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Acrobazie fiscali: i lavoratori domestici e gli 80 euro*

I domestici, considerati dal fisco lavoratori dipendenti, tendono ad adottare comportamenti economici simili agli autonomi. Possono evadere più facilmente, ma con gli incentivi “giusti” pagano di più le tasse. Ne è prova la loro reazione al Bonus di 80 euro.

Una categoria di dipendenti “anomali”

Sono quasi un milione, circa l’8 per cento dei dipendenti italiani, sono poveri, in gran parte immigrati e ad alto rischio di pratiche elusive, eppure i lavoratori domestici vengono spesso ignorati nel dibattito pubblico.

I domestici sono lavoratori dipendenti “anomali”. Il loro datore di lavoro infatti non è un’impresa, è una famiglia. A differenza dell’impresa, la famiglia non agisce come sostituto di imposta. Mentre il contratto di lavoro domestico non li vincola a prestare servizio per un numero di ore fisso. Queste peculiarità rendono i domestici molto simili ai lavoratori autonomi. Ma da un punto di vista fiscale, sono trattati come dipendenti: devono presentare la dichiarazione dei redditi e pagare l’Irpef qualora il loro reddito complessivo sia superiore alla no tax area di 8 mila euro. Ciò crea un chiaro incentivo per i domestici: lavorare un numero di ore tale da permettere loro di collocarsi appena al di sotto della soglia, in modo da non dover presentare alcuna dichiarazione.

In una analisi, pubblicata in allegato alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2019 e basata su dati aggregati Inps, osserviamo un numero “eccessivo” di lavoratori domestici poco al di sotto della soglia di reddito degli 8 mila euro. Abbiamo usato tecniche di “raggruppamento” (bunching) per comprendere meglio i motivi della “strana” distribuzione.

L’intuizione dietro la metodologia è semplice: guardando all’intera distribuzione dei redditi dei lavoratori, ma escludendo la zona in prossimità della soglia di interesse, stimiamo una distribuzione controfattuale, ovvero la percentuale di lavoratori che ci aspetteremmo di osservare nella zona di interesse, intorno agli 8 mila euro dichiarati, qualora non vi fosse stata alcuna soglia di tassazione. Poi calcoliamo la differenza tra il numero di persone stimato e quello effettivamente osservato.

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La figura 1 mostra i risultati delle stime. La linea continua corrisponde alla distribuzione controfattuale stimata; i circoli alla distribuzione osservata, le linee verticali l’area “in eccesso” rispetto alla distribuzione controfattuale. Nel 2014 oltre 221.700 lavoratori domestici, più del 20 per cento, si collocano all’interno della soglia di interesse mostrando, quindi, comportamenti “anomali” rispetto alla distribuzione controfattuale. Da notare che più del 60 per cento dei domestici si colloca prima degli 8 mila euro.

Figura 1

Con questi dati si può calcolare l’elasticità del reddito dichiarato rispetto alla tassazione. Secondo le nostre stime, ha un valore molto alto, pari a 2,6. Le stime medie per gli Stati Uniti sono intorno a 1,7 per i lavoratori autonomi e vicine allo zero per i lavoratori dipendenti. Un’elasticità così alta in relazione a un gruppo di lavoratori con caratteristiche simili a quelli autonomi induce a pensare che l’evasione parziale di contributi per gli oltre 220 mila domestici nell’area di raggruppamento sia verosimile ed elevata.

Il bonus 80 euro

Dal 2014 il “bonus 80 euro” ha modificato in modo inatteso e significativo gli incentivi dei lavoratori che si collocano intorno alla soglia degli 8 mila euro. I domestici, in quanto lavoratori dipendenti, hanno infatti diritto al bonus. Tuttavia, poiché hanno come datore di lavoro una famiglia, non lo percepiscono automaticamente ogni mese, ma possono recuperarlo per intero (960 euro per chi ha lavorato tutto l’anno) presentando la dichiarazione dei redditi. Dal 2014, quindi, i lavoratori domestici con redditi intorno agli 8 mila euro hanno un più forte incentivo a presentare la dichiarazione per percepire il bonus. Come hanno risposto?

Confrontiamo la distribuzione del 2014, che prendiamo come periodo base, e quelle degli anni successivi (2015 e 2016).

Figura 2

Ripetendo calcoli analoghi a quelli effettuati per il 2014, si osserva una progressiva riduzione nel tempo del numero di individui che si collocano al di sotto della soglia degli 8 mila euro (da 221.696 nel 2014 a 184.047 nel 2016), e una corrispondente riduzione dell’elasticità stimata (da 2,6 a 2,14). Il risultato è coerente con l’ipotesi che gli 80 euro abbiano agito come incentivo a spostare alcuni redditi al di sopra della soglia di 8 mila euro.

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Pur trattandosi di calcoli preliminari basati su dati aggregati, i risultati suggeriscono una chiara risposta da parte dei domestici, in termini di reddito da lavoro dichiarato, ai cambiamenti intervenuti nel regime di tassazione e a seguito dell’introduzione degli 80 euro.

Le evidenze sono particolarmente importanti visto il recente dibattito politico su come riformare gli incentivi fiscali in chiave anti-evasione per questa categoria di lavoratori. La proposta più recente, poi ritirata, è rendere la famiglia sostituto di imposta e assoggettare i domestici a ritenuta alla fonte del 15 per cento. Un sistema molto simile a quello esistente attualmente per i liberi professionisti. Ma se, da un lato, ciò permetterebbe allo stato di recuperare gettito, dall’altro imporrebbe un notevole costo burocratico in capo al datore di lavoro “famiglia”. Se non progettato accuratamente, il rimedio rischia di essere peggiore del male, allineando gli incentivi di famiglie e lavoratori a operare completamente in nero.

La risposta dei domestici agli 80 euro suggerisce un rimedio forse più facile e parimenti efficace in chiave anti-evasione: estendere il bonus ai cosiddetti “incapienti” e migliorarne la progressività.

*Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire esclusivamente agli autori e non investono la responsabilità dell’Istituto di appartenenza.

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  1. paolo

    Bell’articolo.
    Una osservazione sulla questione del “notevole costo burocratico” in capo al datore di lavoro per il pagamento della ritenuta alla fonte, che mi pare un problema sovrastimato.
    Già oggi la famiglia che assume un lavoratore domestico deve mensilmente fare la busta paga e pagare il lavoratore; deve fare i versamenti trimestrali all’Inps; deve produrre annualmente il CU e deve poi aggiornare (tipicamente con il supporto di un Caf) gli importi della paga base e dei ratei.
    Il problema principale per le famiglie che già oggi si fanno carico di questi compiti ed hanno impostato la loro routine è come effettuare i versamenti dei contributi sociali: sia il sito dell’Inps sia le modalità di versamento on line cambiano piuttosto frequentemente (e non brillano per chiarezza) e questo finisce per essere il vero “onere” burocratico.
    Con una migliore organizzazione e supporto on line, riprogettati nella prospettiva dell’utente non specializzato che svolge questi compiti saltuariamente, non solo si potrebbe risolvere il problema del sostituto d’imposta ma anche quello di agevolare l’intera procedura.

    • Solo per chiarire, la famiglia non ha obbligo di legge riferito alla busta paga e CU. Questo lo troviamo nel CCNL di settore. Quindi non subirebbe alcuna sanzione se non venissero consegnate, anche se penso sia una cosa rispettosa verso la domestica consegnarli.
      Attibuire alla famiglia la funzione di sostituto d’imposta sarebbe un’onere di responsabilità improprio e molto costoso (ben oltre alle buste paga). Dovrebbero rivolgersi ad un commercialista anche per due ore di stritura settimanale

  2. Alberto Lusiani

    Mi sembra che matematicamente il bonus Renzi sia equivalente ad un’innalzamento del limite superiore della no-tax area. Mi aspetto quinti che l’accumulo dei redditi si sia spostato al nuovo limite no-tax. Questo specifico provvedimento conferma le sottodichiarazioni precedenti ma non consegue probabilmente nessun aumento di onesta’ fiscale che concretamente corrisponda ad un maggiore gettito.

  3. Mango

    Il problema di rendere la famiglia sostituto d’imposta non è solo burocratico.
    Nella situazione attuale il lavoratore sa che il sul stipendio è netto (cioè può evadere facilmente l’IRPEF). Se lo stipendio diventasse “lordo” con una ritenuta alla fonte, il lavoratore vorrebbe probabilmente un aumento della paga oraria, ribaltando (per buona parte) il pagamento dell’IRPEF sulla famiglia.

  4. leonardo

    C’è sempre la possibilità di retribuire i lavoratori domestici con il libretto di famiglia INPS versando così i contributi.

  5. Il vero problema risiede all’inizio della riflessione. Il lavoro domestico non è un tema meritevole di attenziane e quindi nemmeno quello della non autosuffcienza.
    La rilevazione focalizza i dati retributivi di fonte Inps ma sarebbe utile rapportarli anche alla metamorfosi professionale del settore che sta trasformando la cura della casa nella cura della persona.
    Negli ultimi anni infatti calano le colf e le badanti sono circa il 50%, in crescita.
    Il tasso di evasione risiede quindi nell’assenza della politica nel settore. Il costo delle famiglie e i bassi redditi spingono verso il lavoro nero.
    La soluzione del sostituto d’imposta più volte presentato e sempre ritirato è una pia illusione e controproducente.
    Il reddito di una colf a ore si colloca molto vicino alla soglia degli 8150 euro annui, mentre quella della badante convivente lo supera abbondantemente.
    Si tratta quindi di fornire alle famiglie con persone non autosufficienti, la possibilità di portare a totale deduzione fiscale il costo dell’ausilio familiare legandolo all’acquisto del servizio presso agenzie accreditate. Queste sì sostitute di imposte che pagherebbero regolarmente tutti i contributi e il fisco e che compenserebbero il mancato gettito con l’aumento delle entrate oggi in nero e in evasione.
    Tra l’altro migliorerebbero la professionalità degli operatori e garantirebbero la continuità del servizio.

  6. Massimo

    Ci sarebbe una soluzione semplice, almeno per i pagamenti che superano una certa soglia (es. 500 euro mensili): introdurre l’obbligo di pagamento tracciato con ritenuta a cura della banca, come già si fa per le ristrutturazioni edilizie. Sarebbe un modo agevole per contenere l’evasione.
    Ma non si può fare perché si perdono voti… E allora continuiamo a pagare in contanti badanti e colf anche per importi che superano il migliaio di euro al mese.

  7. Giovanni Beccaro

    Due osservazioni. La prima riguarda la constatazione che il “bonus di 80 euro” ha favorito l’aumento dei redditi annui percepiti dal lavoratore: ciò non ha fatto aumentare il gettito fiscale, che probabilmente è anche diminuito per il recupero direttamente dall’erario del credito di imposta. La seconda, che farebbe sì aumentare il gettito, riguarda l’obbligo per il datore di lavoro di agire come sostituto d’imposta: basterebbe prevedere un versamento trimestrale come già si fà con i bollettini INPS con una aliquota fissa (es. il 15%). Rimane il fatto che potrebbe scattare per la famiglia (spesso parte debole specie in caso di badanti) una pressione del lavoratore affinché gli venga garantito il netto precedente in busta paga. Giovanni Beccaro

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