ripetiamo: efficaci, sicuri, sostenibili e inclusivi – serviranno consistenti investimenti, pubblici e privati, con un occhio alla curvatura verso la sostenibilità della nuova programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali europei. Un importante sforzo collettivo – che nel Rapporto abbiamo provato a quantificare in 200 miliardi – da distribuire lungo un orizzonte pluridecennale, con il non comune pregio di soddisfare contemporaneamente le esigenze di equità intergenerazionale (perché una volta tanto mette al primo posto l’interesse delle giovani generazioni) e quelle di equità territoriale (perché avrebbe un impatto significativo su tutto il territorio nazionale).

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Economia aziendale, una disciplina in evoluzione

Precedente

Il capitale sociale che manca all’ex-Ilva

Successivo

Cosa dice la legge quadro sull’autonomia differenziata

  1. Lorenzo Boscarelli

    Gli autori affermano che di recente l’esigenza di costruire nuove scuole si è molto ridotta, per la diminuzione del numero di studenti. Data l’enormità del fabbisogno di investimenti in edilizia scolastica indicato dagli autori (200 miliardi di euro) sarebbe utile sapere quale parte si ritiene di dover spendere in nuove costruzioni e quale in interventi sugli edifici esistenti. Se per assurdo si pensasse di devolvere tutto l’ammontare alle 40.000 scuole attuali, si arriverebbe alla cifra di 5 milioni di euro per scuola, una cifra che appare assai poco credibile.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén